Pagine

Visualizzazione post con etichetta Lanciano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Lanciano. Mostra tutti i post

10 ottobre 2023

Artisti Abruzzesi - La bottega dei Conti di Sulmona alla fine dell’800.

Artisti Abruzzesi - La bottega dei Conti di Sulmona alla fine dell’800
di Angelo Iocco


In questa piccola ricerca, desidero far qualche luce su questa bottega sulmonese di scultore e pittori di opere sacre, attiva tra la metà e la fine dell’800, che come i Falcucci di Atessa e i Salvini e Tenaglia di Orsogna, cercarono di riportare una ventata di freschezza neobarocca nel panorama pittorico abruzzese e nelle sue province.
Ringrazio degli amici, e in particolare la pagina ARTISTICO ABRUZZO per alcune notizie e le attribuzioni delle opere.
Non sappiamo molto sulle origini della famiglia Conti. Alcune fonti indicano un busto a Città Sant'Angelo, nella Chiesa collegiata, di un certo Andrea Conti, una statua di una Madonna del Carmine di un certo Raffaele Conti vicino L'Aquila e il quadro della Santissima Trinità di Taranta Peligna indicata come di Vincenzo Conti del 1892 (anche se è un dato impossibile dato che tutte le sue altre opere sono dell'inizio del secolo).

Il Quadro di Taranta Peligna

Molto ricordato, tra gli artisti di questa famiglia fu Vincenzo Conti, di lui Vincenzo Bindi scrisse alcune note biografiche nella relativa voce nel suo Dizionario degli Artisti Abruzzesi, ma non di particolare aiuto per l’attribuzione delle sue opere.

Vincenzo Conti, San Michele Arcangelo

Vincenzo Conti, San Giovanni Evangelista, chiesa parrocchiale di Campana di Fagnano, 1817

5 ottobre 2023

Padre Settimio Zimarino o.f.m. nel XX anniversario della morte.

Antonio Maranca e la Istoria Diplomatica di Lanciano. Parte seconda, la Cronaca della Visita di Ferdinando II a Lanciano nel 1832.

Ferdinando II d’Aragona


Antonio Maranca e la Istoria Diplomatica di Lanciano. Parte seconda, la Cronaca della Visita di Ferdinando II a Lanciano nel 1832.
di Angelo Iocco

Qui segue la trattazione, col transunto dei diplomi, lettere, privilegi dei re di Napoli concessi a Lanciano, fatta dal Maranca. Il Maranca, come detto, riassunse quanto già ricercato dall’Antinori nel suo manoscritto Istoria critica di Lanciano, parte 1, ampiamente usata dal Romanelli per il capitolo nominato “Lanciano”, il più grande blocco dei 3 che compongono le Antichità storico critiche dei Frentani, 1790, come abbiamo potuto constatare (ma se ne accorse illo tempore già Michele Scioli, facendolo notare in una sua introduzione al Libro di memorie dell’Antinori, 1995); materiale dunque saccheggiato da Romanelli, e Maranca, per una sua memoria personale su Lanciano, da comporre? Incompiuta? Non lo sapremo, fatto sta che anche il Maranca, stuzzicato dalle carte manoscritte dello zio Antinori, nonché dal Bocache, fece man bassa, trascrivendo una parte dei documenti che riguardano la corrispondenza tra Lanciano e la Corona di Napoli. Omettendo altre situazioni, specialmente dalla metà del 1500 sino a tutto il 1600, quelle situazioni tristi in cui Lanciano stava scivolando, perdendo proprietà e privilegi, specialmente nella controversia dell’assedio del 1528 del conte di Lautrec, per cui fu accusata di fellonia e di doppio gioco da Carlo V d’Asburgo.

Il Maranca dunque riporta solo i diplomi in cui Lanciano viene arricchita e investita di questo e di quell’altro privilegio. Notiamo, leggendo queste carte, il rito solito di umiliazione della delegazione dei sindaci al nuovo re, per avere conferma delle precedenti carte, notiamo la conferma dei vari feudi del circondario lancianese, che Lanciano alla fine vendette, esempio di Castelnuovo, senza l’autorizzazione regia, come prescritto nei privilegi, notiamo le conferme, specialmente quelle di Ferdinando o Ferrandino II del 1495 di tutti i privilegi passati, notiamo un ennesimo tentativo di Ortona di istituire la sua Fiera con l’usurpazione di Carlo VIII, privilegio immediatamente cancellato da Ferdinando I e poi da Federico III ribadito nel suo annullamento; notiamo il tentativo di Chieti di istituire una sua Fiera presso la Pescara, puntualmente bloccato dalla regia corte…fino ad un arresto improvviso dei privilegi, soltanto qualcuno del 1608 di Filippo IV e la menzione di una lettera del re Carlo VI del 1729. Eppure altri documenti ce ne sono! Specialmente documenti e dispacci per quanto riguarda la gestione delle Fiere, tanto che molti di questi sono raccolti nel volume Fiere e consigli (gli unici che si sono degnati di studiarli, per sommi capi, finora sono stati Corrado Marciani e Luigi Russo nel suo libro postumo sulle Fiere lancianesi), presso l’Archivio storico comunale; insieme ad altre carte di un volume senza titolo, che ha utilizzato carte di scarto, con diversi conteggi di bestie vendute e invendute, risalente al XVII secolo, che si conserva nella sezione Manoscritti della biblioteca comunale lancianese. Ma tempo al tempo, avremo modo di integrare ulteriori notizie con questi documenti inediti.

