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6 novembre 2022

Nino Saraceni, un cantore frizzante delle Maggiolate ortonesi.

Canti nel disco 45 giri

Nino Saraceni, un cantore frizzante delle Maggiolate ortonesi

di Angelo Iocco

Il Saraceni nacque a Fossacesia nel 1894 e vi morì nel 1970. Giovanissimo si appassionò all’attività poetica, e colse l’occasione, come molti altri poeti della zona, per concorrere alle gare canore della Maggiolata di Ortona, nata nel 1920. Saraceni vi iniziò a partecipare nel biennio 1922-23, rimanendo un ospite fisso per quasi tutte le edizioni, salvo la parentesi della seconda guerra mondiale, fino alla morte. La passione per il verso facile, scherzoso, gioco, come non dimenticare i suoi due capolavori A lu cannete e Mi te’ sete su musica di Antonio Di Jorio. 

A lu cannete

Il Poeta riuscirà a vedere inoltre queste due canzoni registrate su 45 giri dal M° Fernando d’Onofrio di Pescara con il suo Coro De Nardis, nel 1965, e qualche anno dopo eseguì la canzone A li culle di Piscare, ancora oggi cantata con festosità nelle Settembrate abruzzesi pescaresi, per cui la canzone stessa fu composta. Tornando alle Maggiolate, Saraceni strinse un forte sodalizio con due musicisti di fiducia, Attilio Fuggetta di Sulmona, che fu trasferito a Lanciano come capostazione, e Ettore Montanaro di Francavilla al mare, l’immortale raccoglitore dei Canti popolari d’Abruzzo in 2 volumi, e compositore di varie e arie e canzoni, anche in lingua. Ancora oggi risuonano le note de Lu ‘ndruvarelle, talmente veloci che pare di guardare e ascoltare il rumore del fuso della signora che tesse, oppure la melanconica Vaje luntane ovvero L’emigrante, scritta per la Maggiolata del 1930 con musica del Montanaro, oppure l’andante e briosa A lu colle di San Giuvanne sempre con musica di Montanaro, dove si invita il turista ad ammirare le bellezze paesaggistiche del belvedere di San Giovanni in Venere. Fossacesia oltre a Saraceni, che ne fu anche sindaco nel dopoguerra, ricostruendo moralmente e nei fatti la città martoriata, ebbe anche Antonio Fantini, altro poeta e scrittore di commedie teatrali, nonché di canzoni, molte delle quali musicate da Pasquale De Rosa e da Giuseppe Di Pasquale, e campione dei festival del Trabocco d’Oro. Saraceni scrisse anche alcune commedie teatrali, le poesie furono raccolte  in un volume Abruzze me’, a cura di Fantini. In questa raccolta ci sono anche poesie assai struggenti, come quella in cui si paragona il campanile della chiesetta di Santa Maria Imbaro a un tronco di albero distrutto, a un corpo martoriato di uomo, nel voler esprimere la ferocia della guerra nella sua cruda nudità e inutilità! Dato il carattere schivo e riservato di Saraceni, gli ultimi anni li passò isolato nei suoi ricordi nella casa di Fossacesia, dove morì. Fece in tempo però a vedere le sue canzoni ancora felicemente cantate nelle Maggiolate degli anni ’50, tanto che in un breve frammento pubblicitario dell’Istituto Luce della Maggiolata del 1955, si sente in sottofondo il ritornello di A lu cannete. Il Saraceni ebbe un’altra soddisfazione, la sua canzone Vaje luntane fu eseguita da un’attrice in uno dei primi film sonori italiani, Vele ammainate precedentemente noto come Mare, della produzione Cines di Roma, per la regia del Bragaglia, distribuito nel 1931; anche se lo scrivente fino ad ora non è riuscito a trovare una copia per poter ascoltare la musica. Negli ultimi anni Saraceni partecipò alla nuova rassegna canora delle Settembrate di Pescara, nate negli anni ’50, con alcune canzoni musicate soprattutto da Cristo Sorrentino pescarese, che si alternava con le ultime composizioni dell’anziano Luigi Dommarco, il creatore delle Maggiolate ortonesi e della celebre Vola vola vola con l’Albanese. Oggi il comune di Fossacesia ha intitolato a Saraceni il teatro comunale. Occorrerebbe, come auspica ad esempio Pasquale De Rosa, una raccolta di tutte le canzoni da lui scritte. Onde non far perdere la tradizione dei suoi successi.

Mi te sete

























3 ottobre 2022

Il Concorso delle Canzoni Abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile 1922.

Il Concorso delle Canzoni Abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile 1922.

di Angelo Iocco

Quando a Ortona nacque la Prima Piedigrotta Abruzzese nel 1920 sotto l’egida dei musicisti Guido Albanese, Antonio Di Jorio e padre Settimio Zimarino, le città circonvicine non si lasciarono sfuggire l’occasione di proporre anch’esse delle rassegne canore abruzzesi. 

