10 marzo 2024
Vasto - Chiesa di San Michele Arcangelo - In borgo
21 febbraio 2024
Un musicista abruzzese sconosciuto: Lino Crognale di Lanciano.
17 febbraio 2024
13 febbraio 2024
Lucia Serafini, Nicola Maria Pietrocola. Architetto e teorico nel Mezzogiorno preunitario.
Da: unich.it
L’architetto di cui si parla in questo libro è Nicola Maria Pietrocola, vissuto tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX secolo, e con un’attività progettuale di lungo corso, sigillata negli ultimi anni della sua vita da un piccolo trattato sull’arte di costruire, pubblicato postumo a Napoli nel 1869 e rimasto unico nel suo genere, perlomeno in ambito locale. Nativo di Vasto, centro rivierasco dell’Abruzzo Citeriore, ma con una formazione di largo respiro, Pietrocola è il traghettatore in architettura del processo di modernizzazione avviato a nord del Regno di Napoli a partire dalla fine del Settecento, al passo con le istanze illuministiche e la necessità di rispondere alle esigenze della classe borghese. L’occasione del 150° anniversario della morte di Pietrocola, che ricorre nel 2015, è peraltro immancabile per supportare il testo con la riedizione del suo trattato e la contestualizzazione della sua figura e del suo ruolo in un ambito che supera, con i confini regionali, anche quelli del Regno. Portare all’attenzione la figura di un architetto come Nicola Maria Pietrocola, e ripubblicare oggi il suo trattato, sono necessità legate non solo alla circostanza di un deciso avanzamento, finalmente anche in ambito regionale, degli studi sul cantiere tradizionale, ma anche alla sopraggiunta consapevolezza del valore di patrimonio storico che le sue opere hanno nel tempo guadagnato, anche e soprattutto quando si sono stratificate su opere più antiche aggiungendo loro parti che le hanno rifuse e trasformate ma mai annullate nella loro identità. È questa eredità che oggi preme salvaguardare, tanto negli obiettivi perseguiti quanto nei mezzi utilizzati, alla resa dei conti tutt’altro che sorpassati e obsoleti. E tali dunque da offrire spunti e argomenti per una gestione del territorio più consapevole.
LUCIA SERAFINI è professore Associato di Restauro architettonico nel Dipartimento di Architettura dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove tiene corsi di Laboratorio di restauro e di Teoria e storia del restauro. Ha pubblicato numerosi saggi sulla costruzione storica in Abruzzo, con particolare riguardo per i caratteri tecnici e materiali dell’edilizia tradizionale. Della vicenda abruzzese ha anche analizzato la ricostruzione di città e monumenti successiva alla seconda guerra mondiale, e svolto ricerche sullo stato del patrimonio dopo il terremoto dell’Aquila del 2009. Si occupa anche di studi sul tema dell’incontro fra antico e nuovo nel restauro, sia a scala architettonica che urbanistica.
Da: Gangemi.com
Lucia Serafini, Alla periferia del Neoclassicismo. Nicola Maria Pietrocola architetto vastese (1794 - 1865).
Da: unich.it.
8 febbraio 2024
Pittura Abruzzese Manierista nel Chietino: il pittore “Dioaiutarà” attivo alla fine del Cinquecento a Gessopalena.
di Angelo Iocco
Difficile dirlo, in
mancanza di documentazione. La sua Deposizione è simile, per certi
canoni, a una Pietà conservata all’Aquila; al centro, leggermente a
sinistra, il Cristo morto, a cui un’ancella sorregge l’avambraccio sinistro per
ungerlo, forse la Maddalena, dietro il Cristo, San Giovanni, un’altra delle
Marie, e la Madonna addolorata col velo, che incrocia le mani, in una posizione
tipicamente tardo-gotica della pittura aquilana, che ha chiare reminiscenze del
Maestro di Beffi e di Saturnino Gatti, basti ricordare il ciclo di affreschi
dell’abside della chiesa di San Silvestro all’Aquila; al centro della macchina
scenica ben composta, in alto, la Croce, con due scale; la più grande sulla
destra rompe la scena, e induce l’osservatore a guardare una delle guardie, che
sta scendendo con in mano la corona di spine, un altro riferimento alla pittura
fiorentina di tradizione manierista, impossibile non ricordarsi di Rosso
Fiorentino e della sua Deposizione di Volterra. Il motivo scenico della scala
sulla Croce, è presente anche nel dipinto cesuriano, ed è retta in questo
quadro di Gessopalena, da un soldato romano dall’aspetto grottesco.
