Pagine

14 agosto 2023

Antonio Maranca e la istoria diplomatica di Lanciano. Parte prima.

Pompilio Maranca, padre di Antonio, ritratto dal palazzo Stella-Maranca-Antinori,
conservato oggi nel Museo diocesano di Lanciano.

Antonio Maranca e la istoria diplomatica di Lanciano. Parte prima.
di Angelo Iocco

Nella Biblioteca comunale di Lanciano, tra i Manoscritti di Antonio Maranca sulla Storia di Lanciano, ce n’è uno chiamato ISTORIA DIPLOMATICA DI LANCIANO, che contiene un transunto di privilegi della Cancelleria Angioina e Aragonese di Napoli, che permettono di offrire uno spaccato della storia lancianese, e della sua rapida ascesa economica e politica in Abruzzo Citeriore, dal potere di Carlo I d’Angiò, fino a Ferdinando il Cattolico.

Il manoscritto è classificato 1/I/28, nel corpus dei manoscritti del Maranca nella biblioteca comunale di Lanciano. Corradino Marciani ne trasse una copia in un diario, conservato nell’apposito Fondo Marciani presso la biblioteca. Le fonti sono la Chronologia Anxani di Giacomo Fella, il manoscritto Istoria critica di Lanciano fascicolo 1 di Antonio Ludovico Antinori (conservato presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria), in parte copiato e pubblicato da Domenico Romanelli nel 1790, nelle Antichità storico critiche dei Frentani, le Memorie istoriche dei Tre Abruzzi di Antinori, edite in 4 tomi dal 1781 al 1784, nonché il manoscritto dei Privilegi compilato da Giuseppe Ravizza nel 1735, il cui originale si conserva nella biblioteca della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, mentre una fotocopia nella biblioteca comunale lancianese. Abbiamo parlato del manoscritto su Lanciano dell’Antinori pubblicato parzialmente dal Romanelli, abbiamo altresì notato che, in una nostra ricerca a Napoli circa questo corpus consistente in 6 fascicoli, più uno con riproduzioni di lapidi e iscrizioni lancianesi, ci siano corrispondenze tra il fasc. n. 5 dal titolo “Aggiunte all’Antinori”, con ulteriori notizie storiche su Lanciano aggiunte da altre mani, forse dalla famiglia Liberatore, forse da Pasquale Maria Liberatore giurista? Fatto sta che nel manoscritto di Maranca sui Diplomi, in nota in diverse pagine, questo fascicolo del Liberatore è citato, insieme al fascicolo 1 della “Istoria critica di Lanciano”.

L’introduzione del manoscritto di Maranca riporta l’intento dell’autore di illustrare i privilegi reali di Napoli concessi alla città, per ricordare le glorie del passato della Patria, distintasi nel Reame per virtù, fedeltà, servigi e ricchezza, per ricordare fatti e situazioni memorabili di cui Lanciano fu protagonista, e in cui restò coinvolta, nell’ambito delle successioni dinastiche nel Regno, specialmente negli scontri tra Angioini e Durazzeschi, e Angioini e Aragonesi, nonché negli scontri di potere tra francesi e spagnoli. Maranca tiene a sottolineare specialmente la fedeltà e i servigi della città verso la Corona Napoletana, e cita un privilegio di Alfonso d’Aragona del 24 gennaio 1441 in cui Lanciano è nominata “città fidelissima”, per cui concede la facoltà di redigere gli Statuti civici; a seguire Maranca ricorda la decadenza della città e delle sue Fiere con il governo vicereale spagnolo, fino a riacquisire il rango di città demaniale, sebbene depauperata, nel ‘700 con Carlo III di Borbone; ricorda il prestigio delle Fiere, citate in un diploma di Enrico VI di Svevia, circa la libera istituzione delle Fiere in città, concedendo le vettovaglie nei mesi di maggio e settembre. Questo diploma, estratto dai Manoscritti di Bocache, non venendo citato nemmeno da Fella, né dal Ravizza, è da considerarsi falso.

La Regina Maria e Carlo II d’Angiò

Passiamo in rassegna gli altri diplomi e privilegi, nel numero di 228 di quelli regestati da Maranca, mentre altri sono riportati per intero in appendice al volume manoscritto. In nota a ciascuna pagina, Maranca inserisce la fonte da dove sono tratti questi documenti, principalmente, come è facilmente ipotizzabile, vista la parentela, le note vengono dal manoscritto “Istoria critica di Lanciano” dell’Antinori, che Maranca ebbe facoltà di consultare insieme ad altri manoscritti dell’arcivescovo aquilano.

Federico II lo Svevo conferma tutti i “precedenti privilegi” circa la istituzione delle Fiere e conferma lo status di città demaniale, distaccata giuridicamente e amministrativamente dalla Contea di Chieti. Su questo diploma del 1227 si sono espressi dei dubbi, anche noi siamo di tal parere; fu citato da Fella e riportato integralmente da Bocache e Antinori; il diploma lascia intendere che la città di Lanciano già godesse di status di città libera ai tempi dei Normanni e di suo padre Enrico VI, anche se non conserviamo diplomi che facciano comprendere in che periodo storico iniziò per la città tale condizione di città libera. In un tempo in cui, come diceva Luigi Pellegrini, in Abruzzo c’è carenza di documentazione, e soprattutto in un periodo in cui era molto difficile che vi fossero liberi comuni, soprattutto con un’organizzazione già prestabilita che avesse la carica del sindaco, come ricorda sempre Bocache in un alto documento circa il conte di Manoppello Ugo Malmozzetto, che si riferiva nel 1092 al sindaco di Lanciano, siamo del tenore che anche questo documento sia da rivelarsi falso. Falsato soprattutto, come in altri casi, da certa acrimonia e rivalità dei lancianesi contro Chieti, sotto cui Lanciano sicuramente era almeno sino al 1304, quando con Carlo II inizierà lentamente ad acquisire forme di autonomia.

Manfredi di Svevia il 1° aprile 1259 dona i castelli di Sette e Piazzano a Lanciano, assicura protezione al monastero di Santo Spirito. Ci sarebbero dubbi anche su questo documento, poiché come è stato dimostrato in vari studi, il monastero fu fondato anni più tardi dal seguace di Celestino, frate Roberto da Salle.

Carlo II prende provvedimenti contro il conte Filippo di Fiandra signore di Chieti e proprietario di Lanciano, dopo lagne presentate dai lancianesi alla Corona circa il comportamento tirannico dello stesso, e riconosce Lanciano come città demaniale nel Regno. Dato in Capua 25 settembre 1302.

