Pagine

Visualizzazione post con etichetta L'Aquila. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta L'Aquila. Mostra tutti i post

23 dicembre 2023

Natività del Trittico di Beffi, Sec. XV.

Natività del Trittico di Beffi, inizi del 1400 e in origine collocata nella chiesa di Santa Maria del Ponte, una frazione di Tione (AQ), ora al MUNDA dell'Aquila.



Trittico di Beffi, 1410-1416 - Maestro di Befffi, Leonardo di Sabino da Teramo, tempera su tavola, 123×185 cm, Munda-Museo nazionale de L'Aquila.

13 dicembre 2023

Marino Valentini, Avvistamenti degli Ufo in Abruzzo.


Avvistamenti degli Ufo in Abruzzo
di Marino Valentini


Esattamente 45 anni fa Chieti e l'Abruzzo vennero visitati dagli alieni.
Verso la fine degli anni ’70 il mondo trattò, parodiando il famoso Triangolo delle Bermude , il fenomeno del triangolo italiano extraterrestre che si trovava nella nostra regione ed anche Chieti fu interessata da questo inspiegabile caso.
Il triangolo si estendeva dalle coste meridionali delle Marche fino a quelle dell'Abruzzo chietino, avendo come vertice il Gran Sasso. Strani episodi si registrarono a cadenza giornaliera, avvistamenti nel cielo e nel mare di globi luminosi, di colonne colorate d'acqua che si alzavano per venti metri, addirittura pure la morte di due esperti marinai affondati al largo di Martinsicuro col loro peschereccio, il cui decesso non venne mai chiarito per quali cause, certamente non per annegamento, fenomeni magnetici inspiegabili con radar oscurati, bussole impazzite strane interferenze sulle tv e sugli apparecchi radio, non solo quelli civili ma anche quelli ad uso delle forze dell'ordine, insomma fatti inspiegabili si registrarono un po' in tutta la Regione, Chieti compresa: era il 1978 e fu l'anno degli Ufo in Abruzzo.
Gli episodi furono tantissimi e forse è il caso di ricordare quelli che riguardarono la nostra città, soprattutto negli ultimi mesi dell'anno, tenendo presente che i fenomeni poi si arrestarono di colpo ma gli "alieni" torneranno negli anni successivi, anche nel secolo attuale, a visitare la città di Achille.
Intanto è importante la testimonianza di José Maria Alegre, un giornalista spagnolo di un giornale catalano che il suo redattore di Barcellona mandò in Abruzzo per scoprire cosa accadeva in questa parte d'Italia, al centro dell'attenzione mondiale sugli avvistamenti di Ufo.
Alegre stabilì la propria base operativa proprio a Chieti, dove un nostro concittadino lo ospitò; il giornalista era uno scettico ed arrivò in Abruzzo per fare un reportage pensando trattarsi di fenomeni naturali che solo l'autosuggestione e una voglia di protagonismo accreditavano come di derivazione aliena, ma sarà a ricredersi. Il reporter spagnolo cominciò ad interrogare le persone e i pescatori e venne colpito da una caratteristica comune in tutti gli intervistati: la paura nel narrare quei fatti.
A fine novembre Alegre si trovava sul balcone di un condominio di Chieti perché il suo amico gli aveva assicurato che da diverse sere assisteva ad avvistamenti di luci in movimento nel cielo di Chieti e forse gli stessi fenomeni avrebbero potuto replicarsi anche in quella sera.