Chi conosce anche vagamente cosa siano le Maggiolate di Ortona, e quale fu il sentimento comune di costituire dei Cori per proporre un repertorio di canzoni abruzzesi d’autore, con pubblico concorso, per la selezione della categoria dilettanti – medie – professionisti, per assegnare alla fine il premio, sa di cosa trattiamo.

Ebbene dopo le Canzoni abruzzesi della Prima Maggiolata, quasi tutte tratte dai versi di Cesare de Titta, già nel 1921 venivano proposte delle rassegne di canzoni a Castel Frentano, a Orsogna, a Lanciano con i propri cori.

Nel caso di Lanciano abbiamo un libretto della Festa delle Canzoni Settembrine, per la festa della Madonna del Ponte, del 1921. 

Le canzoni in gran parte sono successi tratti dalla prima e seconda Maggiolata di Ortona del biennio 1920-21: La nnazzecarelle di De Titta e Zimarino, Lu piante de le fojje di De Titta e Albanese, L’acquabbelle di De Titta e Albanese che fu l’aprente della Prima Piedigrotta; dall’altro lato abbiamo qualche canzone nuove di artisti frentani, quali Amore vecchie, amore nove di Modesto Della Porta con musica di Carlo Massangioli, e La sirinate de lu suspette, versi del poeta e storico Luigi Renzetti, e musica del fratello Camillo.

Notiamo qui come il poeta Modesto fosse stato battezzato nella rassegna delle canzoni abruzzesi con questa composizione, di cui però purtroppo si è perso lo spartito (resta una versione tarda rimusicata da Vincenzo Coccione di Poggiofiorito); dall’altro lato vediamo lo storico e intellettuale lancianese Luigi Renzetti classe 1860 alle prese con lo spettacolo e il teatro, da lui sempre amato. 

Renzetti a quell’epoca era in decadenza fisica, morirà infatti cieco dieci anni dopo questo concorso, e pare che sin dal 1895 si fosse cimentato con degli esperimenti canori con un Gruppo corale in contrada Santa Liberata.

Questa rassegna di canzoni settembrine fu l’antesignana di un vero e proprio concorso bandito in aprile 1922, con presidente della commissione il musicista valente Camillo De Nardis. 

Leggendo gli articoli di giornale del Fuoco, dell’Idea abruzzese, ecc., scopriamo con stupore che due canzoni oggi celeberrime furono scartate dalla giuria, non degne di quel sentimento, di quel tema che rappresentasse lo spirito della canzone di tradizione abruzzese richiesto dalla giuria, e che pertanto furono presentate e acclamate alle Maggiolate di Ortona di quello stesso anno; parliamo di Din don di Cesare de Titta e Antonio Di Jorio, e di A la fonte di Luigi Illuminati e del Di Jorio; due canzoni che, se ascoltate, certamente avrebbero vinto, o conquistato almeno il secondo o il terzo posto in questa Festa delle Canzoni di Lanciano. Ma c’è di peggio, a quanto attestano i documenti dell’archivio Albanese di Ortona, e ad esempio la testimonianza dell’attore lancianese Alfredo Bontempi (1893-1983); la commissione scartò la celeberrima Vola vola vola su versi del Dommarco, oggi considerato l’inno d’Abruzzo! E l’Albanese ne ebbe a male, e scrisse e pubblicò sul giornale una lettera, scrivendo che la sua “Vola vola spiccherà il volo” anche fuori i confini d’Abruzzo; parole profetiche, perché così fu al Festival Internazionale delle Canzoni del 1953. 

Insomma, un concorso delle canzoni che ebbe diversi torbidi, e che partì non sotto buoni auspici, e su pareri contrastanti tra gli stessi giurati.

Chi erano i partecipanti? I nomi dei poeti più famosi del periodo “classico abruzzese”, Giulio Sigismondi di San Vito con Giuseppe Gargarella di Lanciano, il giovane futuro professore di latino Pier Andrea Brasile (1900-1973) di illustre famiglia lancianese, Evandro Marcolongo, Cesare de Titta, Carlo Mariani e Arturo Colizzi da Rocca San Giovanni e qualche altro… sconosciuto, come Modesto Della Porta da Guardiagrele. 

Le canzoni sono presentate in piazza Plebiscito col Coro di Lanciano, tra questi titoli figurano Canzuna nustre di Sigismondi-Gargarella, Vulesse della stessa coppia, tra l’altro ispirata alla fresca acqua della storica Fonte del Borgo, Lucenacappelle della stessa coppia (già queste tre canzoni, a giudicare dalla fama che oggi hanno nell’essere riproposte dai cori, avrebbero fatto aggiudicare primo, secondo e terzo premio ai due giovani poeti!). 

