I 100 anni di Vola vola vola, la canzone inno d’Abruzzo (1922-2022)
di Angelo Iocco
Ci aspettavamo che i 100 anni della canzone più celebrata, e anche più sfruttata d’Abruzzo, venisse celebrata con maggiore partecipazione e interesse delle istituzioni. L’8 maggio 2022 è passato da un pezzo, così come quell’8 maggio 1922 quando la canzone scritta da Guido Albanese e Luigi Dommarco fu presentata dapprima al Festival delle Canzoni abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile, e dopo la bocciatura alla Maggiolata di Ortona. Andiamo con ordine.
Per chi si accinge a leggere queste righe, e poco o nulla sa delle canzoni abruzzesi, deve innanzitutto distinguere due, o meglio tre filoni della canzone d’Abruzzo, quella popolare di tradizione orale, che da anni e anni i contadini e i buontemponi si passano di bocca in bocca nel lavoro dei campi, nelle battute di pesca in mare, nelle scarpinate su monti, ecc., che hanno vari temi, il lavoro, la mietitura, la raccolta delle olive, il lamento funebre, il lamento della partenza del marito, la gioia della serenata, la ninna nanna ai piccini; poi il filone delle canzoni di questua, ricorrenze festive o sacre, come quelle del Sant’Antonio, della Pasquetta d’Epifania, le canzoni della Novena dell’Immacolata, le canzoni dal sapore di lauda medievale del Giovedì e Venerdì Santo, ecc. ecc. Materia per etnologi; a seguire vediamo il secondo filone delle canzoni popolari che però sono diventate ormai materia anche per i Cori folk, poiché sono state eseguite a inizio ‘900 delle elaborazioni personali da parte dei maestri, e tra i primi di costo, annoveriamo, per rimanere in ambito ortonese, anche il grande Francesco Paolo Tosti. Tosti trascrisse e rielaborò 15 Canti Abruzzesi, un suo coetaneo di Francavilla, Ettore Monatnaro fece la stessa cosa con più canti e con più criterio scientifico nell’avvicinarsi al vero, mancando allora strumenti di registrazione, e pubblicò 2 volumi dei “Canti della Terra d’Abruzzo”, che comprendono anche il celebre Lamento della vedova, o “Alla Francavillese”, oggi nota anche come “Amore amore” e “A la Lancianese”.
Questi canti, insomma, rielaborati da vari maestri come Paolo Mantini di L’Aquila, Giuseppe Di Pasquale di Pescara, il Montanaro, Antonio Piovano di Pescara e altri, sono quelli che oggi forse molti conoscono, come “Tutte le fontanelle – All’orte – So ite a fa la jerve a lu cannete – Mo ve mo va – Amore amore – Canto delle lavandaie – L’arie de lu metere – Ti li so ditte, Mariucce – Maria Nicola” e vari altri.
Infine giungiamo al terzo filone della canzone abruzzese, ci siamo permessi di fare questa ampia premessa in modo da rendere abbastanza chiaro, in forma piuttosto stringata per quanto possibile, al lettore, quali siano le differenze dei generi della canzone abruzzese. Ovvero il terzo punto è quello della canzone abruzzese d’autore, nata già nel 1888 con Tommaso Bruni e Francesco Paolo Tosti, che musicarono “La viuletta” a Francavilla; ma nel 1920 con Guido Albanese, Antonio Di Jorio, padre Settimio Zimarino, Guido Ricci e altri nacque la vera e proprio Canzone Abruzzese a Ortona, con l’avvio di festival canori, inizialmente noti come Piedigrotte, per rifarsi ai festival napoletani; ma già con la II Maggiolata di Ortona, nel 1921, questo termine “maggiolata” verrà ufficialmente adottato, dato che le feste con i Cori e gli autori si celebravano in città nel maggio, il mese della “rinascita” della natura e dell’agricoltura, e il mese delle feste patronali di Ortona. Già nel 1920, sfogliando le canzoni del libretto, possiamo vede come comunque l’Albanese, nipote del Tosti, cercasse di mantenere comunque un cordone ombelicale con la tradizione popolare delle canzoni, malgrado i testi fossero nuovi, ovvero scritti e presentati da vari poeti della zone, come Cesare De Titta, Luigi Dommarco, Nino Saraceni, Eduardo Di Loreto. Un esempio è dato dal tema della raccolta delle olive in autunno, come non commuoversi davanti ai motivi cantilenanti, tristi, lenti, bigi d’autunno che ascoltiamo nella canzone “Lu piante de le fojje” su versi del De Titta? E consideriamo che i cori rappresentavano con queste canzoni anche scenette, mimavano il tema delle canzoni, dunque il pathos era ancora più sentito e partecipato dal pubblico!