Carlo II il 13 febbraio 1303 conferma lo status di città libera.

Il 28 febbraio 1303 Carlo concede a Lanciano i castelli di Belvedere e Sette (non era stato già concesso quest’ultimo da Manfredi?).

Il 1 marzo 1303 lo stesso nomina Bartolomeo di Capua regio giustiziere di Lanciano, in opposizione alle pretese di Filippo di Fiandra per riavere Lanciano, il quale si era accontentato della contea di Loreto, e conferma in perpetuo il privilegio dello status di città libera.

Il 13 giugno 1303 Roberto principe di Napoli fa tornare a Lanciano gli ebrei che vivevano a Termoli, e a Lanciano si crea il rione della Giudecca.

Il 4 luglio 1303 re Carlo II dona 1000 once d’oro ai sindaci di Lanciano.

Il 19 aprile 1304 altre 500 once donate a Ventrello Cottalino sindaco, così come il 3 giugno 1304 altre 500 once.

Il 1 luglio 1304 Lanciano è citata per il pagamento di 4000 once d’oro per mantenere lo status di città demaniale.

Il 7 luglio 1304 Carlo II con un privilegio conferma il regio demanio, distacca la giurisdizione di Lanciano da quella della Contea di Chieti.

Il 4 agosto 1304 Lanciano vede istituito ufficialmente il mastrogiurato per controllare, con il sindaco, l’attività delle Fiere.

Il 24 agosto 1304 c’è la facoltà, con privilegio, di eleggere uomini probi della città da parte del consiglio civico per le varie cariche. Il privilegio menziona nuovamente Filippo di Fiandra circa le sue pretese su Lanciano, riconfermando lo status di città demaniale. Documento riconfermato il 3 settembre 1305.

Il 15 novembre 1307 il principe Roberto conferma a Lanciano di avere i baglivi.

Il 16 febbraio 1308 Carlo II concede l’indulto a Lanciano per i tumulti e i delitti commessi quando Filippo di Fiandra fu violentemente scacciato dalla città, e quando il suo palazzo fu assaltato dai lancianesi

Il 9 marzo 1309 re Roberto presenta al vescovo di Chieti i chierici da riconoscere, tra questi vi è uno della chiesa di Santa Maria Maggiore, Giovanni di Anapi.

Il 28 giugno 1311 c’è un nuovo privilegio contro le pretese di Filippo di Fiandra.

Il 4 gennaio 1312 è confermato a Lanciano il castello di Paglieta, sono donate 1000 once al sindaco Matteo de Gesso, specificando nuove disposizioni sul Regio Demanio, ora questo status della città diventa automaticamente ereditario per Lanciano, con la successione dei re di Napoli, purché la città paghi il dovuto alla Corona.

Il 31 gennaio 1312 Fulcone di Pontevex è citato in giudizio per alcune sue pretese circa il castello di Paglieta, di proprietà di Lanciano.

Il 2 marzo 1312 sono accordate 1000 once al sindaco Matteo de Gesso, si conferma il castello di Paglieta.

Il 3 marzo 1312 c’è la conferma di 1000 once per il sindaco, nonché i privilegi di cui sopra.

Il 31 luglio 1312 re Roberto cita Tortole Pistorio per 78 once di provvisione da pagare alla Corte.

Il 30 agosto 312 Carlo duca di Calabria concede le solite 1000 once al Capitano regio residente in Lanciano.

Il 20 agosto 1313 Lanciano può assoldare militi da tutto il Regno per questioni di sicurezza.

Il 22 giugno 1315 Armando da Cremona è Capitano regio di Lanciano con 42 once, 18 once sono da dare al Giudice regio, 10 al Notaio civico.

Il 10 aprile 1318 c’è una quietanza del Re nei confronti di Lanciano, per una tassa non pagata di 425 once, per mantenere lo status di Città libera.

Il 22 marzo 1320 è concesso il diritto di convocare pubblico parlamento a suono di campanella.

Il 16 agosto 1320 Lanciano deve presentare alla Regia Corte i privilegi dei sovrani per un esame; ci sarà una postilla del riconoscimento regio dei privilegi, il 1 ottobre 1320.

Il 10 maggio 1321 i mercanti di Lanciano devono pagare il diritto di fondaco a Ortona, inoltre re Roberto concede dei lavori di riparazione al porto di Gualdo ossia San Vito; iniziano le ostilità degli Ortonesi contro Lanciano, proprio perché con questo privilegio, i lancianesi intendono avere un loro porto, onde i mercanti non debbano pagare il fondaco a Ortona per le merci.

Il 9 giugno 1321 il re vieta che ci siano altri eccessi e lotte tra lancianesi e ortonesi, pena sanzioni pecuniarie.

Il 14 agosto 1322 c’è una nuova quietanza della Regia Corte a Lanciano per pagare le tasse arretrate. Non si specifica la somma.

Il 20 settembre 1322 il re emana un privilegio contro Cantelmo dei Cantelmi di Popoli per molestie a Lanciano, e contro Raimondaccio Caldora signore di Civitaluparella per delle pretese sul mulino di Paglieta.

Il 21 ottobre 1322 si ricorda nel privilegio la controversia tra Lanciano e Atessa per i castelli di Giannazzo e Monte San Silvestro, confinanti con Paglieta. Alla fine il re li concederà a Lanciano quando Atessa si ribellerà alla corona parteggiando per i Durazzeschi.

Il 3 luglio 1324 nuova quietanza a Lanciano per il debito, come scritto in un documento presentato alla Regia Corte dal sindaco Jacopo di Bartolomeo.

Il 5 luglio 1324 ci sono disposizioni per il feudo di Rizzacorno, diviso in quattro parti tra Raimondo e Goffredo di Rota e Buccio e Giovanni loro nipoti, cittadini lancianesi.

Il 14 luglio 1324 il re stabilisce con precisione i compiti del Capitano regio, del Giudice e del notaio a Lanciano, che Maranca trascrive in appendice nel suo volume; inoltre ci sono avvisi di quietanza per i debiti da pagare.

Il 15 ottobre 1327 Lanciano ottiene una nuova disposizione nel non dover pagare il fondaco a Ortona per le merci e per il sale, a conferma del privilegio del 10 maggio dello stesso anno.

Il 25 ottobre 1328 il re richiama i magistrati di Lanciano ai loro precisi doveri, scritti nel Repertorio allegato in protocollo, riportato da Maranca in appendice.

