Qui riportiamo in
ordine, per quel che si è riuscito a trovare grazie a Vincenzo Coccione,
l’elenco cronologico dei titoli delle canzoni presentate nelle Sagre dell’uva.
Le canzoni delle varie
Sagre dell’Uva:
1a Festa dell’Uva,
1929
FESTA DELL’UVE di A.
Ambrosini, T. Coccione, testo perduto
2a Festa dell’Uva,
1930
LA CANZONE DELL’UVA di
L. Dommarco, O. Jannucci
3a Sagra dell’Uva, 1932
LA CANZONE DELL’UVE di
C. De Titta, A. Di Jorio, trattasi dell’ultima canzone scritta da De Titta, che
morirà l’anno seguente
LA FESTA DE LA VILLEGNE
di T. Di Martino, O. Jannucci
5a Festa dell’Uva, 21
settembre 1934
LA CANZONE DELL’UVA di
C. Romagnolo ossia Evandro Marcolongo, A. Di Jorio
GGIOJA ME’! d
A.Ambrosini, T. Coccione
‘NDUVINARELLE di T. Di
Martino, A. Di Jorio
6a Sagra dell’Uva, 22
settembre 1935
CHIARINELLE di C. De
Titta, G. Albanese
FENESTRA di A.
Ambrosini, T. Coccione
RUSINELLE di T. Di
Martino, T. Coccione
7a Sagra dell’Uva 1937
L’ABRUZZE ME’ di C.
Fagiani, U. Di Santo
LA VILLEGNE di A.
Fecchia, G. Gargarella
PECCHE’ MI PIACE TANTE!
E. Di Loreto, E. Zazzini
POGGIFIURITE di TO. Di
Martino, A. Di Jorio
ERE NU FIORE di G.
Sigismondi, T. Coccione
VI’ STASERE? Di R.
Sabelli, A. Di Jorio
ALBE E NE’ ALBE di G.
Sigismondi, T. Coccione, come riportato nel libretto, altri vogliono Arturo De
Cecco come musicista
CAMOANE A’LLIGREZZE!
Testo di L. Dommarco, musica A. Ricchiuti, come riportato nel libretto (VIII
Sagra dell’Uva); tuttavia come si sa, e come è stato pubblicato nei suoi “Nuovi
Canti d’Abruzzo”, del 1927, la canzone fu musicata nel 1912 da Guido Albanese
per il Dommarco.
TIRE TU, CA TIRE JI! di
R. Sabelli, V. Olivieri
LE ‘STATE di A.
Fecchia, G. Gargarella
SIRINATELLA VICCHIE di
T. Di Martino, A. Fuggetta
STU PAESETTE ME’ di E.
Di Loreto, P. Liberati, già presentato nel 1929 alla Maggiolata di Ortona
9a Sagra dell’Uva,
1939
CHICCHIRICCHI’! di T.
Di Marino, E. Zazzini
JI MI CREDE’ di C.
Fagiani, V. Olivieri
LA DONNA ‘NCHE LI
TRUCCHE di N. De Riggi, T. Coccione
LA PECURALE di G.
Sigismondi, T. Coccione
PARANZELLE di T. Di
Martino A. Ricchiuti
LI STURINILLE DE LA
VILLEGNE di N. Saraceni, G. Gargarella
CI STA NA CASARELLE di
C. Renzetti, A. Ricchiuti
LA CUJJETURE DE LA ‘LIVE
di G. Sigismondi, T. Coccione
Le canzoni della Sagra
della canzone fascista, 21 settembre 1939
SALTARELLA PAISANA di
A. Ambrosini, T. Coccione
SALTARELLA FASCISTE di
T. Di Martino, E. Zazzini
A ST’ARIE DI CANZONE di
E. Di Loreto, P. Liberati[1]
OH, CHE BELLA FAMIJJE!
Di G. Albanese
LETTERA A MARIU’ di T.
Di Martino, A. Di Jorio
LU RITRATTE di E. Di
Loreto, A. Polsi
SUONNE di E.
Marcolongo, A. Di Jorio[2]
STELLA MATUTINA di C.
Fagiani, U. Di Santo[3].
[1]
Lo scrivente presso l’archivio famiglia Di Nardo ha rinvenuto il testo scritto
e musicato di un’altra canzone simile a questa, degli stessi autori, che doveva
partecipare alla festa della Canzone fascista, come riportato in calce in prima
pagina, ma che fu scartata, il titolo è Serenata fascista.