Questo pittore
sconosciuto doveva far parte insieme a Giovanpaolo Cardone, a Giovanpaolo
Donati e altri della cerchia manierista aquilana, che presto lascerà il posto a
Giulio Cesare Bedeschini, anche lui di formazione romana e fiorentina. E il
Bedeschini lavorò per Gessopalena, per conto della Confraternita della Madonna
dei Raccomandati, consegnando una tela corale, con al centro la Madonna
incoronata Regina dei Cieli dagli angeli, con ai lati in piedi San Carlo
Borromeo e San Francesco d’Assisi, e in basso inginocchiati Sant’Antonio di
Padova e Santa Rita da Cascia. Opera solenne, tra le più belle del Bedeschini,
in uno scenario dorato che lascia immaginare l’Eterna Luce del Paradiso,
ispirata probabilmente a un’altra tela del Bedeschini, per quanto riguarda il
volto di San Carlo, presente nella Basilica della Madonna del Colle di
Pescocostanzo.
Nel libro di Cicchitti,
si segnalano altre opere, la citata Pentecoste, i due Santi Pietro e Paolo
principi della Chiesa, collocati presso il catino absidale d’altare maggiore,
dove si trova la Pala del Trittico della Madonna della Misericordia, della
scuola di Pietro Alamanno, e ampiamente studiato dal Cicchitti. I due Santi
hanno i loro attributi di riconoscimento, San Pietro, stempiato, anziano, con
le chiavi del Paradiso e il Vangelo, San Paolo pelato, con la barba lunga e la
spada della difesa della Chiesa…e del martirio!
Franco G. Maria
Battistella, citato dal Cicchitti nella sua opera, si è occupato di questo
pittore, citando altre opere da lui realizzate, come la tela della Deposizione
nella chiesa di San Francesco a Loreto Aprutino. Nella chiesa di Gessopalena
soffermiamoci ancora sulla tela della Pentecoste: la Madonna è al centro,
attorniata dagli Apostoli, si riconoscono San Giacomo, San Pietro, San Filippo,
le lingue di fuoco si sprigionano dal cielo, indorato, una lezione ancora
aquilana che rimanda a Saturnino Gatti per la Pala del Rosario; i volti degli
Apostoli sono leggermente allungati, come era solito fare il Cesura per le sue
Madonne o Sacre Conversazioni, michelangioleschi e robusti i tratti degli
zigomi, delle espressioni facciali, delle nodose dita, delle braccia tese e
nerborute degli uomini, dolci i tratti femminili della Madonna.
Questo pittore pare che
fu attivo anche a Ortona nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli,
dipingendo due opere conservate nel Museo diocesano, San Pietro Celestino (la
chiesa era di fondazione Celestina), e San Benedetto abate. Le figure sono
solenni, nelle vesti vescovili, San Pietro Celestino ha la mitra e il
pastorale, l’espressione altera, San Benedetto con l’ispida barba si rifà ad
altri modelli utilizzati da questo Anonimo “Dioaiutarà” per i volti dei Santi
Pietro e Paolo a Gessopalena. Non si conoscono altre opere di questo pittore,
resta comunque una bellissima traccia di manierismo aquilano al di qua
dell’Abruzzo chietino.
26 gennaio 2024
Ludovico Teodoro, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti, le sue opere nel Duomo di San Leucio e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa.
