Deo Bozzelli |
Deo Bozzelli (1912-1999) musicista sentimentale abruzzese della sua San Vito
di
Angelo Iocco
1 – Biografia
Deo
Bozzelli nacque in una casetta di via Orientale a San Vito Chietino[1],
l’11 agosto 1912, fratello di Ismaele, anche lui muratore di una impresa, nonno
di Emiliano Bozzelli. Nel registro dei battesimi della parrocchia
dell’Immacolata Concezione è chiamato “Amedeo”, tuttavia nel registro civile
dei nati del Comune, figura come “Deo”. Sarebbe, secondo la figlia, una
deformazione di “Diego”. Era chiamato da piccolo “Diucce”. Dalla maestra e
memoria storica di San Vito Maria Di Clemente, è sempre ricordato
affettuosamente come “zio Amedeo”. La sua era una famiglia che di generazione
in generazione tramandava il lavoro edile, come muratori.
Non
si sa molto della sua infanzia, frequentò le elementari a San Vito, sin da
bambino ebbe una forte passione per la musica. Non si hanno documenti su
eventuali frequentazioni di corsi di musica, che tra l’altro in questa area
d’Abruzzo scarseggiavano. Si imparava “a orecchio”, e di fatti le figlie di
Deo, Franca e Concetta, ricordano che il padre dichiarava di aver imparato da
autodidatta. Non bisogna dimenticare che in quei tempi erano assai famose per
le loro esecuzioni alle feste patronali, alle cerimonie, alle commemorazioni,
le bande di Lanciano e Sant’Apollinare chietino (quest’ultima tra le più antiche
dell’Abruzzo, fondata nel 1814). C’è un’altra fonte, che tuttavia
necessiterebbe di documenti per essere certificata, si racconta che Bozzelli
seguì molto le rappresentazioni canore e le canzoni che scriveva il
compositore, anche lui pare autodidatta, Vito Olivieri (1865-1941), della
Marina, che partecipò come direttore dell’orchestra alle rassegne delle Feste
del Mare del 1923-26. Sicuramente Bozzelli rimase affascinato da queste
esecuzioni sullo sfondo dell’Adriatico, facendosi cullare dalle note di Serenatella a lu mare, Care amore, o Lu viagge.
Raggiunta
la maggiore età, Deo Bozzelli deve viaggiare dall’Abruzzo, per andare a fare il
militare nella Val Pusteria. Dalle fotografie conservate dalle eredi,
apprendiamo che suonava, a 20 anni, il clarinetto nella Banda della Marina
Militare. Quando fu richiamato alle armi durante la guerra, tornò a suonare
nella Banda, certamente apprezzato per le sue qualità.
Dopo
questo successo, il Bozzelli partecipa a diversi altri concorsi canori della
zona ortonese-lancianese, che si bandivano in quegli anni dell’immediato
dopoguerra, che cercavano di imitare le gloriose Maggiolate di Ortona.
Bozzelli, come vedremo, partecipò a diverse rassegne, come “Cuscì cantème nu’” di Sant’Apollinare, di cui si svolsero 2
edizioni negli anni ’50, alle Feste della canzone di Caldari e Rogatti, alle
feste di Frisa e Crecchio.
Il
successo arrivò però più avanti, quando partecipò in compagnia del poeta e
cantante Luciano Flamminio, anche lui sanvitese, classe 1941, alle rassegne del
Trabocco d’Oro di Fossacesia, e al Festival nazionale “Canti della Montagna”
organizzato dal Centro Abruzzo Est di Montesilvano del parroco d. Antonio
Pintori, ed altri festival come la Violetta d’Oro di Francavilla al mare, o
alle Settembrate abruzzesi di Pescara. Nella sua casa di San Vito si conservano
diverse coppe, una donata dall’On. Anna Nenna d’Antonio, un’altra per il primo
premio alla VII edizione dei Canti della Montagna 1983, vinto con la canzone Majella ggioia me’ su testo di Luciano
Flamminio; vinse il 3° premio anche alla X edizione dei Canti della Montagna
nel 1986, con la canzone ‘Nghi mmè a la
Majelle, sempre su testo di Flamminio, e infine al IV Trabocco d’Oro 1984
di Fossacesia vinse la coppa per la canzone Bella
marinare su testo di Flamminio.
Sono
gli anni del pensionamento dalla sua attività, e quelli più fervidi delle
composizioni. Non che il Bozzelli non fosse restato silente con la sua musica
negli anni passati. Anzi alternava lavoro e musica nel tempo libero, si
esercitava a San Vito con i suoi amici, e istruiva i cori per le rassegne.
Organizzò anche le rassegne di canto per le Estati sanvitesi negli anni ’80, e
partecipò col coro ai Premi di poesia abruzzese “g. Sigismondi” organizzati a
San Vito negli anni ’70 (in tutto una decina di edizioni) dal figlio del
celebre poeta, Virgilio Sigismondi, con la partecipazione di vari professori e
d esperi di canzone abruzzese, come Alessandro Dommarco, Giuseppe Di Pasquale,
Antonio Di Jorio.
Negli
ultimi anni Bozzelli rimase nella sua casa diletta, cercando di raggruppare
tutto il lavoro di una vita, tra composizioni per banda, trascrizioni di musica
leggera, canzoni e poesie abruzzesi, registrando anche con apparecchi
personali, le esecuzioni. Si è spento all’ospedale civile di Ortona, a causa di
un male ai reni, il 7 aprile 1999
2 – Bozzelli e le canzoni abruzzesi
Non
esiste bibliografia che citi Bozzelli nel panorama della canzone popolare
abruzzese. Egli è considerato (termine alquanto ingiusto quello di
classificare, nelle antologie, i personaggi più noti e quelli meno famosi!) un
“minore” della canzone abruzzese. L’accostamento però è errato, poiché non si
tiene conto della personalità del Bozzelli, né di quella di tanti altri poeti e
musicisti locali, magari non diplomatisi al Conservatorio, i quali scrissero
molto, diverso materiale risulta ancora inedito, e dunque essi non sono noti
alla critica della canzone abruzzese, che meriterebbe nuovi studi più
approfonditi. Occorre infatti andare soprattutto, qualora sopravvivano, presso
gli eredi, se abbiano conservato materiale dei propri avi musicisti e poeti, e
cercare innanzitutto di preservare questo materiale, di valorizzarlo con studi
e pubblicazioni, in modo da offrire nuovi spunti critici alla storia della
canzone d’Abruzzo.
Impresa
alquanto ostica, poiché non esistono cattedre di studio sulla materia, non ci
sono testi aggiornati che illustrino queste “maggiolate minori” dei vari paesi
attorno Ortona, sicché cercare di scoprire questi personaggi oscuri della
canzone adriatica dell’area frentano-marrucina come Oberdan Giangrande,
Giuseppe Politi, Custode Miccoli, Michele Marrocco, Rocco Jarlori, Ivano
Catenaro, Domenico Lanci, Mario d’Angelo, Pietro B. d’Intino e tanti altri.
Essi
figurano solamente nei libretti nelle varie canzoni eseguite in precise
occasioni (solitamente le feste patronali), dopo la seconda guerra mondiale
(eccettuate le Feste di Caldari, avviate nel 1936, e le Sagre dell’Uva di
Poggiofiorito avviate nel 1929 e concluse con la Sagra della Canzone Fascista
nel 1939). E questi libretti occorre trovarli, cercarli presso collezionisti o
archivi privati, conservarli, studiarli, e se si è fortunati, si può
rintracciarli in qualche biblioteca della regione, come a Lanciano, Ortona,
Pescara, Chieti, o nel centro di documentazione dell’Associazione culturale
“Tommaso Coccione” di Poggiofiorito, o ancora al Centro Archivio musicale
“Antonio Di Jorio” di Atri. Tuttavia ciò
non basta, perché per scoprire alcuni retroscena e aspetti inediti di
questi musicisti e poeti, e delle varie rassegne canore, occorre parlare con
chi ebbe a che fare con questi contesti, se si è fortunati, trovare qualche
anziano che ricorda ancora la collaborazione nei cori, o magari chi ricorda
queste rassegne. Il discorso non è per niente facile, e più passa il tempo, più
i testimoni scompaiono, e la ricerca diventa quasi una corsa affannata, una
specie di intervento da pronto soccorso per cercare di recuperare questo
libretto o quella canzone inedita, nel tentativo di cercare di dare una pallida
visione di una figura da illustrare in un libro o un articolo.
Si
auspica un domani che nasca un grande Archivio centrale della Canzone
Abruzzese, possibilmente in regione, che sappia fare tesoro di tutte queste
piccole perle nascoste!
3 - Gli inizi con Oliviero Di Clemente
Di
Clemente (1912-1961) fu consigliere comunale di San Vito, divenne in seguito,
negli anni ’40, Dirigente d’Ufficio comunale, fu corrispondente del Messaggero,
dove scrisse vari articoli che trattavano di storia e cultura di San Vito,
redasse negli anni ’30 il volume della sua Città nella collana delle Città
d’Abruzzo diretta da Alfredo Bontempi e Federico Mola. Molto pittoresche,
in questo volumetto, le descrizioni della Marina e dell’eremo dannunziano,
ricche di fascino; scriveva spesso come ricorda la figlia Maria con un
acronimo: Livio Montecèlere, e partecipò come giurato a varie gare canore
abruzzesi, e fu naturalmente poeta. Rimane memorabile la sua Serenata d’amore con musica di Deo
Bozzelli, ancora oggi riproposta nei cori, e canticchiata dagli anziani
sanvitesi. Partecipa alla Festa speciale per il Patrono San Vito martire nel
1937 a San Vito nella rassegna canora: “Cuscì cante lu Core nostre” (seguita da
un’altra edizione nel 1946, e poi nel 1947 come ormai sappiamo), con le canzoni
Stu cante è pe’ te, con musica di Amedeo “Deo” Bozzelli, Core di stu
core, con musiche di Pagliari, Scappe ‘nche mme, sempre con musica
di Bozzelli, Amore perdute, Damme nu fiore, Suspire d’amore, tutte
musicate da Bozzelli. Per la III Festa della Canzone a San Vito scrive La
canzone de lu marinare con musica del sanvitese Amedeo “Deo” Bozzelli, a
seguire Tu mi vuo’?; con musiche di Liberati segue Sta mode, poi Rimpiante
d’amore con musica di Marrocco; con musiche del Maestro Rocco Jarlori, che
fu anche direttore del Coro “Vito Olivieri”, scrisse Marì fammi cuntente!.
Per la II Festa delle Canzoni di Crecchio del 1948 scrive con musica del
Bozzelli Malencunije. Per la Festa delle Canzoni di Sant’Apollinare del
1948, presenta Piove e fère lu sole, su musica dell’Olivieri, ormai morto da 7
anni a L’Aquila dimenticato e negletto; una canzone dal sapore detittiano, il
cui titoli riprende chiaramente una poesia del suo Canzoniere abruzzese. Alla
IV festa dell’Uva di Caldari del ’46 scrive Cante
nche mè su musica dell’amico Bozzelli. Un infarto lo stroncò appena
cinquantenne, impedendogli di comporre nuovi capolavori.