[2]
Questa canzone, modificata e allungata di 4 strofe successivamente, fu incisa
dal Coro folk “A. Di Jorio” di Atri negli anni ’80 (la versione del 1939, ma
con “So’ suonne, core me’, ma lu pinzire: / torne a cantà nghe te / Camicie
nere (cambiato con “Vuccuccia d’ore”, riferito alla celebre poesie del De Titta
musicata dal Di Jorio) mo’ sempre gne ‘ndanne, / a l’are ‘ntra la pampile e le canne”,
e di recente inclusa nelle 4 strofe nel cd “La lune a la Majelle: Canti
abruzzesi di Evandro Marcolongo”, a cura del Coro Giovani Voci Dijoriane di
Atessa
[3]
I due scrissero anche un’altra canzone di Regime, dal titolo Uno, due!,
in riferimento al passo di marcia dell’oca. Un copia dell’originale si trova
nell’Archivio dell’Associazione “T. Coccione”, nella cartella “Ugo Di Santo”.
La canzone A st’arie
di canzone del due Di Loreto-Liberati, era stata preceduta da un’altra
canzone oggi inedita, dal nome Saltarella fasciste (da non confondere
con la Savitarelle fasciste presentata da Di Martino e Zazzini),
posseduta dagli eredi Di Loreto-Sciascia, che è stata donata al Centro di
Documentazione Teatrale “Di Loreto-Liberati” di Castelfrentano, di cui esistono
altre copie, una delle quali presso gli eredi Di Nardo-Liberati, messami a
disposizione, e pubblicata nel libro di A. Iocco, Stu Paesette me,
Castelfrentano 2022, dedicato a Pierino Liberati. Il tema è lo stesso, così
quasi tutte le strofe, tranne delle modifiche presenti nella strofe 2da. Uguale
è anche il ritornello.
Riportiamo il testo dal
libro Stu Paesette me’:
SERENATA FASCISTE[1]
[1] Dal manoscritto si vede come in
origine il testo dovesse essere questo ad essere eseguito, al posto di A
st’arie di canzone, alla Sagra della canzone fascista di Poggiofiorito del
1939; il ritornello è quasi identico; ma poi fu optata l’altra canzone.
Parole di Eduardo Di Loreto
Musica Pierino Liberati
I
II
Da quande ti so’ viste Quande, tra tanta stelle,
vestite a la fasciste,
lu ciele si fa cchiù belle,
stu core treme ‘m pette,
e l’ombre, tra li mure
come ssu gagliardette! l’amore fa cchiù scure….
Di giorne t’accarezze,
Stu core che, la sere
di notte ti ve’ a cantà
nen po’ cchiù aripusà
a ssa logge: “Giuvinezze!” cante l’Inne de l’Impere
e
ti fa’ vijà!
RIT.
III
A st’arie di canzone Quande la lune è nate
s’apre lu balcone, pe’
farte na serenate
casche, pe’ me, nu fiore,
pije
chitarre e core
e ve’ sopra stu core…
e me ne esce fore.
Nu vascette ji ti manne Tra
mille e mille luce
S opr’a a sta mane,
che ‘n ciele me ste’ guardà,
e tu da ssa luggette,
l’aricante: “DUCE! DUCE!”
mi salute “a la rumane!” e
t’ha da ffaccià!
RIT
RIT. FINALINO
A st’arie di canzone ecc…
Per la XII Maggiolata
di Ortona del 1931 Cesare de Titta e Camillo de Nardis presentarono la canzone Ninna
nanna fascista, poi nominata Ninna nanna abruzzese:
Fa ‘scì la lune, e ffa’
cuprì lu sole,
famm’addurmì, Madonne,
stu fijole:
falle mette nghe ll’angele
‘n camine:
pe’ l’uorte de lu ciele
e li ciardine.
Ancora oggi
celeberrima, nella versione armonizzata dal M° Ennio Vetuschi, ma quasi tutti
si guardano dal proporre la 2da strofe:
Je so’ ‘ppese, Madonne,
na crucette:
nghe la felluccia
tricolore ‘m pette:
è lu pupe cchiù care de
la ville,
nghe lu camiciulelle di
Balille:
fammele cresce “fijje
di valore”,
fammele duventà Medajja
d’ore!
Altri tempi questi, che
perfino De Titta e De Nardis vivevano a denti stretti. Basti leggere le
riflessive lettere del De Titta al nipote dott. Giuseppe Loreto sul “pazzo
mondo” e sulla triste fine che di lì a
qualche anno avrebbe fatto. De Titta non riuscì a vedere le barbarie compiute
nel suo Abruzzo, la bronchite se lo portò via nel 1933.