Veniamo alla III Maggiolata di Ortona del 1922 con la canzone “Vola vola vola”. L’Albanese e il suo amico Luigi Dommarco; la coppia era affiatatissima, il pubblico esultava quando venivano presentate le loro canzoni e nel 1922 avevano ancora tutto da dare, visto che già dall’anno seguente aumentarono il tiro, proponendo delle scenette agresti recitate, il primo quadro del cosiddetto Trittico di Terra d’Oro: “La smarroccatura”. Avevano già avuto dei successi alle prime due Maggiolata; l’Albanese però si avvide che un gruppo di intellettuali capitanati dal grande Camillo De Nardis di Orsogna, insegnante al Conservatorio di Napoli, aveva indetto nell’aprile 1922 un Concorso di canzoni a Lanciano. Il Concorso fu molto controverso nella selezione delle canzoni dei cosiddetti favoriti, come De Titta, Di Jorio, Giulio Sigismondi di San Vito, Luigi Illuminati illustre linguista di Atri, don Evandro Marcolongo da Atessa, che esercitava il parrocato al duomo di Ortona. Infatti varie canzoni oggi repertorio fisso di molti Cori, come “Din don” (De Titta-Di Jorio) furono scartate al posto di altre; anche “Vola vola vola” fu scartata, dopo essere stata relegate tra le 24 canzoni presentate, nella categoria “dilettanti”, con la motivazione che queste canzoni rispecchiavano troppo l’andamento già divenuto “sorpassato” delle Maggiolate di Ortona, mentre a Lanciano si chiedeva qualcosa di nuovo che rappresentasse il sentimento abruzzese, a detta dei giurati.
Vola vola vola allude a un semplice gioco infantile abruzzese nel quale alcuni ragazzi raccolti intorno a un compagno poggiano l'indice sul ginocchio di questi: il ragazzo che comanda il gioco pronuncia rapido le parole «Vola vola vola...» e il nome di un animale. Se si tratta di un animale volante, gli altri devono «volare», sollevando il dito, altrimenti no. Chi sbaglia è costretto a pagare pegno.
In realtà, è una canzone d'amore che ambienta il corteggiamento nell'età infantile, in modo vuoi nostalgico e delicato, vuoi malizioso. Nel testo di Dommarco risiede probabilmente una delle chiavi del successo del brano, ma buona parte si deve anche alla scrittura musicale di Albanese, semplice e popolare: un tempo di mazurca che alterna una strofa a due ritornelli (ABB) e richiama la struttura del canto agreste, ove le strofe si intendono corali e il ritornello solistico.
Ciascun ritornello, proprio come nel gioco, inizia con le parole «E vola vola vola vola...» e prosegue nominando un volatile: specialmente noto è il verso «E vola lu cardille», al punto di confondersi con il titolo del brano, anche mercé i riferimenti al cardellino nella poesia o nella canzone napoletana, o citazioni come quelle presenti nel Cardillo addolorato (1993) di Anna Maria Ortese.
Pochi sanno che il testo completo del Dommarco, cui occorre riconoscere l’attività versatile di poeta schietto e dalla facile improvvisazione sentimentale, è di 4 strofe, e non solo 3, come riproposto quasi sempre dai Cori. La terza strofa è un omaggio alle canzoni a dispetto abruzzesi, cioè una critica all’innamorata che si ritira dal corteggiamento, facendo troppo la “preziosa”, e il ritornello del “vola vola vola”, tira in ballo lo strumento che accompagna il suono dello zampognaro, la ciaramella; a seguire viene la 4° strofa che inizia con “Come li fiure nasce a primavere / l’amore nasce da la citilanze”, ecc.
L’Albanese, tornando al discorso della bocciatura del 1922, ne fu punto, e scrisse che la sua canzone “avrebbe spiccato il volo fuori dall’Abruzzo”, e le sue parole furono profetiche, non solo perché vinse la Maggiolata dell’8 maggio 1922, secondi furono ad esempio due giovani molto promettenti di Castelfrentano: Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati; ma perché la canzone, curata amorevolmente dall’Albanese fino alla fine, a discapito di molte altre canzoni abruzzesi finite nel dimenticatoio dopo la seconda guerra mondiale, fu rappresentate altre volte. Innanzitutto nel 1927 l’Albanese la pubblicò ufficialmente insieme ad altri suoi brani nei “Nuovi Canti d’Abruzzo”, a seguire furono diverse le incisioni su disco.