Nel
1935 l’amico e concittadino Giulio Sigismondi, che stava svolgendo le mansioni
di consigliere comunale a Orsogna, gli scrisse un piacevole sonetto: Pe’
Uliviere Di Clemente e Ddiline Uliviere, nell’attesa dell’imminente matrimonio,
da cui nel 1938 sarebbe nata Maria. Dall’archivio gelosamente conservato dalla
cara figlia Maria, si conservano diversi fasci di carte, uno molto
interessante, prima manoscritto e poi battuto a macchina, è la raccolta I CANTI
DEL CUORE (LI CANTE DE LU CORE), con canzoni composte da Di Clemente, mentre le
musiche le scrisse il suo amico concittadino Bozzelli. Esse sono firmate con lo
pseudonomo Livio di Montecelere: Cantème! - Stu cante è pe’ tte – Core di
stu core (dedicata alla moglie) – Scappe ‘nche me (alla fidanzata
Nenna Rodolfo) – Amore perdute – Damme nu fiore – Suspire d’amore.
Qualche parola sullo stile, il Di Clemente, citando ad esempio l’ultima canzone
nell’elenco, dimostra di far parte di quella cerchia dei poeti abruzzesi che
traevano l’ispirazione dalle arie e dagli stornelli d’amore della viva voce del
popolo: in Suspire d’amore, l’assolo di due strofe endecasillabe è
ritmato dalla risposta del ritornello, dell’eco in quartine quinarie: “Amore,
amore / se ci stesse tu, / stu silenzie / nen regnesse cchiù!”; sempre di gusto
popolare, con alcuni richiami alla Brunittelle di Sigismondi, è Damme nu
fiore, detittiana, struggente di
passione, è Amore perdute, gaia e di
sentimento da buon corteggiatore, è Scappe
‘nche me. Altre canzoni musicategli dal Bozzelli sono Stu scultore – Vin’ècche, amore – Funtanelle de l’amore – Come si parte
mo’ – Terra Sante , dedicata all’Abruzzo.
Di Clemente fu anche commediografo teatrale,
Maria Di Clemente conserva diverse commedie appena abbozzate in poche scene,
incompiute, scritte prima a mano e poi battute a macchina. Sono molto brevi,
quella che abbiamo rinvenuto integra è 48:
lu morte che parle, in un atto, ambientata in un salottino con poche sedie
e delle comari che giocano a carte: Annine, Cuncettine, Racheline, Flavijette,
Ntunijucce. Le donne civettuole, parlando dei loro malanni quotidiani, si
siedono per la partita di carte (“Assittèteve e nen faceme cchiù le
chiacchiere, se no chela partite nen le finème manche massère!”). parlando
della partita precedente, quando Annina aveva fatto 48, 30 Cuncettine, 28
Flavijette, 17 Racheline. Numero sfortunato! (“Quanta sète mmalaminte. A
mumente me le facete magnà a lu lette cheli ddu’ solde!”). mentre giocano,
chiedono ad Annina delucidazioni sul numero 48, e lei racconta dei moti
risorgimentali del ’48, la cacciata degli austriaci, le bettaglie ecc. giocano
di nuovo, Annine torna con un piatto di pasta da donare alle amiche, perché suo
padre fa 48 anni, proprio l’età in cui Di Clemente scriveva la commedia! Giunge
Annine sta vincendo, entra Ntuniucce, chiedendo il libro di storia che ha avuto
in prestito perché deve essere interrogato proprio sul ’48 in Storia, le
ragazze allora dicono che il 48 è un numero favorito per Annine i riferimenti
assurdi al numero proseguono, fino a un articolo di giornale che parla di un
funerale strano a Montesilvano, che mentre il carro funebre si dirigeva al
camposanto con la bara vuota, uno dei viaggiatori per il troppo freddo, chiede
di mettersi nella bara di legno per ripararsi. E così avviene, la tempesta di
neve per la strada continua, finché il carro funebre non raccoglie per strada
un giovanetto infreddolito. Appena questo sale, il carro era fermo, l’ospite
della bara esce, chiedendo “siamo arrivati?”. Il ragazzetto manco a dirlo
sviene per la paura, i morti si rialzano e parlano! E quando si riprende, se ne
va, dicendo di preferire il freddo a quella compagnia alquanto bizzarra del
carro funebre!
E mentre Cuncittine e Ntunijucce discutono sul
perché di quella storia alquanto strana, Annine vince quella partita, rifacendo
48!
4
– Le composizioni abruzzesi di Bozzelli
negli anni ’40 e ‘60
In
questi tempi difficilissimi di ripresa, dopo le devastazioni belliche, il
miracolo rinasce a Ortona, con una rassegna dei maggiori successi delle
Maggiolate nel 1946. Un anno prima anche nei dintorni si cerca di distrarre la
popolazione dalla morte e distruzione con il canto e il ritorno alla vita di un
tempo. Ecco che riprendono le sagre di Rogatti[i] e
Frisa[ii].
Esse prendono spunto, come detto, da Ortona, che fu l’antesignana, per
l’organizzazione e allestimento delle gare canore, delle Settembrate abruzzesi
e delle miriadi di feste canore abruzzesi. Per concentrarci nel territorio tra
Ortona e Lanciano, basta dire che si allestiva un coro locale preparato da un
maestro direttore e concertatore, con i dovuti finanziamenti del comitato
artistico, si istituiva quando si poteva, anche il comitato d’onore, come già
si faceva pre-guerra, con personalità di spicco della regione; infine i poeti e
i musicisti locali presentavano le canzoni, in primis quelli della località che
organizzava la rassegna, e poi gli altri; si concludeva sempre il tutto con una
scena agreste cantata, in omaggio al lavoro dei campi e al buon vivere di un
tempo. Queste scenette agresti, che prevedono quasi sempre un primo quadro del
lavoro nel campo, come la smarroccatura o la vendemmia, è seguito da un quadro
del corteggiamento amoroso di due giovani, fino alla promessa finale di
matrimonio. Essi derivano dal celebre Trittico di Terra d’Oro di Dommarco e
Albanese, presentato a Ortona tra il 1923 e il 1925, e riproposto per diverse
altre rassegne delle Maggiolate; e questo “momento scenico” teatrale tanto
divenuto celebre, diventerà caratterizzante nelle Settembrate di Pescara, tanto
da innovarsi attraverso la rappresentazione finale di un atto unico di una
commedia (o anche dramma) al termine di ciascuna edizione delle canzoni. Tra
gli ultimi scrittori che, in omaggio, hanno voluto rappresentare una scena
agreste con canzoni abruzzesi originali, figurano Camillo e Vincenzo Coccione,
che nel 1992 hanno mostrato La festa de
la vite al II° concorso di poesia abruzzese “Tommaso Di Martino” nel 1992 a
Poggiofiorito.
Bozzelli
esordisce alla IV Festa delle Canzoni di Caldari di Ortona, 27 agosto 1946[iii];
comitato artistico Antonio Della Barba, Antonio Di Tommaso, Carlo e Alberto
Dragani, Almidoro Sciarretta, Giovanni Di Marco, Michele Marrocco, Mario
Martellini, Ettore Radico, Domenico Di Tommaso; direttore del coro M° Michele
Marrocco; le canzoni: Tra li pampele e li
vèche di Adamico-Liberati, Lu
fatijatore di Dragani-Crognale, I’
so’ cuntente, amore di Miccoli-Benvenuto, La fonte de l’Immalète[iv] (scenetta) di
Dragani-Pasquini, Partèneze di De
Riggi-Polsi E’ mmej’ a ‘ngi pinzà di
Marrocco, Cante nche me di Di
Clemente-Bozzelli, Villegne d’amore
(scena in costumi) di Giangrande-Marrocco.
III
Festa della Canzone di San Vito del 16 giugno 1947, presidente onorario
Giovanni Javicoli, comitato artistico: Giulio Sigismondi, Pietro Bruno
d’Intino, Ireneo Andrea Matteo, Oliviero Di Clemente, Adelfio Renzetti, Nicola
Frattura, Mario Altobelli; comitato esecutivo Raffaele Stella, Ernani Pace,
Pietro Altobelli, Attilio Giuliante, Ernesto Giannantonio, Bruno Giorgio,
Antonio Olivieri, Rodolfo Nenna, Giuseppe Antonucci, Rocco Jarlori; maestro
direttore e concertatore Deo Bozzelli. Le canzoni: Sante Vite cante di D’Intino-Benvenuto, La canzone de lu marinare di Di Clemente-Bozzelli, L’arta cchiù prelibbate di Sigismondi, Sta mode di Di Clemente-Liberati, A la lune di Verì-Bozzelli, Rimpiante d’amore di
Giangrande-Marrocco, Aricànte lu niducce di
Saraceni-Jarlori, Tu mi vuò? di Di
Clemente-Bozzelli, Nin è cchiù come na
vodde di Miccoli-Marrocco, Muntagna
belle di Dragani-Scoppetta, Tutte a
tiempe sé di Verì-Bozzelli, Marì,
famme cuntente di Di Clemente-Jarlori.
II
Festa Canora di Crecchio, 31 agosto 1948[v] vide
partecipante Bozzelli, che come si può vedere nella nota che segue, gareggiò
con due canzoni: Na paruletta sole e La pecurale alla Ima festa del 1947.
Comitato artistico: Antonio Caraceni, Giorgio Blasioli, Angelo Di Scipio,
Orlando Bianco, maestro direttore e concertatore Giuseppe Politi; le canzoni: Crecchie di Miccoli-Politi, A Rinirelle[vi] di
Dragani-Bozzelli, Bellezza me di
Giangrande-Faustini, Le femmene de mo’
di Miccoli-Benvenuto, A tutte po’ succede
di Marrocco, Armunije di primavere di
Coppa, Carmè di Scena-Di Scipio, La melancunije di Di Clemente-Bozzelli, Pecché? di Giangrande-Sorrentino, Tante pene di De Riggi-Olivieri[vii],
Tra sti fronne ‘ntriccicate (scena
cantata) di Pietropiccolo-Politi.
In
occasione della Festa delle canzoni per la solennità di Sant’Antonio di Padova
a Villa Romagnoli, 13 giugno 1948, con il coro preparato dal M° Mario D’Angelo
di San Vito, oltre alle diverse canzoni originali (da ricordare Lu campanile nostre del D’Angelo, e Sì tu, Romagnole dello stesso), fu
replicata A la lune di Verì-Bozzelli,
con Tu mi vuò? degli stessi,
presentate già l’anno precedente a San Vito.
Il
29 giugno 1948, in occasione della solennità dei patroni Santi Pietro e Paolo a
Sant’Apollinare Chietino, viene rappresentata la Ima Festa della Canzone Accuscì cantème nu’[viii], finanziata
dall’ente Enal (come diverse altre rassegne canore dei dintorni, a iniziare
dalla citata III Festa della canzone di San Vito 1947), Oliviero Di Clemente
gareggia con la canzone Piove e fère lu
sole!, musicata da Vito Olivieri[ix];
parteciparono anche i citati Benvenuto, Giangrande, Liberati, ma non Bozzelli.
Lo
stesso Bozzelli non partecipò alla seconda edizione del 1950, in cui si
esibirono persone del calibro di Cesare Fagiani, Ugo Di Santo, Pietropiccoli,
Marrocco, Liberati, Miccoli, Crognale, da segnalare la canzone di Eligio
Cuccionitti e Domenico Ceccarossi[xii]
con Lu campanile nove de lu paese me’[xiii].