Lettera di re Ferdinando dell’ottobre 1464 scritta da Chieti ai sindaci di Lanciano, acciocché il tesoriere regio facesse il suo conto per lo sposalizio di Eleonora d’Aragona sua figlia. Segue la trascrizione della lettera, in cui Re Ferdinando, ai sindaci di Lanciano, condona le collette per lo sposalizio della figlia Eleonora, in quanto la città si è sempre dimostrata fedele e retta verso la Corona. Dato nella Città di Chieti, 11 ottobre 1464; lettera citata anche da Fella.

Al num. 173, c’è una lettera spedita da Caramanico il 20 ottobre, il re Ferdinando rinnova le grazie a Lanciano, ricordando di come fu bene trattato quando fu ospitato in città, e manifesta il desiderio di ritornarvi; fa inoltre intendere delle cattive condizioni di salute della regina Giovanna d’Aragona, per cui si vede costretto a rientrare a Napoli, e a rimandare la visita in Lanciano. Segue il testo della lettera. Dato in Caramanico, 20 ottobre 1464.

Segue il privilegio del re Ferdinando del 1465, in cui nomina cavaliere Denno Riccio di Lanciano, donandogli dei beni per i meriti. Segue una lettera del re al Preside d’Abruzzo del 10 giugno 1470, in cui gli comunica di reprimere le ribellioni dei paesani di Castel Nuovo (Castelfrentano)[1].

Il 17 novembre 1467 il re fece differire il pagamento della gabella del vino sino ad aprile, perché gli introiti della Città maturavano a maggio con la Fiera, nel documento questa Fiera viene detta antica “di mille anni” e tra le più antiche del regno, ricordando ed accordando la franchigia per i mercanti partecipanti, anche dall’estero; dalle mercanzie provenienti alle Fiere, il re ordinò che il regio fisco riscuotesse il 3 e mezzo percento, il re ricordò la proroga della franchigia di 3 anni nei confronti di Paglieta, nel circondario lancianese, e relativa diminuzione della tassa.

Al num. 175 del 18 dicembre 1468, il re ordinò ai sindaci di Lanciano che vi alloggiasse la squadra di Nicola di Turali, e che le altre truppe di passaggio andassero altrove, onde impedire danni pecuniari alla Città.

Al num. 176: lettera del re Ferdinando al Preside d’Abruzzo, del 10 giugno 1470, già citata, di reprimere i disordini dei Castellini a Lanciano. Ne segue un’altra, in cui concede poteri al Preside per il modo e il come reprimere la rivolta. Lettera data in Castel Nuovo di Napoli, 10 agosto 1470.

Num 178: Il Re Ferdinando accorda a Lanciano, il 1 maggio 1471 il permesso, con il pagamento di 200 ducati, di acquistare i castelli di Turri e Moggi (oggi zona Rizzacorno), incamerati nel Regio Demanio dopo esser stati espropriati al Conte Orsini.

Num 179: il 4 agosto 1472, Lanciano ottenne favori col possesso di Ari.

Num. 180: il diploma del 1 maggio 1476, con regio assenso, si ottiene la vendita di metà del castello di Moggio da Giacomo di Cicco a beneficio della città.

Num. 181: nel 1480 re Ferdinando e la moglie Isabella accordano che alle Fiere della città non vi potessero essere, nel momento dello svolgimento, rappresaglie  e arresti per debiti.

Num. 182: il 18 aprile del 1480 il re, dagli accampamenti presso Taranto, dà ordine a Carletto Caracciolo suo ciambellano, di comunicare a Lanciano il possesso dei castelli di S. Venera e Castel Nuovo, di Aregio (Arielli), Ocrecchio, di Vasto inferiore e superiore, e S. Amato, e di esercitarvi i propri diritti, giusta la convenzione di re Ladislao del 20 marzo 1406.

Num. 183: il 20 giugno 1480 il re ordinò che si ottenesse la franchigia alla Fiera per i mercanti, affinché potessero ottimamente esercitare i commerci, per le mercanzie provenienti dal porto di San Vito, e di pagare la tassa del 3 e mezzo percento per lo scalo portuale; che gli ufficiali regi rispettassero i Capitoli e i Privilegi accordati a Lanciano, affinché non ci fossero disturbi durante lo svolgimento, e che il Capitano regio non si intromettesse negli affari municipali, e che solo i deputati avessero il diritto di tenere il sigillo pubblico, come da protocollo.

Num. 184: nel diploma regio, Denno Ricci ebbe l’indulto generale nel parlamento del 7 novembre 1481, e fu reintegrato nella Città con i beni e gli onori, re Ferdinando commissionò l’osservanza del privilegio ad Alfonso II suo figlio, vicario del Regno.

Num. 185: una lettera reale del 3 dicembre 1487, in cui Lanciano può usare 200 ducati per la riparazione delle mura, con l’intervento del Tesoriere regio e del Capitano. La concessione durerà 5 anni, nel fondaco regio verrà stimata la quantità tale da prelevare 200 ducati ad anno, con la condizione detta di riparare le mura. Dato in Foggia, 3 dicembre 1487.

Num. 186: privilegio da Castel Nuovo, il 22 maggio 1488, dove il re ordina la cacciata da Lanciano degli ebrei, schiavoni, ed epiroti per i disordini e gli scandali; Maranca desume queste brevi note sempre dalla ms. Istoria critica di Lanciano, vol. 1 , di Antinori, un tempo presso la sua biblioteca a Lanciano, e poi confluita nei manoscritti della Biblioteca nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli. Segue la trascrizione in latino della lettera di re Ferdinando, in cui per questi scandali, multa di 1000 denari chi avrebbe cercato di far rientrare costoro nella città. Dato a Paglieta 5 luglio 1489.