Infatti arrivarono puntuali i viaggiatori dello spazio e Alegre, armato di macchina fotografica, teleobiettivo e attrezzatura capace di scattare anche foto ad infrarossi, fotografò gli ufo di Chieti, foto che poi vennero pubblicate sul Catalunya Expres di Barcellona. Il giornalista, nonostante l’iniziale suo scetticismo, si dichiarò impressionato dagli avvenimenti abruzzesi e dall'avvistamento avvenuto davanti al suo teleobiettivo; ecco la sua testimonianza pubblicata sul giornale: «Mi trovavo a casa di un amico di Chieti (Abruzzo) che mi aveva invitato per farmi assistere al fenomeno poiché lui lo aveva già osservato con un binocolo. Oltre al padrone di casa e a sua moglie vi erano altre quattro persone in casa. Non erano stelle. Lo posso dire con certezza perché nel luogo dove mi trovavo potevo osservare chiaramente dei movimenti molto lenti ma evidenti. Erano due oggetti luminosi ad una distanza considerevole e che mi fu possibile fotografare con il teleobiettivo. Al principio erano di un colore chiaro e di intensità variabile, a volte notevole. Entrambi presentavano dei riflessi rossi e verdi ugualmente intensi ma l'alternanza di questa mutazione dei colori non era regolare».
Di seguito si riportano le testimonianze di avvistamenti avvenuti nel cielo di Chieti: alle 22:30 del 13/11/78, il centralino del 113 di Chieti cominciò a registrare numerose chiamate di cittadini che segnalavano avvistamenti di oggetti volanti non identificati. Il maresciallo di PS Formichetti e l'appuntato Chiola, in servizio notturno presso la sala operativa, nel palazzo della Prefettura di Chieti, si recarono nella stanza più alta e panoramica. Notarono qualcosa di luminoso nel cielo, sospeso in lontananza in direzione nord-est, approssimativamente sulla perpendicolare di Silvi Marina, che emetteva fasci di luce di differenti colori, alternativamente: sembrarono segnali dettati, tipo linguaggio Morse. I colori di questi fasci mutarono dal blu al viola, al rosso e al giallo.
Contemporaneamente notarono un altro oggetto in direzione Gran Sasso, molto più visibile dell'altro, che emetteva fasci molto intensi di luce tra il giallo chiaro ed il bianco. Nel frattempo l'oggetto sul mare cominciò a muoversi verso sud est. Tali avvistamenti continuarono ad essere avvertiti dalla popolazione di Chieti per tre/quattro notti di seguito e tantissimi testimoniarono i fatti, tra i quali il Dott. Verdenelli, corrispondente de Il Messaggero che scattò alcune foto in bianco e nero pubblicate sul suo quotidiano; lo stesso oggetto venne osservato anche dal giornalista Maurizio Pervenegri dello stesso giornale, che curò un altro articolo a sua firma.
Ma è dicembre il mese degli avvistamenti su Chieti, sin dal primo giorno quando venne avvistata una coppia di corpi celesti che cambiarono colore, spostandosi lentamente in direzione di Venere, il 5 notte alcuni giovani, che si trovavano lungo una strada della periferia di Chieti, avvistarono un disco luminoso che atterrò a poca distanza da loro per poi ripartire velocemente.
