Pochi se ne rendono conto, ma i conventi e monasteri sopravvissuti a Lanciano, fondati dai Frati Minori Conventuali (Santuario del Miracolo Eucaristico), Minori Osservanti (parrocchia Sant’Antonio), ed ex convento dei Fatebenefratelli (presso la salita della posta), conservano tracce di interessanti affreschi.
Gli affreschi più ricchi si trovano nel santuario del Miracolo, datati 16 maggio 1515, presso l’ex cappella della Congrega dei Raccomandati, che fa parte di quella porzione dell’antico monastero dei Monaci Basiliani dove avvenne nell’VIII sec. il prodigio della trasformazione dell’ostia in Carne di Cristo, e del vino in sangue. Cosa ritraggono questi affreschi? La lettura non è sempre agevole, in quanto nel 1866 dopo la soppressione piemontese degli Ordini, il convento francescano fu chiuso e adibito a magazzini, osterie, usi vari, ad esempio sino agli anni ’90 insisteva nell’area il deposito del fabbro Ciarelli, che aveva la sua bottega prospiciente la piazza. Giuseppe Maria Bellini, studioso di cose lancianesi nel primo ‘900, ne lasciò memoria manoscritta, che Corrado Marciani pubblicò in appendice a un suo studio sulla storia del Miracolo eucaristico e dei Francescano a Lanciano, raccolto poi nei suoi “Scritti di storia”, Carabba, Lanciano 1998. Bellini annota che quando l’ex cappella fu trasformata in magazzino, sciagurati riempirono le pareti di calce, e gli affreschi furono perfino trapanati per attaccare le mensole di appoggio del materiale dei magazzini, causando la deplorevole perdita di gran parte del ciclo, dato che oggi, come possiamo vedere, soltanto le due pareti della volta a ogiva, dunque di architettura medievale, e parte della parete di controfacciata dell’ingresso ad arco dal vestibolo corridoio benedettino, risultano ancora coperte dalle pitture.
Il pittore ha rappresentato, su commissione della Congrega, i 12 giorni del “Dies Irae” tratti dall’Apocalisse di San Giovanni apostolo. Il ritratto dei giorni della Fine del Mondo terreno parte dalla parete di sinistra, entrati dall’arco, e racchiusi in riquadri dalla fine cornice dai tralci a tortiglione, e accompagnati da cartigli illustrativi in volgare veneziano, mostrano i seguenti episodi: 1 – IL MARE SI ALZERA’ AL DI SOPRA DELLE MONTAGNE (QUARANTA BRAZA)
2 – IL MARE SI RITIRERA’
3 – I PESCI SALTERANNO FUORI DALL’ACQUA
4 – IL MARE SI SECCHERA’
5 – GLI ALBERI GRONDERANNO SANGUE
6 – IL MONDO INTERO CROLLERA’
7 – TUTTO SARA’ SOMMERSO DALLE PIETRE
8 – LA TERRA SARA’ SCONVOLTA DAL TERREMOTO
A seguire la parte di destra mostra il resto dei giorni dell’Apocalisse:
9 – LA TERRA SI ABBASSERA’ E LA GENTE SI RIFUGERA’ NELLE GROTTE
10 – LA GENTE USCIRA’ DALLE GROTTE
11 – LE TOMBE SI APRIRANNO
12- IL SOLE SI SPEGNERA’ E IL CIELO CADRA’
13 – I MORTI RIPENDERANNO I LORO CORPI
14 – ARDERANNO LE FIAMME DEL CASTIGO ETERNO