Ludovico Teodoro, San Leucio nelle vesti di vescovo, con ai piedi il Dragone, Duomo di Atessa |
Ludovico Teodoro, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti, le sue opere nel Duomo di San Leucio e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa
Prima Puntata
di Angelo Iocco
Poco si conosce di
questo artista, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti[1],
uno dei migliori che fu attivo nell’Abruzzo chietino e nel Molise, ma anche
nell’area di San Benedetto del Tronto e del teramano (dipinse il soffitto della
Collegiata di Campli), dagli anni ’30 agli anni ’50 del ‘700. Per vent’anni
dominò la scena con altri colleghi spesso napoletani, come Ludovico De Majo,
Francesco Solimena, Giovan Battista Spinelli. Fu sepolto a Chieti nella chiesa
di San Domenico, andata demolita nel 1914 per costruire il palazzo della
Provincia di Chieti. La lezione del Teodoro pare essere stata recepita anche in
Atessa, benché non siano attestate sue opere nelle chiese. Un esempio è
l’affresco della volta della sala grande del palazzo De Marco-Giannico, ex casa
di riposo, in Largo Castello, la cui scena illustra al primo piano Ercole che
combatte l’Idra di Lerna, e al centro il Giudizio di Paride con Giunone,
Minerva e Venere con l’Amorino, e attorno nelle nuvole dell’Olimpo, figure
femminili e Grazie. La scena, ripresa anche dalle stampe che circolavano in
quei tempi, ricorda per la divisione in due scomparti,. Le due tele del Teodoro
di Chieti (chiesa di Santa Maria della
Civitella) e Guardiagrele (chiesa di Santa Chiara) con il tema della Cacciata
del Demonio e degli Angeli ribelli dal Paradiso.
Dal volume A. e D. Jovacchini, Per una storia di Atessa, Cassa di Risparmio, Atessa, 1993 |
Ludovico figlio di Donato, attivo nella
seconda metà del Settecento, fu ugualmente pittore, e non dimenticò
l’insegnamento paterno, apprezzava le grandi scene corali, spesso
rintracciabili nei dipinti di Luca Giordano a Napoli, dove andò a formarsi,
come fece suo padre; e non mancava sicuramente di avere una personale
collezione di stampe, da cui traeva ispirazione per i suoi affreschi di ampio
respiro. Al momento, pienamente attribuibile a Ludovico, sono la tela di San
Leucio vescovo col dragone, presente nell’altare maggiore del Duomo di Atessa,
firmato e datato 1779. Benché non firmate, mi sento di attribuirli anche le due
tele laterali del coro dei Canonici, che ritraggono la Natività con la Sacra
Famiglia, e l’Adorazione dei Pastori. Opere un di gusto teodoriano per la ben costruita
scenografia, anche se con le immancabili grossolane superfetazioni del Bravo, e
i fondi oscuri tipici dell’ultimo Donato, di chiara derivazione tardo
caravaggesca[2].
Anonimo, Annunciazione, chiesa della Santissima Annunziata, Civitaluparella, 1790.
Il secondo riquadro:
“David accoglie Saul vincitore contro Golia” è molto simile al quadro dipinto
dal padre Donato che mostra la scena di “Davide con la testa di Golia davanti a
Saul”, oggi conservata nel palazzo Martinetti-Bianchi di Chieti, oppure allo
stesso soggetto per la volta della chiesa madre di Colledimezzo. La
composizione del soggetto ha la stessa matrice, ma il risultato di Ludovico è
più scadente. In parte è dovuto ai restauri di Ennio Bravo, che ha cambiato
alcuni volti, in parte alla stanca ripetizione dei modelli, come il barbuto
Saul sul trono che è impaurito dalla scena macabra, e il giovane David, che con
la sua smorfia di sofferenza esprime quel mansuetismo, quasi senso di colpa per
i propri trionfi, che accomuna diverse opere di Donato che abbiano questa peculiarità
del Trionfo del Bene sul Male, quasi uno strizzare l’occhio al Davide con la
testa di Golia del Caravaggio. Ma appunto, ciò non riguarda tutte le opere del
Donato, basta riferirsi ai volti trionfanti di Giuditta con la testa di
Oloferne nella chiesa di Sant’Agata di Chieti, o ad altri soggetti simili, come
lo stesso tema nella cupoletta del santuario dell’Assunta di Castelfrentano, et
similia.
Donato Teodoro, Incontro tra Salomone e la Regina di Saba, Museo d’arte “C. Barbella”, Chieti, foto M. Vaccaro per gentile concessione |
La scena “Saul placato
dall’arpa di David e l’Arca dell’Alleanza” si divide in tre momenti, sulla
sinistra il coro di cantatrici con strumenti musicali, al centro Saul che suona
l’arpa, a destra i sacerdoti e l’Arca.
Navata del Duomo di Atessa |
Osserviamo le fotografie delle pitture della volta del Duomo.