Poggiofiorito set di
Torna caro ideale (1939) – Vincenzo Coccione racconta
Vincenzo Coccione, illustre figlio insieme al fratello Camillo, di Tommaso Coccione, ricorda ancora molto bene diversi aneddoti delle Maggiolate a Poggiofiorito, per la precisione le Sagre dell’Uva, che si tenevano in settembre per la festa patronale di San Matteo. Esse erano state pensate per far concorrenza a Ortona, e su suggerimento di Cesare de Titta, che amava spesso soggiornare al terminare dell’estate a Poggio, ritrovando forse i panorami e le suggestioni della sua Fiorinvalle santeusaniese, su quei colli digradanti verso il Moro, baciati dalla Majella, i poeti di Poggio si dettero da fare nell’allestire i carri, che sfilavano con i coristi per il Corso fino alla piazzetta del Comune, dove i fratelli Coccione riporteranno più avanti le Maggiolate. De Titta scrisse una bellissima Canzone dell’uva, su musica di Di Jorio, presentata nel 1931, che inizia con:
Quest’è Poggefiurite,
la feste de la vite,
e ccante le canzone
dell’uve che tu siè,
e che ffà
addurà,
effiurì lu nome te!
Dal 1938
Poggiofiorito avrebbe fatto il suo salto di qualità sul grande schermo, una
meteora purtroppo nell’arco della sua storia artistica, che però è ancora oggi
ricordata con affetto dagli anziani. Per cui abbiamo intervistato Vincenzo
Coccione e sua moglie Nicoletta Del Zoppo, affinché il ricordo non venga
dimenticato:
nell’anno 1938
Nicola Cortellone di Ortona vigile urbano, si era sposato a Poggio, era ben
inserito nel gruppo corale preparato dal M° Guido Albanese per la preparazione
della Maggiolata anno 1938, ad esempio conosceva Vincenzo Paolini di Poggio e
altri che nell’orchestra suonavano il mandolino. Questo gruppo di poggesi, un
giorno suggerì a Guido Albanese di andare a far visita al M° Tommaso Coccione,
che era considerato un fuoriclasse della fisarmonica, tanto che il Paolini
spesso lo andava a trovare a casa, rimanendo estasiato dalla sua musica.
Infatti un giorno Vincenzo Paolini andò a casa Coccione, e lo trovò che giocava
a bocce con amici. Invitato dal Paolini, Coccione lasciò il gioco, imbracciò la
sua fisarmonica con inciso il suo cognome, suona un po’ i scale cromatiche per
riscaldare lo strumento, e chiede: “Cosa volete sentire?” Paolini, imbarazzato,
chiede di fare lui, e Coccione inizia, a memoria, a suonare dei pezzi
dall’Opera lirica. Vincenzo Paolini e amici rimangono come stregati da quella
maestria, tornano a Ortona dall’Albanese, e quasi non riescono a parlare per
l’emozione.
Al che Albanese volle conoscere di persona questo portento della Terra d’Abruzzo: cosa mai poteva uscir fuori dalla piccola Poggio? Tommaso Coccione si reca alle prove della Maggiolata, che si svolgerà il 4 settembre 1938. Sedutosi con l’orchestra, rifiutò lo spartito, sostenendo che poteva leggere da quello del violino che era seduto davanti a lui, poiché le chiavi di nota sono simili. L’Albanese lo lascia fare, magari anche con un po’ di ritrosia, essendo nota la sua meticolosità nella preparazione del Coro e dell’Orchestra, ma appunto, lascia fare.
A un certo punto delle prove, quando tutto
pareva andare piuttosto bene, Tommaso Coccione sembra distrarsi, e si ferma,
non suona più. L’Albanese ordina lo stop, e dice: “Coccione, te l’avevo detto,
dovevi leggere lo spartito!”
“Maestro, se permettete, in questo punto
serve un Sib, al posto del Si naturale. Per questo mi sono fermato”.
L’Albanese è incredulo, prende lo spartito,
legge attentamente. Effettivamente se in quel punto del pentagramma fosse stato
inserito il Sib si sarebbe abbassata, rendendo il ritornello più gradevole.
Eccola la prova per Coccione, era stato assunto nell’Orchestra! Tanto da
figurare nel libretto della Maggiolata come solista nella fisarmonica!