Il 12 dicembre il prof. Antonio Campana (da me conosciuto personalmente, per il quale posso mettere le mani sul fuoco sulla sua assoluta onestà e serietà), alle ore 10 avvistò a Chieti per parecchio tempo una sfera luminosa che emetteva fasci di luce intensa. Nella notte dello stesso giorno il giornalista Massimo Pirozzi avvistò a Chieti un oggetto luminoso in direzione est (mare) che si spostava rapidamente verso sud, per poi scomparire di colpo subito dopo aver virato verso est.
Nella stessa notte alcuni testimoni osservarono a Chieti un gigantesco oggetto che descrissero come un "palazzo illuminato" che si sollevò in cielo verso il Gran Sasso. Tra le 6 e le 6:30 del 13 dicembre il corrispondente de Il Tempo Giampiero Perrotti osservò e fotografò un oggetto luminoso in lento movimento da Sud est a Nord Ovest. Nella notte tra il 17 e il 18 dicembre un ragazzo di 14 anni di Chieti (Mauro Pettinelli) avvistò e fotografò da casa sua un corpo luminoso avente l'aspetto di una grossa macchia ad ellisse emanante luci colorate.
Il 18 dicembre da Chieti diversi cittadini notarono un corpo luminoso sferico in cielo circondato da un alone, in quel momento il direttore della sede Rai di Pescara, Edoardo Tiboni, assistette allo stesso fenomeno notando che l'oggetto si era nel frattempo posizionato sulla verticale delle antenne Rai di San Silvestro.
Dopo dicembre gli avvistamenti cessarono ma gli ufo fecero ritorno nell'estate successiva, quando il 7 agosto del 79 alle 11:30 un paio di pattuglie della squadra mobile di Chieti, avvisate dalla centrale operativa che aveva ricevuto numerose telefonate dai cittadini, avvistarono sulla verticale di Chieti Scalo un oggetto luminoso che sprigionava scintille: il fenomeno durò circa mezzora.
Gli altri avvistamenti: 4/9/85, verso mezzogiorno due studenti fotografarono un oggetto discoidale con cupola che si spostava rapidamente sul cielo di Chieti. 2/8/87, alle ore 1:15 a Chieti due giovani, che si trovavano all'aperto, di notte guardarono in cielo, vedendo passare un oggetto sferico giallo con scia rossa che si diresse veloce verso il mare, rimanendo visibile per almeno mezzo minuto.
27 gennaio 93, ore 22, diversi cittadini di Chieti videro sul versante chietino della Majella un lampo luminoso, poi una scia luminosa che si alzava in cielo, come un razzo di segnalazione, alzandosi ed abbassandosi per alcuni secondi prima di scomparire. La stessa scena venne testimoniata da cittadini di Guardiagrele, Rapino e Pennapiedimonte e perfino da chi in quel momento percorreva l'autostrada; c'è chi adombrò il sospetto che si sia trattato di un "lampo sismico", un fenomeno naturale simile all'aurora boreale ma certamente più raro di un avvistamento di ufo.
15/9/95, ore 11:30, un commerciante di Chieti Scalo e un suo cliente osservarono stupiti in cielo dalla vetrata del negozio una luce discoidale intensissima, di un bianco accecante, che dopo aver cambiato forma diventando una specie di palla, aveva compiuto alcuni movimenti, allontanandosi in meno di un minuto.