Poi c’è la barcarola Voga voghe di Mariani e Colizzi, ancora oggi molto riproposta fra i cori, e un’accorata e andante canzone amorosa del giovane Brasile: S’ucchie (Brasile ebbe modo di farsi valere alle altre Maggiolate di Ortona, e alle Feste della Canzone abruzzese molisana di Vasto, ad esempio con Lu mbrimbimbì su musica dell’amico Aniello Polsi, benché la sua predilezione fosse la ricerca, l’erudizione, e lo studio del latino e della grammatica).

Di fronte  a tutto questo repertorio, il mite sarto Della Porta con cosa si presenta? Con Carufine, una canzonetta che parla di fiori, di garofani a un balcone, con musica del purtroppo quasi sconosciuto Massangioli. 

La giuria si riunisce, esce il verdetto finale, Della Porta e Massangioli vincono il primo premio della Festa delle canzoni di Lanciano con Carufine

De Titta uscì secondo… e s’infuriò da morire. Lui, che era l’aedo trilingue d’Abruzzo, lui, il sacerdote, il poeta dell’amore platonico, della contemplazione del paesaggio campestre di Fiorinvalle di Terra d’Oro! Gli articoli di giornale immediatamente accolgono le proteste dei poeti concorrenti, Sigismondi con Lu Cuncurse di Lanciane sbeffeggia Della Porta e la giuria, dicendo che adesso l’arte è finita in mano a scarpari e sarti, don Evandro Marcolongo è fuori di sé, in una poesia paragona Della Porta a un tacchino che vuole passare per gallo, il professore e critico Federico Mola di Orsogna si scaglia senza pietà contro Della Porta, arrivando a dire che è stato “favorito” dallo scrittore chietino Giuseppe Mezzanotte membro della giuria, e dal presidente De Nardis. 

Della Porta si difende con uno scritto in cui rivendica i suoi talenti poetici, dato che qualche anno prima era stato fragorosamente applaudito con i suoi versi ai teatri di Ortona e Lanciano, ma come ricostruisce Mario Palmerio nella sua recente biografia su Modesto, il Mola rincara la dose, arrivando quasi all’insulto, definendo Modesto, dopo averlo canzonato come “il poeta di Mezzanotte”, “la Mezzanotte del poeta”, ovvero dopo averlo accusato di connivenza, adesso lo bolla come un poeta finito, che non ha più nulla da dire. 

Inutile dire che i poeti facevano il tifo per De Titta, che si tenne a parte da questa gazzarre giornalistica, ma il primo premio è stato assegnato, con tutto questo strascico polemico,



Un Concorso di Canzoni a Lanciano non si terrà mai più, non sorgerà nemmeno più un coro, nonostante qualche timido tentativo nel secondo dopoguerra, alla morte di Brasile e Renzetti, non ci sarà qualche poeta dell’estro di Sigismondi o di un De Titta che sia di patria lancianese, e che parteciperà ai concorsi di canzoni, salvo alcune canzoni di Francesco Brasile, che per lo più saranno rimusicate da Roberto Mancinoni del gruppo “Lu Cantastorie”. 

Un fatto assai spiazzante per una città come Lanciano, assai più spiazzante se si pensa a Chieti, il capoluogo di provincia, che come scrisse lo studioso padre Donatangelo Lupinetti, si tenne alla larga da questi Concorso canori, snobbandoli addirittura, e non comprendendone il significato del messaggio che stavano costruendo, dell’identità Canora d’Abruzzo che stavano forgiando!

Lanciano fu seconda a Chieti nella negligenza di aver organizzato altri concorsi di canto.

Così il Concorso delle Canzoni di Lanciano verrà ricordato come uno dei più controversi, e dove piovvero più polemiche in un panorama storico della canzone abruzzese; mentre a San Vito, a Castel Frentano, perfino a Poggiofiorito, Caldari, Frisa, prima e dopo la guerra, sorgevano “maggiolate”, cloni della Maggiolata di Ortona, Chieti e Lanciano sono rimaste a guardare, nella loro indifferenza, la nascita della Canzone d’Abruzzo.



30 agosto 2022

I 100 anni di Vola vola vola, la canzone inno d’Abruzzo (1922-2022).


I 100 anni di Vola vola vola, la canzone inno d’Abruzzo (1922-2022)
di Angelo Iocco

Ci aspettavamo che i 100 anni della canzone più celebrata, e anche più sfruttata d’Abruzzo, venisse celebrata con maggiore partecipazione e interesse delle istituzioni. L’8 maggio 2022 è passato da un pezzo, così come quell’8 maggio 1922 quando la canzone scritta da Guido Albanese e Luigi Dommarco fu presentata dapprima al Festival delle Canzoni abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile, e dopo la bocciatura alla Maggiolata di Ortona. Andiamo con ordine.