Furono presentate canzoni eseguite già nelle
altre Maggiolate, dati i problemi di organizzazione, come:
VUCCUCCIA D’ORE di De Titta-Di Jorio
A CORE A CCORE di Di Loreto-Liberati
VUJJE PIJA’ LA MOJE di Della Porta e
Albanese, ripresentata nella Maggiolata come omaggio al poeta guardiese, morto
in quell’anno
SERENATELLA STUNATE di Marcolongo-Di Jorio
LU ‘NDRUVARELLE di Saraceni-Fuggetta
CORE DI MAMME di Albanese
Tra le nuove canzoni figurano:
Il duetto: APRE, BELL’EZZ’AMATE! Di
Sigismondi e De Cecco
SOLE DI MARZO di Albanese
Infine le parti cantate e i duetti dai 3
quadri del TRITTICO DI TERRA D’ORO di Albanese e Dommarco
Al termine di quell’anno, con l’avvio della primavera del 1939, la troupe cinematografica di Guido Brignone sta preparando il film Torna caro ideal, incentrato sulla giovinezza di Francesco Paolo Tosti, musicista celeberrimo ortonese, e zio di Guido Albanese. Lo stesso Albanese viene chiamato ad arrangiare per lo schermo le romanze del Tosti, come Marechiare e Ideale, mentre Ettore Montanaro di Francavilla, partecipante a diverse Maggiolate ortonesi, e studioso della Canzone popolare abruzzese, si occupò dei Saltarelli delle scene che verranno girate in Abruzzo. Vincenzo Coccione ricorda che fu scelta la Savitarella nostre, tipica poggese, eseguita da Tommaso Coccione nella scena del banchetto nuziale; una saltarella popolare dell’area chietina, molto simile a un Saltarello che venne trascritto dal Montanaro e inserito nei Canti della Terra d’Abruzzo, Milano Ricordi, 1924, poi 1954, e successivamente riarrangiata dal M° Giuseppe Di Pasquale, ancora oggi eseguita e ballata da diverse corali, come La Savitarelle.
Vincenzo Coccione
precisa che il Brignone venne a fare dei sopralluoghi già dopo la Maggiolata
del settembre 1938, a Poggiofiorito, mandato su consiglio dell’Albanese, rimase
affascinato dagli abiti tradizionali, dai pizzi, dai veli bianchi del Coro, dalle
belle ragazze ricordate nelle diverse canzoni delle Sagre dell’uva. Come
location fu scelta la Masseria Andreassi di via Martorella, oltre il cimitero,
e venne impiegato tutto il Coro folkloristico nei balli. Ed eccola la scena del
film: Maria Vernovska bella e sensuale interpretata da Laura Adani, si reca col
cocchiere dal Conventino di Francavilla al paese, per raccogliere un po’ di
fiori, sente di lontano il ritornello popolaresco di Dammi un riccio dei
capelli, canzonetta abruzzese elaborata dal Tosti, arrangiata dal Montanaro
per la colonna sonora del film; ed ecco che rimane affascinata dalla scena del
banchetto nuziale, dove i coristi ballano e cantano. Al centro, gli sposi, il
nostro Nicola Cortellone che balla la saltarella, sotto le note incalzanti del
Coccione, seduto al centro con gli accompagnatori. Suonava la sua mitica
fisarmonica fabbricata dalla Dallapè Stradella di Pavia su sua commissione, con
la scritta COCCIONE.
Anche al
pianoforte, ricorda Vincenzo Coccione, suo padre era un fuoriclasse, tanto che
una volta suonò girato di schiena, con la mano sinistra eseguiva gli alti, con
al destra i bassi; immaginiamoci la scena del film Amadeus sulla vita di
Mozart, e possiamo comprendere quale era la sublimità del genio di
Poggiofiorito. Del resto, il Coccione nel 1938 fu chiamato anche a Piazza Siena
a Roma, per la visita di Hitler in Italia, e si esibì insieme a 900 coristi,
suonando da solista la fisarmonica, tanto era considerato perfino da Mussolini.
Purtroppo la malattia se lo portò via a soli 36 anni nel 1941. Resta un
bellissimo articolo scritto dal suo amico Eduardo Di Loreto nel Messaggero.
Passò la guerra,
distrusse Poggio, distrusse la Perla dell’Adriatico, i tedeschi minarono Villa
Coccione, gli spartiti andarono persi, oppure danneggiati gravemente. La
costanza della famiglia Coccione, dei figli Vincenzo e Camillo, e della loro
madre, fece sì che tutto non andasse perso. E quando il Coro dopo la tempesta
si ricostituì, con la direzione di Zazzini e poi del M° Mario D’Angelo di San
Vito, eseguì la celeberrima canzone che ancora oggi è eseguita, divenuto l’Inno
di Poggiofiorito:
L’UVE DI POGGEFIUTRITE
Versi di Zincone,
musica A. Di Girolamo
Ma quant’è belle
st’uve,scià bbindette!
La terre che ci dà stu
frutte d’ore!
Currete, giuvinette,
tutt’in core:
canteme mo’ st’allegra
canzunette:
RIT
Poggefiurite è nu paese
belle!
Si cante e ride, sole,
lune e stelle,
e l’uva scì fine e
tante bbone,
ca zi li prove, nin ti li po’ scurdà!
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