Dalla pagina FB dell'autore

Gruppo Magia. Abruzzesistica.info. Raccolta, catalogazione e digitalizzazione di materiali per la conoscenza dell’Abruzzo e dell’abruzzesistica (storia, bibliografia, fotografie, voci e immagini, documenti d’epoca, pubblicazioni antiche e moderne.

Gruppo Magia. Abruzzesistica.info. Raccolta, catalogazione e digitalizzazione di materiali per la conoscenza dell’Abruzzo e dell’abruzzesistica (storia, bibliografia, fotografie, voci e immagini, documenti d’epoca, pubblicazioni antiche e moderne.

12 dicembre 2023

Antonio Mezzanotte, Santa Lucia di Rocca di Cambio (AQ).

Chiesa di S.Lucia a Rocca di Cambio
Affreschi
particolare degli affreschi

Santa Lucia di Rocca di Cambio (AQ)

di Antonio Mezzanotte

Si dice e si racconta che Ottone I di Sassonia (avete presente? Il tedesco di Germania, quello che diede una solenne batosta agli ungari e venne incoronato imperatore nell'anno 962), scese più volte in Italia e che a un certo momento si trovò a passare con la moglie Adelaide di Borgogna per l'altopiano delle Rocche, in Abruzzo. Tanto gli piacque il luogo (e si capisce perché, aggiungo io) che decise di edificare un palazzo nei pressi di Rocca di Cambio.
Accadde che venne a sapere di una storia raccontatagli dal vescovo di Valva-Corfinio, Grimoaldo, il quale giurò sul vangelo che qui in Abruzzo, a Prezza per l'esattezza, vi fossero conservate le vere reliquie di Santa Lucia!
"Santa Lucia chi?" chiese stupito l'imperatore. "Lucia di Siracusa" rispose il vescovo. Insomma, avete capito, proprio lei, la santa della luce, protettrice della vista.
Gli annali del tempo riferiscono che verso l'anno 718 le reliquie della Santa martire sarebbero state prelevate da Siracusa e portate a Prezza, luogo fortificato nei pressi della cattedrale di Corfinio, e lì custodite in segreto per circa 250 anni, fino a quando Ottone nel 969 decise di portarsele a Metz, ora in Francia, all'epoca una delle capitali del Sacro Romano Impero.
Nel tragitto da Prezza a Metz, le reliquie sostarono presso il palazzo imperiale sull'altopiano delle Rocche e di quel passaggio resterebbe il ricordo nell'edificio di culto dedicato proprio a santa Lucia, sorto in seguito sul luogo stesso del palazzo di Ottone, a Rocca di Cambio, che ancora oggi vediamo.
Com'è e come non è, tralasciando l'altra versione della storia, che individua in Venezia il luogo in cui sono custodite le reliquie della martire siracusana, la chiesa di Santa Lucia (detta abbazia, forse in ricordo di un antico insediamento monastico) presso Rocca di Cambio (AQ), sorge in una zona strategica dell’altopiano delle Rocche, lungo un braccio secondario della via consolare Claudia Nova, che collegava Forcona a Collarmele (l'antica Cerfennia) nella Marsica. La chiesa fu edificata tra l’XI e il XII secolo, probabilmente sui resti di una precedente costruzione rettangolare che ne costituisce oggi la cripta, di certo una cappelletta rurale ad uso dei pastori transumanti. La prima attestazione documentale risale al 1313, quando viene citata nell’inventario delle chiese della diocesi aquilana.
La facciata è sobria e squadrata, con un portale del XV secolo di stile romanico, un piccolo rosone sovrastante e campanile a vela. La facciata è stata intonacata nel 1930 per riparare i danni causati dal sisma del 1915, che aveva anche provocato il crollo della parete sinistra della chiesa. La copertura originaria a botte è stata sostituita da una in legno.
L’interno è a navata unica, con una serie di archi a tutto sesto che dividono lo spazio in quattro campate. L’abside è semicircolare e ospita l’altare maggiore, sormontato da una croce lignea del XV secolo. Sotto l’abside si trova la cripta, accessibile da due scale laterali, che conserva le tracce dell’antica costruzione rettangolare. La cripta è decorata con affreschi del XIII secolo, raffiguranti scene della vita di Cristo e dei santi.
Un altro ciclo di affreschi (restaurato dopo i disastri tellurici del 2009) ricopre le pareti della navata, realizzato tra il XII e il XIII secolo con rimandi a motivi giotteschi. Essi narrano episodi della vita di santa Lucia e di altri santi, come san Nicola, san Giorgio e san Michele. Tra gli altri, una Ultima Cena con Gesù seduto a capotavola (così come mi pare di aver visto anche a Fossa e a Bominaco) e non al centro del desco, per altro riccamente imbandito, insieme agli Apostoli (con Paolo al posto di Giuda) e, poco distante, all'angolo, un personaggio in abito pontificale, da più autori individuato come Celestino V (che si spogliò delle vesti papali proprio il 13 dicembre 1294 e il 13 dicembre è il giorno in cui si ricorda il martirio di Lucia: però, io personalmente a vedere l'affresco non saprei confermare se trattasi proprio di san Pietro Celestino).
La chiesa di Santa Lucia a Rocca di Cambio è un luogo di culto, di devozione popolare (la festa, spostata da dicembre a giugno per motivi.... climatici, richiama ogni anno tanti devoti, soprattutto dalla Marsica), ma anche di arte e di storia, testimone prezioso della vita individuale e comunitaria delle genti abruzzesi.

Zampognari, 1642

11 dicembre 2023

Tradizioni popolari d’Abruzzo: il giorno di Ognissanti, oggi noto come Halloween.