1° dipinto: L. Teodoro, Giuditta e Oloferne, particolare |
2° dipinto, Saul e David con la testa di Golia, particolare di David |
3° dipinto: David suona l’arpa con l’Arca dell’Alleanza, veduta d’insieme e particolare |
4° dipinto: Salomone e la Regina di Saba. |
L’ultima scena “La Regina di Saba” ha moltissime somiglianze con il dipinto di Giacinto Diano che realizzerà nel 1788 ca. nella Basilica cattedrale di Lanciano, la matrice della stampa da cui i due pittori hanno attinto è la stessa. Anche qui notiamo l’esasperazione dei volti, l’abbruttimento dei tratto somatici dei sacerdoti e delle cariche ebraiche, nonché i lunghi nasi, gli occhi strabuzzati, i pizzetti appuntiti, i turbanti delle figure di religione islamica contro cui si scontrano gli ebrei. Le pennellate sono molto chiare, seppur Ludovico non riesca a eguagliare la grandezza paterna. Osservando queste pitture, ci viene in mente il primo Donato Teodoro, non ancora trentenne, che fu attivo nel cantiere del santuario dell’Assunta di Castel Frentano, con la controfacciata della “Cacciata dei mercanti dal Tempio”; le pennellate simili, i colori leggermente sbiaditi, l’affresco orale di personaggi che si intrecciano in un turbinio di azioni, di giravolte, di scene concitate che inducono al movimento, a riguardare più volte la scena per adocchiarne i particolari.
Ludovico nel Duomo
dipinse anche i tondi laterali con le figure degli Apostoli, e delle tele applicate
ai pilastri della navata maggiore del Duomo, con le scene della Via Crucis.
Altre opere d’arte a
San Leucio
Nel Duomo. Il pulpito
in legno è della bottega Mascio di Atessa.
NAVATA DI SINISTRA,
altare di San Michele che sconfigge Lucifero, è brutta copia di Francesco
De Benedictis[3]
del quadro di Guido Reni (sia De Benedictis che il suo predecessore Giuliano
Crognale di Castelfrentano ne sfornarono di queste orride copie del quadro di
Guido Reni per le chiese del chietino!), che però forse avrà copiato dal suo
maestro Nicola Ranieri, per il san Michele presente nell’altare maggiore della
chiesa di sant’Antonio di Lanciano, o da una stampa del quadro di Reni che
circolava molto facilmente tra i disegnatori dei suoi tempi.
2° altare: Santa Lucia
martire, quadro moderno di Ennio Bravo[4]
A seguire. Statua di
san Pietro seduto, del XVI secolo, in pietra, dall’atteggiamento meditativo.
3° altare di San
Giuseppe in cammino col Bambino, dell’800, autore locale, della scuola di
Giacomo Falcucci
4° altare di San
Bartolomeo martirizzato, opera dello stesso autore del precedente San
Giuseppe col Bambino
CAPOALTARE NAVATA
SINISTRA A CAPPELLA: nicchie con statue
del Sacro Cuore, San Donato e Madonna Immacolata, bottega locale. Il soffitto è
stato rifatto da Bravo con i soliti cassettoni e fioroni.
Nella nicchia di
controfacciata della seconda navata di sinistra, c’è il busto di San Leucio in
argento di scuola napoletana datato 1857, e la costola del drago.
Ritratto del Prevosto Giandomenico Maccafani, presso la Sagrestia |
NAVATA DESTRA: a muro
in controfacciata, tela dell’Ultima Cena, autore ignoto, ma forse Giacomo
Falcucci o di un suo seguace.
Altari laterali:
1° altare di Sant’Anna
con Maria Bambina, tela di F. De Benedictis, di poco interesse.
2° altare con Martirio
di San Sebastiano, con ex voto, forse di Giacomo Falcucci[5], è
classificato come di anonimo dell’800.