Carlo V

Num. 187: 14sime calende di dicembre 1489, il re con una lettera da Sulmona, rinnova il bando verso gli epiroti, di non rientrare a Lanciano, la circolare è indirizzata al Duca d’Amalfi preside d’Abruzzo, con una lettera che lo raggiunge a Francavilla, data il 5 luglio 1490. Maranca aggiunge un commento. Che fino al 1471 la polizia del Governo era affidata alla prudenza dei decurioni e magistrati di Lanciano, la stessa condotta era osservata dal Preside della Provincia d’Abruzzo per conto del Re, fino a che l’equilibrio non si ruppe per gli scandali degli ebrei, come riportato anche nell’Opera di Fella al cap. 19.

Num 188: privilegio di Ferdinando del 1488 in cui approva gli Statuti lancianesi per un Collegio di Artieri, di aghi e di fusari.

Num. 189: lettera del nuovo re Alfonso II ai “magnifici e diletti uomini lancianesi fedeli alla Corona”, in cui invita i lancianesi a non dolersi per i passaggi delle truppe regie, promettendo di ampliare i privilegi già in possesso della Città, per conto del patrizio Denno Ricci, ma al momento “che non semo per mancare un pelo da quando lo Signoro Re comanda, e questo fatto sia subito, perché detti homini di armi stanno qua’ e tuttavia si querelano”. Dato in Ortona, 28 marzo 1489.

Num. 190: lettera di Alfonso duca di Calabria dell’11 luglio 1489 a suo figlio Ferdinando II principe di Capua, che staziona in Paglieta, affinché scacciasse gli schiavoni e gli epiroti per disordini..

Num. 191: privilegio di Ferdinando da Foggia, il 3 dicembre 1489, che concede 2000 ducati per riedificare le mura, i torrioni, le antemurali, i rinforzi della parte meridionale (ovvero la zona sud del Torrione aragonese). Commenta Maranca che in quel momento Lanciano diventò una Piazza, e inizierà a subire diversi assedi, celeberrimo quello che avverrà per mano del Conte di Lautrech.

Num. 192: Alessandro VI Papa per evitare dissidi tra chietini e lancianesi, smembrò il territorio diocesano, e dichiara la Chiesa Lancianese direttamente sottoposta alla Santa Sede, e non più alla Diocesi Teatina; il breve apostolico è del  9 ottobre 1492.

Num. 193: altro protocollo di re Ferdinando  del 18 febbraio 1494 in cui concede a Denno, Giovanni Riccio 200 ducati sulla bagliva di Laniano, confermando a loro il possesso di Fossaceca, Pietraferrazzana e S. Apollinare.

Num. 194: il nuovo re Alfonso II riceve la delegazione dei sindaci lancianesi per l’omaggio di rito, il 15 marzo 1494, e conferma tutti i passati privilegi in protocollo, sottoscritti anche dal suo figlio Ferdinando II duca di Calabria.

Napoli, piazza Mercato

28 settembre 2023

La presenza di Annio Lora a Lanciano.

La presenza di Annio Lora a Lanciano
di Angelo Iocco

Il professore di Disegno Tecnico Annio Lora (1835-1922), docente presso l’Istituto d’arte “G. Palizzi” presso il palazzo del liceo classico di Lanciano, Corso Trento e Trieste, fu coinvolto in diverse iniziative nel primo ventennio del Novecento. 
Lora nacque a Trissino, studiò la tecnica dell’intaglio a Vicenza e poi Venezia, e immediatamente diversi lavori gli furono commissionati nelle chiese dell’area vicentina e veronese; ebbe anche modo di esporre in diverse Mostre (Verona 1868, Torino 1884, Roma 1911). 
Nel 1902 veniva solennemente consacrato da Mons. Angelo Della Coppia il nuovo tabernacolo del Miracolo eucaristico di Lanciano, progettato da Filippo Sargiacomo, presso il santuario di San Francesco. Lo sportellino del Santissimo Sacramento, una ventina d’anni più tardi, fu disegnato dal Lora, una lastra d’argento sbalzato, con la riproduzione dell’ostensorio di scuola napoletana che racchiude le Sacre Reliquie del Miracolo.


Lora con questo lavoro ebbe altre commissioni nelle chiese lancianesi: presso la chiesa di Santa Lucia si conserva il fonte battesimale in marmo, di gusto post classico, con due sportelli in rame sbalzato e cesellato, disegnati dal Prof. Lora: uno raffigura un cervo, l’altro il Battesimo di Cristo; Lora disegnò anche la statuina del Cristo portacroce, che corona il bel battistero.
Nell’ambito dell’edilizia civile, secondo alcuni, Annio Lora progettò la casa Console attaccata all’ex palazzo della Zecca, e al fianco della chiesa di San Francesco, all’inizio di Corso Roma, dal gusto decò, definita oggi popolarmente la “Casa dei fantasmi”, per il rinvenimento dentro un muro di un cadavere, essendo quell’area anticamente il cimitero della Confraternita del Rosario.

22 settembre 2023

Camillo Di Benedetto, poeta maliconico di Castel Frentano.

Camillo Di Benedetto, poeta maliconico di Castel Frentano

di Angelo Iocco

Ormai da un po’ è caduto nel dimenticatoio, eppure fu un grande poeta, nativo di Castel Frentano, nacque il 19 luglio 1918, e morì a Lanciano il 20 settembre 1992. Crebbe sotto la fama dei due grandi cantori di Castannove, il dott. Eduardo Di Loreto, di cui imparò le poesie, e di Pierino Liberati, fine musicista. Per ragioni di lavoro, Di Benedetto dovette trasferirsi più volte, fino a trovare un posto alla Società Elettrica Frentana presso l’ENEL come tecnico, a Lanciano, dove si trasferì, all’ultimo piano di un palazzo a via salita Madrigale vicino piazza Garibaldi, comunicando con l’appartamento del prof. Federico Mola di Orsogna, altra grande mente lancianese. Di carattere riservato, umile, ma con una precisa visione della vita e dell’esistenza, compose bellissime poesie, che raccolse in volumetti, nonché compose canzoni, che furono musicate da Mario Lanci, Lino Crognale, Vincenzo Polidoro. Famosa e ancora eseguita la canzone “Come lu grane” con musica di Lanci. Partecipò a Montesilvano al Festival Canti della Montagna.