Il pittore nel mostrare le scene, che già si comprendono da sé per l’immediatezza del soggetto ritratto, adotta un’enfasi particolare e una spiccata vivacità nel ritratte i paesaggi di contorno, le brulle colline, i campanili a pinnacolo e le casette dei paesi in rovina, oppure nel riquadro degli alberi che grondano sangue con gli animali che se ne cibano, soprattutto si vede un’attenta conoscenza dell’autore per l’ornitologia, con martinpescatori, aironi, papere, beccaccia, pavoni. Non è tuttavia un esperto nell’utilizzo della prospettiva, vedasi il riquadro del fiume che si essicca, lasciando scoperte le creature acquatiche destinate alla morte, o la rappresentazione quasi abbozzata delle macerie degli edifici crollati dopo il terremoto, o anche il particolarismo mancante, il disegno dei volti spesso al limite del bozzetto, del non finito, dell’appena accennato dei personaggi umani. C’è più interesse invece nel mostrare le vesti contemporanizzate, ovvero dell’epoca rinascimentale, con i berretti, i mantelli dei mercanti, quasi a voler rimarcare che davanti al Giudizio Divino, la ricchezza, è poco e nulla. E lo sappiamo che Lanciano all’epoca era all’apogeo del suo splendore con le famose Fiere, cui venivano da Bergamo, Venezia, Ragusa, quasi che il pittore avesse voluto, per committenza dei Confratelli, mostrare un severo monito alla mondanità e allo sperpero. Notiamo qua e là, soprattutto nei riquadri a soggetto marino, quello del mare che strabocca coi pesci che saltano dall’acqua, le figure di sirene bi-caudate, dall’aspetto molto particolareggiato, in questo caso con una prospettiva e anatomia abbastanza caratterizzata. Sicuramente l’autore anonimo volle mettere in risalto, rappresentandone ben due nello stesso riquadro, sempre in ammonimento contro i peccati e i vizi.
Secondo il pensiero cristiano, le sirene stanno a simboleggiare un ammonimento ai peccati della carne; invece, secondo altri studi, sembra trattarsi di una delle testimonianze del passaggio dal paganesimo al cristianesimo, in particolare del culto della fertilità dionisiaca – sopravvissuto nelle zone contadine – per cui la sirena rappresenterebbe la Dea madre protettrice del creato, divenendo quindi un simbolo di fertilità.
Carino, ma insufficiente, il trucco di rappresentare gli uomini nel deserto sconvolti dai Quattro Venti, rappresentanti con le figure di teste che sbuffano aria, forse visti, che precedono perfino quelli ritratti nelle bellissime pitture di palazzo Te; benché si sa, che sono una iconografia molto antica, sicuramente nota al pittore. Ciò che rende curiosa e strana l’attività di questo pittore che conosceva certamente l’arte della Grande Maniera (si veda ugualmente il maldestro tentativo del soffitto a lacunari dalla scarsa resa prospettiva per l’affresco del Battesimo di Cristo, con datazione 1515 sul battistero); ma spesso questo artista si dimostra fortemente limitato, a tratti comico nel disegno, nel lasciare i volti incompiuti, o appena accennati, ad esempio il personaggio centrale che sta al centro dietro Cristo nell’affresco del Battesimo; mentre invece per le decorazioni delle vesti, dei paesaggi, o anche della fasciatura decorativa con le grottesche di sirene, grifoni, ed elementi vegetali, si dimostra piuttosto abile e anche originale nell’ambito della provincia chietina.