Particolare del quadro votivo offerto dalle parrocchie di Perloz e Lillianes, 1685

 Tradizioni popolari d’Abruzzo: il giorno di Ognissanti, oggi noto come Halloween

di Angelo Iocco

Se qualcuno legge la novella aprente della raccolta Trecce Nere di Domenico Ciampoli, con l’identico titolo del volumetto, Tip. Treves, Milano, 1891, potrà piacevolmente ammirare le suggestioni dello storico atessano, nel riportare un’antica tradizione di Canzano nel teramano la notte di Ognissanti, quando nell’aia di una stalla i paesani banchettano insieme in onore dei Morti, aspettando che i defunti passino a far visita nel mondo dei vivi. Una suggestione premonitrice per la triste fine della ragazza protagonista, leggiamo insieme uno stralcio:

C’era il pranzo de’ morti e la fiaccolata. Secondo il costume, la mamma e Mariuccia si dettero un gran da fare per imbandire in mezzo alla casa una gran mensa: di quella notte le anime de’ parenti vengono a visitarci e per ognuno dev’essere un posto a tavola: a dritta le femmine, a mancina i maschi, a capo i nonni, in fondo i bambini; e come tutto è pronto, si spegne il fuoco, versando dell’acqua sui tizzoni e sulla brace: forse pensano che al mondo di là qualcuno può averne troppo, di fuoco. Poi si recitano le preghiere pe’ morti. A mezzanotte s’ode uno scampanio improvviso, un urlio terribile: tutte le finestre delle case illuminate, per le vie buie una turba di gente che grida, va picchiando gli usci, e porta in mano tante fiaccole strane: sono canne o pali in capo a’ quali è un teschio vuoto, dalle cui occhiaie esce la luce d’una candeletta; teschio, per così dire, ma in verità è una zucca bucata che ne fa le veci.”

Suggestioni che il Ciampoli in prima persona, nelle sue contrade, dovette vedere, e di cui si servì, sulla scorta degli studi dei suoi amici etnologi De Nino e Finamore. Si tratta di una delle più antiche testimonianze letterarie scritte sul Culto dei Morti in Abruzzo.

Halloween non è altro che la semplificazione di "All Hallows' Eve" = la vigilia di Tutti i Santi.

Molte delle nostre feste o ricorrenze (anche quelle religiose come Natale, Pasqua) sono incardinate a riti e tradizioni di origine pagana.

Il 25 dicembre, per esempio, è in realtà la antichissima festa del Sol Invictus, collegata al culto del dio Mitra.

Le nostre più belle Chiese sono state costruite su antichi templi pagani.

Gli aspetti di natura commerciale hanno abbondantemente condizionato tutte le nostre feste, comprese quelle considerate religiose.

La Festa di Halloween è una della celebrazioni più sentite e diffuse in tutto il mondo.

Per curiosità culturale, questa è la storia delle manifestazioni della notte di Ognissanti, con riti presenti da secoli anche sul territorio italiano.

Alcune ricerche in proposito raccontano che in varie regioni viene celebrata dalla notte dei tempi.

Nel celebrare la commemorazione dei defunti, una tradizione vuole che i primi Cristiani, vagabondassero per i villaggi chiedendo un dolce chiamato “pane d’anima”, più dolci ricevevano e maggiori erano le preghiere rivolte ai defunti del donatore.

A Massafra in provincia di Taranto gli anziani raccontano che il 31 ottobre i morti di notte escono dal cimitero in processione e percorrono le vie del paese vecchio con il dito acceso a mo’ di candela. Se incontrano un passante che va al mattino presto a lavorare lo uccidono e lo portano con sé. Queste anime del purgatorio entrano nelle chiese per celebrare messa. Una leggenda narra che una volta un vivo entrò in chiesa e quando il prete si girò per la benedizione verso la navata, il vivo si accorse che non aveva il naso e solo allora fu sopraffatto dagli altri morti.

Le anime del purgatorio erano molto rispettate nelle case dei nonni. Oltre ad un’apposita preghiera pronunciata ogni giorno durante il Rosario, veniva loro riservato tutto l’anno un coperto vuoto a tavola, con tanto di sedia, forchetta o cucchiaio e tovagliolo. Le anime del purgatorio ritornano nel cimitero la notte dell’Epifania.