Nel 1347 Giovanna I d’Angiò rettifica la vendita del feudo di Rizzacorno a Roberto, Giovanni e Angelo Rota cittadini lancianesi, eredi di Raimondo e Goffredo.

Il 6 settembre 1350 è concesso l’indulto per le violenze tra Lanciano e Ortona, sempre per le lotte circa il porto di San Vito; la regina concede donativi ai sindaci lancianesi per la bagliva, e nel privilegio si raccomanda che il diritto di non pagare il fondaco a Ortona non scateni più violenze. Privilegio ratificato il 22 novembre 1350.

Il 25 novembre 1350 c’è l’assenso regio per il feudo di Guasto inferiore e superiore ossia Castel Nuovo (Castelfrentano) a Lanciano, donato da parte del monastero di San Giovanni in Venere insieme a S. Amato, Guasto superiore (si ripete questo sdoppiamento dello stesso feudo), San Vito, Giannazzo, Certulio e Montecalvo.

Il 18 settembre 1353 è nominato Girardo del Vasto capitano di Lanciano.

Il 4 gennaio 1354 c’è una visita di Luigi d’Angiò e Giovanna I a Lanciano, in cui concedono ricchi doni ai poveri.

Il 18 gennaio 1354 la regina abilita i sindaci di Lanciano a pagare la colletta di Natale e Pasqua.

Il 15 febbraio 1357 è citata una prescrizione di 18 once per la Terra di Guardiagrele verso Lanciano, a causa di alcune controversie col Conte Orsini di Manoppello, e per i soprusi di Raimondaccio Caldora, che aveva fatto togliere 4 pesi a Lanciano per le Fiere.

Il 15 febbraio 1358 c’è una nuova diffida dei Reali a Raimondaccio per non molestare Lanciano.

Il 25 febbraio 1358 una nuova rettifica si esprime contro Raimondaccio che torna a fare molestie.

Il 19 luglio 1358 Lanciano entra in possesso di Civitaluparella e dei suoi feudi, tolti a Raimondaccio per ribellione, con 4 once di tassa annuale alla Corona, insieme a “Li Rotelli” ossia Rosello per 1 oncia e 15 tarì; Ursunea (Orsogna) per 3 once, Villa Santa Maria per 2 once, Castello Pescopennataro per 1 oncia, Castello Bustiori per 2 once, Civita Borrella per 1 oncia e 15 tarì, li Quatri per 1 oncia. Segue la disposizione a favore di Lanciano contro i dazi di Ortona, favorendo i lancianesi, disposizione data il 4 agosto 1361.

Il 6 agosto 1362 c’è una disposizione regia contro gli ufficiali reali in città, dopo lagnanze dei sindaci, ma non sono specificate quali.

Il 6 gennaio 1365 la regina Giovanna ordina di apporre lapidi presso i confini del territorio di Lanciano e Paglieta, per evitare ulteriori contrasti con Atessa.

Il 4 giugno 1365 la regina Giovanna rinnova la concessione a Lanciano di poter erigere il porto di San Vito con la torre, per migliorare i guadagni della Fiera; questa conferma giunge nuovamente in un breve privilegio del 26 novembre 1365.

Il 16 febbraio 1366 una nuova disposizione inserisce delle prescrizioni da rispettare al Giudice regio, al Capitano e al notaio per evitare abusi e sperperi in città.

Il 15 maggio 1366 una disposizione avverte i cittadini lancianesi possidenti, i quali devono pagare la colletta generale, attenendosi alle disposizioni regie circa i privilegi del Libero Demanio per Lanciano.  Anche i chierici che portano le bestie al pascolo nel territorio lancianese devono pagare le collette, fino al confine con Paglieta.

Il 3 novembre 1366 una disposizione ordina di rifare le mura difensive a Lanciano, e i cittadini devono contribuire economicamente per ciascun lotto dei quartieri, in base alle loro condizioni economiche; ricorda tale disposizione le 152 once da pagare al baglivo, rispettando le disposizioni stilate da re Carlo II.

Il 4 luglio 1368 il privilegio conferma l’esenzione dal pagamento di dazi ai mercanti che giungono per le Fiere, conferma l’esenzione dal pagamento del fondaco a Ortona, come nessun dazio è da pagare dai mercanti che attraversano i territori di proprietà lancianese.

Il 18 marzo 1370 viene menzionato Leonardo da Acerra come maestro per apprezzare i confini a cippo lapideo tra Lanciano, Paglieta e Atessa. Si ricorda la tassa di 84 once per tale servizio. Tale tassa è riconfermata nel documento del 15 aprile 1371.

Il 6 maggio 1371 è menzionato il Giustiziere regio di Lanciano, che deve fare da paciere in un caso da discutersi a Valva (Sulmona), e che i testimoni debbono andare in un luogo vicino Lanciano.

Il 4 marzo 1372 Giovanna I concede a Lanciano di edificare una fortezza in un fosso più congeniale alla città per la difesa, e concede di edificare la torre presso il fosso del Feltrino nel porto di San Vito.

Il 25 maggio 1373 nel documento, i chierici di Lanciano non devono godere dell’immunità dalla gabella.

Il 15 gennaio 1377 il Maestro della Camera è richiamato a non assillare Lanciano per la questione di un tarì e 10 grana per ogni oncia d’oro da pagare alla Regia Corte.

Il 17 gennaio 1377 Lanciano è immunizzata dai vettigali, ossia le tasse della terra, in virtù del passato privilegio di re Carlo II.

Il 20 gennaio 1377 nel documento si dispone che i militari di passaggio a Lanciano possono usufruire solo del semplice alloggio, per il trasporto delle vettovaglie, e il Capitano regio deve provvedere alla fornitura delle vetture.

Il 24 gennaio 1377: la regina Giovanna annulla la sentenza del Giustiziere Giovanni di Eboli contro la città di Lanciano, che per aver contravvenuto alle disposizioni dei privilegi, deve pagare per multa 1000 once, multa risolvibile con la tassa di 600 fiorini per i danni dei soldati subiti nell’assedio di Caramanico, quando ci fu lo scontro dinastico dei Cantelmo contro i Caldora per il feudo.

Il 2 luglio 1381 re Carlo III concede 100 once al monastero di San Martino di Napoli, e altre 100 per la baiulazione di Lanciano.

Il 12 ottobre 1381 re Carlo conferma tutti i precedenti privilegi a Lanciano sul demanio, sulla Fiera, sull’immunità penale nel decennio 1303-1312, in ricompensa alla fedeltà di Lanciano alla Corona.

