Olindo Jannucci alla conquista delle Maggiolate abruzzesi
di Angelo Iocco
Nacque a Città Sant’Angelo il 17 novembre 1891, e morì a Pesaro il 22 marzo 1977.
Studiò musica con Bozzi e Ildebrando Pizzetti, si diplomò al Conservatorio di Pesaro in strumentazione per banda. Tornato nel suo paese, diresse per vari anni la locale banda civica, esibendosi in turnè. Insegnò contrappunto e musica presso il Conservatorio “Luisa d’Annunzio” di Pescara, e negli ultimi anni tornò al Conservatorio di Pesaro, fino al ritiro per raggiunti limiti di età e alla morte.
Scrisse anche musica da camera, per canto e per pianoforte. Purtroppo al momento, a parte queste brevi notizie desunte da alcuni giornali e dalla biografia scritta da Ottaviano Giannangeli per il volume “Canzuna nustre” a cura di Virgilio Sigismondi, che raccoglie l’opera omnia del padre Giulio (1893-1966), non siamo in grado ancora di fornire ulteriori ragguagli sull’attività musicale di Jannucci, specialmente sui pezzi per banda che scrisse, o i brani di musica da camera. Suo figlio fu presidente della provincia di Pescara per vari anni, ma non si occupò di scrivere qualcosa sul padre, così come attualmente non esiste un articolo che succintamente raccolga materiali sulla sua vita e produzione artistica. I libretti e gli articoli di giornale parlano attualmente per Olindo, insieme a qualcuno che lo ha conosciuto personalmente, come il M° Antonio Piovano e il M° Francesco Paolo Santacroce.
Piovano ricorda di averlo conosciuto personalmente alle Settembrate abruzzesi di Pescara degli anni ’60, così come Santacroce ricorda che nel 1957 circa Jannucci era presente con Antonio Di Jorio, celeberrimo musicista e suo amico, a un convegno sulla canzone a Lanciano, e ricorda il fare molto gentile ed elegante di questo personaggio, sempre ben vestito e molto in avanti nel vedere il futuro della canzone, rispetto a vari altri che si limitavano a proporre le solite canzonette per i vari concorsi. Jannucci iniziò la sua carriera nel mondo delle Maggiolate abruzzesi di Ortona. Alla 10° edizione del 1929, scrisse la canzone “‘N ti pozze vidè” su versi di Nicola Farinelli. Farinelli scriverà altre canzoni con Jannucci, nel 1930 pubblica “Li guè che mi de’ mojeme”, nel 1933 la canzone “Funtanella chiuse”. La seconda canzone di questo elenco è stata ripresentata varie volte dal Coro di Crecchio, sotto la direzione del M° Rosanna Meletti, ed è stata anche registrata su audiocassetta. Fa parte di quel filone delle canzone “di gusto fascista”, sulla scia di “Vivere senza malinconia” di Carlo Buti, in cui il marito cerca di evadere dalla monotonia di casa, ma la moglie riesce sempre a beccarlo e fargliela passare male! Jannucci sarà sempre molto vicino al M° Guido Albanese, l’anima vera delle Maggiolate, comparirà spesso tra i membri della commissione, e nel secondo dopoguerra, dopo la parentesi della direzione di Siro Garzarelli nei primissimi anni ’50, anche lui collaboratore dell’Albanese e compositore di varie canzoni alle Maggiolate, Jannucci dal 1955 prenderà in mano il timone delle famose Maggiolate, le quali purtroppo in quel periodo stavano attraversando una grave decadenza. Gli autori dei periodi d’oro degli anni ’20 e ’30 iniziavano a morire, non c’erano più Eduardo Di Loreto, don Evandro Marcolongo, le “anime” della Maggiolata; tuttavia entrarono nuove leve, come Cristo Sorrentino, Antonio Del Pizzo, Aniello Polsi, Domenico Ceccarossi, Plinio Silverii, a cercare di dare una ventata fresca ai vuoti che la morte aveva lasciato….vuoti che troppo spesso, come nell’edizione del 1958, venivano riempiti da riproposizioni e omaggi di varie altre canzoni che ebbero successo nelle prime edizioni. L’edizione del 1958 si ricorderà per il grande omaggio di pezzi che furono scritti da Di Loreto e Liberati, De Titta e Di Jorio, Marcolongo e Di Jorio, De Titta e Albanese, Dommarco e Albanese, e via dicendo. Questo fu il compito di Jannucci fino al 1966, quando diresse l’ultima volta la Maggiolata, che definitivamente, anche per contrasti con il comitato organizzatore, cadde inesorabilmente dopo oltre 40 anni di onorata attività; un’ultima edizione ci sarà nel 1976, ma il canto di Ortona era già morto da un pezzo.