Bozzelli continuò negli anni ’40-’50 a comporre canzoni per le poesie dell’amico Oliviero Di Clemente, scomparso prematuramente nel 1961. Bozzelli ne rimase profondamente colpito, tanto che negli anni ’50 la sua produzione ha un notevole calo; ma una nuova linfa musicale gli viene concessa dall’amico Rocco Verì, con cui scriverà diverse musiche, come A la lune e La villegne per Caldari (1946), e Tatone e Mammarosse (1957). Collabora anche con Custode Miccoli di Rogatti, Ivano Catenaro di San Leonardo d’Ortona, Candeloro Lupi, e qualche altro poeta locale.
1956 - Sulla cassa armonica allestita in occasione della
festa di San Vito (o di San Rocco?) in piazza Garibaldi, un coro di Sanvitesi
ripropone i nostri canti folcloristici per una registrazione voluta da RAI
Abruzzo (Pescara).
In prima fila da sinistra: Nino Pezzella,
Domenico Sciascia, Rocco Nardone, Rocco Jarlori, Leonello Marino, Deo Bozzelli,
Mirella Sigismondi (dietro la giovane Maria Di Clemente), Saverio Di Battista,
il poeta Giulio Sigismondi e Pierino D'Intino autore dei versi di "Sante Vite cante". In alto,
a destra, Oliviero Di Clemente e sua figlia Bice. La freccia indica l'allora
Sindaco Vito Piccinino. Archivio Maria Di Clemente.
4
– Bozzelli e Luciano Flamminio
Luciano
Flamminio è nato a san Vito nel 1941, ha lavorato al TAR di Pescara.
Ha
vinto diversi premi di poesia abruzzesi e italiani. Ha pubblicato le raccolte
di poesia Suspire e spiranze,
Itinerari, Lanciano; Fiure de jnestre, Edigrafital, Teramo, Se ‘i tinesse. Ha collaborato per diversi anni col Coro
folk “Giulio Sigismondi” di San Vito dalla fondazione nel 1976, e
successivamente col Coro “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito, presenziando alla
giuria delle rassegne del Premio di poesia abruzzese Di Martino (1991-2001) e
del Concorso regionale di fisarmonica “T. Coccione”. Grazie all’amicizia con
Flamminio, che sapeva, come ricorda, capire il suo carattere esigente e
puntiglioso, Bozzelli ritrovò un nuovo paroliere e poté continuare la sua
avventura nel comporre e nel partecipare ai concorsi. Tra le varie canzoni
scritte ricordiamo Quande ti vede, amore
(1983), Tra neve e sole, presentata all’VIII Festival nazionale CANTI DELLA MONTAGNA,
vincitrice coppa d’oro 5 agosto 1984, composta il 12-1-1984 ore 16:30; Bella marinara, presentata al Trabocco
d’Oro di Fossacesia 1984, Puggiana bella
(1984) dedicata alle donne di Poggiofiorito, Nu
cante silenziose, vincitore con coppa e targa al IX
Festival nazionale CANTI DELLA MONTAGNA 9-8-1985, composto il 18-2-1985 ore
18:30, Nghi me a la muntagne (1986),
partecipante sempre ai CANTI DELLA MONTAGNA.
Queste canzoni del duo
Flamminio-Bozzelli brillano per limpidezza dei versi, freschezza di esecuzione,
Bozzelli sembra ritornare alle vecchie glorie degli anni ’40, inoltre come
ricorda Flamminio, si sentiva finalmente gratificato di vincere i premi di
riconoscimento, nonostante il suo essere sempre composto, umile, schivo, si
rifiutava di salire sul palco a ricevere la coppa e la targa, mandando
Flamminio, ma in cuor suo era veramente soddisfatto dei suoi meriti. Tra i vari
sanvitesi, Bozzelli scrisse canzoni su versi di Vito Sbrocchi, appassionato
ricercatore di storia e archeologia locale, con Giuseppina de Nardis, Antonio
Moschetta e Nicola de Vergiliis. La de Nardis era una professoressa di
matematica a Milano, nata alla Marina, e si dilettava di dialetto, così come de
Vergiliis nativo di Caldari. Tuttavia la loro produzione fu esigua.
5 – Vito Olivieri riscoperto da Bozzelli
Un
musicista sanvitese di grande spessore, riscoperto proprio grazie al Bozzelli,
è Vito Olivieri (1865-1941)[i].
Infatti nell’archivio di famiglia si conservano diverse copie, e qualche
originale, delle sue partiture. Poco si sa delle sue origini, e molte notizie,
come mi ha confidato il ricercatore delle sue memorie, lo storico Pietro Cupido
di San Vito, sono di tradizione orale. Ad esempio chi lo conobbe ricorda che
svolgeva in gioventù la professione di calzolaio, e che si dilettava di musica.
Non si sa come studiò e dove studiò musica, dato che, come possiamo vedere
dagli spartiti manoscritti conservatisi di alcune sue canzoni, il nostro
Olivieri era molto ben ferrato nel contrappunto. Resta un mistero, sicché non
giungano documenti a supporto delle nostre ipotesi; una situazione analoga
dicasi per il musicista Arturo Colizzi (1885-1964) di Rocca San Giovanni, che
lavorò nelle canzoni abruzzesi con il sanvitese Giulio Sigismondi e altri, e
scrisse la celebre Voga voghe (1922) per il Concorso delle canzoni di Lanciano.
L’Olivieri
sicuramente fu influenzato anche dai canti popolari del paese, dato che, come
ho avuto modo di appurare da chi sta raccogliendo una sua corposa e accurata
biografia, scrisse una ballata di Sant’Antonio abate. Sant’Antonio è
celeberrimo in Abruzzo, non c’è paese che non lo festeggi il 17 gennaio, e che
non abbia un repertorio di canti popolari o d’autore a lui dedicati. E così
anche l’Olivieri scrisse la ballata per l’Anacoreta. Ma, come molti altri poeti
e musicisti locali, l’Olivieri ebbe modo di farsi valere in occasione della
nascita delle Maggiolate a Ortona. Nella IV edizione del 1923 l’Olivieri
finalmente partecipa con una canzone scritta dal dott. Eduardo Di Loreto di
Castelfrentano (1897-1958), Vola canzone!, seguita da vari altri
successi. Leggendo gli articoli di giornale dell’epoca, preziose fonti per
reperire notizie altrimenti sconosciute, come L’Idea abruzzese di Zopito
Valentini, Il Corriere Frentano, I 3 Abruzzi, Il Fuoco, ecc.,
scopriamo che quando il Valentini nell’agosto 1922 indisse un Bando delle
Canzoni Abruzzesi a Pescara nell’Hotel Verrocchio (all’epoca nell’area di
Castellammare Adriatico), l’Olivieri partecipò con una canzone, di cui non si
conosce il titolo, insieme a vari altri poeti locali, quali Sigismondi,
l’Albanese, il Colizzi, il Mariani, il Renzetti, il Di Loreto; successivamente
sfogliando gli articoli, leggiamo che nella successiva grande festa della
Settimana abruzzese di Pescara dell’agosto 1923, rimasta memorabile nel suo
allestimento, soprattutto per la contrastata messa in scena dialettale della
tragedia dannunziana La figlia di Jorio su versi di Cesare de Titta,
Vito Olivieri partecipò con un’altra canzone; le canzoni per regolamento dei
concorsi, erano senza nome e senza autore, e venivano presentate con un motto.
Ad esempio il primo premio fu vinto dalla canzone Tuppe e tuppe di
Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati, col motto “versi miei, musica di lui”.
Dunque notiamo come l’Olivieri fosse tenuto in buona considerazione, almeno per
quanto riguarda il clima elettrizzante dell’organizzazione di questi festival
canori, mentre se dobbiamo attenerci alle fonti, in seno al piccolo paese dove
viveva, riceveva solo fischi e scarso successo da parte del popolino. Un sarto
che si mette a fare della musica? E che? Modesto Della Porta di Guardiagrele
non era forse sarto? Ed oggi è ritenuto il maggior poeta rappresentante
d’Abruzzo! Ma “nemo propheta in patria est”, e pure Modesto subì le critiche e
le angherie, addirittura, permettendoci una piccola deviazione del discorso,
nel Concorso delle canzoni di Lanciano del 1922 con presidente l’illustre
musicista Camillo de Nardis di Orsogna, Modesto vinse il primo premio con la
canzone Carufine (Garofani), con musica di Carlo Massangioli (altro musicista
di cui purtroppo si è perso quasi tutto); e suscitò l’ira funesta dei vari
poeti dell’intellighentia locale, quali Sigismondi, Marcolongo, Mola, Renzetti,
Brasile, che facevano il tifo per l’illustre sacerdote e linguista Cesare de
Titta, che ebbe il secondo posto.
Tornando
a noi, con ciò abbiamo voluto raccontare uno spaccato del clima di questi
concorsi, nei quali spesso accadeva di confondere il sentimento di scegliere
come vincente la canzone rappresentatrice del concorso stesso e dello spirito
canoro d’Abruzzo, con il desiderio di gloria personale. Anche se, diciamolo,
questi concorso nacquero in seno all’inizio del movimento fascista, dunque a
quel crogiolo di ideali di rappresentazione della figura tipo di un popolo e di
una società, una grande maschera di sé stessi. Canzoni, per rimanere nel nostro
contesi, belle senz’altro tanto che ancora oggi sono riproposte, ma nulla
affatto rappresentatrici del sentimento di un popolo, i canti di tradizione
orale come il Lamento della vedova, Tutte le fontanelle, All’orte, So ite a
fa la jerve, erano ben altre!
L’Olivieri
sulla scia della fama delle Maggiolate, cercò con Sigismondi, Fagiani e Di
Loreto di organizzare delle feste a San Vito che sapessero tener testa a
Ortona, e così nacque nel 1923 la Festa del Mare alla Marina di San Vito, che
ebbe successo memorabile, anche se attualmente, anche i ricercatori sanvitesi,
non sono riusciti a rintracciare un libretto, per poter capire quali canzoni
siano state presentate. Fatto sta che l’Oliveri certamente partecipò, e fu tra
i protagonisti anche alla II Festa del Mare del 1926, di cui fortunosamente
grazie a Maria Di Clemente si conservano dei libretti. Come possiamo vedere,
l’Olivieri aveva stretto un forte rapporto col dott. Di Loreto di
Castelfrentano, che alternava la sua collaborazione col concittadino Pierino
Liberati, reduce dai successoni delle canzoni A core a core (Ortona
1922) e Tuppe e tuppe (Pescara 1922). Per la Festa del Mare, l’Olivieri
scrisse varie canzoni, tra le più belle leggiamo la Serenatella a lu mare
su versi del Di Loreto, dove possiamo comprendere quanto il piccolo ciabattino
si fosse perfezionato, e come riuscisse a far danzare i versi precisi, briosi e
immediatamente accattivanti del Di Loreto. E naturalmente i due partecipano ad
altre Maggiolate con Care amore (1925), Lu currede (1926), A.B.C.
(1930), Azzichete, e che d’è (1931). Nonostante i temi sempre ripetitivi
dell’amore, del corteggiamento dei fidanzatini, dell’idea di scappare dal
paesello di provincia per un’alcova isolata dove poter divertirsi
innocentemente, l’Olivieri seppe sempre dare brio giusto e calibrato e
variabile ai versi dei suoi committenti.