Il 1 dicembre 1381 re Carlo conferma il privilegio per la città di richiedere delle armi al Regno per la sicurezza, e conferma i privilegi di esenzione dal pagamento del fondaco di Ortona. Dà disposizioni di sicurezza al Regio Giustiziere per il trasporto dei bagagli durante gli attraversamenti militari in città. In caso il Giustiziere sia fuori, il mastrogiurato di Lanciano può rimpiazzarlo ad interim.

Il 1 dicembre 1381, il re rinnova l’obbligo ai chierici di pagare i danni dei loro animali al pascolo tra Lanciano e Paglieta. Infine minaccia pesanti multe contro i doganieri che dichiarano il falso sull’entrata e l’uscita delle merci alle Fiere. Inoltre i cittadini lancianesi in viaggio nel Regno di Napoli, non possono essere arrestati qualora abbiano debiti, disposizione del 17 marzo 1382.

Il 29 novembre 1382: amnistia per le merci, ossia i lancianesi non sono obbligati a dichiarare la natura e l’origine delle merci da ammettere alle Fiere, sulla base del privilegio di Giovanna I. Giovanna II più avanti confermerà questo privilegio di Carlo.

Il 28 novembre 1383 c’è una nuova disposizione che chiarifica alcuni punti sul divieto di arrestare, per tutto il Regno, i lancianesi che hanno debiti col Regio fisco, e che sono in viaggio per affari.

Il 13 settembre 1384 la regina Margherita di Durazzo moglie di Carlo concede 50 fiorini al vescovo di Grasse in Provenza circa la bagliva di Lanciano.

Il 18 novembre 1384 re Carlo III dispone al Giustiziere di Lanciano di non far rientrare in città gli esuli, e che qualora questi fossero rientrati segretamente in città, che siano puniti.

Il 26 novembre 1384: a causa delle spese per mantenere lo status nel Regio Demanio, il re Carlo concede a Lanciano 50 once d’oro in perpetuo.

Il 3 dicembre 1384 il re concede i castelli di Frisa e S. Apollinare, Guasto Meroli, confiscati a Raimondaccio Caldora e Giovanni Antonio suo fratello.

Il 5 dicembre 1384 il re concede l’indulto ai lancianesi macchiatisi di omicidio, rifacendosi al privilegio di re Carlo II.

 L’11 luglio 1390 il re dona 152 once per la bagliva di Paglieta, la città intanto compra 2 parti del feudo di Rizzacorno.

L’11 maggio 1391 il re dona a Lanciano il castello di Pizzoferrato per i servigi e la fedeltà dimostrata.

Re Ladislao

Il 17 maggio 1391 il re torna a premiare Lanciano con la piena potestà dell’ex baronia di Borrello e Civitaluparella confiscati a Raimondo Caldora, insieme a li Quatri, Fallo, Pescopignataro, S. Angelo del Peschio, Rosello, Castel Pito, che nel frattempo erano stati confiscati e devoluti al Regio fisco. Rinnova infine la facoltà ai lancianesi di erigere la torre di San Vito al porto.

Il 15 maggio 1392, seguito da un altro diploma del 17 maggio, il re Ladislao torna a fare concessioni per le Fiere, a favorire la costruzione del porto di San Vito, imponendo a Ortona di non intromettersi negli affari dei lancianesi. Qui il Maranca fa una citazione dal libro di Pasquale Liberatore, Pensieri civili economici sul miglioramento della provincia di Chieti, vol. 2, 1806, circa alcune sue idee per migliorare il porto di San Vito a favore dei lancianesi.

Il 2 giugno 1395 il re Ladislao dichiara ufficialmente che tutto il castello di San Vito, compreso il paese superiore, donato dal monastero di San Giovanni in Venere, è di proprietà lancianese, e dona a Lanciano i residui della colletta da pagare alla Corona in quell’anno.

Il 15 settembre 1395 re Ladislao fa quietanza alla città di Lanciano per 152 once d’oro della colletta, da pagare perché non fosse ulteriormente molestata. Vedi protocollo 41

Il 17 settembre 1395 il re revoca la pensione data a Filippo di Landa sulla bagliva di Lanciano, avendo costui trasgredito a degli obblighi.

Il 10 novembre 1396 il re spedisce da Gaeta la concessione a Lanciano dei castelli di Gissi e Casalbordino devoluti dalla Corona per ribellione, i quali erano stati ricondotti all’ordine dalla forza militare lancianese prot. N 42.

L’11 luglio 1398 il re riconosce la fedeltà dei cittadini lancianese, e concede 102 once delle 152 da pagare per la colletta sulla baiulazione di Lanciano e Paglieta.

L’8 agosto 1400 il re, sulla base di questa grazia, condonò 1 oncia da pagare sul feudo di Castel Nuovo.

Il 1 marzo 1401 il re rinnova le concessioni di protezione verso i cittadini lancianesi, sul non essere citati a comparire fuori la città nel Regno, eccettuata la Corte del Giustiziere e del Regno di Sicilia; inoltre approva e riconosce tutti gli altri privilegi dei passati re concessi a Lanciano, specialmente quelli scritti da Carlo III il Breve; inoltre lo stesso giorno, re Ladislao incorpora i castelli di San Vito e Arielli che erano nel regio demanio, come riportato nel protocollo. N. 43. Nello stesso privilegio, il re invita Cicco de Burgo signore di Monteodorisio a ridare il castello di Civitaluparella, usurpato dal Conte di Manoppello Napoleone Orsini.

Il 7 giugno 1405 il re concede ai lancianesi di ricostruire il castello di Sette, prot. N. 44

Il 10 marzo 1406 il re dona ai lancianesi, per servizi prestati, i castelli di Crecchio e Castel Nuovo col territorio di Vasto inferiore e S. Amato e fortellizi annessi, uomini, beni, vassalli e proprietà del Conte di Manoppello Orsini, toltigli per ribellione. Il re li dona per 4000 ducati totali, esentandoli dalla vendita feudale. Prot. 45. Nello stesso giorno ottenne Lanciano, per generosità regia, i castelli di Gesso e di Lama.

Il 20 marzo 1406 il re mandò messi affinché i privilegi concessi fossero correttamente rispettati in città, e che lo stesso per l’entrata in possesso dei caselli, avvenisse in merito al privilegio del 10 marzo 1405.

Il 18 aprile 1406: conferma la concessione di Castel Nuovo e Vasto inferiore, S. Amato e Crecchio, tolti a Napoleone Orsini, e ordina che Lanciano ne entri subito in possesso esibendo il protocollo regio.