Per chi si accinge a leggere queste righe, e poco o nulla sa delle canzoni abruzzesi, deve innanzitutto distinguere due, o meglio tre filoni della canzone d’Abruzzo, quella popolare di tradizione orale, che da anni e anni i contadini e i buontemponi si passano di bocca in bocca nel lavoro dei campi, nelle battute di pesca in mare, nelle scarpinate su monti, ecc., che hanno vari temi, il lavoro, la mietitura, la raccolta delle olive, il lamento funebre, il lamento della partenza del marito, la gioia della serenata, la ninna nanna ai piccini; poi il filone delle canzoni di questua, ricorrenze festive o sacre, come quelle del Sant’Antonio, della Pasquetta d’Epifania, le canzoni della Novena dell’Immacolata, le canzoni dal sapore di lauda medievale del Giovedì e Venerdì Santo, ecc. ecc. Materia per etnologi; a seguire vediamo il secondo filone delle canzoni popolari che però sono diventate ormai materia anche per i Cori folk, poiché sono state eseguite a inizio ‘900 delle elaborazioni personali da parte dei maestri, e tra i primi di costo, annoveriamo, per rimanere in ambito ortonese, anche il grande Francesco Paolo Tosti. Tosti trascrisse e rielaborò 15 Canti Abruzzesi, un suo coetaneo di Francavilla, Ettore Monatnaro fece la stessa cosa con più canti e con più criterio scientifico nell’avvicinarsi al vero, mancando allora strumenti di registrazione, e pubblicò 2 volumi dei “Canti della Terra d’Abruzzo”, che comprendono anche il celebre Lamento della vedova, o “Alla Francavillese”, oggi nota anche come “Amore amore” e “A la Lancianese”.
Questi canti, insomma, rielaborati da vari maestri come Paolo Mantini di L’Aquila, Giuseppe Di Pasquale di Pescara, il Montanaro, Antonio Piovano di Pescara e altri, sono quelli che oggi forse molti conoscono, come “Tutte le fontanelle – All’orte – So ite a fa la jerve a lu cannete – Mo ve mo va – Amore amore – Canto delle lavandaie – L’arie de lu metere – Ti li so ditte, Mariucce – Maria Nicola” e vari altri.
Infine giungiamo al terzo filone della canzone abruzzese, ci siamo permessi di fare questa ampia premessa in modo da rendere abbastanza chiaro, in forma piuttosto stringata per quanto possibile, al lettore, quali siano le differenze dei generi della canzone abruzzese. Ovvero il terzo punto è quello della canzone abruzzese d’autore, nata già nel 1888 con Tommaso Bruni e Francesco Paolo Tosti, che musicarono “La viuletta” a Francavilla; ma nel 1920 con Guido Albanese, Antonio Di Jorio, padre Settimio Zimarino, Guido Ricci e altri nacque la vera e proprio Canzone Abruzzese a Ortona, con l’avvio di festival canori, inizialmente noti come Piedigrotte, per rifarsi ai festival napoletani; ma già con la II Maggiolata di Ortona, nel 1921, questo termine “maggiolata” verrà ufficialmente adottato, dato che le feste con i Cori e gli autori si celebravano in città nel maggio, il mese della “rinascita” della natura e dell’agricoltura, e il mese delle feste patronali di Ortona. Già nel 1920, sfogliando le canzoni del libretto, possiamo vede come comunque l’Albanese, nipote del Tosti, cercasse di mantenere comunque un cordone ombelicale con la tradizione popolare delle canzoni, malgrado i testi fossero nuovi, ovvero scritti e presentati da vari poeti della zone, come Cesare De Titta, Luigi Dommarco, Nino Saraceni, Eduardo Di Loreto. Un esempio è dato dal tema della raccolta delle olive in autunno, come non commuoversi davanti ai motivi cantilenanti, tristi, lenti, bigi d’autunno che ascoltiamo nella canzone “Lu piante de le fojje” su versi del De Titta? E consideriamo che i cori rappresentavano con queste canzoni anche scenette, mimavano il tema delle canzoni, dunque il pathos era ancora più sentito e partecipato dal pubblico!