E
di fatti Eduardo Di Loreto, che giustamente fu considerato l’inventore di un
teatro nuovo nell’area Frentana, e che avrebbe potuto dare molto di più se un
male, e soprattutto un precoce impoverimento dei temi, non lo avessero
travolto, con l’Olivieri e contemporaneamente con Liberati, si dette allo
spettacolo nel grande palco. Con l’Olivieri scisse due commedie, Chi trove la
mentucce, rappresentata a Pescara nel 1929, e poi per San Vito, Punte di
stelle, commedia in due atti intervallata a musiche. Purtroppo come accadde
per vari altri musicisti, col passare degli anni e specialmente a causa
dell’indifferenza nei confronti delle carte lasciate sparse, la produzione di
un grande come Vito Olivieri è andata lentamente in parte persa. Gli spartiti
manoscritti servivano al musicista per le esecuzioni, non destinate alla
pubblicazione, come nel caso dei libretti delle canzoni o delle commedie col
testo. E dunque per questa commedia di Punte di stelle, molto frizzante
vivace, siamo costretti ad ascoltare soltanto la bella canzone del finale del I
atto, l’Avemmarije. Una canzone apparentemente allegra, e invece ricca
di suggestioni nel suo ritmo andante e cadenzato, quasi come se ascoltassimo la
campana mesta che annuncia l’Ave Maria la sera, coi suoi lenti rintocchi,
mentre il sole tramonta dietro la montagna. Chissà, Di Loreto nello scriverla
pensò alla campana della sua chiesa di Castel Frentano protetta dalla Majella?
e protesa verso San Vito al mare?
Cupido
mi ha confidato che questa canzone fu recuperata per tradizione orale, perché
gli anziani del paese la ricordavano ancora. Purtroppo per il resto delle
musiche non c’è stato granché da fare. Cosa sciagurata e deplorevole, che le
musiche di una tradizione abruzzese vengano perse per trascuratezza e
indifferenza! La collaborazione teatrale tra il duo continuò, con Terra
luntane (1935) e Filadelfia, Napoli, Borgomatto (1934), poi riscritta
da Di Loreto nel 1945 per il compositore Ugo Di Santo, che diventerà il
capolavoro Lulù, aiutami tu!
I
due erano all’apice del successo, tra Maggiolate, commedie teatrali che stavano
segnando la presa di coscienza di un teatro abruzzese con un preciso programma
e dei testi di riferimento, che non fossero più solo farse e commediole scritte
solo per far divertire, ma con una precisa storia, e soprattutto con delle
canzoni che avrebbero dovuto durare negli anni…e che invece in gran parte sono
andate perse, a causa della scomparsa degli spartiti, dunque destinate a
restare mute sulla carta!
Ma
accade qualcosa, Vito Olivieri pare che ebbe degli screzi col fascismo, col
podestà di San Vito in quegli anni? O per altre situazioni? Per ora non si è
riusciti a ricavare sufficienti documenti per supportare le nostre ipotesi;
fatto sta che tra le ultime collaborazioni per le canzoni, ci sono quelle alle
Feste dell’Uva di Poggiofiorito nella metà degli anni ’30. Le Feste dell’Uva
nate nel 1929 per volere di Cesare de Titta a Poggiofiorito, dove era tornato
il grande fisarmonicista Tommaso Coccione dalla sua turnè in America, si
riproponevano sempre, con dei concorsi, di celebrare la canzone abruzzese, e di
dare spazio a poeti emergenti e poeti già affermati. Da notare che in questi
concorsi vari di Castelfrentano, San Vito, Lanciano ecc. i temi variavano, ad esempio per Pescara e i
paesi marinari, molte canzoni hanno per tema il mare, vedasi anche A lu mole
per la Maggiolata del 1930 con musica di Olivieri e versi di Cesare Fagiani;
per Poggiofiorito ovviamente la vendemmia e la raccolte dell’ulivo (si vedano
le varie Canzone dell’uve – Canzone de lu grane – La cujjeture de la ‘live),
celeberrime quelle di Marcolongo, Dommarco e Di Jorio; per Castelfrentano
abbiamo riferimenti alla bellezza del paesello sul colle ameno, al campanile,
alla Madonna dell’Assunta patrona (Santa Marie per la Maggiolata del
1925, e Campanelle di Sante Rocche, 1938, su versi di Di Loreto e musica
di Liberati.
Olivieri
dunque partecipò a Poggiofiorito con alcune canzoni, avrebbe partecipato anche
al Primo Concorso della Canzone fascista abruzzese di Poggiofiorito del 1939,
ma questo problema col fascismo, di cui non ancora si sa molto, lo impedì. Nel
1936 aveva partecipato alla Prima Festa della Canzone di Caldari, vicino
Ortona, con la scenetta agreste La metiture, su versi del giovanissimo
Custode Miccoli di Rogatti (1914-2002); ma a quanto ci riferisce Cupido, il
testo originale fu scartato perché conteneva delle frasi che irritarono la censure
del Regime, e dunque il testo che oggi leggiamo è assai modificato. L’Olivieri
nel 1936 cambia residenza da San Vito, come attestato anche all’anagrafe, per
finire a L’Aquila, dove morirà solo e dimenticato nel 1941. Tuttavia nel
capoluogo abruzzese, l’Olivieri ebbe modo di farsi conoscere, dove ad esempio
rielaborò in aquilano la sua prima canzone scritta per le Maggiolate, Vola
canzona, di cui Cupido è riuscito a trovare il manoscritto. Tuttavia magra
consolazione, di Olivieri non si saprà più nulla, fino alla morte, tra l’altro
scoperta di recente, poiché pare che a San Vito, almeno fino alla lenta
riscoperta negli anni ’70, fu considerato un vero e proprio estraneo, quasi
avesse subito una damnatio memoriae. Infatti quando si costituì il Coro “Vito
Olivieri” in opposizione al Sigismondi, il M° Remo Vinciguerra propose di
incidere in un disco alcune canzoni, soprattutto quelle più facili da reperire
perché stampate nei libretti delle Maggiolate di Ortona. Ancora oggi sono
eseguiti suoi celebri pezzi, ma un lavoro di riscoperta del nostro musicista
ciabattino deve essere ancora operato, soprattutto per rispetto a un
personaggio che fu a completamento della rosa di musicisti e poeti sanvitesi
quali furono Sigismondi, Bozzelli, Di Clemente, Jarlori, D’Intino e Benvenuto.
Bozzelli,
essendo amico dell’Olivieri, e ammiratore delle sue canzoni, avendo una ferrea
memoria, le salvò dall’oblio, trascrivendone molte a memoria. Unendo le
partiture per pianoforte edite nei libretti delle Maggiolate ortonesi a quelle
trascritte dal Bozzelli, riusciamo ad avere un quadro abbastanza completo della
produzione dell’Olivieri. Bozzelli trascrisse il Sant’Antonio di San Vito nel 1953, realizzato una ventina d’anni
prima, stando alle note di Cupido, su un testo di anonimo. È un testo molto
popolare, eseguito in diversi paesi dell’area frentana tra Lanciano[ii] e
Ortona[iii],
Mozzagrogna, Caldari, Crocetta di Castel Frentano[iv],
in cui un gruppo di Eremiti si riunisce in coro, rappresentando la scena nelle
case pronte ad ospitarli la sera del 17 gennaio, oppure nelle piazze del paese;
introducono col canto la storia del Santo, poi entra Sant’Antonio che si
lamenta delle pene nel Deserto e delle tentazioni del Demonio; il movimento
cantato del Santo è allegretto; irrompe a questo punto il Demonio che dichiara
di voler portarlo all’Inferno, ma Sant’Antonio combatte e replica, invoca
l’aiuto dell’Angelo, che prontamente con la spada sguainata piomba in suo aiuto
e scaccia il Demonio. Ristabilita la quiete, gli Eremiti ringraziano il pubblico
e chiedono qualcosa da mangiare.
Coro
Siamo
dei poveri eremiti,
date
a noi conforto ed aiuto
e
date a noi la carità.
Se
qualcuno ci conforta
Aprite
le porte e fateci entrar.
Buona
sera o buon signori,
buona
sera a tutti quanti,
noi
siam li eremiti
di
S.Antonio siamo amici.
Coro
Buona
sera illustri amici,
buona
sera amata gente.
S.Antonio
è qui che viene,
a
benedirvi e poi partir.
Coro
Ecco
il vostro S.Antonio
Eremita
poverello,
è
venuto in mezzo a noi
a
benedirci e poi partir.
S.Antonio
Ecco
il vostro S.Antonio,
fier
nemico del demonio,
son
venuto in mezzo a voi,
ma
da lontano un’ombra
vedo
ancor.
Son
venuto in mezzo a voi
A
benedirvi e poi partir.
Coro
È
venuto in mezzo a noi
a
benedir e poi partir.
S.Antonio
Col
cilicio intorno al fianco
sono
giunto tanto stanco
per
fuggire li da Satana
che
non mi lascia riposar.
Coro
Col
cilicio intorno al fianco
Lui
è giunto tanto stanco
per
fuggir li da Satana
che
non lo lascia riposar.
S.Antonio
Mi
disturba nel mangiare,
mi
tormenta nel pregare,
mi
si ficca sotto il letto,
e
non mi lascia riposar.
Coro
Lo
disturba nel mangiare,
lo
tormenta nel pregare,
gli
si ficca sotto il letto,
e
non lo lascia riposar.
S.Antonio
È
perciò son qui scappato
per
non essere più tentato
da
quel mostro scellerato
che
dal cielo fù scacciato.
Coro
È
perciò è qui scappato
per
non essere più tentato
da
quel mostro scellerato
che
dal cielo fù scacciato.
Coro
Satana,
Satana, Satana che viene !
Satana
Ti
ho raggiunto e non ti lascerò mai,
in
tutto il mondo ti cercai,
il
deserto attraversai per trovarti
ancora
qui.
Satana
Io
ti farò sempre più guerra
finché
sarai su questa terra.
Io
son colui che ti tentò,
tu
con me dovrai venir,
tu
con me dovrai venir.
S.Antonio
No!
Questa è la croce
del
regno Santo, ma chi
l’abbraccia
ma chi l’abbraccia
sale
al ciel.
Coro
No!
Quella è la croce del
regno
Santo, ma chi
l’abbraccia
ma chi l’abbraccia
sale
al ciel.
Coro
Vai
o Plutone!
Va
al tuo destino!
Lascia
il divino!
Non
è per te!
S.Antonio
Vieni
vieni angelo mio
vieni
vieni a farmi compagno
che
c’è il Demonio che mi
tormenta
e non mi lascia riposar.
Coro
Vieni
vieni angelo di Dio
vieni
vieni a fargli compagno
porta
la gloria del regno Santo
per
punire il peccator.
(
Introduzione musicale per gli angeli )
Angeli
Non
temere Antonio pio
le
tue preci le ha accolte Dio
questa
è la spada che Lui ti manda
per
poter costui combattere.
Angeli
Non
temere se il demonio viene
il
Signore è sempre teco,
questa
è la croce del regno Santo
per
punire i peccator.
Angeli
Fuggi
fuggi, o demonio ingrato
vai
al destino che Dio ti ha dato,
all’inferno
tu sei destinato,
e
vai per tutta l’eternità!
ALL’INFERNO!
Coro
Fuggi
fuggi demonio ingrato
vai
al destinio che Dio ti ha dato,
all’inferno
tu sei destinato,
e
vai per tutta l’eternità!
ALL’INFERNO!
Coro
In
questa notte di fede e di pace
un’alma
audace magnifichiam.
S.Antonio
Ora
vi lascio e vado avanti.
Coro
Buona
sera a tutti quanti.
S.Antonio
Io
vi lascio e vi benedico.
Coro
Buona
sera ai nostri amici.
(
Stacco musicale di “Se lo colmeremo” )
Coro
Se
lo colmerem...
Per
vivere...la nostra vita...