Il 24 luglio 1407: essendo sorta controversia tra il Capitano regio e Lanciano per il pagamento di 120 once, mentre i sindaci sostenevano di dargliene 90. La causa fu rimessa alla Regia Corte ed è riportata in appendice.

Il 4 giugno 1408 il re concede nuovamente ai lancianesi di riedificare il castello di Sette, distrutto nelle guerre precedenti.

Il 7 aprile 1412 ricordò e approvò diverse altre disposizioni dei passati sovrani a Lanciano.

Il 9 settembre 1414 la regina Giovanna II conferma e approva tutti i privilegi passati. Condona a Lanciano la somma di 172 ducati che Lanciano doveva alla Corona per il pagamento della colletta da devolvere nella riparazione delle mura e torri. Nello stesso giorno mandò un dispiaccio per invitare i lancianesi a recuperare gli animali dispersi durante la Fiera, nel caso che il padrone non si fosse rintracciato, la cittadinanza poteva liberamente venderli.

Il 5 agosto 1417 il doge di Venezia Tommaso Mocenigo scrive a Lanciano per far rendere giustizia ai sudditi di Venezia nel riscuotere le somme che avanzavano dai regnicoli.

Il 4 febbraio 1418 la regina dà in custodia a Lanciano il castello di Canosa con sue pertinenze; il 27 aprile dello stesso anno, siccome Lanciano aveva libera franchigia sino al confine del fiume Foro, la regina prescrisse che non si potessero fare rappresaglie nei tempi delle Fiere in maggio e agosto nei confronti dei debitori col fisco, nemmeno verso i forestieri che erano in viaggio.

Il 15 febbraio 1420 la sovrana premiò Filippo Riccio esentandolo dai pesi fiscali, condonandogli 18 tarì annui.

Il 21 gennaio 1421 rinnovò la concessione per i lancianesi di continuare a fabbricare il porto di San Vito.

Il 4 febbraio 1421 rinnovò la concessione di Canosa a Lanciano, ricordando la buona amicizia tra i paesani e i lancianesi, i quali garantivano loro protezione.

Il 10 febbraio 1421 la regina torna sulla questione del porto di San Vito, rinnovando l’invito a continuare l’edificazione, rimuovendo gli ostacoli, principalmente dovuti dalle azioni di sabotaggio degli ortonesi; il Maranca cita il manoscritto di Antinori, nonché l’opera edita di Pasquale Liberatore, vol. 2

Il 23 ottobre 1421 il principe Alfonso d’Aragona esentò Lanciano dai pagamenti per il possesso dei castelli di Canosa, Paglieta, Castel Nuovo, S. Vito, Crecchio,  e rinnova l’invito per i lancianesi a continuare la fabbrica del porto di San Vito. Maranca qui fa una breve digressione sulle cause degli ostacoli incontrati dai lancianesi, ossia le insorgenze e le azioni di sabotaggio dei rivali Ortonesi, i quali con querele e controrichieste alla Regia Corona, ritardavano la costruzione, cercarono specialmente di far annullare il privilegio di Ladislao, contestando il fatto che il monaco di San Giovanni in Venere avessero concesso il castello di San Vito ai lancianesi l’11 maggio 1385, con tanto di assenso papale. Lanciano era nel giusto, essendo ormai il territorio di sua pertinenza, aveva già pagato 500 ducati per i lavori del porto durante il regno di Ladislao. Gli Ortonesi, favoriti dal maresciallo Francesco de Riccardis, cercarono di boicottare la costruzione, il quale fece pressioni sulla volubile Giovanna II, per far vendere il territorio litoraneo da San Vito alla foce del Sangro, in modo che i lancianesi non avessero uno spazio vicino dove costruire il loro porto. Ci si mise anche Francesco Attendolo Sforza, capitano della milizia della Regina a ostacolare Lanciano, sicché la città, nonostante avesse i privilegi, si trovava paralizzata nel continuare i lavori. La situazione cambiò quando si incrinarono i rapporti idilliaci tra Giovanna e Alfonso, il quale assoldò come condottiero Braccio da Montone, che fu anche del partito lancianese, che pagò a lui per la protezione 1100 ducati d’oro. Dato che Alfonso aveva ora il potere nel regno, lo Sforza fu costretto ad andarsene da Napoli, e la sorte tornò a favore dei lancianesi per il porto.

Il 2 marzo 1422 Alfonso in un diploma fa un memorandum della vicenda del porto di San Vito, denuncia l’intervento plagiatore di Francesco Sforza e degli Ortonesi presso la volubile Giovanna, invita i lancianesi a proseguire i lavori, e li ricompensa dei danni subiti, invita Ludovico di Paolo da Penne, gentiluomo al suo servizio di recarsi a Lanciano a fornire il documento della licenza, concede ampia libertà ai lancianesi di usare il porto come meglio vogliono, salvo gli obblighi dei pagamenti per la gabella, la dogana e il fondaco.

Il 12 maggio 1422 Alfonso dal castello di Castellammare di Stabia revoca la concessione fatta da Ladislao agli Ortonesi, riconferma la proprietà del porto di San Vito a Lanciano, dopo che Francesco de Riccardis aveva tentato con un nuovo colpo basso di sottrarlo per metterlo in vendita, e ordina che i lancianesi possano liberamente fabbricare la torre, ricordando di edificare anche i fondaci per il sale, di istituire la dogana, gli edifici per la costruzione delle navi ecc. infine ordinò il re, per evitare altre controversie territoriali, che tutta la lingua costiera dal porto di Ortona fino alla foce del Sangro fosse esclusivamente territorio di Lanciano, riconobbe il documento del 1385 di donazione di San Vito a Lanciano dall’abate di San Giovanni in Venere, ricordando l’antico porto di Gualdo, che occorreva restaurare per decadenza dei secoli; i lancianesi hanno il controllo su tutte le foci dei fiumi dall’Asinello verso Vasto sino al Foro di Ortona, la quale si deve accontentare solamente del suo porto. Lanciano per il beneficio delle proprie Fiere, riconosce il re, ha diritto pienamente al suo porto. Riconosce nuovamente il privilegio di re Ladislao del 2 giugno 1395 e del 1 marzo 1401.

Ortona in una mappa agostiniana del 1583


Lanciano in una pianta di Giovan Battista Pacichelli, 1703

Il 4 maggio 1422 il re rinnova la sua concessione ai lancianesi di edificare il porto, anche per la fedeltà dovuta alla Corona con l’esborso di 1100 ducati d’oro da dare al Conte di Montone Braccio di Fortebraccio; accordò che gli introiti delle gabelle e del fondaco sarebbero serviti per la costruzione del porto.