L’affresco del Battesimo è alquanto curioso, mostra Cristo battezzato da Giovanni battista; ma Cristo è nelle vesti di un uomo semplice, con una resa anatomica alquanto sufficiente, il meglio che questo pittore poteva realizzare, conoscendo l’arte del Verrocchio (il Cristo sembra infatti una brutta imitazione del Battesimo dell’artista fiorentino); non è però lungo le rive del Giordano, ma in un battistero quadrangolare, e il Battista non è con i lunghi capelli e la pelliccia villosa che copre il suo corpo, ma è un sacerdote, con le croci greche sulla stola, ben vestito da confratello. I personaggi attorno la scena sono ben vestiti, specialmente il primo e l’ultimo a destra e sinistra, con i copricapi cinquecenteschi, delle giacchette variopinte, i volti come sempre poco precisi al limite del bozzetto; i personaggi della schiera bruttissimi e confusi; sulla destra appare una figura nuda seduta, forse un neofita appena battezzato, che guarda il Cristo mentre riceve l’acqua del battesimo. La figura centrale dietro di Cristo appare invece con paramenti da Gran Sacerdote del Tempio ebraico, riconosciamo una sorta di efod di lino fine con ricami di porpora a fiori, una mantellina al collo che dovrebbe essere di ermellino, anche se nei paramenti da sommo sacerdote, questo elemento non esisteva, e infine un copricapo che dovrebbe sembrare una mitra, ma che è più schiacciata. Con un indice puntato in su, in una maniera che denota, soltanto con questa resa, l’incapacità totale del pittore di trattare col pennello l’anatomia umana, il Sommo Sacerdote illustra la ciotola dell’acqua del battesimo, che è chiara e purificatrice, e che libera dai peccati, e dunque l’ebreo, l’infedele, il nemico di Cristo, rappresentato in questo affresco nelle stessi vesti del Salvatore per dare l’esempio concreto, in ginocchioni dentro il battistero, a mani giunte e sguardo riflessivo per ricevere l’acqua della conversione al Cristianesimo.
Sopra un cartiglio reca UTTTI LI GIUDEI. Bellini completava l’iscrizione con “SI BAPTIZERANNO”; e da ciò potremmo arguire che l’affresco del Battesimo fosse stato concepito dai Confratelli dei Raccomandati come un severo monito contro la presenza giudaica a Lanciano, documentata nei rioni Sacca e Lancianovecchia.
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Lanciano, Crocifissione, dall’ex chiesa del Carmine, ora nel Museo diocesano di Lanciano |
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Il convento dei Carmelitani nella veduta di Lanciano dell’abate G.B. Pacichelli, particolare |
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Foto della lapide dell’antico convento dei Carmelitani di Lanciano, nell’area Fiera, la cui chiesa conservava l’affresco del Crocifisso, oggi nel Museo diocesano di Lanciano |
Passiamo ad affreschi dello stesso periodi, nel chiostro del convento francescano del Miracolo; sempre a causa di rimaneggiamenti dovuti alla soppressione ottocentesca, oggi le campate mostrano scarsi lacerti; forse il pittore rappresentò le Storie della Vita di San Francesco; fatto sta che vediamo alcuni particolari che permettono di riconnettere la mano di questo pittore, a quella dell’affrescatore del ciclo dell’Apocalisse: i paesaggi ariosi e dai colori chiari, i campanili con le stesse torri, gli stessi archi, le cuspidi, e i personaggi, solo pochi volti.
Tralasciando la mano di un pittore differente da questo anonimo di scuola veneziana del XVI secolo, che vediamo nei lacerti di affreschi del convento di Sant’Antonio (alcuni dicono che fosse stato lo stesso Sebastiano Majewsi, restaurato nell’800 per coprire le parti cadute di colore), veniamo a due affreschi della Crocifissione, conservati l’uno nel Museo diocesano della città, l’altro nell’ex chiesa dei Fatebenefratelli che era dedicata a Maria Santissima della Sanità, presso l’arco di accesso al percorso superiore del ponte di Diocleziano da via salita della posta.
La Crocifissione del museo diocesano è un affresco del XVI secolo, venne strappato dalla parete della chiesa di San Mauro o del Crocifisso (che aveva il convento dei Carmelitani nell’area dell’attuale Galleria Imperiale), prima della sua demolizione negli anni ’30. Il distacco avvenne ad opera degli allievi del locale Istituto d’Arte guidati dal loro insegnante, al fine di salvarlo dalla sicura distruzione.
La chiesa era parte integrante dell’antico complesso monastico dei Carmelitani che sorgeva ai margini del prato della Fiera, visibile in primo piano nella raffigurazione della Città di Lanciano pubblicata dall’Abate Giovanbattista Pacichelli agli inizi del ‘700.