Se
lo colmeremo
il
sacco...degli eremiti
Ah...Ah...lungo
la strada
nel
rigor...del suo cammino
più
lieta sarà la strada
per
il pellegrin.
(
Stacco musicale )
Coro
A
tutti pace, gioie e cose belle,
mai
possano spuntar invidia e danni,
ognuno
possa conservar la pelle,
per
quando torneremo fra un anno.
S.Antonio
è il più glorioso Santo
e
Iddio l’accompagna alla sua gloria.
Vi
auguriamo a tutti suoni e canti,
vi
auguriamo a tutti canti e suon,
vi
auguriam canti e suon,
vi
auguriam canti e suon.
Altro
merito di Bozzelli, oltre ad aver salvato il canto dell’Ave Marije della commedia Punte
di stelle di E. Di Loreto, è di aver trascritto per pianoforte tutta la
partitura delle scene cantate di questa commedia, composta nel 1929, e mai
andata in scena per problemi con l’organizzazione. Il testo è stato edito
nell’opera omnia Eduardo Di Loreto:
Poesie – Teatro, Lanciano 1988-2004, lo spartito, che qui per la prima
volta pubblichiamo, a integrazione del testo già edito, è conservato presso gli
eredi Bozzelli, Luciano Flamminio e Ottorino Moscafieri[v].
6 – Alcune curiosità
Sapeva
suonare i vari strumenti: mandolino, chitarra, sax, clarinetto, organetto,
pianoforte, e per questi strumenti riscriveva puntualmente le partiture, in
appositi quadernetti, a volte perfino riciclando i calendari su cui tracciava
le note del pentagramma!, delle sue canzoni e delle marce e polke.
Si
esercitava a casa dopo il lavoro, e a volte dava pure moglie. si esercitava nel salone di casa con i
coristi e i musicisti per le Maggiolate. Aveva rapporti intimi di amicizia con
Rocco Verì, aveva una cantina lungo Corso Trento e Trieste. Inizialmente Verì
era barbiere in piazza Altobelli negli anni ’40-’50. Non amava particolarmente
il suo lavoro, per le sue doti poetiche, sicché negli anni ’70 prese un locale
verso il Belvedere Marconi, aprendovi una latteria. Quando inaugurò la cantina, utilizzava la
sala grande anche come area prove, che veniva improvvisata anche come
palcoscenico per le prove teatrali. Verì era socievole e gioviale, sapeva stare
con la gente, riusciva a trovare la sintonia con Bozzelli, tanto che insieme
scrissero numerose commedie e canzoni.
Rocco
Jarlori, aveva il Coro “Vito Olivieri”, era violinista e direttore del Coro
nato negli anni ’70 in opposizione al Sigismondi[vi],
aveva rapporti con Bozzelli, suonavano insieme nell’orchestra delle maggiolate.
Avevano dei punti di vista diversi, perché il Bozzelli era più meticoloso,
tanto che a volte in privato aveva da ridire sugli esiti delle esibizioni.
Impartiva
anche lezioni di musica, a casa, ed era severo con chi steccava o non era
intonato. Ha insegnato a suonare il violino al medico Rocco Nardone, che si
esibì in varie turné.
Deo
Bozzelli non partecipò alle Rassegne di canto abruzzese dell’estate 1976 a San
Vito, organizzate dall’Associazione corale G. Sigismondi, con direttore
artistico Virgilio Sigismondi, il quale utilizzò la Serenata d’amore del Di
Clemente, insieme ai migliori successi passati delle canzoni sanvitesi. Ma
Bozzelli preparò il Coro per varie altre occasioni, che si esibì ad esempio
alle Rassegne di Canzoni dell’Estate sanvitese 1980.
Nella
poesia abruzzese, dire San Vito, significa dire Giulio Sigismondi, uno dei
poeti più fiorenti e originali d’Abruzzo. Bozzelli conosceva “don Giulie” per
alcune pratiche sa brigare in comune, dove egli lavorava; ma lo ammirava anche
per la sua vena poetica! Insieme, anche
se con musicisti diversi, come sappiamo, si esibirono nel 1946 e nel 1947 alle
rassegne di canto. Nell’archivio Bozzelli si conserva
7
- Bozzelli e la Banda
Quando
andò in pensione, Bozzelli si cimentò maggiormente, con grande gioia, nella sua
passione di suonare per la Banda. Come rileviamo da alcune composizioni degli
anni ’30, egli era già ben conscio delle sue conoscenze musicali, e scrisse
vari pezzi per la Banda della Marina Militare tra il 1938 e il 1939. Iniziò
così la sua nuova avventura: la collaborazione con la Banda “Lupi d’Abruzzo” di
Sant’Apollinare Chietino.
Sant’Apollinare aveva già una paranzella nel 1814[vii],
con tre elementi: Tommaso Raducci, Tommaso Di Paolo (al tamburo), Giuseppe
Patricelli (al fischietto), a cui si aggiunse Rosario Patricelli (ai sonagli).
Inizialmente si trattava di una paranzella con strumenti rudimentali,
realizzati in proprio; il complesso si ampliò e venne riformato nel 1845 da
Ferdinando Scenna di Orsogna, che ne divenne il maestro, qualche anno prima
della costituzione della Banda “F. Fenaroli” di Lanciano nel 1850 diretta dal
M° Nicola Centofanti, avo del celebre nipote omonimo che negli anni ’50 del
Novecento condusse la banda al massimo splendore.
La
Banda di Sant’Apollinare ebbe diversi maestri, come riporta Catenaro: Domenico
Tinari da Montorio al Vomano (1879), Domenico Lazzi, Achille d’Amelio di
Gessopalena (1880), Enrico e Marino
Turchi dello stesso paese (1883, e poi 1893). Questi furono anche anni di rivalità
con le altre bande circonvicine (all’epoca c’erano complessi contabili sulle
dite di una mano, a differenza delle diverse bande presenti in quasi tutti i
comuni), e vi erano furiose contese per accaparrarsi il servizio nelle varie
feste e ricorrenze nei paesi. Nel 1886 ci fu uno scontro con la Banda di
Orsogna, un duello con le sciabole e le daghe; in questo episodio i
santapollinaresi dovettero ritirarsi perché gli ariellese stavano accorrendo a
dare man forte agli orsognesi.
Nei
primi del Novecento, con l’emigrazione, anche i santapollinaresi espatriarono
in America, e si fusero con altre bande, il Catenaro cita nel 1910 7 elementi
santapollinaresi nella Banda di Buenos Aires. La Banda si è sciolta dopo la
seconda guerra mondiale, altri erano gli impegni. Non esistevano inoltre uno
statuto, un maestro fisso, ma spesso si chiamavano maestri di altre bande,
oppure gli elementi andavano ora a suonare con questa o con quell’altra banda,
come accade anche oggi.
La
Banda “Lupi d’Abruzzo”, dopo varie vicende, nasce nel 1975 sulle ceneri della
precedente, con un iniziale organico di 4 persone: Armando Morgione tamburo,
Giuseppe Dragani (?), Antonio Patricelli e Gino Patricelli capobanda. Negli
anni ’90 a causa di diverse situazioni, sia il capobanda che il suonatore
Gaetano Miscia detto “Tanine Misciarille” per la bassa statura non ripresero
più in mano la gestione della banda santapollinarese, e andarono con i loro
elementi in altre bande, inizialmente alternandosi regolarmente, poi
accorpandosi in altri organi. Lo stesso Miscia si alternava con una piccola
banda lancianese detta “Banda di Misciarille”, che negli anni ’70 prese parte
anche a uno sceneggiato Rai Vino e pane,
basato sull’omonimo romanzo di Ignazio Silone[viii].
La
Banda di Sant’Apollinare cogli anni aumentò il suo organico, era una banda da giro,
e spesso veniva chiamata alle feste patronali di San Vito, negli anni ’70 fu
invitata anche alle Rassegne di Poesia abruzzese dedicate a Giulio Sigismondi.
La
Banda, dopo disgregazioni, rifondazioni e nuove vicende, è oggi operativa,
composta da un organico misto di 20 elementi provenienti da San Vito e
dintorni, specialmente Lanciano, guidata dal M° Rino Di Virgilio, che si
alterna con il M° Nicola Patricelli, capobanda della Banda giovanile “Madonna
del Porto” di San Vito.
Negli
anni ’80-90, la Banda di Sant’Apollinare era al suo massimo splendore,
presenziava alle feste di paese, alla festa della Madonna delle Grazie di
luglio, alla festa di San Rocco, alla processione del Venerdì Santo e della
Pasqua, e faceva diverse turnè anche nei paesi vicini per le varie feste e
ricorrenze, anche matrimoniali o funebri. Era presente alle feste di Lanciano,
San Vito, Ortona, Crecchio, Frisa. Andava anche in Molise.
Banda
di Sant’Apollinare nel piazzale San Rocco a Sant’Apollinare, anni ’80. Bozzelli
è al centro col sax. Archivio fam. Bozzelli
Bozzelli
scrisse anche un Miserere per Sant’Apollinare, ancora oggi eseguito dalla
Banda.
