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3 ottobre 2022

Il Concorso delle Canzoni Abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile 1922.

Il Concorso delle Canzoni Abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile 1922.

di Angelo Iocco

Quando a Ortona nacque la Prima Piedigrotta Abruzzese nel 1920 sotto l’egida dei musicisti Guido Albanese, Antonio Di Jorio e padre Settimio Zimarino, le città circonvicine non si lasciarono sfuggire l’occasione di proporre anch’esse delle rassegne canore abruzzesi. 

Chi conosce anche vagamente cosa siano le Maggiolate di Ortona, e quale fu il sentimento comune di costituire dei Cori per proporre un repertorio di canzoni abruzzesi d’autore, con pubblico concorso, per la selezione della categoria dilettanti – medie – professionisti, per assegnare alla fine il premio, sa di cosa trattiamo.

Ebbene dopo le Canzoni abruzzesi della Prima Maggiolata, quasi tutte tratte dai versi di Cesare de Titta, già nel 1921 venivano proposte delle rassegne di canzoni a Castel Frentano, a Orsogna, a Lanciano con i propri cori.

Nel caso di Lanciano abbiamo un libretto della Festa delle Canzoni Settembrine, per la festa della Madonna del Ponte, del 1921. 

Le canzoni in gran parte sono successi tratti dalla prima e seconda Maggiolata di Ortona del biennio 1920-21: La nnazzecarelle di De Titta e Zimarino, Lu piante de le fojje di De Titta e Albanese, L’acquabbelle di De Titta e Albanese che fu l’aprente della Prima Piedigrotta; dall’altro lato abbiamo qualche canzone nuove di artisti frentani, quali Amore vecchie, amore nove di Modesto Della Porta con musica di Carlo Massangioli, e La sirinate de lu suspette, versi del poeta e storico Luigi Renzetti, e musica del fratello Camillo.

Notiamo qui come il poeta Modesto fosse stato battezzato nella rassegna delle canzoni abruzzesi con questa composizione, di cui però purtroppo si è perso lo spartito (resta una versione tarda rimusicata da Vincenzo Coccione di Poggiofiorito); dall’altro lato vediamo lo storico e intellettuale lancianese Luigi Renzetti classe 1860 alle prese con lo spettacolo e il teatro, da lui sempre amato. 

Renzetti a quell’epoca era in decadenza fisica, morirà infatti cieco dieci anni dopo questo concorso, e pare che sin dal 1895 si fosse cimentato con degli esperimenti canori con un Gruppo corale in contrada Santa Liberata.

Questa rassegna di canzoni settembrine fu l’antesignana di un vero e proprio concorso bandito in aprile 1922, con presidente della commissione il musicista valente Camillo De Nardis. 

Leggendo gli articoli di giornale del Fuoco, dell’Idea abruzzese, ecc., scopriamo con stupore che due canzoni oggi celeberrime furono scartate dalla giuria, non degne di quel sentimento, di quel tema che rappresentasse lo spirito della canzone di tradizione abruzzese richiesto dalla giuria, e che pertanto furono presentate e acclamate alle Maggiolate di Ortona di quello stesso anno; parliamo di Din don di Cesare de Titta e Antonio Di Jorio, e di A la fonte di Luigi Illuminati e del Di Jorio; due canzoni che, se ascoltate, certamente avrebbero vinto, o conquistato almeno il secondo o il terzo posto in questa Festa delle Canzoni di Lanciano. Ma c’è di peggio, a quanto attestano i documenti dell’archivio Albanese di Ortona, e ad esempio la testimonianza dell’attore lancianese Alfredo Bontempi (1893-1983); la commissione scartò la celeberrima Vola vola vola su versi del Dommarco, oggi considerato l’inno d’Abruzzo! E l’Albanese ne ebbe a male, e scrisse e pubblicò sul giornale una lettera, scrivendo che la sua “Vola vola spiccherà il volo” anche fuori i confini d’Abruzzo; parole profetiche, perché così fu al Festival Internazionale delle Canzoni del 1953. 

Insomma, un concorso delle canzoni che ebbe diversi torbidi, e che partì non sotto buoni auspici, e su pareri contrastanti tra gli stessi giurati.

Chi erano i partecipanti? I nomi dei poeti più famosi del periodo “classico abruzzese”, Giulio Sigismondi di San Vito con Giuseppe Gargarella di Lanciano, il giovane futuro professore di latino Pier Andrea Brasile (1900-1973) di illustre famiglia lancianese, Evandro Marcolongo, Cesare de Titta, Carlo Mariani e Arturo Colizzi da Rocca San Giovanni e qualche altro… sconosciuto, come Modesto Della Porta da Guardiagrele. 

