Silvio
Vitullo, autoscatto a casa. Particolare. Archivio Ennio De Risio |
Silvio Vitullo
(1888-1919) un pittore e fotografo abruzzese di Castel Frentano
di Angelo Iocco
In questo breve saggio
riprendo un mio intervento edito in appendice al volume di Ennio De Risio, Silvio Vitullo (1888-1919) – Ingegnere e
artista. Un castellino tra la Belle-époque e la Grande Guerra, Castel
Frentano 2024.
Silvio Vitullo nacque a
Castel Frentano l’11 novembre 1888 all’attuale civico 55 del corso Umberto, da
Giuseppe (1855-1943) e Raffaela Di Cola. La famiglia paterna era originaria di
Bomba. Il giovane Silvio, dato che la Provincia non offriva giusto appagamento
alle sue esigenze, essendo sin da bambino precoce e fecondo nel disegno, fu
mandato a studiare al Convitto di Loreto. Completato il liceo, frequentò un
corso di Scienze Naturali presso l'Università di Napoli che, all’epoca, era la
città che presentava i più agevoli collegamenti con la zona frentana. Nel 1908
si spostò a Milano, dove frequentò il Regio
Istituto Tecnico Superiore (noto come Politecnico), laureandosi in
Ingegneria nel 1914. Appena laureato venne incaricato della costruzione del
ponte ferroviario sul torrente Romanò, a Gioiosa Jonica. Dal 1910 lo Stato
emanò una serie di provvedimenti legislativi per la costruzione, la concessione
e l’esercizio delle ferrovie di Calabria e Basilicata.
Silvio coltivava sempre la sua passione per l’arte, il disegno, la poesia, la musica, esercitandosi al mandolino, e soprattutto non dimenticava mai la sua patria amata. Nonostante gli impegni per i cantieri nel Sud, Vitullo aveva modo sovente di tornare a Castel Frentano e dilettarsi di disegno, seguendo i suoi maestri, tra cui probabilmente il Michetti (anche se fin’ora non è apparsa alcuna corrispondenza intercorsa tra i due artisti). Erano tempi in cui l’interesse per l’ambiente e i costumi dell’antico Abruzzo, con De Nino e Finamore, si susseguivano sulle varie testate e le riviste di scienze e lettere, ma anche sui grandi periodici romani, fagocitati da d’Annunzio, che fungeva da gran cassa di risonanza.
Nel periodo da maggio a
dicembre risulta una spola vorticosa fra le zone industriali del nord Italia e
viaggi in Calabria, passando una sola volta per Castel Frentano (via Napoli).
In 8 mesi compie oltre 100 spostamenti, spesso fra più città in un solo giorno.
Negli anni del
conflitto l’efficiente funzionamento del trasporto su ferrovia era di vitale
importanza, sia per lo spostamento delle persone che delle merci, che dovevano
affluire regolarmente alle zone di guerra da tutte le regioni.
Vitullo fu chiamato a
dare il suo contributo alle armi durante la Grande guerra del 1915-1918,
uscendone profondamente spossato e affaticato. La salute ne risentì e Silvio si
ammalò di tisi, ma continuò ad operare, fino al congedo militare ottenuto ad
agosto del 1919.
Silvio Vitullo attualmente appartiene a quella cerchia dei “locali”, che in maniera errata vengono considerati come dei replicanti poco originali, nel nostro caso di correnti pittoriche delle grandi scuole di Roma o Napoli. indubbiamente Vitullo seguì dei modelli, come vediamo dagli schizzi su china: i ritratti sono ispirati a fotografie oppure dipinti che l’artista ebbe modo di vedere. Penso al ritratto su china di Gabriele d’Annunzio ripreso dalla fotografia di Verischi e Artico, Milano ante 1938, riferibile al primo decennio del ‘900, nell’Archivio Ricordi, oppure al ritratto di eremita, che ricorda qualche personaggio serafico di Teofilo Patini.