8 – Le composizioni
Con
Oliviero di Clemente
AMORE PERDUTE, 11, 2, 1937
SCAPPE NCHE MME, 12,2, 1937
DAMMI NU FIORE 2, 5,
1937
CANTE ‘NCHE ME, 11, 5,
1937
SUSPIRE D’AMORE, 15, 5, 1937
FUNTANELLE DE L’AMORE, 15, 5, 1937
LU SCULTORE 5, 9, 1937
VI’ ECCHE, AMORE 29, 9, 1937
COME SI PARTE MO’, 26, 9, 1937
TERRA SANTE 7, 5, 1940, composta in origine da un
marinaio alla polveriera di Malcontenta Asiago, Venezia[i]
SERENATA D’AMORE 10, 5, 1946
LISETTE 16,5, 1946
TRA LI PAMPELE NU VACHE
14, 7, 1946
LA CANZONE DE LU
MARINARE 23, 7, 1946
LA MELANCUNIJE, 20, 6, 1948
LU COLLE E’ PARADISE! 1, 8, 1948
MI VAJE A RINSERRA’ 21, 5, 1950
Da
Giulio Sigismondi
L’ARTA CCHIU’ PRELIBBATE di Sigismondi e Vincenzo
Forchetta, trascrizione in spartito eseguita da Bozzelli in accordo col Sigismondi,
18, 5, 1947[ii]
Con Pierino Bruno D’Intino[iii]
LU GIUVINOTTE ANNAMMURATE 14, 3, 1937
LU PIANTE DE NU CORE 12, 5, 1937
TURMENTE 6,5, 1945
DIMME PICCHE’ 30, 5, 1945
Con Rocco Verì
LA CAPRICCIOSA 15, 4, 1937
MARIANNINE 9,5, 1946
‘NTUNIE’ 11,5, 1946
LA VILLEGNE 13, 8, 1946
A LA LUNE di Verì, 9, 10, 1946
LE CAMPANE DI SANTE VITE 26, 6, 1949
TATONE E MAMMAROSSE 10, 1, 1957
TU SI’ LU CORE NOSTRE (dedicata all’On. Giuseppe
Spataro) 31, 10, 1958
LU CILLETTE A LA CAJOLE 12, 7, 1958
VOLE...E VA’! 2, 6, 1966
LE DONNE DI MO’ 2, 3, 1969[iv]
Con
Nicola de Virgiliis[v]
VUOJJE MINI’ NCHE TTE 20, 5, 1982
LA SARTINELLE 19, 12, 1965
ESCE LA BBARCA 26,12, 1965
MARIUCCE M’HA LASSATE 18, 3, 1966
Con Antonio Pagliani
MARIANNINE 26, 8, 1977
Con Custode Miccoli[vi]
‘HUDEME MO’
STA BELLA GIUVINTU’! 2, 5, 1947
RUSINELLA ME’ 11, 7, 1964
SOLE PE’ TTE 28, 3, 1966
NA CAFUNETTE PE’ STU CORE 11, 4, 1976
POVERE CORE ME! 15, 5, 1980
VID’A A STA LUNDANANZE 1, 1, 1985 ore 9:45
Per Luigi Dommarco[i]
DIMMI LA VERITA’ 13, 3, 1937
FACEME PACE 23-9-1984, ore 11:20
Con
Giuseppe Riccioni
…E MBE’ di G. Riccioni 2, 5, 1965
Con
Oberdan Giangrande[ii]
DIMME DI SCI’ 6, 8, 1946[iii]
NA PARULETTA SOLE… 7, 8, 1946
CUNCE’, FAMMI CUNTENTE 20, 8, 1946
BILLEZZA ME’ 13, 1, 1947
Con
Luciano Flamminio
TUTTE LE MATINE 13-5-1981
PE’ TTE’ MARIE’ 29-5-1981
NU BELLE MUMENDE 27-7-1981
MAJELLE GGIOJA ME’ 15-1-1982
VICINA A TE, MUNTAGNE 3-2-1982
MARE, T’ULESSE VASCIA’ 7-3-1982 ore 16:45
RUSI’ 25-3-1982
LU LAMENDE DE LU MARE 4-4-1982
LA NUSTALGGIJE 30-4-1982, ore 17:20
QUANDE TI VEDE, AMORE, Sabato santo 2-4-1983, ore
17:30
TRA NEVE E SOLE[iv] 12-1-1984
ore 16:30
VIVA, VIVA LA VILLEGNE, 15-2-1984 ore 16:50
BELLA MARINARA 4-3-1984 ore 16:30
PUGGIANA BELLA 21-7-1984, ore 16:55
NU CANTE SILENZIOSE[v]
18-2-1985 ore 18:30
PAESE ADDO’ SO’ NATE[vi]
5-3- 1985 ore 16:30
LU CANTE 23, 1, 1986 ore 10:00
NGHI ME’ A LA MUNTAGNE 11, 2, 1986 ore 9:15
Con
Giuseppina de Nardis
LA MAGGIOLATE 12, 2 , 1983
‘GNE T’ARIVEDE 15-3-1983
LU PRIME AMORE NIN SI SCORDE 23-10-1983 ORE 14:15
Con
Vito Sbrocchi
DA TE NI’M’ALLUNTANE 21, 1, 1976
NA SER’A LU COLLE, 25, 1, 1976
Con
Vincenzo de Luca
LU PAESE DI MAMME 13, 10, 1977
NON E’ PECCATE FA’ L’AMORE 20, 10, 1977
STU PARADISE 23, 10, 1977
Con
Ivano Catenaro[vii]
A NICOLETTA 1, 9, 1946
SE T’AVISSE CUNISCIUTE 19, 4, 1965
Con
Candeloro Lupi
S’UOCCHIE 5, 11, 1965
SI’ PARTITE!,12, 12, 1965
Con
Alberto Dragani[viii]
A PECURALE 21, 6, 1947
SUSPIRE E SPIRANZE 10, 7, 1947
A RUSINELLE 25, 6, 1948
TI SIE’ SCORDE! 22, 6, 1952
Con
Domenico Cupido[ix]
ARIMINUTE SETTEMBRE!, 27, 7, 1947
CUSCI’ E’ L’AMORE 19, 7, 1946
ERE BELLE...30, 7, 1947
Canzoni
scritte con vari autori
FAMMI STU CORE SAZIE di Pietro Aquilone, 4, 8, 1947
DIMME CA SCI! Di Ermanno Catenaro, 6, 8, 1947
L’AMORE NASCE A LU CIARDINE di Alessandro Di Ienno,
12, 4, 1948
L’AMORE A PIZZICHILLE di Tommaso Di Biase, 25, 4,
1948
GIUVINELLA ME’ di Domenico Lanci[x],
14, 7, 1950
MAGGE FIURITE di Domenico Lanci, 29, 3, 1964 – ha
gareggiato alle Settembrate di Pescara col Coro di Frisa diretto dal M° Mario
Lanci.
STU PAESE di Vittorio Di Ienno, 21, 7, 1950
MASSERE T’ASPETTE di Michele Ciarlante, 22, 3, 1964
LI CULLINE BIELLE di Mario Caldora, 21, 6, 1964
MARIANNINE di
A. Pagliacci, 26, 8, 1977
Poesie
del Bozzelli
‘N CAPE A TUTTE
LU POSTE
LA BUTTICELLE
Ciclostilato in proprio sezione PCI San Vito,
4-5-1985
Commento
alle canzoni abruzzesi di Deo Bozzelli
Esse sono caratterizzate da ritmo frizzante e gioioso, oppure melodico. Tra le canzoni più belle spiccano A la lune e Serenate d’amore. Nella prima, il Poeta Verì canta una serenata d’amore alla luna, la invita a illuminare l’amore che lui ha per la sua bella, ma non a irradiarli troppo con i raggi, per non farli scoprire agli occhi indiscreti.
Nuova linfa alla musica bozzelliana è data dal verso
di Flamminio. In Maiella ggioja me’
il motivo è nostalgico e pieno di desiderio: Vulesse sajje ‘ncime a la Maielle
/ pi’ riguardà lu verde de la valle /vulà sopr’a la neve a gne nu cèlle, / e dope arruocilarme
a capabballe”. Il ritornello: “Maielle ggioja me’, sì gne na stelle, / cchiù
m’avvicine e cchiù duvinte bbelle, / li ragge de lu sole stamatine / ti fa’
lucià ssa neve cristalline”; il desiderio d’amore del Poeta verso la Montagna
Madre si fa’ sempre più vivo, il viaggiatore desidera toccare con mano la neve
cristallina della Montagna, l’invito a compiere la scalata è parte portante del
ritornello, così come nelle coeve canzoni di Giannangeli e Di Pasquale: Na voce d’ammonte o E’ bbelle la muntagne.
Riportiamo per intero il libretto della III Festa
della Canzone sanvitese, 1947.
[2] Tuttavia nel 2007 a cura dell’amministrazione comunale, viene bandito il III concorso canoro della Festa del Mare, replicatosi nel 2008 con la IV Festa del Mare con diverse canzoni presentate dagli autori contemporanei Antonio Piovano, Camillo e Vincenzo Coccione, Ulderina e Massimo Manzitti, figli del compositore sanvitese Bruno Manzitti, Lucio Cancelleri, Mario d’Arcangelo, Argentino Montanaro, Filippo Crudele, Cesare e Aldo Nicolini.
[i] La Festa delle Canzoni del 23 settembre 1945 a Villa Rogatti di Ortona; partecipano autori come Guglielmo Polzinetti, Ugo Di Santo, Cesare Fagiani, Alberto Dragani, Oberdan Giangrande, Domenico Pietropiccolo, Nicola De Riggi, Nicola Benvenuto e Custode Miccoli.
[ii] Festa delle Canzoni abruzzesi di Frisa, 16 agosto 1946, direttore del Coro M° A. Pancella, 1° fisarmonica Tommaso Calabrese, 2° fisarmonica T. Ursini. Molte canzoni sono riproposizioni dei successi delle Maggiolate ortonesi, come la Ninna nanna di De Titta-Zimarino o La semene di Sigismondi-De Cecco, prevale la canzone originale Addio, Frìsce di Gitti e Pancella.
[iii] La prima edizione della Sagra si ebbe nell’agosto 1936, la seconda nel 1938, la terza nel 1939. La sagra ebbe altre edizioni fino alla VI nel 1965
[iv] [iv] Come dice la nota nel libretto, un’antica Fonte a Caldari, oggi scomparsa, dove andavano le ragazze a sciacquare i panni e prendere l’acqua, dunque luogo di incontri ideale per queste scene cantate sulla scia delle Maggiolate.
[v] La prima festa si tenne nel 1947, su idea del poeta e musicista Giuseppe Politi, che scrisse diverse canzoni, eseguite anche in altre rassegne canore dei paesi vicini. Nella prima edizione le canzoni presentate furono: Na paruletta sole di Giangrande-Bozzelli, Mariucce la lavannare di Troiano, L’avème capite pure nu’ di Scena-Marrocco, ‘Mmèzz’a la vigne di Gialloreto, Ti pènse sempre cchiù di Miccoli-Benvenuto, Mi vujje divirtì di Di Scipio, L’Amor’annascoste di Ferrante-Marrocco, Che vocc’arrìse di Pietropiccolo-Crognale, La pecurale di Dragani-Bozzelli, La villegne de lu pruvilone (scena cantata) di Fimiani-Politi
[vi] Come dice la nota sul libretto, questo è un luogo nella zona Bardella tra Ortona e San Vito, ideale per le coppie.
[vii] Canzone postuma di Vito Olivieri di San Vito (1865-1941), di cui però nemmeno Pietro Cupido, nel suo progetto di un libro sulla sua vita e canzoni, è riuscito a trovare la partitura musicale.
[viii] Chiaro riferimento alla III Festa della canzone di San Vito del 1947, con lo stesso disegno della ragazza in abito tipico che sorride con lo spartito in mano.
[ix] Al momento resta un mistero se si tratta di una canzone postuma dell’Olivieri, o se sia un errore di trascrizione. Purtroppo non si è trovato lo spartito musicale.
[xii] Celebre cornista orsognese (1910-1997). Scritto erroneamente D. Ceccarani, che ha indotto in errore anche il Coro di Orsogna per una pubblicazione su cd nel 1997
[xiii] Esiste una versione in lingua italiana della canzone, presso l’archivio dell’Associazione culturale “T. Coccione” di Poggiofiorito alla busta “D. Ceccarossi”. Benché Ceccarossi fosse di Orsogna, che subì come Sant’Apollinare le distruzioni belliche, questo testo allude alla ricostruzione del campanile della chiesa madre di S. Apollinare.
[i] Una biografia succinta è contenuta alla voce del Dizionario biografico dei musicisti Frentani, a cura di Gianfranco Miscia, nel portale web Centro ricerche “F. Masciangelo” Lanciano; altre notizie provengono da un manoscritto inedito del compianto Pietro Cupido (1940-2023), il quale attendeva, prima della morte, alla pubblicazione della vita e di tutte le musiche scritte dall’Olivieri, con diversi documenti inediti e fotografie. Ringrazio ancora una volta Pietro per avermi fatto diverse volte consultare il manoscritto, e ad aver acconsentito a estrarre qualche notizia per i miei studi sull’Olivieri e la canzone abruzzese. Ora il ms. è in mano agli eredi.
[ii] La versione lancianese simile a quella sanvitese, era rappresentata dall’Associazione culturale “Dalila” di Torre Sansone; ma esistono altri 3 testi differenti del Sant’Antonio in Lanciano.
[iii] A Ortona il testo è molto simile, con la musica riarrangiata da don Antonio Politi
[iv] Quello di Crocetta e quasi identico a quello sanvitese.
[v] Attore teatrale e animatore infaticabile delle rassegne di Teatro dialettale abruzzese (1979-1993) a Castelfrentano.