Festival Canti della Montagna, 1990

Coro “T. Coccione” Poggiofiorito

Funtanelle di muntagne di Di Benedetto e Vincenzo Polidoro

4° edizione

Incante d’Abruzze di Di Benedetto e Polidoro

5° edizione

Majella me’ di Di Benedetto e Polidoro

Due principali raccolte poetiche: La mentucce e l’ardiche, Itinerari, Lanciano 1979, e La pruteste, Itinerari, Lanciano, 1964.

La prima raccolta fu l’ultima da lui pubblicata, dove raccoglie il meglio della produzione della sua vita, articolata in vari gruppi. Molto evocative sono delle liriche: “Lu frene de lu monne”, il Poeta affronta il problema reale del tempo che fugge nella vita, il cui freno, l’unica gioia, è solo un evento lieto, in questo caso la nascita del nipotino. Bellissime le liriche “Suonne e nustalggie” (quest’ultima musicata da Mario Lanci), e “Destine ‘ngrate”, dove inizia a trasparire la poetica del Di Benedetto, la sua visione del mondo, il suo concetto della vita, affrontato sulla base delle esperienze sociali nel piccolo paese di Castelfrentano; nella prima Di Benedetto si abbandona alla nostalgia, un sogno di ombre e fantasmi, dei suoi cari ora non ci sono più, e rievoca con commozione il Natale, momento in cui ci si riuniva accanto al focolare per aspettare l’ora della Messa, unico momento di assoluta felicità, innocenza, e concordia della famiglia. Nella seconda Di Benedetto maledice il tempo, che non porta giovamenti, ma solo sventure, fa invecchiare, fa perdere la forza, e gli amici di un tempo, tema che riprenderà anche nella poesia metaforica “Ere nu galle”, un gallo piumato, vigoroso e fiero, e ora da vecchio, ridicolo, che non riesce manco a cantare per dimostrare la sua forza, tutto spennato.

12 settembre 2023

Giulio Sigismondi, voce del poeta e Canzoni Abruzzesi cantate da Aristide Sigismondi.


La voce di GIULIO SIGISMONDI mentre recita una poesia a San Vito chietino, anni '50 a seguire la canzone BRUNITTELLE di G.Sigismondi - N. Melchiorre vincitrice del 1° Festiva della Canzone Abruzzese Molisana di Vasto, 1955 eseguita dal Coro di San Vito.

11 settembre 2023

Gli affreschi rinascimentali di Lanciano, da San Legonziano alla Crocifissione dei Carmelitani.

Lanciano, ex cappella Madonna dei Raccomandati nel santuario del Miracolo Eucaristico, affresco del Battesimo di Cristo, 1515.

Gli affreschi rinascimentali di Lanciano, da San Legonziano alla Crocifissione dei Carmelitani
di Angelo Iocco



Pochi se ne rendono conto, ma i conventi e monasteri sopravvissuti a Lanciano, fondati dai Frati Minori Conventuali (Santuario del Miracolo Eucaristico), Minori Osservanti (parrocchia Sant’Antonio), ed ex convento dei Fatebenefratelli (presso la salita della posta), conservano tracce di interessanti affreschi.
Gli affreschi più ricchi si trovano nel santuario del Miracolo, datati 16 maggio 1515, presso l’ex cappella della Congrega dei Raccomandati, che fa parte di quella porzione dell’antico monastero dei Monaci Basiliani dove avvenne nell’VIII sec. il prodigio della trasformazione dell’ostia in Carne di Cristo, e del vino in sangue. Cosa ritraggono questi affreschi? La lettura non è sempre agevole, in quanto nel 1866 dopo la soppressione piemontese degli Ordini, il convento francescano fu chiuso e adibito a magazzini, osterie, usi vari, ad esempio sino agli anni ’90 insisteva nell’area il deposito del fabbro Ciarelli, che aveva la sua bottega prospiciente la piazza. Giuseppe Maria Bellini, studioso di cose lancianesi nel primo ‘900, ne lasciò memoria manoscritta, che Corrado Marciani pubblicò in appendice a un suo studio sulla storia del Miracolo eucaristico e dei Francescano a Lanciano, raccolto poi nei suoi “Scritti di storia”, Carabba, Lanciano 1998. Bellini annota che quando l’ex cappella fu trasformata in magazzino, sciagurati riempirono le pareti di calce, e gli affreschi furono perfino trapanati per attaccare le mensole di appoggio del materiale dei magazzini, causando la deplorevole perdita di gran parte del ciclo, dato che oggi, come possiamo vedere, soltanto le due pareti della volta a ogiva, dunque di architettura medievale, e parte della parete di controfacciata dell’ingresso ad arco dal vestibolo corridoio benedettino, risultano ancora coperte dalle pitture.
Il pittore ha rappresentato, su commissione della Congrega, i 12 giorni del “Dies Irae” tratti dall’Apocalisse di San Giovanni apostolo. Il ritratto dei giorni della Fine del Mondo terreno parte dalla parete di sinistra, entrati dall’arco, e racchiusi in riquadri dalla fine cornice dai tralci a tortiglione, e accompagnati da cartigli illustrativi in volgare veneziano, mostrano i seguenti episodi:

6 settembre 2023

Giuseppe Lamberti, un tardo-solimenesco in Abruzzo.