Il 18 luglio 1422 il sindaco di Lanciano pubblicò delle lettere da diffondere nel Regno circa la concessione di Ladislao e di Alfonso sul porto, e menzionò le disposizioni per i mercanti circa il diritto di dogana e fondaco, e per tale commissione fu convocato Nicola di Buccio di Fagiani, il quale mandò le lettere, anche a Venezia con cui Lanciano era in rapporti. Il doge Tommaso Mocenizo rispose il 1 agosto 1422 benevolmente, accettando la proposta dei nuovi scambi commerciali coi lancianesi.

Il 28 settembre 1422 il re Alfonso scrisse da Aversa ai sindaci delle due città per invitarli a risolvere personalmente la controversia.

Il 10 gennaio 1423 la regina Giovanna, sulla scia del marito Alfonso, rinnovò i privilegi passati circa la facoltà di erigere il porto di San Vito e di istituirvi la dogana e il fondaco del sale, e di poterlo fortificare come meglio i lancianesi volessero. Nel privilegio si fanno precisazioni sulla torre di guardia da costruire all’ingresso del porto, in modo che possa essere un baluardo di difesa in caso di pericolo e di fuga, specialmente in caso di attacco degli Ortonesi. In questa carta notiamo delle aggiunte a penna di grafia diversa, quasi certamente di Luigi Renzetti storico lancianese (1860-1931), che ebbe tra le mani le carte sciolte di Maranca, su cui scrisse diverse note (abbiamo rilevato a occhio come egli abbia riempito di segni e note a penna e matita il volume manoscritto “Uomini illustri di Lanciano” del Maranca, conservato nella Biblioteca provinciale “G. D’Annunzio” di Pescara. Ma sappiamo dal Coppa Zuccari nella sua introduzione alla Invasione francese degli Abruzzi nel 1798-99, Aquila 1928, che Renzetti scribacchiò anche sulle carte manoscritte di Bocache). Il Renzetti dunque in questa carta, dove si parla della famosa lotta tra i lancianesi e gli ortonesi, che vengono catturati in una imboscata sul Feltrino e vengono mutilati dei nasi e delle orecchie, aggiunge queste note: “Ortona: vedi il quadro corrispondente nella chiesa di S. Angelo della Pace di Lanciano”. Quale quadro? Attualmente si conserva un affresco di Paolo Rivetta del 1976 presso la navata, che illustra il Lodo di Pace di San Giovanni di Capestrano! Tornando al Maranca, egli ricorda l’assalto dei Lancianesi a Ortona, dove fu incendiato il palazzo del sindaco, e dove fu asportato lo stemma dei Riccardi, e ricorda come al tempo, essendo il Regno indebolito dalle lotte intestine di Giovanna, Giacomo di Borbone e Alfonso, i comuni risolvessero le questioni private con la forza, a scapito delle minacce di punizioni della Regia Corona! A seguire Maranca ricorda l’opera pia di frate Giovanni da Capestrano, che si aggirava per l’Abruzzo nell’opera riformatrice dei Giudei, e per assolvere tale compito arrivò anche a Lanciano dove vi erano molti Giudei, venne a sapere delle gravi liti tra lancianesi e ortonesi, e si adoperò affinché fosse siglata una pace duratura.

17 febbraio 1427: si sigla il Lodo di Pace a Ortona da parte di frate Giovanni di Capestrano, nella basilica di San Tommaso; questo Lodo è in 10 articoli, che riguardano il porto di San Vito, della buona convivenza amichevole tra Lanciano e Ortona, che Lanciano aveva il controllo sulla costa dal Foro al Trigno, e il diploma regio arriverà il 6 maggio 1430 a confermarlo.

Il 17 dicembre 1430, re Alfonso rilascia ai Lancianesi 287 ducati e 3 tarì per incentivare la costruzione.

Il 4 febbraio 1431 e il 27 luglio dello stesso, arrivano altri privilegi per il porto, i Lancianesi possono far sbarcare a San Vito navigli con quantità illimitate di grano, senza pagare i diritti di entrata. Nel frattempo era vicegenerale del Regno Renato d’Angiò che a Lanciano dette 157 ducati, da pagare in seguito alla Regia Corte per il regio demanio, con diploma del 20 novembre 1436.

Il 12 settembre 1439 il doge Francesco Forensi si lamentò con Lanciano per il furto delle reliquie dei Santi Simone e Giuda Taddeo apostoli, da parte dell’agostiniano Jacopo di Clemente, imponendo la restituzione a Venezia. Nel frattempo si era rassettato il potere a Napoli, dopo le lotte tra Alfonso e Renato. Lanciano aveva parteggiato per quest’ultimo in merito alle concessione di cui sopra, ma Alfonso accordò l’indulto ai lancianesi, riconfermò tutti i Castelli e Casali, assegnò 1000 tomoli di sale il cui ricavato sarebbe servito a riassettare le mura urbiche, confermò le grazie, mantenne il privilegio delle 15 once d’oro per i baglivi (dall’epoca mai una tassa così bassa!), e riorganizzò le spese di pagamento per mantenere il Giustiziere, il Notaio, il Giudice del Re, comprese le loro famiglie risiedenti a Lanciano, i cavalli, i beni vari. Diploma in data 22 gennaio 1441, dato in Benevento. Lo stesso giorno accettò lo statuto dei Capitoli, con supplica presentate dai sindaci.

Il re accordò i Capitoli e riconfermò tutti gli altri privilegi, anche quelli della regina Giovanna II, emendati dalle macchinazioni “ortonesi”, e come tassa per rimanere nel regio demanio, fu fissata la somma di 100 carlini., per Paglieta la tassa era di 10 ducati, 5 per Castel Nuovo, 4 per Ari, il castello di Mari, saccheggiato in quegli anni, fu esentato per 2 anni dalla colletta annuale, sicché Lanciano si trovò a essere assai privilegiata dal re per la sua fedeltà, non dovendo pagare più di quattro collette all’anno, pur possedendo almeno una ventina di castelli! I castelli di Mari, Treglio, Torino rimasero in possesso di Lanciano.

Il 24 gennaio 1441 ci furono concessioni sull’edificazione del porto, con facoltà per i lancianesi di poterlo difendere con le forze armate in caso di attacco, sicché, dato che il diploma contravveniva a uno degli articoli del Lodo di Pace del 1427, esso fu automaticamente abolito dal re Alfonso. Gli ortonesi allora impugnarono a loro favore il Lodo, e iniziarono le ostilità e le azioni di sabotaggio. Nel privilegio del 1441 il Re fa il solito memorandum dell’antico porto romano, distrutto, che doveva essere terminato per i benefici del Regno e della stessa città e delle sue Fiere, con le dovute tasse da pagare per il fondaco ecc. nello stesso anno il re ritirò a Lanciano 26 once per la colletta.