[vi] Il timone del Coro Olivieri negli anni ’80 venne preso dal M° Remo Vinciguerra, che fece incidere anche dei dischi, tuttavia esso si sciolse negli anni ’90. L’attività coristica venne ripresa per qualche anno nei primi 2000 dalla Pro loco del Centro anziani, con la direzione del M° Francesco Paolo Santacroce, tuttavia negli anni seguenti non ci furono seguiti.
[vii] Italo Catenaro, Il Castello e il Paese di Sant’Apollinare Chietino, testo elaborato in proprio al computer, 2004, su precedenti articoli, ad vocem.
[viii] È possibile vedere la banda sopra la camionetta, quando giunge al comizio elettorale nella piazza centrale del paese, i cui esterni furono girati a Pescocostanzo.
[i] Sic nel manoscritto
[ii] Virgilio Sigismondi ci ha confidato che il Sigismondi, nel comporre il testo e la musica, si affidò alla figlia Mirella, con cui scriverà diverse canzoni per le Maggiolate ortonesi e le Settembrate pescaresi, per la trascrizione su spartito del motivetto che il padre le cantava. Si sarebbe ispirato a un motivetto popolare dei marinai, su cui cucì i suoi versi. Per questo la canzone fu ufficialmente registrata nei versi e nella musica di Giulio Sigismondi.
[iii] Piero detto “Pierino” Bruno D’Intino era nativo di San Vito, era avvocato a Lanciano, e appassionato di poesia, grande amico di Sigismondi e di Oliviero Di Clemente. Scrisse diverse canzoni per la III festa della Canzone sanvitese del 1947, nonché, come si può vedere dai libretti delle rassegne canore di Caldari, Rogatti, Sant’Apollinare, Crecchio, altri testi per canti con l’amico Nicola Benvenuto di Sant’Apollinare e altri. Lasciò anche degli inediti. Celeberrima oggi è la sua canzone Sante Vite cante per inaugurare la Festa delle canzoni del 1947.
[iv] Presentata alla VII Festa della Canzone di Crecchio, il 14 settembre 1969, come si rileva dal libretto. Si ricorda che la Festa della canzone prese avvio nel 1947 con Giuseppe Politi.
[v] Non ci risulta che le canzoni scritte per de Virgiliis e la de Nardis siano state mai eseguite per il pubblico, oppure in qualche intima occasione.
[vi] Miccoli (1912-2002) era nativo di Rogatti. Discende da una famiglia imprenditoriale possidente di vigne e cantine, e mandò avanti la produzione. Appassionato poeta, precocemente si inserì nel filone delle rassegne di canto abruzzese di Caldari e Rogatti, ma anche San Vito, Sant’Apollinare, Crecchio, San Leonardo, sfornando moltissime canzoni, molte delle quali anche inedite. Si ricordano Sole pe’ tte con Pierino Liberati, Stanotte è na notte d’ncante sempre con Liberati. Ne ho ampiamente trattato nel mio Stu Paesette me’ – Viaggio sulle melodie del M° Pierino Liberati – Edizione delle Canzoni abruzzesi, Castelfrentano, 2022
[i] Celebre cantore delle Maggiolate a Ortona (1876-1969) con l’amico Guido Albanese. Bozzelli volle omaggiare il Dommarco musicandogli una poesia Faceme pace. In vita gli musicò Dimmi la verità, rappresentata alla Rassegna delle canzoni sanvitesi del 1937 in onore del patrono San Vito.
[ii] Non esiste una sua biografia completa e critica, e poche notizie sono state riportate da Vincenzo Coccione nel primo volume dei suoi canti abruzzesi: Paese belle me’, Edigrafital, 2001. Giangrande era di Caldari, e svolgeva la professione di vigile urbano a Ortona. Produsse dagli anni ’30, iniziando con le rassegne canore a Caldari nel 1936, fino agli anni ’60 circa. Il suo contesto rimase isolato tra Caldari e Rogatti, e qualche volta alle feste di Crecchio, Sant’Apollinare e San Vito. Il suo musicista preferito era Michele Marrocco di San Leonardo, con cui produsse diverse canzoni.
[iii] Presentata alla IV Festa della canzone abruzzese di Caldari (2 ottobre 1946)
[iv] Presentata all’VIII Festival nazionale CANTI DELLA MONTAGNA, vincitrice coppa d’oro 5 agosto 1984
[v] Testo vincitore con coppa e targa al IX Festival nazionale CANTI DELLA MONTAGNA 9-8-1985
[vi] II premio con targa d’argento al II° Festival “Trabocco d’Oro” di Fossacesia 11-8-1985
[vii] Prolifico scrittore di canzoni, di Sant’Apollinare, ha collaborato con Michele Marrocco negli ultimi anni della sua vita, partecipando alle rassegne degli anni ’80 e ’90 di canzoni abruzzesi presso il Coro San Leonardo. Ha scritto diverse canzoni, si ricordano: Stilluccia me’ musicata da Vincenzo Coccione, La saltarelle musicata da Michele Marrocco (divenuto il ballo da biglietto da visita del Coro San Leonardo d’Ortona nella direzione del M° L. Palumbi), Si scrufile lu sonne musicata da Giuseppe Suriani, Vasanicole musicata da Daniele Tenisci col Coro San Leonardo al Festival folkloristico Gran Trofeo Città di Ortona del 2015, ideato dalla poetessa Vinia Mantini e dal Sen. Tommaso Coletti
[viii] A. Dragani (1920-2010) era di Caldari. Riportiamo la biografia estratta dal mio Stu Paesette me’, ecc. La famiglia voleva destinarlo all’attività di sarto, ma Dragani sin da ragazzo amava la poesia, innamorato assai dei versi di D’Annunzio. A 16 anni provò a partecipare a dei concorsi di poesia, ma i testi furono rifiutati a causa della giovane età. Si formò comunque nelle feste canore di Caldari e Rogatti, con qualche componimento, negli anni ’30. La sua carriera viene avviata poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando si ricompongono i cori in questi paesini nelle vicinanze di Ortona. Per la III Festa della Canzone di San Vito scrive Muntagna belle con musica di Carlo Scoppetta. IV Festa dell’Uva di Caldari (1946) scrive la scenetta cantata La Fonte dell’Immaèle con musica di Vincenzo Pasquini. Per la II Gara Canora di Crecchio del 1948 scrive A rinirelle, con musica del Bozzelli; per la Festa delle Canzoni di Sant’Apollinare dello stesso anno presenta con musica di Liberati La vattitura di li mannele. Dragani continuò a partecipare anche a qualche Maggiolata di Ortona, fino alla fine del festival canoro nel 1967, a seguire scrisse dei libri di poesie, e partecipò anche ai Premi di poesia “T. Di Martino” di Poggiofiorito a partire dal 1991, morendo in tarda età nel luglio 2010.Alberto ha ricevuto numerosi riconoscimenti: la poesia “fije di pescatore” premiata al concorso nazionale, bandito dalla RAI, per le scuole, nel 1958; nello stesso 1958 merita un diploma dall’Enal per il concorso nazionale “presepio nella famiglia”; nel 1968 ha il diploma al “secondo concorso di poesia dialettale” con “Zà Cuncette la coche”; nel 1971 il diploma nella quarta edizione del maggiolino d’oro col “mago Zurlì” per la canzone “Corrado il disertore”; nel 1981 il premio “Fantini” a Fossacesia; nel 1983 la coppa “trabocco d’oro” con “lu travocche”; nel 1986 il premio Francavilla. Il più importante riconoscimento in assoluto è l’essere presente con due poesie: “chiesette di campagne” e “attorn’a lu foche” nella rassegna di poeti in italiano, latino e dialetto “Parnaso d’Abruzzo” di Vittoriano Esposito, testo adottato dall’Università dell’Aquila, al Centro di Ricerche Letterarie Abruzzesi.
[ix] Nativo di Caldari, era vigile urbano a Ortona, come Giangrande. Fiorì proprio in occasione delle varie rassegne canore abruzzesi del secondo dopoguerra, e scrisse diverse canzoni, anche inedite, conservate dagli eredi. Collaborò molto col Coro di Frisa del M° Mario Lanci, che scrisse con lui le celebri Ti ni sì ite e Nin mi fa suspirà!, con Rocco Jajani scrisse Li so’ ditte, li so’ fatte, scrisse canzoni anche in collaborazione con Luciano Flamminio, con cui partecipò alle rassegne de La Viuletta d’Oro di Francavilla al mare.
[x] Padre Domenico Lanci dell’Ordine dei Passionisti, nativo di Guastameroli di Frisa, e grande appassionato del canto popolare abruzzese, ha condotto diverse ricerche in campo, pubblicando i Canti popolari abruzzesi, il disco Cojje la ‘live…coje lu ‘livastre, con prefazione di Antonio Di Jorio ed esecuzione del Coro di Guastameroli, pubblicato anche in musicassetta, nonché altre musicassette sui canti popolari della devozione abruzzese, e la raccolta in DVD Fatijenne e cantenne – Canti d’Abruzzo. Ha collaborato con diversi cori, primo quello di Guastameroli, partecipando a varie rassegne, tra le ultime alla Rassegna dei Cori senza Età organizzate dall’Università della Terza Età di Lanciano. Risiede all’abbazia di San Giovanni in Venere.
[1] Festa delle
Canzoni abruzzesi di Frisa, 16 agosto 1946, direttore del Coro M° A. Pancella,
1° fisarmonica Tommaso Calabrese, 2° fisarmonica T. Ursini. Molte canzoni sono
riproposizioni dei successi delle Maggiolate ortonesi, come la Ninna nanna di De Titta-Zimarino o La semene di Sigismondi-De Cecco,
prevale la canzone originale Addio,
Frìsce di Gitti e Pancella.
[1] La prima
edizione della Sagra si ebbe nell’agosto 1936, la seconda nel 1938, la terza
nel 1939. La sagra ebbe altre edizioni fino alla VI nel 1965
[1] [1] Come
dice la nota nel libretto, un’antica Fonte a Caldari, oggi scomparsa, dove
andavano le ragazze a sciacquare i panni e prendere l’acqua, dunque luogo di
incontri ideale per queste scene cantate sulla scia delle Maggiolate.
[1] La prima festa
si tenne nel 1947, su idea del poeta e musicista Giuseppe Politi, che scrisse
diverse canzoni, eseguite anche in altre rassegne canore dei paesi vicini.
Nella prima edizione le canzoni presentate furono: Na paruletta sole di Giangrande-Bozzelli, Mariucce la lavannare di Troiano, L’avème capite pure nu’ di Scena-Marrocco, ‘Mmèzz’a la vigne di Gialloreto, Ti pènse sempre cchiù di Miccoli-Benvenuto, Mi vujje divirtì di Di Scipio, L’Amor’annascoste
di Ferrante-Marrocco, Che vocc’arrìse
di Pietropiccolo-Crognale, La pecurale di Dragani-Bozzelli, La villegne de lu pruvilone (scena
cantata) di Fimiani-Politi
[1] Come dice la
nota sul libretto, questo è un luogo nella zona Bardella tra Ortona e San Vito,
ideale per le coppie.
[1] Canzone postuma
di Vito Olivieri di San Vito (1865-1941), di cui però nemmeno Pietro Cupido,
nel suo progetto di un libro sulla sua vita e canzoni, è riuscito a trovare la
partitura musicale.
[1] Chiaro
riferimento alla III Festa della canzone di
San Vito del 1947, con lo stesso disegno della ragazza in abito tipico che
sorride con lo spartito in mano.