Nel periodo delle Maggiolata, Jannucci rimase coinvolto anche da altre sagre canore che si svolgevano nei dintorni, partecipandovi con piacere. È il caso della Festa dell’Uva di Poggiofiorito, nata nel 1929 quando nacque il Coro. Alla II° edizione del 1930, Jannucci presentò la sua “Canzone dell’uva” su versi di Luigi Dommarco d’Ortona. Poggiofiorito ancora oggi è famosa per i vasti vigneti che la attorniano, il tempo della vendemmia era l’ideale per organizzare la festa, e leggendo il testo, immaginiamo ancora che simpatia doveva essere la frase:
Viva l’uva sapurite
di Poggefiurite!
È na manne da lu ciele,
è zucchere e miele!
Nel 1932 alla III° Festa dell’Uva Jannucci torna con una nuova canzone su versi del poggese Tommaso Di Martino, chiamata “La feste de la Villegne”; il tema della melodia è sempre lo stesso, magnificare il tempo della vendemmia, e nel ritornello sempre la sua Poggio, il paese eletto per la vendemmia d’Abruzzo.
Non abbiamo notizie di cosa fece Jannucci durante la seconda guerra mondiale, se scappò a Città Sant’Angelo o nei dintorni; sappiamo che nel periodo di ricostruzione morale dell’Abruzzo, si organizzò a Pescara una Settembrata nel 1952 con un gruppo di amici, ai Colli; da lì in poi l’idea divenne realtà, e attrasse i migliori Cori della provincia e infine della regione. E Jannucci parteciperà ai concorsi con l’amico Oberdan Merciaro. Merciaro nacque nel 1892, pescarese, fu una bella penna e scrisse in diversi giornali abruzzesi e non, e proprio in occasione della nascita della Settembrata, collaborò nello stesso anno alla nascita e diffusione del giornale “Attraverso l’Abruzzo” con caporedattore Francesco Amoroso. Un giornale che fece scuola in Abruzzo in quegli anni, che dava spazio alla cronaca, alla letteratura, alla storia locale, alle curiosità artistiche, e soprattutto al dialetto, alla poesia, alla canzone. Merciaro vi pubblicò diverse poesie, e in un volumetto una sua raccolta “Parlatura paesane”, un’antologia di testi di vari poeti viventi e non d’Abruzzo. Con Merciaro, che fu un precursore della canzone abruzzese ancor prima della Maggiolata (partecipò già a una gara canora del 1911 a Francavilla al mare organizzata dal Cav. Tommaso Bruni), Jannucci partecipò alle Maggiolate ortonesi del 1931 e del 1957, con l canzoni le canzoni “Sturnille d’amore” e “Silenzie stasere”.
Con Nino Saraceni alla Maggiolata del 1956 presenta “Passione”, con Duilio Sgreccia, alla Maggiolata del 1957 presenta “Luciacappella”.
Con Giulio Sigismondi alla Maggiolata del 1947 presenta la canzone “Sasa vocia te’”, riedita nel volume dell’opera omnia citato, a cura di Virgilio Sigismondi e Ottaviano Giannangeli.
Nel 1957 torna alla Maggiolata ortonese con la celeberrima “Me fa tremà lu core”, oggi nota anche come “Oilì-oilà / Lu bene che ti vuje o ancora Me fa tremà l’amore”, rivestita dai bellissimi versi del pescarese Andrea De Majo. Occorre soffermarci su questa canzone, perché attualmente è quella più nota di Jannucci, anche se pochi si domandano, come ci piace sempre sottolineare, sugli autori, chi furono, perché scrissero, in che occasione scrissero le loro opere. Questa canzone, come detto, ha contribuito sino ai giorni nostri a rendere accesa la fiammella della memoria su Olindo Jannucci, anche se molto occorrerebbe fare, viste le lacune che gravano sulla sua vita. Quando il M° Ennio Vetuschi formò il Coro “Giuseppe Verdi” a Teramo, e scrisse nel 1955 la sua raccolta di Canti Abruzzesi, da lui elaborati, inserì nella rassegna questa canzone, e naturalmente si esibì in varie turnè con questo pezzo, incidendolo anche su disco LP e poi su audiocassette e cd. Fece un grande favore al vivente Jannucci, che tanto si adoperò per trovare le giuste note per questa suggestiva e bellissima serenata abruzzese, nonostante nelle registrazioni del Coro Verdi, sia presente la chitarra elettronica, che stona fortemente con il gusto della tradizione musicale abruzzese; ma essendo stato Vetuschi, non possiamo che rimanere silenti e umili dinanzi alle sue scelte, a quel gran maestro d’arte d’Abruzzo che fu! La canzone è dunque una serenata d’amore, con un motivo lento e calmo, la musica della fisarmonica carezza il canto dell’innamorato alla finestra, mentre il sole cala, la ragazza tarda ad affacciarsi, e quando lo fa, il cuore dello sposo “trema d’amore”, “l’abbrusce e le fa strujje…oilì…oilà!”. Il crescendo del tono in sintonia con le parole calate giustamente mel pathos, e nei significati sempre più profondi “abbrusce….strujje”, si libera nell’esaltazione di piacere e di gioia per l’accettazione dell’amore: “oilì…oilà!”.