Le canzoni sono presentate in piazza Plebiscito col Coro di Lanciano, tra questi titoli figurano Canzuna nustre di Sigismondi-Gargarella, Vulesse della stessa coppia, tra l’altro ispirata alla fresca acqua della storica Fonte del Borgo, Lucenacappelle della stessa coppia (già queste tre canzoni, a giudicare dalla fama che oggi hanno nell’essere riproposte dai cori, avrebbero fatto aggiudicare primo, secondo e terzo premio ai due giovani poeti!). 

Poi c’è la barcarola Voga voghe di Mariani e Colizzi, ancora oggi molto riproposta fra i cori, e un’accorata e andante canzone amorosa del giovane Brasile: S’ucchie (Brasile ebbe modo di farsi valere alle altre Maggiolate di Ortona, e alle Feste della Canzone abruzzese molisana di Vasto, ad esempio con Lu mbrimbimbì su musica dell’amico Aniello Polsi, benché la sua predilezione fosse la ricerca, l’erudizione, e lo studio del latino e della grammatica).

Di fronte  a tutto questo repertorio, il mite sarto Della Porta con cosa si presenta? Con Carufine, una canzonetta che parla di fiori, di garofani a un balcone, con musica del purtroppo quasi sconosciuto Massangioli. 

La giuria si riunisce, esce il verdetto finale, Della Porta e Massangioli vincono il primo premio della Festa delle canzoni di Lanciano con Carufine

De Titta uscì secondo… e s’infuriò da morire. Lui, che era l’aedo trilingue d’Abruzzo, lui, il sacerdote, il poeta dell’amore platonico, della contemplazione del paesaggio campestre di Fiorinvalle di Terra d’Oro! Gli articoli di giornale immediatamente accolgono le proteste dei poeti concorrenti, Sigismondi con Lu Cuncurse di Lanciane sbeffeggia Della Porta e la giuria, dicendo che adesso l’arte è finita in mano a scarpari e sarti, don Evandro Marcolongo è fuori di sé, in una poesia paragona Della Porta a un tacchino che vuole passare per gallo, il professore e critico Federico Mola di Orsogna si scaglia senza pietà contro Della Porta, arrivando a dire che è stato “favorito” dallo scrittore chietino Giuseppe Mezzanotte membro della giuria, e dal presidente De Nardis. 

Della Porta si difende con uno scritto in cui rivendica i suoi talenti poetici, dato che qualche anno prima era stato fragorosamente applaudito con i suoi versi ai teatri di Ortona e Lanciano, ma come ricostruisce Mario Palmerio nella sua recente biografia su Modesto, il Mola rincara la dose, arrivando quasi all’insulto, definendo Modesto, dopo averlo canzonato come “il poeta di Mezzanotte”, “la Mezzanotte del poeta”, ovvero dopo averlo accusato di connivenza, adesso lo bolla come un poeta finito, che non ha più nulla da dire. 

Inutile dire che i poeti facevano il tifo per De Titta, che si tenne a parte da questa gazzarre giornalistica, ma il primo premio è stato assegnato, con tutto questo strascico polemico,



Un Concorso di Canzoni a Lanciano non si terrà mai più, non sorgerà nemmeno più un coro, nonostante qualche timido tentativo nel secondo dopoguerra, alla morte di Brasile e Renzetti, non ci sarà qualche poeta dell’estro di Sigismondi o di un De Titta che sia di patria lancianese, e che parteciperà ai concorsi di canzoni, salvo alcune canzoni di Francesco Brasile, che per lo più saranno rimusicate da Roberto Mancinoni del gruppo “Lu Cantastorie”. 

Un fatto assai spiazzante per una città come Lanciano, assai più spiazzante se si pensa a Chieti, il capoluogo di provincia, che come scrisse lo studioso padre Donatangelo Lupinetti, si tenne alla larga da questi Concorso canori, snobbandoli addirittura, e non comprendendone il significato del messaggio che stavano costruendo, dell’identità Canora d’Abruzzo che stavano forgiando!

Lanciano fu seconda a Chieti nella negligenza di aver organizzato altri concorsi di canto.

Così il Concorso delle Canzoni di Lanciano verrà ricordato come uno dei più controversi, e dove piovvero più polemiche in un panorama storico della canzone abruzzese; mentre a San Vito, a Castel Frentano, perfino a Poggiofiorito, Caldari, Frisa, prima e dopo la guerra, sorgevano “maggiolate”, cloni della Maggiolata di Ortona, Chieti e Lanciano sono rimaste a guardare, nella loro indifferenza, la nascita della Canzone d’Abruzzo.



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