3° altare di San
Martino in gloria, con i putti che reggono le spighe. Ignoto, forse questo
è un altro dipinto ignoto di Ludovico Teodoro; la postura è identica alla tela
di san Leucio nell’altare maggiore. Il Santo con il braccio destro benedice,
con l’altro regge il Vangelo e il pastorale. Accanto due angeli che reggono
fasci di spighe. Quasi
sempre Martino vescovo ha in mano un
grappolo d’uva e un fascio di spighe di grano, per
ricordare il suo protettorato sulle messi. A san Martino si rivolgevano
preghiere per un raccolto prospero di grano, uva ed altro. Questa iconografia è
presente in diverse opere pittoriche e scultoree che ritraggono il Santo. I due
angeli hanno i volti tipici delle figure di Donato Teodoro, che riutilizzò
questi modelli per diverse altre sue pitture, specialmente quello dell’angelo
di destra che è di profilo, riutilizzato nei servitori delle pitture di
Castelfrentano, Lanciano, Chieti. Interessante è anche la veduta in prospettiva
di Atessa, dietro il santo, dal lato di Vallaspra, sulla destra vediamo il
Duomo, con parte della facciata antica, privata nel 1935 delle volute laterali
baroccheggianti, un restauro che forse ha restituito un aspetto troppo
“razionalista” all’antica facciata gotica, a giudicare il periodo storico in
cui venne recuperata. Sulla sinistra vediamo le mura di Porta Sant’Antonio, con
il chiostro dell’antico convento dei Cappuccini e poi delle Clarisse di San
Giacinto, demolito negli anni ’60, di cui resta una porzione con degli archi, e
la torre massiccia della chiesa di Santa Croce.
Ludovico Teodoro (?), San Martino in gloria, con paesaggio, Duomo di Atessa
17 gennaio 2024
14 gennaio 2024
Lu Sand'Andunie. Canto di questua a Vasto del 16 gennaio, vigilia della festa di S.Antonio Abate.
Gruppo di questuanti in via S.Sisto a Vasto, 1991 c. |
Gruppo di questuanti in via Poerio a Vasto, 1991 c. |
Trascrizione musicale di Filippo Marino |
Lu Sand'Andunie
Bona
sére a tutte quènde
Bona
ggènda cristijäne;
Bona
sére allecramènte
Ca vi
dèiche ch'è dumäne.
Rit.:
Sand'Andunie binidatte...
Sand'Andunie
binidatte
Nghi
la mâzz' e lu purcatte.
Sand'Andunie
binidatte
Nghi
la mâzz' e lu purcatte.
Li parind'
a Sand'Andunie
Li
vuléven' accasäje;
Ma lu
Sânde pènze bbéne
E a lu
disèrte si ni và'.
Rit.:
Pi n' avé' la siccatìure...
Pi' n'
avé' la siccatìure
D'alluvà'
li crijatìure.
Pi' n'
avé' la siccatìure
D'alluvà'
li crijature.
E
cambânne da rumèite
Va' lu
cèfer' a tindârle
Li
disfèit' a 'na partèite ...
Ma lu
sânde poche pârle.
Rit.:
Li vichéle scole chîlme...
Li
vichéle scole chîlme
E lu
cèfre manne hîlme.
Li
vichéle scole chîlme
E lu
cèfre manne hîlme.
A la
câssce Sand'Andunie
Ci
tiné' du caracèine;
Annaschìusce
lu dumônie
L'assimäv'
ògne matèine.
Rit.:
Sand'Andunie ci li tôppe...
Sand'Andunie
ci li tôppe
E i
fa' sunà' la grôppe.
Sand'Andunie
ci li tôppe
E i
fa' sunà' la grôppe.
Sand'Andunie
aripizzäve
Nghi
la sibber' e nghi l'äche;
Lu
dumônie i štuccuäve
Mo lu
ràife e m0 lu späche.
Rit.:
Sand'Andunie ci li tôppe...
Sand'Andunie
ci li tôppe
E j'
ammàine gné nu bbojje.
Sand'Andunie
ci li tôppe
E j'
ammàine gné nu bbojje.
Pi'
suspètte lu dumônie
J'
arimmocche la pignéte;
'Ngifirèite
Sand'Andunie
Ti
l'aggrâpp' a vvij' arréte.
Rit.:
L'appindàune a nu curnuècchie...
L'appindàune
a nu curnuècchie
E ji
màcceche 'na racchie.
L'appindàune
a nu curnuècchie
E ji
màcceche 'na racchie.
'Na
matèine Sand'Andunie
Si
magnä' du taijulèine;
Zitti
zètte lu dumônie
I
sbascèsce la fircèine.
Rit.:
E lu sânde nin zi 'ngânne...
E lu
sânde nin zi 'ngânne
Nghi
li méne si li mâgne.