Cantori alle Maggiolate di Ortona, anni ’30. Archivio Angelo Dell’Appennino
Ecco il testo de LU BBENE CHE TI VUJJE
DONNA - I
Lu sole è già calate,
arrete a la muntagne,
amore me ‘n campagne,
che nen ze po’ sta.
UOMO - I
Lu sole è già calate,
di stelle treme ‘n ciele,
sta vocca te’ lu miele,
e a me me fa’ tremà!
RIT.
Me fa’ tremà l’amore,
lu bbene che te vujje,
m’abbrusce, e me fa strujje,
m’abbrusce e me fa strujje
TUTTI:
Me fa’ tremà l’amore,
lu bbene che te vujje,
m’abbrusce, e me fa strujje!
Oilì…oilì….oilà!
DONNA – II
È notte e la mentucce
Gn’addore tra li cuolle
Nen sinte a suspirà?
UOMO – II
Lu vente a li vallune
Nin sacce che suspire,
ji sacce s’uocchie nire,
e a me me fa tremà!
RIT.
Me fa tremà l’amore….
Jannucci con Andrea De Majo (collaboratore assiduo delle Maggiolate e sui vari giornali abruzzesi, specialmente in “Attraverso l’Abruzzo”), scrisse un vero capolavoro, come detto ancora oggi eletto come pezzo forte di ciascun coro della regione.
Nel 1956 alla Maggiolata ortonese, su versi di Ottorino detto “Ottino” Lazzarini, Jannucci musica “Li vicchie che po’ dì!”
Torniamo alla questione pescarese, con Oberdan Merciaro. I due si conobbero a Pescara, e dopo qualche edizione della Settembrata, immediatamente trovarono la sintonia, e scrissero fiumi di canzoni.
6° Settembrata Abruzzese di Pescara del 1957, la canzone “Lu tecchie” su versi di Ottino Lazzarini; il Coro è diretto personalmente dal Maestro
7° Settembrata Abruzzese del 1964, “La saltarelle” su versi di Sigismondi. La canzone è la stessa presentata da Sigismondi, con la musica di Arturo De Cecco, alla XIX Maggiolata di Ortona del 1948
8° Settembrata del 1965, la canzone “Amore di citelanze” su versi di Oberdan Merciaro
9° Settembrata del 1966, la canzone “Nu ricorde cuscì” su versi di Merciaro
10° Settembrata del 1967, la canzone “Povere cardille” su versi di Merciaro, e la canzone “Oh Madonne de l’amore!” su versi di Ettore Troiano
11° Settembrata del 1968, la canzone “Come facce a campà senza de te?” su versi di Merciaro
Alla Settembrata del 1970 presenta la canzone “Lu cante de la luntananze” su versi di Merciaro, nella edizione del 1971 la canzone “A Pescare se cante!” su versi di Merciaro; alla Settembrata del 1972, sempre su versi di Merciaro, la canzone “Ricce e capricce”.
Ricordano i suoi allievi, tra cui il M° Francesco Paolo Santacroce, che Jannucci non disdegnava i raduni delle Bande, cui era molto legato (pare che compose anche un inno a San Michele arcangelo patrono di Città Sant’Angelo), e frequentava e caldeggiava molto con Ceccarossi, suo intimo, anche i Corso musicali Estivi che dal 1971 avevano preso avvio a Lanciano. Un nostro amico, che preferisce rimanere anonimo, ricorda quando con un Coro improvvisato, lo andò a trovare a casa, e improvvisò uno dei suoi cavalli di battaglia: “Li guè che mi de’ mojeme”, riscuotendo l’applauso entusiasta dello Jannucci, che nelle lontane Marche, aveva nostalgia del suo Abruzzo. Raggiunti gli 80 anni di età, Jannucci decise di ritirarsi, non partecipò più ai concorsi, e si trasferì a Pesaro, per trascorrere gli ultimi anni della sua vita. Ci auguriamo che quel poco che siamo riusciti a trovare su questo cantore d’Abruzzo sia un altro tassello da aggiungere alle biografie di quei grandi ancora ignoti della canzone d’Abruzzo, e che possa servir da stimolo anche ad altri per compiere ricerche, specialmente di quegli spartiti per banda e opere per pianoforte, he o sono andati persi, o che sono conservati magari in scuole di musica, forse proprio al Conservatorio di Pesaro.
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