Vittorio Monaco, per quanto riguarda l’area Peligna e la Valle di Sulmona, raccolse diverse usanze, ispirandosi anche a quanto già scritto dal suo predecessore Antonio De Nino negli Usi e costumi abruzzesi, in Capetièmpe – Capodanni d’Abruzzo, Textus, L’Aquila 2011. Il volume in forma ciclica ripercorre le tradizioni dell’avvio di un periodo dell’anno, partendo dal Capetiempe dell’Ognissanti, arrivando all’Avvento di Natale, al Capodanno e all’Epifania, per concludere con Sant’Antonio abate e i riti della Santa Pasqua.

A SULMONA, si svolgeva il 2 novembre l’ufficio funebre più singolare, durato fino alla fine del 1800, il BANCHETTO FUNEBRE che ricordava la tradizione celtica e anche romana. La città seguiva “la processione” fino al cimitero dove si celebrava la messa e poi la baldoria. Questo rientrava in quella concezione secondo cui il defunto potesse godere ancora dei piaceri della vita sprigionati accanto a lui. I giovani, durante la notte, scarabocchiavano tibie e teschi con gesso bianco sulle porte delle case per dire che i morti erano stati lì quella notte, come riporta De Nino nel I vol. degli Usi abruzzesi, 1879, con un rito simile all’Halloween che oggi conosciamo, anche se il motivo era differente da quello goliardico e consumistico. Le antiche usanze sono riportate in una bellissima e lunga poesia di Francesco Simonetti: Sulmona nei riti religiosi, Angeletti, Sulmona, 1901, ritrascritta in Sulmona Città d’arte e di poeti, a cura di E. Mattiocco, G. Papponetti, Carsa, Pescara, 1996.

 


Fino agli anni ‘40 a PRATOLA PELIGNA, nella sera di Ognissanti, i ragazzi con il volto imbiancato di farina bussavano alle porte delle case.

21 novembre 2023

Bande abruzzesi: marce, sinfonie.

montaggio di Deo Bozzelli di S. Vito

Lato A
IL PALIO di G.- Donizetti

2° RAPSODIA UNGHERESE Banda "A. B. D'Annunzio", di Casalanguida

EST OVEST di Nicola Centofanti, Banda Città di Lanciano

ERNANI marcia dell'opera

SEMIRAMIDE - Sinfonia

ATAM di Lanaro, Banda "Abruzzo", Pescara

LA RITIRATA marcia militare

Lato B

FERRAGOSTO ALPINATE

FLORA

COME IL FUOCO Banda "Abruzzo" di Pescara

dalle SCENE ABRUZZESI di Camillo de Nardis, movimento "Pastorale"

IL PALIO di G. Donizetti

EST OVEST di Nicola Centofanti

MARINBELLI Banda Città dell'Aquila

ARMONIE D'ABRUZZO marcia di Nicola Centofanti, Banda Città di Lanciano

INGLESINA marcia caratteristica, Banda Abruzzo di Pescara

LA SCHERZOSA

PRIMAVERA

FIAMMA LATINA


montaggio di Deo Bozzelli, di S. Vito

Lato A

MARINELLI Banda Città dell'Aquila

CARTOLINA DA CONCERTO

VITA PUGLIESE marcia sinfonica di G. Piantoni

ATERNO marcia di Nicola Centofanti

PIERGIORGIO scherzo di C. Goggi

INGLESIAN

VERO BALLABILE

Lato B

2° RAPSODIA UNGHERESE

EST OVEST di Nicola Centofanti

MARCIA CARATTERISTICA di Nicola Centofanti

ARMONIE D'ABRUZZO di Nicola Centofanti

NINI' CAPRICCIOSA

13 novembre 2023

Vola Vola... dall'Abruzzo a Napoli. Canta Oslavio Di Credico, al piano Francesco Paolo Santacroce.