E lu
sânde nin zi 'ngânne
Nghi
li méne si li mâgne.
Ma
dapù chi ci aripénze
Pi' li
corne ti l'afférre;
Nghi
na vîss' a vija'nnènze
Li fa
ji' di cule 'ndèrre.
Rit.:
'Mbètte i piânde nu hunùcchie...
'Mbètte
i piânde nu hunùcchie
E
daféure i fa 'sci l'ucchie.
'Mbètte
i piânde nu hunùcchie
E
daféure i fa 'sci l'ucchie.
Sand'Andunie
nghi la mbîsse
Jav' a
ccâcce a ciammajjèiche;
Lu
dumônie nghi 'na vîsse
Li fa
ji' sopr' a l'ardèiche.
Rit.:
Sand'Andunie ci si štèzze...
Sand'Andunie
ci si štèzze
Gnè nu
cèfere s'arrèzze.
Sand'Andunie
ci si štèzze
Gnè nu
cèfere s'arrèzze.
Arrizzéte
Sand'Andunie
Nghi
l'ardèiche fa nu fâsce;
E
acchiappäte lu dumônie
Prèim'
annènde l'arimbâsce.
Rit.:
Po' vuddät' a ppart' arréte...
Po'
vuddät' a ppart' arréte
Ji li
štriusce a lu sucréte.
Po'
vuddät' a ppart' arréte
Ji li
štriusce a lu sucréte.
Lu
dumônie a tanda huéje
Pi 'n'
zi fa' cchiù 'rruvunje;
Dèice:
Ndu' vi ch'è nu schérze
'N' di
li tojje 'a la dimmérze.
Rit.:
E lu sânde: Pure jéjje...
E lu
sânde: Pure jéjje
L'àjje
fâtte pi' pascéje.
E lu
sânde: Pure jéjje
L'àjje
fâtte pi' pascéje.
Sand'Andunie
huâtte huâtte
Jav' a
ffäje nu busagne;
Lu
dumônie da 'na frâtte
I
smiccéve la vrivagne.
Rit.:
Lu ruméite si n'addàune...
Lu
rumèite si n'addàune
E j'
ammolle lu gruppuàune.
Lu
rumèite si n'addàune
E j'
ammolle lu gruppuàune.
'N'
addra vôdde si va 'mmatte
A ffa'
a lôtte nghi lu sânde;
Lu
rumèite ti l'ahhuânde
Ti li
matt' a cocce satte.
Rit.:
E nghi l'âcche di cutèine...
E nghi
l'âcche di cutèine
Ji li
fä nu lavatèine.
E nghi
l'âcche di cutèine
Ji li
fä nu lavatèine.
Lu
dumônie pi currèive
I va a
'ccèite lu purcatte;
Sand'Andunie
vive vèive
Si li
scorce a la bbassatte.
Rit.:
Nghi la pèlle loche lèuche...
Nghi
la pèlle loche lèuche
Ci si
fä ddu bbille chièuchie.
Nghi
la pèlle loche lèuche
Ci si
fä ddu bbille chièuchie.
Lu
dumônie scurtucuäte
Ni
lassäv' a ji' ppritânne;
Sand'Andunie
dispiräte
Pi'
purcille si li scânne.
Rit.:
Si li spèzz, si li säle...
Si li
spèzz, si li säle
E ci
fä bon Carniväle.
Si li
spèzz, si li säle
E ci
fä bon Carniväle.
S'
àjje dètte 'štašturièlle
È pi'
rèss' arihaläte;
Figatèzze,
cuštatèlle
Saggicciutt'
e sangunäte.
Rit.:
Chi mi dä' lu pôrche säne...
Chi mi
dä' lu pôrche säne
Sci'
bbindatte chi li mäne.
Chi mi
dä' lu pôrche säne
Sci'
bbindatte chi li mäne.
Nghi
'šta néuve chi vi pôrte
E
firnìute lu cuandäje;
Arrapèteme
'ssi pôrte
Ca mi
vujj' ariscalläje.
Rit.:
Ca 'štu fradde malidatte...
Ca
'štu fradde malidatte
mi fä
sbâtte li hangatte.
Ca
'štu fradde malidatte
mi fä
sbâtte li hangatte.
Disegni di V. Lucchi |