Giuseppe Lamberti, La Madonna e San Girolamo eremita, 
chiesa di San Gaetano (oggi in Arcivescovado), Chieti.

Giuseppe Lamberti, un tardo-solimenesco in Abruzzo
di Angelo Iocco

Giuseppe Lamberti, nato a Ferrara intorno al 1700 e morto nel 1763, fece parte di quella schiera di pittori della scuola del Solimena, che si sparpagliarono, per committenze varie, nelle varie province del Regno di Napoli. 
Dopo aver dipinto qualche tela nella sua provincia d’origine, Lamberti si spostò nel chietino, insieme ad altri pittori stranieri, quali Giambattista Gamba e Nicola Maria Rossi, ma anche Ludovico e Paolo de’ Majo, Paolo de Mattheis, Francesco de Mura, molto più vicini all’Abruzzo, originari del napoletano. 
In quel tempo le due principali diocesi dell’Abruzzo Citeriore, quella di Chieti nel periodo di Mons. Michele de Palma, e quelle di Lanciano e Ortona-Campli, rette rispettivamente da:
· Giuseppe Falconi † (20 dicembre 1717 - 16 marzo 1730 deceduto)
· Giovanni Romano † (11 settembre 1730 - 26 settembre 1735 nominato vescovo di  Catanzaro)
· Marcantonio Amalfitani † (26 settembre 1735 - 11 novembre 1765 deceduto)
· Arcangelo Maria Ciccarelli, O.P. † (30 aprile 1731 - 19 dicembre 1738 nominato arcivescovo, titolo personale, di Ugento)
· Domenico De Pace † (26 gennaio 1739 - marzo 1745 deceduto)
Risultavano tra le più influenti, insieme alle locali Confraternite, nel territorio. 
Memori dei rinnovamenti pittorici apportati nel napoletano da Luca Giordano, Mattia Preti (anch’egli attivo in Abruzzo), Domenico Antonio Vaccaro e seguaci, nonché appunto seguaci della lezione solimenesca, Lamberti e la cerchia degli altri pittori citati si misero al servizio dei vari committenti, per la realizzazione di qualche dipinto, a richiesta di un vescovo o di un priore.

Giuseppe Lamberti, da Ferrara in Abruzzo

Poche sono le opere attribuite a questo pittore, operante in Abruzzo e del quale sono note alcuni dipinti collocati in chiese di Guardiagrele, Penne e Lanciano dove nella chiesa del Suffragio è conservata, proveniente dalla Cattedrale, una tela raffigurante l’Incoronazione della Vergine. 
Questa pittura è collocata nel secondo altare di destra, voluto dalla Confraternita della Madonna del Suffragio, il Lamberti, come erano soliti fare altri pittori minori, riciclò un quadro precedentemente commissionato da Mons. De Palma a Chieti per la chiesa di San Gaetano da Thiene, di cui affrescò anche il cupolino: “Visione di San Girolamo e la Vergine Maria”, nell’altare maggiore sormontato dallo stemma in stucco della famiglia Frigerj-Durini, che aveva il diritto di patronato; nel cupolino affrescò invece la “Gloria di San Gaetano in Paradiso tra schiere angeliche”, molto simile alla cupola del cappellone del Sacramento della Basilica di Santa Maria di Pescocostanzo, con rimandi alla pittura del Gamba. 
L’ultima tela incastonata nell’altare a macchina templare greco-classica con ai lati le Allegorie delle Virtù a guardia, opera dell’architetto Giambattista Gianni del Canton Ticino (il quale progettò diversi altri altari delle chiese teatine, all’attuale San Domenico al Corso, a San Francesco al Corso, alla Cappella del Sacro Monte dei Morti del Duomo, ecc.), risulta “San Girolamo eremita”.

Giuseppe Lamberti, Gloria di San Gaetano, cupola della chiesa di San Gaetano, Chieti. Foto Marco Vaccaro

La chiesa del Purgatorio di Lanciano, nel rione Borgo, possiede la già citata opera di Lamberti, che risente di parecchi ricicli del dipinto della chiesa di San Gaetano di Chieti, cui Michele De Palma era assai devoto, essendosi fatto seppellire proprio nella cappella del braccio destro del transetto del Duomo, dove figura un ulteriore dipinto della “gloria di San Gaetano” di Ludovico de’ Majo; altra pittura nella chiesa lancianese, si trova nella cappella privilegiata del SS.mo Rosario, e raffigura la “Vergine del Rosario, tra San Giuseppe, San Gennaro con le ampolle del sangue, e Papa Pio V”, che volle la Lega Santa per la celeberrima Battaglia di Lepanto, 1570, anno in cui fu solennizzata la festa del Rosario. 
Questo dipinto risente di alcune imperfezioni, la Madonna troppo schematica e rappresentata in proporzioni più piccole, per comunicare l’effetto di spazialità della scena, rispetto alle figure in primo piano di San Gennaro e Pio V, il cui volto di quest’ultimo è un ulteriore prestito del Lamberti da un suo dipinto di Chieti.

31 agosto 2023

Cesare De Horatiis e la sua Poesia patriottica.