[1] Al momento
resta un mistero se si tratta di una canzone postuma dell’Olivieri, o se sia un
errore di trascrizione. Purtroppo non si è trovato lo spartito musicale.
[1] Celebre
cornista orsognese (1910-1997). Scritto erroneamente D. Ceccarani, che ha
indotto in errore anche il Coro di Orsogna per una pubblicazione su cd nel 1997
[1] Esiste una
versione in lingua italiana della canzone, presso l’archivio dell’Associazione
culturale “T. Coccione” di Poggiofiorito alla busta “D. Ceccarossi”. Benché
Ceccarossi fosse di Orsogna, che subì come Sant’Apollinare le distruzioni
belliche, questo testo allude alla ricostruzione del campanile della chiesa
madre di S. Apollinare.
[1] Una biografia
succinta è contenuta alla voce del Dizionario
biografico dei musicisti Frentani, a cura di Gianfranco Miscia, nel portale
web Centro ricerche “F. Masciangelo” Lanciano; altre notizie provengono da un
manoscritto inedito del compianto Pietro Cupido (1940-2023), il quale
attendeva, prima della morte, alla pubblicazione della vita e di tutte le
musiche scritte dall’Olivieri, con diversi documenti inediti e fotografie.
Ringrazio ancora una volta Pietro per avermi fatto diverse volte consultare il
manoscritto, e ad aver acconsentito a estrarre qualche notizia per i miei studi
sull’Olivieri e la canzone abruzzese. Ora il ms. è in mano agli eredi.
[1] La versione
lancianese simile a quella sanvitese, era rappresentata dall’Associazione
culturale “Dalila” di Torre Sansone; ma esistono altri 3 testi differenti del
Sant’Antonio in Lanciano.
[1] A Ortona il
testo è molto simile, con la musica riarrangiata da don Antonio Politi
[1] Quello di
Crocetta e quasi identico a quello sanvitese.
[1] Attore teatrale
e animatore infaticabile delle rassegne di Teatro dialettale abruzzese
(1979-1993) a Castelfrentano.
[1] Il timone del
Coro Olivieri negli anni ’80 venne preso dal M° Remo Vinciguerra, che fece
incidere anche dei dischi, tuttavia esso si sciolse negli anni ’90. L’attività
coristica venne ripresa per qualche anno nei primi 2000 dalla Pro loco del
Centro anziani, con la direzione del M° Francesco Paolo Santacroce, tuttavia
negli anni seguenti non ci furono seguiti.
[1] Italo Catenaro, Il Castello e il Paese di Sant’Apollinare
Chietino, testo elaborato in proprio al computer, 2004, su precedenti
articoli, ad vocem.
[1] È possibile
vedere la banda sopra la camionetta, quando giunge al comizio elettorale nella
piazza centrale del paese, i cui esterni furono girati a Pescocostanzo.
[1] Sic nel
manoscritto
[1] Virgilio
Sigismondi ci ha confidato che il Sigismondi, nel comporre il testo e la
musica, si affidò alla figlia Mirella, con cui scriverà diverse canzoni per le
Maggiolate ortonesi e le Settembrate pescaresi, per la trascrizione su spartito
del motivetto che il padre le cantava. Si sarebbe ispirato a un motivetto
popolare dei marinai, su cui cucì i suoi versi. Per questo la canzone fu
ufficialmente registrata nei versi e nella musica di Giulio Sigismondi.
[1] Piero detto “Pierino”
Bruno D’Intino era nativo di San Vito, era avvocato a Lanciano, e appassionato
di poesia, grande amico di Sigismondi e di Oliviero Di Clemente. Scrisse
diverse canzoni per la III festa della Canzone sanvitese del 1947, nonché, come
si può vedere dai libretti delle rassegne canore di Caldari, Rogatti,
Sant’Apollinare, Crecchio, altri testi per canti con l’amico Nicola Benvenuto
di Sant’Apollinare e altri. Lasciò anche degli inediti. Celeberrima oggi è la
sua canzone Sante Vite cante per
inaugurare la Festa delle canzoni del 1947.
[1] Presentata alla
VII Festa della Canzone di Crecchio, il 14 settembre 1969, come si rileva dal
libretto. Si ricorda che la Festa della canzone prese avvio nel 1947 con
Giuseppe Politi.
[1] Non ci risulta
che le canzoni scritte per de Virgiliis e la de Nardis siano state mai eseguite
per il pubblico, oppure in qualche intima occasione.
[1] Miccoli
(1912-2002) era nativo di Rogatti. Discende da una famiglia imprenditoriale
possidente di vigne e cantine, e mandò avanti la produzione. Appassionato
poeta, precocemente si inserì nel filone delle rassegne di canto abruzzese di
Caldari e Rogatti, ma anche San Vito, Sant’Apollinare, Crecchio, San Leonardo,
sfornando moltissime canzoni, molte delle quali anche inedite. Si ricordano Sole pe’ tte con Pierino Liberati, Stanotte è na notte d’ncante sempre
con Liberati. Ne ho ampiamente trattato nel mio Stu Paesette me’ – Viaggio sulle melodie del M° Pierino Liberati –
Edizione delle Canzoni abruzzesi, Castelfrentano, 2022
[1] Celebre cantore
delle Maggiolate a Ortona (1876-1969) con l’amico Guido Albanese. Bozzelli
volle omaggiare il Dommarco musicandogli una poesia Faceme pace. In vita gli musicò Dimmi
la verità, rappresentata alla Rassegna delle canzoni sanvitesi del 1937 in
onore del patrono San Vito.
[1] Non esiste una
sua biografia completa e critica, e poche notizie sono state riportate da
Vincenzo Coccione nel primo volume dei suoi canti abruzzesi: Paese belle me’, Edigrafital, 2001.
Giangrande era di Caldari, e svolgeva la professione di vigile urbano a Ortona.
Produsse dagli anni ’30, iniziando con le rassegne canore a Caldari nel 1936,
fino agli anni ’60 circa. Il suo contesto rimase isolato tra Caldari e Rogatti,
e qualche volta alle feste di Crecchio, Sant’Apollinare e San Vito. Il suo musicista
preferito era Michele Marrocco di San Leonardo, con cui produsse diverse
canzoni.
[1] Presentata alla
IV Festa della canzone abruzzese di Caldari (2 ottobre 1946)
[1] Presentata
all’VIII Festival nazionale CANTI DELLA MONTAGNA, vincitrice coppa d’oro 5 agosto
1984
[1] Testo vincitore
con coppa e targa al IX Festival nazionale CANTI DELLA MONTAGNA 9-8-1985
[1] II premio con
targa d’argento al II° Festival “Trabocco d’Oro” di Fossacesia 11-8-1985
[1] Prolifico
scrittore di canzoni, di Sant’Apollinare, ha collaborato con Michele Marrocco
negli ultimi anni della sua vita, partecipando alle rassegne degli anni ’80 e
’90 di canzoni abruzzesi presso il Coro San Leonardo. Ha scritto diverse
canzoni, si ricordano: Stilluccia me’
musicata da Vincenzo Coccione, La
saltarelle musicata da Michele Marrocco (divenuto il ballo da biglietto da
visita del Coro San Leonardo d’Ortona nella direzione del M° L. Palumbi), Si scrufile lu sonne musicata da
Giuseppe Suriani, Vasanicole musicata
da Daniele Tenisci col Coro San Leonardo al Festival folkloristico Gran Trofeo
Città di Ortona del 2015, ideato dalla poetessa Vinia Mantini e dal Sen.
Tommaso Coletti
[1] A. Dragani (1920-2010) era di
Caldari. Riportiamo la biografia estratta dal mio Stu Paesette me’, ecc. La famiglia voleva destinarlo all’attività di sarto, ma Dragani sin da
ragazzo amava la poesia, innamorato assai dei versi di D’Annunzio. A 16 anni
provò a partecipare a dei concorsi di poesia, ma i testi furono rifiutati a
causa della giovane età. Si formò comunque nelle feste canore di Caldari e
Rogatti, con qualche componimento, negli anni ’30. La sua carriera viene
avviata poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando si ricompongono
i cori in questi paesini nelle vicinanze di Ortona. Per la III Festa della
Canzone di San Vito scrive Muntagna belle con musica di Carlo Scoppetta.
IV Festa dell’Uva di Caldari (1946) scrive la scenetta cantata La Fonte
dell’Immaèle con musica di Vincenzo Pasquini. Per la II Gara Canora di
Crecchio del 1948 scrive A rinirelle, con musica del Bozzelli; per la
Festa delle Canzoni di Sant’Apollinare dello stesso anno presenta con musica di
Liberati La vattitura di li mannele. Dragani continuò a partecipare
anche a qualche Maggiolata di Ortona, fino alla fine del festival canoro nel
1967, a seguire scrisse dei libri di poesie, e partecipò anche ai Premi di
poesia “T. Di Martino” di Poggiofiorito a partire dal 1991, morendo in tarda
età nel luglio 2010.Alberto ha ricevuto numerosi riconoscimenti: la
poesia “fije di pescatore” premiata al concorso nazionale, bandito dalla
RAI, per le scuole, nel 1958; nello stesso 1958 merita un diploma dall’Enal per
il concorso nazionale “presepio nella famiglia”; nel 1968 ha il diploma al
“secondo concorso di poesia dialettale” con “Zà Cuncette la coche”; nel
1971 il diploma nella quarta edizione del maggiolino d’oro col “mago Zurlì”
per la canzone “Corrado il disertore”; nel 1981 il premio “Fantini” a
Fossacesia; nel 1983 la coppa “trabocco d’oro” con “lu travocche”; nel
1986 il premio Francavilla. Il più importante riconoscimento in assoluto è
l’essere presente con due poesie: “chiesette di campagne” e “attorn’a lu
foche” nella rassegna di poeti in italiano, latino e dialetto “Parnaso
d’Abruzzo” di Vittoriano Esposito, testo adottato dall’Università
dell’Aquila, al Centro di Ricerche Letterarie Abruzzesi.
[1] Nativo di
Caldari, era vigile urbano a Ortona, come Giangrande. Fiorì proprio in
occasione delle varie rassegne canore abruzzesi del secondo dopoguerra, e
scrisse diverse canzoni, anche inedite, conservate dagli eredi. Collaborò molto
col Coro di Frisa del M° Mario Lanci, che scrisse con lui le celebri Ti ni sì ite e Nin mi fa suspirà!, con Rocco Jajani scrisse Li so’ ditte, li so’ fatte, scrisse canzoni anche in collaborazione
con Luciano Flamminio, con cui partecipò alle rassegne de La Viuletta d’Oro di Francavilla al mare.
[1] Padre Domenico Lanci dell’Ordine dei Passionisti, nativo di Guastameroli di Frisa, e grande appassionato del canto popolare abruzzese, ha condotto diverse ricerche in campo, pubblicando i Canti popolari abruzzesi, il disco Cojje la ‘live…coje lu ‘livastre, con prefazione di Antonio Di Jorio ed esecuzione del Coro di Guastameroli, pubblicato anche in musicassetta, nonché altre musicassette sui canti popolari della devozione abruzzese, e la raccolta in DVD Fatijenne e cantenne – Canti d’Abruzzo. Ha collaborato con diversi cori, primo quello di Guastameroli, partecipando a varie rassegne, tra le ultime alla Rassegna dei Cori senza Età organizzate dall’Università della Terza Età di Lanciano. Risiede all’abbazia di San Giovanni in Venere.
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