L’Albanese voleva fare della Maggiolata qualcosa di veramente grande, tanto che negli anni ’50 presso la Rai a Roma cercò anche di istituzionalizzare e nazionalizzare il festival della Maggiolata, per portarlo all’attenzione del grande pubblico del nostro Paese, provando anche a far entrare alcune canzoni abruzzesi al famoso festival di Sanremo! Quanto amore dette l’Albanese per la sua terra, come così poco fu ripagato da gente miope… di poche vedute!
Veniamo alla III Maggiolata di Ortona del 1922 con la canzone “Vola vola vola”. L’Albanese e il suo amico Luigi Dommarco; la coppia era affiatatissima, il pubblico esultava quando venivano presentate le loro canzoni e nel 1922 avevano ancora tutto da dare, visto che già dall’anno seguente aumentarono il tiro, proponendo delle scenette agresti recitate, il primo quadro del cosiddetto Trittico di Terra d’Oro: “La smarroccatura”. Avevano già avuto dei successi alle prime due Maggiolata; l’Albanese però si avvide che un gruppo di intellettuali capitanati dal grande Camillo De Nardis di Orsogna, insegnante al Conservatorio di Napoli, aveva indetto nell’aprile 1922 un Concorso di canzoni a Lanciano. Il Concorso fu molto controverso nella selezione delle canzoni dei cosiddetti favoriti, come De Titta, Di Jorio, Giulio Sigismondi di San Vito, Luigi Illuminati illustre linguista di Atri, don Evandro Marcolongo da Atessa, che esercitava il parrocato al duomo di Ortona. Infatti varie canzoni oggi repertorio fisso di molti Cori, come “Din don” (De Titta-Di Jorio) furono scartate al posto di altre; anche “Vola vola vola” fu scartata, dopo essere stata relegate tra le 24 canzoni presentate, nella categoria “dilettanti”, con la motivazione che queste canzoni rispecchiavano troppo l’andamento già divenuto “sorpassato” delle Maggiolate di Ortona, mentre a Lanciano si chiedeva qualcosa di nuovo che rappresentasse il sentimento abruzzese, a detta dei giurati.


Vola vola vola allude a un semplice gioco infantile abruzzese nel quale alcuni ragazzi raccolti intorno a un compagno poggiano l'indice sul ginocchio di questi: il ragazzo che comanda il gioco pronuncia rapido le parole «Vola vola vola...» e il nome di un animale. Se si tratta di un animale volante, gli altri devono «volare», sollevando il dito, altrimenti no. Chi sbaglia è costretto a pagare pegno.
In realtà, è una canzone d'amore che ambienta il corteggiamento nell'età infantile, in modo vuoi nostalgico e delicato, vuoi malizioso. Nel testo di Dommarco risiede probabilmente una delle chiavi del successo del brano, ma buona parte si deve anche alla scrittura musicale di Albanese, semplice e popolare: un tempo di mazurca che alterna una strofa a due ritornelli (ABB) e richiama la struttura del canto agreste, ove le strofe si intendono corali e il ritornello solistico.
Ciascun ritornello, proprio come nel gioco, inizia con le parole «E vola vola vola vola...» e prosegue nominando un volatile: specialmente noto è il verso «E vola lu cardille», al punto di confondersi con il titolo del brano, anche mercé i riferimenti al cardellino nella poesia o nella canzone napoletana, o citazioni come quelle presenti nel Cardillo addolorato (1993) di Anna Maria Ortese.
Pochi sanno che il testo completo del Dommarco, cui occorre riconoscere l’attività versatile di poeta schietto e dalla facile improvvisazione sentimentale, è di 4 strofe, e non solo 3, come riproposto quasi sempre dai Cori. La terza strofa è un omaggio alle canzoni a dispetto abruzzesi, cioè una critica all’innamorata che si ritira dal corteggiamento, facendo troppo la “preziosa”, e il ritornello del “vola vola vola”, tira in ballo lo strumento che accompagna il suono dello zampognaro, la ciaramella; a seguire viene la 4° strofa che inizia con “Come li fiure nasce a primavere / l’amore nasce da la citilanze”, ecc.