Numerosi artisti hanno interpretato Vola vola vola fin dal suo esordio. Dopo l'incisione del coro delle Maggiolate ortonesi (Complesso corale e strumentale Eden) si ricordano le versioni di Carla Boni e Gino Latilla, Licia Morosini e Vittorio Paltrinieri, Claudio Villa, Vittorio Tognarelli, Wolmer Beltrami e di svariate formazioni folk abruzzesi come il Coro Gran Sasso (L'Aquila) e la Corale Verdi (Teramo). Altre versioni si devono a Gigliola Cinquetti, a Rosanna Fratello, a Mina (in un medley di canzoni popolari incluso nell'album Signori... Mina! vol. 3), alla cantante Ines Taddio (1962) in tedesco (testo di Joachim Relin) ed inserita nell'album "Carusello Italiano" https://www.discogs.com/Ines-Taddio-Carusello-Italiano/release/3679942 al Piccolo Coro dell'Antoniano. Alla cantante Antonella Ruggiero si deve l'esecuzione dal vivo al Teatro Sociale di Bellinzona (Svizzera) con Paolo Di Sabatino (pianoforte), Roberto Colombo (vocoder e basso synth) e Renzo Ruggieri (fisarmonica). Il brano è contenuto nell'album "Quando facevo la cantante" (2018) - CD 1 "La canzone dialettale e popolare".
Al festival delle Canzoni della Russia, l’Albanese ricorda un aneddoto, che tra i vari canti italiani fu proposto “L’acquabbelle”, la sua prima canzone presentata alla Prima Maggiolata del 1920, su versi del De Titta, già pubblicata nel “Canzoniere abruzzese” a Lanciano nel 1919; soltanto che nella presentazione c’era la nota “canzone di anonimo”, dunque canzone popolare. L’Albanese recepì il messaggio, aveva raggiunto la perfezione con quella canzone, al punto da far sembrare che fosse di tradizione orale; intendiamoci, non lo sapeva, l’intenzione dei presentatori non fu malevola, ma non disse niente comunque, perché comprese che aveva agito bene, che adoperava quel sapore, quel sentimento di generazioni e generazioni di abruzzesi, che erano entrati nella sua vena musicale, permettendogli di confezionare simili capolavori.
Qualcosa che oggi invece, nell’ambito della musica e del canto abruzzese, si è trasformato in pressapochismo, lassismo o addirittura plagio! Vediamo, nel trattare delle canzoni e della musica abruzzese, confusione e superficialità da parte di chi spesso ne tratta, soprattutto abruzzesi. Esistono, come abbiamo riportato, fonti di riferimento, libretti, archivi, documenti, ritagli di giornale d’epoca, importantissimi per comprendere quale periodo fu questo di cui trattiamo, conservati nelle apposite biblioteche regionali. Ma chi oggi va a fare studi in biblioteca? E così assistiamo impotenti a chi va cianciando che “Vola vola vola” è una canzone popolare di anonimo, a chi non sa nemmeno cosa furono le Maggiolate di Ortona, a chi si affanna di decifrare lo pseudonimo C. D’Evrano, non sapendo che fu usato da don Evandro Marcolongo per partecipare, prete quale era, alle rassegne canore; oppure a chi plagia le canzoni delle Maggiolate, come nel caso di Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati, pubblicando nei CD o nei libretti che le loro musiche sono di anonimo e che sono state riscoperte e rielaborate da tal gruppo o da tal coro, oppure orchestrine e gruppetti rockettari che improvvisano a orecchio, senza saper nemmeno leggere uno spartito musicale, le varie canzoni della tradizione, stravolgendole completamente, riproponendo ad esempio come ci è capitato di ascoltare “Lu piante de le fojje” alla maniera di un concerto metal, orrore!
O ancora chi non sapendo nemmeno leggere uno spartito, come da loro stessi dichiaratoci, si appropriano di canzoni registrate regolarmente, e le facciano proprie, ne cambiano il testo, oppure propongano, senza ricordare da dove hanno attinto, o meglio rubato il testo, versioni fantasiose di canzoni o di poesie al grande pubblico, in alcuni casi perfino a trasmissioni Rai, spacciandole come “antiche canzoni abruzzesi scoperte e rielaborate da loro”. Il pubblico, specialmente quello nazionale, che purtroppo immagino sia ancora digiuno, specialisti e cultori a parte, della tradizione delle canzoni abruzzesi e della loro storia, non potrà rimanerne che confuso, con una idea falsata ed errata della canzone abruzzese, la disinformazione dilaga, e poi produce altri falsi, specialmente con gli strumenti di internet quali i social, facebook, telegram, tiktok; ed è un peccato perché i cultori delle materia dovrebbero fare di più per promuovere invece la vera storia della canzone abruzzese, e far “volare”, la nostra “Vola vola vola” inno d’Abruzzo! Ma purtroppo, come ci è capitato di osservare, anche se con un sorriso sì, ma dal retrogusto amaro, le politiche e le istituzioni culturali abruzzesi non riescono da anni a propagandare la vera cultura della nostra Regione, una cultura ormai commerciale, da marketing, riduttiva, errata e sbagliata… e in certi casi con degli spot pubblicitari al limite dell’offesa alla nostra intelligenza… e per ora tornando a Bomba, Vola vola vola, se conosciuta, è conosciuta fuori Abruzzo per le parole fatte da Maurizio Crozza nelle sue puntate dedicate al senatore “abruzzesissimo” Antonio Razzi.
Vola vola vola
https://vastoabruzzo.blogspot.com/search?q=vola+vola+vola
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