Il 15 gennaio 1444 vietò l’arresto dei cittadini lancianesi per debiti, qualora fossero in viaggio per il Regno. Dato in Benevento.  Dato che gli Ortonesi bloccavano la costruzione del porto, i lancianesi contrassero una polizza 2500 ducati da Jacopo de Cilinis per la Corona, da consegnare al tesoriere Matteo Puindis, e chiesero al re un nuovo diploma (abberano) chiaro e preciso a favore della costruzione del Porto, con sanzioni per chi avesse osato bloccarne la costruzione. L’abberano fu stipulato nella piana di Campolungo a Leperano il 10 dicembre 1446. Il 16 dicembre il re Alfonso finalmente, esaminati i passati privilegi sul porto, riconfermò per l’ennesima volta tutti questi, la facoltà di erigere il porto, senza che nessuno osasse opporsi. Il 31 gennaio 1441 re Alfonso impedì costruzioni di fortezze a Lanciano, ricordando la sua libertà perché fedelissima.

L’8 gennaio 1447 il re concesse la copia dell’atto a don Verna Tusio di Lanciano per mezzo del notaro Nicola Cacciaguerra. Il 19 gennaio 1447 il re replicò il possesso di tutto il castello di San Vito e del porto a Lanciano, contro le pressioni ortonesi, e dichiarò nulli i privilegi estorti dagli stessi per mezzo di Sforza e di Attendolo, e Francesco de Riccardis dalla regina Giovanna II (in queste pagine seguono sempre le note riportate da Pasquale Liberatore nel vol. 2 della sua opera, nonché i segnacci di Renzetti che indicano a margine “Ortona”, a mo’ di promemoria per qualche sua ricerca personale). Questo privilegio, l’ultimo di questa serie di controversie tra lancianesi e ortonesi, è datato 16 dicembre 1446.

Il 5 giugno 1447 con diploma spedito da Castel Capuano, il re conferma che sia Lanciano che i suoi castelli di proprietà abbiano diritto di fondaco del sale. In quel tempo la città aveva acquistato interamente il vasto feudo di Rizzacorno, con conferma reale. Mandò un nuovo privilegio per i lancianesi sul porto di San Vito, letto per mano di Luca da Galgano capitano della città, il 31 dicembre 1447.

L’11 marzo 1450 il re Alfonso determinò che ciascuna delle due Fiere di maggio e agosto durassero ciascuna 15 giorni, e che in quel tempo non si potessero celebrare altre fiere nei luoghi circonvicini Lanciano, a non meno di 20 miglia.

Il 16 aprile 1450 il re proibì agli Ortonesi di celebrare la fiera nei giorni tra il 12 e il 30 maggio, perché ciò avrebbe recato danno alla vicina Lanciano, e lo stesso valse per Chieti, proibendo la fiera di San Marco nella valle della Pescara, vietando perfino ai mercanti di passare per la città alta per vendere le merci, pena 1000 ducati.

Il privilegio n. 157 raccolto da Maranca del 13 dicembre 1453, firmato da re Alfonso, vieta ai magistrati e ai giudici di intromettersi, al di fuori delle leggi convenute e rispettate nei Capitoli, negli affari della pubblica amministrazione lancianese, e stabilì che nessun mercante dovesse finire sotto il braccio della giustizia nel territorio delle Fiere di Lanciano, ossia nel raggio di 20 miglia nel territorio dell’Università di Lanciano.

Confermò al mastrogiurato di Lanciano il diritto di fare i pesi e le misure, e di scrivere leggi e Capitoli in ogni momento fosse stato necessario, sempre a beneficio della città e delle Fiere (e del Regno), in modo che questi assumessero valore inviolabile, rinnovando sempre l’obbligo a giudici, notai, magistrati vari di non interferire in tale pratica. Sicché nell’anno 1453 furono confermati a Lanciano i Capitoli.

Il 15 dicembre 1453 Lanciano riottenne la conferma del privilegio di poter tenere in custodia gli animali per un anno. Il 10 aprile 1455 il re concesse di celebrarsi a Lanciano, per mezzo del Capitano regio, le cause di prima istanza, eccettuate le cause di lesa Maestà e di eresia. Nel n. 161, sempre col segnaccio di Renzetti a margine, il 13 giugno 1456 i notai Buccio di Muzio e Filippo del Prete presentarono a re Alfonso dei Capitoli da approvare, circa i privilegi e i possedimenti vari e il re li accordò con somma gioia; ma mandò a Lanciano una multa di 100 once per una pratica non rispettata, ossia esigere il pagamento per i diritti di passaggio e della gabella, il re accordò ai cittadini di imporre dazi su carne e pesce, così come il diritto di fondaco al porto di San Vito, come si faceva regolarmente per Ortona e Francavilla, e di far pagare altri 10 carlini ai mercanti per i benefici comuni, così come per i diritti di imbarco e sbarco; il re dichiarò che per debiti non potesse essere arrestato nessuno durante la Fiera, né negli 8 giorni distanti dal termine di quella di maggio e agosto, ma di non accogliere in città i perseguiti per omicidio e ladrocinio, il re accetta l’offerta della città di 1200 ducati per i precedenti privilegi approvati.


Ferdinando II d’Aragona


Il 13 giugno 1456 il re rinnovò la facoltà di scrivere i Capitoli civici per i cittadini e vassalli annessi alle sue proprietà, imporre la gabella per la carne, vino e pesce, e di non concedere l’indulto ai Lancianesi, prima di aver risolto tra loro le controversie. Al n. 163 del 16 maggio 1457 approvò la facoltà dei Lancianesi di regolare i pesi e le misure per la Fiera, confermando il privilegio che ribadiva l’organizzazione cittadina dell’allestimento stesso della Fiera, come ricordato anche da Giacomo Fella nella sua Storia di Lanciano, nella serie dei Privilegi regii al cap. 19 della sua opera.