L’Albanese, tornando al discorso della bocciatura del 1922, ne fu punto, e scrisse che la sua canzone “avrebbe spiccato il volo fuori dall’Abruzzo”, e le sue parole furono profetiche, non solo perché vinse la Maggiolata dell’8 maggio 1922, secondi furono ad esempio due giovani molto promettenti di Castelfrentano: Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati; ma perché la canzone, curata amorevolmente dall’Albanese fino alla fine, a discapito di molte altre canzoni abruzzesi finite nel dimenticatoio dopo la seconda guerra mondiale, fu rappresentate altre volte. Innanzitutto nel 1927 l’Albanese la pubblicò ufficialmente insieme ad altri suoi brani nei “Nuovi Canti d’Abruzzo”, a seguire furono diverse le incisioni su disco.
Numerosi artisti hanno interpretato Vola vola vola fin dal suo esordio. Dopo l'incisione del coro delle Maggiolate ortonesi (Complesso corale e strumentale Eden) si ricordano le versioni di Carla Boni e Gino Latilla, Licia Morosini e Vittorio Paltrinieri, Claudio Villa, Vittorio Tognarelli, Wolmer Beltrami e di svariate formazioni folk abruzzesi come il Coro Gran Sasso (L'Aquila) e la Corale Verdi (Teramo). Altre versioni si devono a Gigliola Cinquetti, a Rosanna Fratello, a Mina (in un medley di canzoni popolari incluso nell'album Signori... Mina! vol. 3), alla cantante Ines Taddio (1962) in tedesco (testo di Joachim Relin) ed inserita nell'album "Carusello Italiano" https://www.discogs.com/Ines-Taddio-Carusello-Italiano/release/3679942 al Piccolo Coro dell'Antoniano. Alla cantante Antonella Ruggiero si deve l'esecuzione dal vivo al Teatro Sociale di Bellinzona (Svizzera) con Paolo Di Sabatino (pianoforte), Roberto Colombo (vocoder e basso synth) e Renzo Ruggieri (fisarmonica). Il brano è contenuto nell'album "Quando facevo la cantante" (2018) - CD 1 "La canzone dialettale e popolare".
Al festival delle Canzoni della Russia, l’Albanese ricorda un aneddoto, che tra i vari canti italiani fu proposto “L’acquabbelle”, la sua prima canzone presentata alla Prima Maggiolata del 1920, su versi del De Titta, già pubblicata nel “Canzoniere abruzzese” a Lanciano nel 1919; soltanto che nella presentazione c’era la nota “canzone di anonimo”, dunque canzone popolare. L’Albanese recepì il messaggio, aveva raggiunto la perfezione con quella canzone, al punto da far sembrare che fosse di tradizione orale; intendiamoci, non lo sapeva, l’intenzione dei presentatori non fu malevola, ma non disse niente comunque, perché comprese che aveva agito bene, che adoperava quel sapore, quel sentimento di generazioni e generazioni di abruzzesi, che erano entrati nella sua vena musicale, permettendogli di confezionare simili capolavori.
Qualcosa che oggi invece, nell’ambito della musica e del canto abruzzese, si è trasformato in pressapochismo, lassismo o addirittura plagio! Vediamo, nel trattare delle canzoni e della musica abruzzese, confusione e superficialità da parte di chi spesso ne tratta, soprattutto abruzzesi. Esistono, come abbiamo riportato, fonti di riferimento, libretti, archivi, documenti, ritagli di giornale d’epoca, importantissimi per comprendere quale periodo fu questo di cui trattiamo, conservati nelle apposite biblioteche regionali. Ma chi oggi va a fare studi in biblioteca? E così assistiamo impotenti a chi va cianciando che “Vola vola vola” è una canzone popolare di anonimo, a chi non sa nemmeno cosa furono le Maggiolate di Ortona, a chi si affanna di decifrare lo pseudonimo C. D’Evrano, non sapendo che fu usato da don Evandro Marcolongo per partecipare, prete quale era, alle rassegne canore; oppure a chi plagia le canzoni delle Maggiolate, come nel caso di Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati, pubblicando nei CD o nei libretti che le loro musiche sono di anonimo e che sono state riscoperte e rielaborate da tal gruppo o da tal coro, oppure orchestrine e gruppetti rockettari che improvvisano a orecchio, senza saper nemmeno leggere uno spartito musicale, le varie canzoni della tradizione, stravolgendole completamente, riproponendo ad esempio come ci è capitato di ascoltare “Lu piante de le fojje” alla maniera di un concerto metal, orrore!
O ancora chi non sapendo nemmeno leggere uno spartito, come da loro stessi dichiaratoci, si appropriano di canzoni registrate regolarmente, e le facciano proprie, ne cambiano il testo, oppure propongano, senza ricordare da dove hanno attinto, o meglio rubato il testo, versioni fantasiose di canzoni o di poesie al grande pubblico, in alcuni casi perfino a trasmissioni Rai, spacciandole come “antiche canzoni abruzzesi scoperte e rielaborate da loro”. Il pubblico, specialmente quello nazionale, che purtroppo immagino sia ancora digiuno, specialisti e cultori a parte, della tradizione delle canzoni abruzzesi e della loro storia, non potrà rimanerne che confuso, con una idea falsata ed errata della canzone abruzzese, la disinformazione dilaga, e poi produce altri falsi, specialmente con gli strumenti di internet quali i social, facebook, telegram, tiktok; ed è un peccato perché i cultori delle materia dovrebbero fare di più per promuovere invece la vera storia della canzone abruzzese, e far “volare”, la nostra “Vola vola vola” inno d’Abruzzo! Ma purtroppo, come ci è capitato di osservare, anche se con un sorriso sì, ma dal retrogusto amaro, le politiche e le istituzioni culturali abruzzesi non riescono da anni a propagandare la vera cultura della nostra Regione, una cultura ormai commerciale, da marketing, riduttiva, errata e sbagliata… e in certi casi con degli spot pubblicitari al limite dell’offesa alla nostra intelligenza… e per ora tornando a Bomba, Vola vola vola, se conosciuta, è conosciuta fuori Abruzzo per le parole fatte da Maurizio Crozza nelle sue puntate dedicate al senatore “abruzzesissimo” Antonio Razzi.