Figlio di Nicola e di Maria de Francesco, primogenito di una delle principali famiglie del paese. 
Era destinato a succedere al padre nell'amministrazione dell'azienda di famiglia ma rinunciò a favore del fratello e preferì intraprendere gli studi al seminario arcivescovile di Chieti. 
Finiti gli studi, fu nominato parroco di una piccola curia della provincia e scelse il posto di prefetto di camerata nel Regio Collegio Sannitico di Campobasso. In quel periodo, si avvicinò alle idee del Risorgimento, coltivando amicizie negli ambienti mazziniani, fino a iscriversi alla Giovine Italia.
Ospite di un parente a Napoli, iniziò a frequentare la scuola di lingua italiana del letterato Basilio Puoti e divenne amico di Francesco De Sanctis e di Silvio Spaventa. Tornato a Furci, insegnò al seminario di Montecassino, dove conobbe Vincenzo Gioberti e dove iniziò a stampare L'Ateneo Italiano, una rivista di scienza e letteratura, in seguito soppressa dal governo napoletano dopo l'insurrezione del 15 maggio 1848. 
De Horatiis, abbandonata Montecassino, successivamente condusse una vita itinerante nei paesi della zona, predicando e tenendo al contempo discorsi contro il re di Napoli. Questa attività ne causò l'arresto e il trasferimento prima a Napoli e poi a Campobasso, dove trascorse due anni in carcere insieme ad altri mazziniani molisani.
Uscito dal carcere, tornò a Furci ma sia il vescovo che la polizia gli vietarono le partecipazioni in pubblico e il ritorno a Montecassino. 
De Horatiis, però, era divenuto un personaggio popolare per le sue idee e le sue attività e veniva spesso invitato a tenere prediche nelle solenni ricorrenze religiose dei paesi vicini. A causa di ciò, le autorità presero verso di lui provvedimenti ancora più restrittivi ma fu salvato dall'arcivescovo di Lanciano Giacomo De Vincentiis, chiamandolo ad insegnare nel locale seminario.
Nel 1860, dopo l'ingresso di Giuseppe Garibaldi a Napoli, il sindaco di Lanciano Ignazio Napoletani, riunita la giunta, dichiarò la decadenza della famiglia borbonica e fece sventolare la bandiera italiana: il primo nel Meridione a compiere un gesto tanto clamoroso. 
De Horatiis fu nominato segretario del sottoprefetto di Lanciano, Camillo del Greco.
In seguito divenne parroco di Ortona, dove finì i suoi giorni.

27 agosto 2023

P. Marcellino Cervone, Compendio di Storia de’ Frati Minori nei Tre Abruzzi dal tempo di Francesco d'Assisi ai nostri giorni, Lanciano, Rocco Carabba, 1893.

Artisti lancianesi del ‘700, Domenico Renzetti e Francesco Maria Renzetti.


Domenico Renzetti, Sant’Agostino, dalla omonima chiesa, Lanciano, Museo diocesano, Lanciano


Artisti lancianesi del ‘700, Domenico Renzetti e Francesco Maria Renzetti

di Angelo Iocco

Tra 1700 e 1800 Lanciano, dal punto di vista della scultura e della pittura, attraversò una crisi. Non che non ebbe artisti, anzi con la sua ricchezza e il suo pregio ebbe contatti con maestranze ticinesi lombarde come Giambattista Gianni, i suoi seguaci Girolamo Rizza e Carlo Piazzola che abbellirono con stucchi e pennacchi le chiese di Sant’Agostino, Santa Lucia, le cappelle private dell’Addolorata, dei Brasile, dei Napolitani, ebbe pittori da varie scuole, Giacinto Diana da Napoli al cantiere della Cattedrale, Donato Teodoro da Chieti, pittori rimasti anonimi ma di buona scuola napoletana che realizzarono varie opere per i Frati Francescani del famoso santuario… ma pittori e scultori propriamente abruzzesi, ovverosia lancianese, ce ne furono?

Domenico Renzetti, Sant’Isodoro agricoltore, chiesa di S. Biagio, Lanciano


Pochi in realtà, nel periodo che va dalla seconda metà del ‘700 sino all’800, possiamo vantare Nicola Ranieri da Guardiagrele, che realizzò un San Michele arcangelo copiato da Reni per la chiesa di Sant’Antonio, e due belle tele per l’altare maggiore della parrocchia di Santa Lucia, poi Nicola de Arcangelis, che non lasciò particolari progetti per le chiese, essendo più decoratore di palazzi o progettista di monumenti, come la fontana di Civitanova

22 agosto 2023

La bottega di Nunzio e Antonio Ferrari da Guardiagrele.