Collocato inizialmente presso il palazzo degli Studi dove stava l’istituto d’arte Palizzi, fu successivamente spostato presso l’Auditorium Diocleziano prima di giungere nell’attuale collocazione. La Crocifissione è molto simile a quella., sicuramente coeva, dell’ex chiesa dei Fatebenefratelli; il Cristo dalle forme più grandi delle due figure laterali dell’Addolorata e di San Giovanni apostolo, è in posizione centrale, con gli occhi semiaperti e la bocca appena aperta, in atto di esalare l’ultimo respiro. La resa anatomica è abbastanza precisa, di certo migliore di quella del pittore veneziano dell’Apocalisse; due angeli, che forse il pittore prese a modello dalla Crocifissione Gavari di Raffaello, ma anche dalla Crocifissione di Alvise Vivarini con i due angeli, la Madonna addolorata, la Maddalena, e San Giovanni. Questo pittore lancianese però mostra ancora spiccati caratteri del Rinascimento quattrocentesco, nella resa di un paesaggio sfumato, appena accennato, con una chiesa dalla fine cupola e dal campanile svettante. Le tre figure ai piedi della Croce insomma derivano dall’arte della Maniera, sono anche ben disegnate, ma dai volti poco espressivi, e non hanno tridimensionalità, soprattutto la figura della Maddalena che abbraccia la croce è la meno riuscita.
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Lanciano, ex chiesa Santa Maria della Sanità, oggi auditorium teatrale, affresco della Crocifissione, XV sec., foto Di Fonso, per gentile concessione di Carmine Marino |
L’ex chiesa dei Fatebenefratelli di Santa Maria della Sanità, in quanto provvista di uno xenodochio ossia un ospedale per i pellegrini, oggi è sconsacrata, è usata come sala polivalente, non ha nulla di interessante nel salone, se non un affresco laterale della Crocifissione, protetto da una parete di vetro trasparente. La Crocifissione si avvicina sempre ai modelli dell’arte della Grande Maniera, ritorniamo al Crocifisso del Vivarini per il modello del Cristo e per i due angeli che con i calici accorrono simmetricamente da ambo i lati a raccogliere il sangue che sgorga dalle ferite delle mani, un terzo che corre a raccogliere il sangue del costato, e il quarto laterale che prega. Un modello remoto è il Crocifisso di Giotto presso gli affreschi della Basilica di Assisi. In sostanza questa Crocifissione è di un pittore differente da quello del Crocifisso di San Mauro del Carmelitani, ha influenze toscane quattrocentesche, nonostante il monastero fosse stato fondato oltre un secolo più tardi, dimostrazione di come l’arte in Abruzzo giungesse sempre con un po’ di ritardo, Le figure della Madonna e di San Giovanni sono più statiche, dal gusto ancora medievale, da quel gusto di concentrare tutto non sulla resa anatomica, ma sull’espressione drammatica dei volti; la Madonna allarga le braccia e guarda il Cristo, San Giovanni indica il prodigio, e con un cartiglio fa comprendere allo spettatore che scriverà il suo Vangelo. Alla base della Croce vediamo il teschio di Adamo. Il paesaggio è un po’ evanescente, a causa dei danni alla pittura per via di infiltrazioni, si riconoscono alcune case sparse, il cielo è azzurrino.
Nel Quattrocento diversi artisti in sostanza operarono per i conventi di Lanciano, molte opere andarono perdute, il ciclo dell’Apocalisse resta, tra i suoi pregi e i suoi difetti, il più rappresentativo nel suo genere dell’intera provincia di Chieti, carico di significati simbolici, retaggio di una cultura medievale fatta più di immagini descrittive che di gusto per la sintesi e per la ricerca particolare dei volti, frutto della contaminazione di maestranze locali e di maestranze giunte dalle varie rotte commerciali per Lanciano.
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