                                                              Vola vola vola


Per approfondimenti:
https://vastoabruzzo.blogspot.com/search?q=vola+vola+vola

20 agosto 2022

Cesare De Titta, Le più belle canzoni abruzzesi.



Raccolta delle più belle canzoni abruzzesi scritte da Cesare de Titta (1862-1933), presentate alle Maggiolate di Ortona: 
L'Acquabbelle con musica di Guido Albanese; Din don, Caruline, Oilì-Oilà, Amore me, La canzone de lu Parrozze con musica di Antonio Di Jorio; Lu Piante de le fojje con musica di Albanese; Ninna nanna abruzzese con musica di Camillo de Nardis; Quande tu piesse, Passione con musica di Padre Settimio Zimarino.

17 agosto 2022

Luigi Illuminati e Antonio Di Jorio, Canzoni abruzzesi.



Luigi Illuminati fu prete e professore di latino e Lettere di Atri, con l'amico Antonio Di Jorio scrisse varie canzoni per le Maggiolate e non solo, comprese le romanze e canzoni da camera.
Qui riproponiamo il repertorio classico abruzzese con
- Ciel'e mmare (VI Maggiolata, 1925)
- Luntane cchiù luntane (1923)
- E gire e vvole (1927)
- Lu piante de li staggiune (1929)
- A la fonte (1922)
- Core ferite (XXII Maggiolata, 1955).

15 agosto 2022

Guido Albanese, le Canzoni Abruzzesi del Coro Cantori di Raiano, 1978.




LE CANZONI ABRUZZESI DI GUIDO ALBANESE eseguite dal Coro Vecchi Cantori di Raiano, diretti dal M° Ottaviano Giannangeli, Ortona 1978, gentile concessione di Andrea Giampietro e Giacomo Di Tollo 

LU PIANTE DE LE FOJJE di Cesare de Titta 
LA CANZONE DE LI CITRUNE di Cesare de Titta 
CORE ME di Guido ALbanese 
LA PALUMMELLA PERDUTE di Guido Giuliante 
NOTTE DI SERENATE di Luigi Dommarco 
SE TI TI SPOSI A ME di Luigi Dommarco 
PUORTE A PESCARE NU SALUTE ME di G. Albanese 
FATTE NA RISATELLE! di G. Albanese 
LE ROSE DE LU VASTE di G. Albanese 
VOLA VOLA VOLA di L. Dommarco 
VOLA VOLA VOLA seconda versione del 1954.

1 giugno 2021

Il Trittico "Terra d'Oro", di Luigi Dommarco e musica di Guido Albanese del 1923, per la Maggiolata abruzzese del 1925.


Il Trittico di Terra d'Oro è composto da tre scene agresti, scritte da Luigi Dommarco e musicate da Guido Albanese per la Maggiolata abruzzese del 1925, una delle più trionfali di Ortona per le canzoni proposte anche da altri concorrenti, come Padre Settimio Zimarino e Antonio Di Jorio.

Il Trittico si compone di scene recitate dai figuranti e da parti cantate da solisti, duetti e in coro: La smarroccature, Quand’arvè le prime rose, La villegne; rappresentano la summa di quel processo di idealizzazione e celebrazione della canzonetta amorosa e festaiola abruzzese, qui Dommarco e Albanese furono i grandi mattatori; la scena agreste è tra le più elaborate e forse poco note di questi festival canori abruzzesi, che si uniscono alle altre canzoni della tradizione corale folkloristica, come La Savetarelle rielaborata dal M° Giuseppe Di Pasquale, oppure a La serenata de lu 'mbrijìche di Cameli e Di Jorio.

23 dicembre 2020

Padre Settimio Zimarino, Alla fredda tua capanna. Canto natalizio.