Al n. 164 Ferdinando d’Aragona, successore di Alfonso, riceve l’omaggio dei sindaci di Lanciano, con diploma del 28 giugno 1458 concede la grazia ai Lancianesi per le rivolte contro Ortona, ottenne il demanio per i suoi Castelli, che la città cambiasse gli ufficiali regii ogni anno, confermò i castelli di Paglieta e San Vito, Ari, Canosa, Sant’Apollinare, Treglio e facoltà di fare capitoli in quei castelli stessi. Al III articolo di detto privilegio n. 164, Ferdinando concesse 10 giorni prima e 10 giorni dopo la Fiera della città la protezione per i mercanti che accorrevano e che se ne andavano, nel rispettivo territorio tra i fiumi Moro e Asinello, si raccomandava ai viandanti e ai mercanti di essere ospitati dai Lancianesi e ben alloggiati, al V articolo, riconcesse la facoltà dei pesi e misure per evitare casi di frode, al VI confermò la facoltà di fare Capitoli, al VII che i Castelli di Lanciano dipendessero non dal Mastrogiurato di Lanciano, né che ne avessero uno per ciascuno, ma che dipendessero dal governo del Regio Governatore di Napoli, al IX che i giudici di Alfonso d’Aragona fossero riabilitati, al X che Lanciano erigesse le gabelle, XI che il Capitano Regio e 4 ufficiali sovrintendessero al rispetto dei Capitoli, presentati alla fine dell’anno dai sindaci dei Quartieri, due eletti dalla città, gli altri dal Capitano. XII, che i proventi delle Fiere fossero utilizzati dalla Città come spiegato nei precedenti privilegi e capitoli.

Al privilegio n. 165 del 30 luglio 1458, Ferdinando confermò i privilegi circa l’indulto per i forestieri, anche ladri e malfattori, in tempo di Fiera, ricordò i privilegi per i poteri del Mastrogiurato, confermò il possedimento del territorio franco tra il Moro, e l’Asinello, ecc., come sopra. Con privilegio del  31 gennaio 1460 dato in Cartel Nuovo a Napoli, trascritto integralmente da Fella, re Ferdinando riconosce la fedeltà e la benevolenza dei Lancianesi mediante le lettere speditegli, ricordando nella Lega Regia la militanza del Conte Giacomo, Napoleone ecc. che Lanciano nelle imprese di Alfonso mandò 6 galee, 4 navi con balestrieri, dando notevole aiuto alle guerre del Re di Napoli, e in memoria di ciò per riconoscimento a Lanciano, confermando appieno i diritti del regio demanio della città, con i privilegi già scritti ecc.. al n. 167 del 22 giugno 1462, c’è un altro privilegio simile con il solito inizio di formula in latino, per poi diventare in volgare, il re ricorda la fedeltà lancianesi mediante le lettere spedite da Messer Tuccio (dei Ricci); il re conferma privilegi e castelli; nel privilegio si fa particolare riferimento alla fedeltà lancianese: “a più grati cose semo pronti, e parati a volervi beneficiare, affermandosi che mai forse a Re alcuno fu tanto grato verso un popolo alcuno, quanto Noi semo disposti ad esser verso voi, e credete che voi non sarete a dimandare, se disposti come Noi in lo concedere e donare”. Il riferimento a Tuccio riguarda i beni in Lanciano e dintorni di questo membro della casata dei Ricci, poi di Jacovo, Cristofaro e Simone de Cilmis e la casa di tal Angelo “Giudeo”.

Viene creato capitano di giustizia Leonardo de Legitis, e fa rifermento a un altro privilegio del 7 maggio dello stesso anno.

In questo fu tolta Fossaceca ossia Fossacesia al ribelle Francesco de Riccardis d’Ortona, ribelle agli aragonesi per favorire la causa di Giovanna II, e venne concessa al ricco Tuccio dei Ricci di Lanciano. Il 1 marzo 1463 dato in Castel Nuovo, il nuovo privilegio concede l’indulto ai Lancianesi per i delitti commessi nelle guerre al 1° articolo, al 2° si confermano i privilegi passati specialmente quelli riguardanti le concessioni del porto di San Vito. Al 2° punto, che i Lancianesi per le offese e i danni subiti nelle scorrerie per la costruzione della torre del porto, fossero esentati per 10 anni dalla colletta regia; al 4° punto che gli animali invenduti alla Fiera, fossero tenuti in custodia dalla città per un anno, al termine del quale se non reclamati, fossero stati venduti dalla Città, e con il ricavato, spenderlo per le fortificazioni civiche; al 5° punto, la facoltà di fare i pesi e le misure per evitare frodi; al 6° punto, che gli esattori regii esigessero dal porto di San Vito lo stesso che veniva richiesto come tassa ai porti di Ortona, Vasto, Francavilla; al 7° punto che Ortona, non ancora graziata dal Re per le scorrerie compiute contro Lanciano, non molestasse le attività commerciali lancianesi; all’8vo punto, che il territorio di Lotovo di Semiduccio di Crecchio, posseduto dagli Ortonesi con la violenza, fosse dato a Lanciano; 9°, che la roba di proprietà regia tenuta dai Lancianesi, presi dai paesani di Crecchio per pagare i soldati, non dovessero essere restituite, 10, che il sale fosse commerciabile in Lanciano nel tempo di licenza, 11, che i Giudei del Ghetto a Lanciano godessero degli stessi diritti degli altri, 12 che fosse liberato dal carcere Natale di Lanciano, 13, che anche i ribelli avessero diritto di commercio alle Fiere, e che in caso di ribellione, Lanciano confiscasse le merci stesse; 14, che le contrade di Castel di Monte e Castelluccio confinanti con Paglieta siano tolti da Atessa città ribelle, e dati a Lanciano; 15 che possano i Lancianesi e i Sanvitesi potessero pascolare le greggi nei territori in cui vi era controversia con gli Ortonesi, cittadini ribelli; 16 che al fondaco del Porto di San Vito, Lanciano percepisse 100 ducati annui per le riparazioni dovute, pagando la tassa alla Corte, 17, che per la difesa del Porto, i Lancianesi possano fare capitoli contro i nemici, specialmente gli ortonesi; 18, che i Lancianesi possano rientrare in possesso dei beni e proprietà confiscate dai ribelli al Re in tempo di guerra; 19 che i fuoriusciri durante la guerra, potessero a Lanciano rientrare solo dopo il consenso dell’Universitas; 10 che i sostituti della grascia, gabella della carne, fossero prettamente lancianesi, 21 che i lancianesi godessero di libera franchigia dai pagamenti delle gabelle, passi, dogane ecc. per tutto il Regno di Napoli.

Maranca pone in allegato la trascrizione in latino del privilegio originale, dopo averlo regestato. Si tratta di una delle più ampie e generose concessione fatta dalla Corte alla Città, che di lì a poco, inizierà a perdere il suo secolare potere commerciale.

Nessun commento:

Posta un commento