Nunzio Ferrari, statua di Sant’Antonio abate, chiesa di San Rocco, Guardiagrele

La bottega di Nunzio e Antonio Ferrari da Guardiagrele
di Angelo Iocco

L’uno era il padre di don Filippo Ferrari, prevosto di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele, l’altro lo zio. Don Filippo era nato nel 1867, e morì nel 1943, fu attivo nel parrocato della chiesa madre di Guardiagrele, e soprattutto nei primi del ‘900, produsse varie opere di carattere storico-divulgativo sulla storia della stessa chiesa, sulle opere di Nicola “Gallucci” da Guardiagrele, partecipò alla Mostra Regionale d’Arte Abruzzese di Chieti nel 1905, fece scavi archeologici nella necropoli italica di Comino vicino il paese, ma spesso fu tacciato di campanilismo, e di scrivere notizie false, o interpolazioni volute delle fonti per far risaltare maggiormente la sua patria. Avremo modo di interessarci di don Filippo, e delle sue indagini storico-archeologiche e delle sue travagliate vicende di istituire a Guardiagrele un museo civico-archeologico in altri articoli. Tornando ai fratelli Ferrari, erano parenti della famosa bottega di orafi Ferrari, che tanto lustro dette alla piccola Guardiagrele, e che ugualmente nel 1905 partecipò alla Mostra d’arte a Chieti con dei pezzi di vario gusto, e che furono recensiti anche in un numero del 1930 della serie “Città d’Abruzzo”, proprio nella monografia su Guardiagrele. Molto fini nella realizzazione della scultura lignea, in pietra e scagliola, i Ferrari realizzarono alcune statue nelle chiese del loro paese, ad esempio nella chiesa di San Rocco sotto il Duomo di Santa Maria, si conservano un Sant’Antonio abate e un San Rocco, di fine fattura, tanto da farle sembrare del XVIII sec. la loro produzione ben presto superò i confini provinciali, e la bottega sfornò statue per diverse chiese, anche a Sulmona, dove ci sono alcune figurine datate 1907; qui però notiamo come la plastica sia meno elaborata, e si riconosca che le opere siano dei prodotti moderni che cercano di imitare l’antico barocco, non eguagliando altri modelli leccesi, che nelle parrocchie minori abruzzesi erano sovente richieste in quei tempi.
Emigrarono in America, dove ebbero comunque modo di farsi valere con la loro arte. La bottega dei Ferrari si può inserire in quel contesto di revival della scultura plastica abruzzese dell’Ottocento che imitava i fasti del Barocco, a iniziare alla fine del Settecento con Luigi e Filippo Tenaglia di Orsogna, i quali trovarono nel chietino degni epigoni nella bottega Falcucci di Atessa.


Fratelli Ferrari, Sant’Ambrogio, statua della Basilica cattedrale di Lanciano, 1885

Presso gli eredi, come ricorda un numero del giornale guardiese “Aelion”, Piccola “Madonna della Pietà” in pietra. Tra le opere che maggiormente hanno caratterizzato in Abruzzo la loro produzione, ricordiamo quelle per la città principale del circondario del Sangro ovvero Lanciano; nel 1874 Nunzio Ferrari firma una statua di San Francesco Saverio che predica, per la cappella omonima della chiesa di Santa Lucia al Borgo, di bella fattura. Una tela coeva della “Predica di S. Francesco Saverio agli Indiani” fu realizzata da Francesco Paolo Palizzi per la chiesa di Santa Chiara. La devozione lancianese per questo santo, per San Filippo Neri e per San Pompilio Pirrotti, è dovuta proprio alla predicazione di quest’ultima tra Chieti e Lanciano, presso la famiglia Capretti del Borgo, il quale impiantò le Scuole Pie dell’Ordine degli Scolopi. Ecco spiegata la devozione del quartiere per San Francesco nella chiesa di Santa Lucia.

Nunzio Ferrari, San Francesco Saverio, chiesa di Santa Lucia, Lanciano, 1874

Altre opere di rilievo dei Ferrari in Lanciano, sono il gruppo delle quattro statue monumentali di Sant’Ambrogio, Sant’Anastasio, Sant’Agostino e San Girolamo, presso le nicchie della navata della Basilica cattedrale di Lanciano- già lo storico Luigi Renzetti, contemporaneo dei fratelli Ferrari, e testimone oculare del lavoro eseguito nel 1885, ne parlò nella sua monografia sul Santuario di Nostra Signora del Ponte, lodando la bella opera. Le statue sono severe, ricche di particolari, i quattro Dottori della Chiesa sono rappresentanti mentre leggono o redigono i loro famosi Scritti, Sant’Agostino guarda in alto, ispirato da Dio, San Girolamo è più grave, leggendo il suo cartiglio, con la testa canuta, sono figure che danno gravità e severità alla grande basilica rococò lancianese, e che danno testimonianza di come Guardiagrele sia sempre stato centro di arti orafe, scultoree, e pittoriche con la bottega di Nicola Ranieri.

14 agosto 2023

Antonio Maranca e la istoria diplomatica di Lanciano. Parte prima.

Pompilio Maranca, padre di Antonio, ritratto dal palazzo Stella-Maranca-Antinori,
conservato oggi nel Museo diocesano di Lanciano.

Antonio Maranca e la istoria diplomatica di Lanciano. Parte prima.
di Angelo Iocco

Nella Biblioteca comunale di Lanciano, tra i Manoscritti di Antonio Maranca sulla Storia di Lanciano, ce n’è uno chiamato ISTORIA DIPLOMATICA DI LANCIANO, che contiene un transunto di privilegi della Cancelleria Angioina e Aragonese di Napoli, che permettono di offrire uno spaccato della storia lancianese, e della sua rapida ascesa economica e politica in Abruzzo Citeriore, dal potere di Carlo I d’Angiò, fino a Ferdinando il Cattolico.

Il manoscritto è classificato 1/I/28, nel corpus dei manoscritti del Maranca nella biblioteca comunale di Lanciano. Corradino Marciani ne trasse una copia in un diario, conservato nell’apposito Fondo Marciani presso la biblioteca. Le fonti sono la Chronologia Anxani di Giacomo Fella, il manoscritto Istoria critica di Lanciano fascicolo 1 di Antonio Ludovico Antinori (conservato presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria), in parte copiato e pubblicato da Domenico Romanelli nel 1790, nelle Antichità storico critiche dei Frentani, le Memorie istoriche dei Tre Abruzzi di Antinori, edite in 4 tomi dal 1781 al 1784, nonché il manoscritto dei Privilegi compilato da Giuseppe Ravizza nel 1735, il cui originale si conserva nella biblioteca della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, mentre una fotocopia nella biblioteca comunale lancianese. Abbiamo parlato del manoscritto su Lanciano dell’Antinori pubblicato parzialmente dal Romanelli, abbiamo altresì notato che, in una nostra ricerca a Napoli circa questo corpus consistente in 6 fascicoli, più uno con riproduzioni di lapidi e iscrizioni lancianesi, ci siano corrispondenze tra il fasc. n. 5 dal titolo “Aggiunte all’Antinori”, con ulteriori notizie storiche su Lanciano aggiunte da altre mani, forse dalla famiglia Liberatore, forse da Pasquale Maria Liberatore giurista? Fatto sta che nel manoscritto di Maranca sui Diplomi, in nota in diverse pagine, questo fascicolo del Liberatore è citato, insieme al fascicolo 1 della “Istoria critica di Lanciano”.