Padre Settimio Zimarino
Al secolo Carmine Antonio, Padre Zimarino nacque a Casalbordino l’8 gennaio 1885. 
Entrò nell’ordine dei Frati Minori il 17 settembre 1900. Il 12 giugno 1908 venne ordinato sacerdote francescano nel convento di San Nicola in Sulmona. Studiò al Liceo musicale “Giacchino Rossini” di Pesaro (ora Conservatorio) con i maestri Zanella e Cicognani conseguendo il diploma in composizione nel 1916. 
Dopo un primo incarico come organista nella cattedrale di Lanciano, qui iniziò la sua attività di compositore e di direttore. 
Si trasferì poi a Chieti dove per 25 anni insegnò musica nel Pontificio Seminario abruzzese, suonando inoltre in varie chiese e in particolare nella Cattedrale di San Giustino. 
La figura di padre Settimio Zimarino è inevitabilmente legata alle sue caratteristiche “Pastorali” natalizie, così candide e deliziose, così francescanamente povere e nello stesso tempo ricche di suggestione e di atmosfera. 
Lapide casa natale, Casalbordino
Pastorali per canto e per organo, nelle quali profuse il suo animo sereno di fanciullo e la sua concezione della musica. 
Autore molto prolifico, particolarmente nell'ambito della musica sacra, è ricordato soprattutto per quello che è considerato il suo capolavoro: l’oratorio “L’Apoteosi del Poverello di Assisi” eseguito per la prima volta in versione integrale nel 2002 a Milano nella Chiesa di S. Giovanni Battista alla Creta dal Coro Luigi Gazzotti di Modena. 
Partecipò alle Maggiolate di Ortona con lo pseudonimo di Ezio Marino. 
Morì a Chieti il 7 febbraio del 1950.

Padre Settimio Zimarino


5 ottobre 2020

Guido Albanese e la nascita della Maggiolata abruzzese di Ortona

 
Guido Albanese e la nascita della Maggiolata abruzzese di Ortona


Guido Albanese (Ortona, 2 dicembre 1893 – Roma, 6 gennaio 1966) è stato un compositore italiano. Biografia Pronipote di Francesco Paolo Tosti, nacque a Ortona da Pietro ed Emilia Primavera. Nel suo paese compì gli studi liceali manifestando forte interesse per la musica. Quindi si trasferì a Roma per studiare composizione, ma allo scoppio della prima guerra mondiale interruppe gli studi e raggiunse il fronte come ufficiale dei bersaglieri. Al termine della guerra si recò a Bologna dove, allievo di Franco Alfano, conseguì il diploma in composizione al Liceo musicale "G. B. Martini" nel 1921. Quindi si dedicò alla composizione e alla tradizione musicale della sua terra abruzzese. Nel 1920, in qualità di direttore del coro, Guido Albanese partecipò all'organizzazione della prima Maggiolata Abruzzese di Ortona, manifestazione di canzoni dialettali che sarebbe andata avanti con successo fino al 1976 (nonostante le diverse interruzioni nel corso degli anni). Alla Maggiolata presentò alcune tra le sue migliori composizioni, come il trittico Terra d'ore (comprendente La Smarroccatura, Quand'arvè le prime rose e La Villigne), su versi di Luigi Dommarco, Lu piante de le fojje e L'Aquabelle, entrambe su versi di Cesare De Titta, Core mé e Ci manche all'Adriatiche na perle, di cui egli stesso scrisse le parole. Nel 1922 compose la celebre Vola vola vola, su versi di Luigi Dommarco, canzone che assurse a tale celebrità da venire considerata l'inno musicale dell'Abruzzo. Il brano avrebbe vinto il "Festival internazionale della canzone italiana" di Parigi nel 1953. Dal 1929 al '31 tenne la critica musicale sul quotidiano "L'Impero" di Mario Carli. Agli inizi degli anni Trenta fu collaboratore dell'Istituto Luce, realizzando i commenti musicali per i primi cinegiornali sonori. Inoltre collaborò col regista Mario Camerini, per la colonna sonora dei film Giallo (1933) e Cento di questi giorni (1933). Fu attratto dal teatro dannunziano e compose le musiche per la rappresentazione della Figlia di Iorio, realizzata nel 1931 con la regia di Luigi Antonelli a Pescara, e replicata nel 1935 al Teatro Argentina di Roma. Fu autore di colonne sonore per documentari cinematografici e televisivi, musiche per la rivista, musica sacra, musiche di scena, romanze, liriche corali, inni patriottici, musica leggera, brani bandistici. Sue liriche furono pubblicate a Bologna dall'editore Bongiovanni e presso l'editore Pizzi & C. Nel 1999 è stato pubblicato il catalogo delle sue opere, ad opera di Gianfranco Miscia, Francesco Sanvitale e Gianluca Sulli, comprendente 238 composizioni conservate nell'Archivio dell'Istituto Nazionale Tostiano di Ortona. Il comune di Ortona gli ha dedicato una strada, e apposto una targa commemorativa presso la sua casa in Ortona, in corso Vittorio Emanuele. Tre le canzoni più famose scritte uin proprio, e con Luigi Dommarco: CAMPANE ALLIGREZZE, HE SCIA' BBINDETTE URTONE, VOLA VOLA VOLA, SE TI TI SPOSI A ME, TERRA D'ORO, CI MANCHE ALL'ADRIATICHE NA PERLE, LA CAMPAGNOLE, L'AQUABBELLE, LU PIANTE DE LE FOJJE.

Da: Abruzzo Forte e Gentile 95