Carini e simpatici sono
i primi schizzi con studi di farfalle, con il puttino alato che suona il flauto
(un motivo decorativo molto caro al Basilio Cascella dei manifesti e
litografie), oppure lo schizzo dell’Autoritratto o dell’Aquilone formidabile,
che in un certo modo ricorda i disegni giovanili del figlio di Basilio, Tommaso
Cascella che ritraeva nel 1904 l’antica Pescara dannunziana. Sono i primi germi
dell’arte di Silvio Vitullo, che verrà influenzato negli studi, dalla grande
arte napoletana del tardo Ottocento, ad esempio per i paesaggi di San Vito ci
vengono in mente le vedute marinare di Oscar Ricciardi per le pennellate
pastose, ci sembra di passeggiare invece nei prati delle ville ritratte da
Pietro Scoppertta. I ritratti di paesaggio abruzzese, quel lembo di costa
Adriatica tanto decantato da D’Annunzio nelle sue lettere a Barbara Leoni e
all’amico Michetti, e nel Trionfo della
morte, costellati dai trabocchi, le ampie distese di spiaggia, non ancora
aggredite dal cemento, ma solamente solcate dalla lingua della ferrovia
Adriatica, la mole maestosa dell’antica Torre di Lanciano sul porto sanvitese.
Vitullo meriterebbe un
articolo e una nota di merito solamente per aver ritratto l’antica Torre, poi
trasformata nella Villa Scogna in stile liberty, e infine cancellata dalle
devastazioni tedesche nel 1943-44. Quell’antica Torre per cui lancianesi e
ortonesi si fecero guerra per almeno un secolo e mezzo, sede della doganella
del porto, poi ricostruita sotto Carlo V per volere del duca d’Alba, già
menzionata in una relazione del Marchese di Celenza Carlo Gambacorta con la sua
base quadrata a scarpa, il secondo livello più esile, che sarebbe stato
irrimediabilmente tramutato dal corso della storia.
E che dire dei paesaggi di Castel Frentano? Via Buonconsiglio col Capocroce, così come il Capocroce di don Pietro Crognale dal lato Trastulli, il laghetto del Buonconsiglio ricordato anche nei cabrei settecenteschi dei Cavacini, la schiera di casette basse lungo via Nazionale, oggi corso Roma, esse non sono forse opere degne di essere ricordate per la piccola micro-storia castellina? Essi “fotografano” un paesaggio irrimediabilmente perduto e trasformato!
Vitullo sceglie
giustamente elementi con panorami ampi, la veduta dell’abbazia di San Giovanni
in Venere, il panorama castellino da Oriente la caratteristica della sua arte è
data da pennellate fluide, con tocchi luminosi e lipidi, usa quasi sempre il
cielo azzurrino del mezzogiorno. La Majella la fa da padrona nelle vedute
castelline, e così troneggia la mole della chiesa madre nella prospettiva presa
dal demolito palazzo Cavacini di largo Chiesa. l’attenzione di Vitullo come il
conterraneo Michetti, verso il primo decennio del Novecento, si spostò verso la
macchina fotografica. Vitullo fu un pioniere in Abruzzo, così come il
compaesano Fileno Cavacini il quale realizzò diversi dagherrotipi di personaggi
di un mondo oggi scomparso.
L’attività svolta da Vitullo, più per diletto che per professione, si interseca in quel piccolo mosaico di fotografi locali che documentano per sempre un mondo di tanti anni fa, come gli studi Polzinetti e Di Tonto a Lanciano. grazie a Silvio Vitullo ammiriamo le panoramiche di via Nazionale, corso Umberto, Carlo Caporali, l’avv. Errico Vergilj, Giuseppe Cavacini e altri notabili del paese; viva commozione suscitano poi i bellissimi scatti che documentano le tradizioni paesane, come la processione del Corpus Domini o del Venerdì Santo, illustrando antichi rituali come fece il Michetti per Cocullo o per la Madonna di Francavilla. A Castel Frentano molto dobbiamo per l’attività del nostro pittore, purtroppo scomparso troppo velocemente.
Nessun commento:
Posta un commento