L’introduzione del manoscritto di Maranca riporta l’intento dell’autore di illustrare i privilegi reali di Napoli concessi alla città, per ricordare le glorie del passato della Patria, distintasi nel Reame per virtù, fedeltà, servigi e ricchezza, per ricordare fatti e situazioni memorabili di cui Lanciano fu protagonista, e in cui restò coinvolta, nell’ambito delle successioni dinastiche nel Regno, specialmente negli scontri tra Angioini e Durazzeschi, e Angioini e Aragonesi, nonché negli scontri di potere tra francesi e spagnoli. Maranca tiene a sottolineare specialmente la fedeltà e i servigi della città verso la Corona Napoletana, e cita un privilegio di Alfonso d’Aragona del 24 gennaio 1441 in cui Lanciano è nominata “città fidelissima”, per cui concede la facoltà di redigere gli Statuti civici; a seguire Maranca ricorda la decadenza della città e delle sue Fiere con il governo vicereale spagnolo, fino a riacquisire il rango di città demaniale, sebbene depauperata, nel ‘700 con Carlo III di Borbone; ricorda il prestigio delle Fiere, citate in un diploma di Enrico VI di Svevia, circa la libera istituzione delle Fiere in città, concedendo le vettovaglie nei mesi di maggio e settembre. Questo diploma, estratto dai Manoscritti di Bocache, non venendo citato nemmeno da Fella, né dal Ravizza, è da considerarsi falso.

La Regina Maria e Carlo II d’Angiò

Passiamo in rassegna gli altri diplomi e privilegi, nel numero di 228 di quelli regestati da Maranca, mentre altri sono riportati per intero in appendice al volume manoscritto. In nota a ciascuna pagina, Maranca inserisce la fonte da dove sono tratti questi documenti, principalmente, come è facilmente ipotizzabile, vista la parentela, le note vengono dal manoscritto “Istoria critica di Lanciano” dell’Antinori, che Maranca ebbe facoltà di consultare insieme ad altri manoscritti dell’arcivescovo aquilano.

8 luglio 2023

Angelo Iocco, Lanciano: Monumento ai Caduti 1915-1918.

Lanciano: Monumento ai Caduti 1915-1918

Archivio storico comunale

Busta 8 – fascicolo 7

Anno 1919 – 1937

Segnatura SERIE 13° CAT. 15

OGGETTO MONUMENTO AI CADUTI – LANCIANO

Le vicende sull’erezione del Monumento ai Caduti della Grande Guerra in Lanciano riguardano sostanzialmente quelle finalità di carattere commemorativo di sentimento comune patrio, per ricordare in eterno i propri figli morti nei combattimenti del Primo Conflitto Mondiale. La Città di Lanciano dopo la fine della Grande Guerra nel 1918, subito si mobilitò con l’istituzione di un comitato Pro Monumento ai Caduti, e una serie di proposte di illustri cittadini. Da una delibera comunale del febbraio 1919, apprendiamo che il sindaco Venceslao Spinelli vaglia la proposta del consigliere avvocato Umberto Cipollone, influente cittadino lancianese, circa la commissione per le onoranze, il quale aveva voluto la pubblicazione di un Albo d’Oro per i caduti lancianesi. Già una proposta era stata avanzata nel 1915, per l’erezione alla fine di corso Trento e Trieste di una colonna votiva ai primi caduti di Lanciano. Il consigliere Avvocato Filippo Pace si associa a Cipollone, così come l’assessore Gerardo Berenga Nella documentazione di spoglio presso il fascicolo apposito del Monumento ai Caduti di Lanciano nell’Archivio storico comunale di Lanciano, segue ina lettera autografa dell’avvocato Cipollone datata 17 febbraio 1919, sempre riguardante il tema di dover ricordare, nell’attesa di un futuro monumento, a testimonianza più concreta del sacrificio, i nomi dei Lancianesi caduti. L’Albo d’Oro verrà dunque pubblicato il 23 febbraio.

2 luglio 2023

Lu Cantastorie, Canzoni popolari abruzzesi, 2004


canzoni abruzzesi del gruppo LU CANTASTORIE di Lanciano

LI SCUPENARE di Alfredo Polsoni - Mancinoni
LA SQUIJJE DI NATALE di Cesare Fagiani - Mancinoni
VENITE O SALVATORE popolare abruzzese
LA NOTTE DI NATALE popolare
LA PASQUETTA popolare
LA CORSE DE LI SANTE di Mario Bosco - Mancinoni
GLI AGHI DI LANZANO di Domenico Policella - Mancinoni
LA RICAMATRICE popolare
CANZONE A DISPETT di Cesare de Titta - Mancinoni
LU CARRE NOVE di Giulio Sigismondi e Arturo De Cecco (originale), armonizzazz. Mancinoni
LA CIPULLATE popolare
MURA MURE popolare
LA CUNGIARIE popolare
SOLIMO di Domenico Policella - Mancinoni
I TRE EROI di Domenico Policella - Mancinoni
OPLACO ULSINIO di Policella - Mancinoni
SERENATA A MAMME di Modesto Della Porta - musica Mancinoni
NOSTALGIE di Pierino Mammarella - Mancinoni
SE L'ANIMA ARINASCE di Pierino Mammarella - Mancinoni