Le più belle canzoni italiane cantate dal baritono Oslavio Di Credico, accompagnato al pianoforte da Francesco Paolo Santacroce.
le canzoni:
LUNA D'ESTATE di Francesco Paolo Tosti
SOGNO di F.P. Tosti
CANTA LA SERENATA di F.P.Tosti
OH QUANTO IO T'AMEREI di F.P.Tosti
L'ALBA SEPARA LA LUCE E L'OMBRA di Gabriele d'Annunzio, F.P.Tosti
MARECHIARE di F.P.Tosti
SERENATA ALLEGRA di F.P.Tosti
POUR UN BAISER di F.P.Tosti
FIRST WALTZ di F.P.Tosti
SO...di Alfonso Cipollone
VOLA VOLA VOLA di Luigi Dommarco, Guido Albanese
PESCATORE E' PUSIELLECO di Ernesto Murolo
DICITINCELLO VUJE di E. Fusco, R. Falvo
GUAPPARIA di L. Bovio, R. Falvo
VOCE 'E NOTTE di E. Nicolardi, E. De Curtis
O SURDATO NNAMMURATO di A. Califano
ERA DE MAGGIO di S. Di Giacomo
SILENZIO CANTATORE di L. Bovio, G. Lama
O PAESE D'O SOLE di V. D'Anniballe
NA VOCE, NA CHITARRA di U. Calise
SERENATELLA A MEZZOGIORNO di O. Di Credico, F.P. Santacroce
NA MUSECA LUNTANA

1 novembre 2023

Amelio Pezzetta: La Chiesa, lo Stato, la vita sociale e religiosa in Abruzzo dall'Unità d'Italia al 1918.

La chiesa, lo stato, la vita sociale e religiosa in Abruzzo dall'Unità d'Italia al 1918

di Amelio Pezzetta

1.      Introduzione.

Il fine del presente saggio è la descrizione riassuntiva delle principali vicende riguardanti la vita sociale e religiosa in Abruzzo nel periodo storico considerato. Al fine di una piena comprensione di tali aspetti si ritiene opportuno iniziare la trattazione con l’esposizione di fatti di carattere generale.

  

2.          La politica ecclesiastica del nuovo stato unitario.

Nel 1860 i garibaldini conquistarono il Regno delle Due Sicilie che in seguito fu unito ad altri ex Stati della penisola nel Regno d'Italia. Il nuovo stato sovrano fu proclamato ufficialmente il 17 marzo 1861 senza comprendere il Lazio, il Veneto, il Trentino Alto Adige e la Venezia Giulia.

Nella politica ecclesiastica i primi governi unitari s’ispirarono al principio cavouriano "Libera Chiesa in libero Stato" che significava libertà d'azione della Chiesa nell'ambito dei limiti posti dalle leggi statali. Questa concezione vedeva prevalere gli interessi dello Stato su quelli della Chiesa e rivelava un’inversione di tendenza rispetto alla politica ecclesiastica perseguita dalla monarchia borbonica. Inoltre il liberalismo dello Stato Unitario ammetteva che l’autorità derivi dal popolo, un principio contrario alla diretta derivazione del potere da Dio. Questi principi e la volontà delle autorità italiane di annettere Roma con tutto lo Stato Pontificio erano una grave minaccia al potere temporale del pontefice che scomunicò i Savoia dopo l'occupazione piemontese dell'Umbria e delle Marche. Pertanto il nuovo Stato nacque all’insegna dei forti contrasti con la Chiesa che oltre alla scomunica ebbero per oggetto la richiesta della Curia Romana a tutto il clero di non collaborare con le autorità italiane. In seguito varie leggi anticlericali incrementarono ulteriormente l’irrigidimento dei rapporti con le autorità pontificie.

Nell’Italia meridionale le prime avvisaglie del nuovo rapporto tra Stato e Chiesa si ebbero durante la Dittatura e Luogotenenza con l’emanazione di vari decreti, mentre uno dei primi provvedimenti dello Stato Unitario su tale aspetto è stata una circolare del Segretario Generale del Ministero di Grazia e Giustizia e degli Affari Ecclesiastici emanata il 16 maggio 1861 che impose l’obbligo del regio exequatur per tutte le decisioni delle autorità ecclesiastiche di natura politica.

Il decreto luogotenenziale n. 248 del 17/12/1861 abolì il Concordato del 1818 tra la Santa Sede e i Borboni. Questa norma dimostra che la proclamazione dell’Unità d'Italia non comportò l'immediata abolizione degli ordinamenti preunitari, per cui prima che in tutte le regioni si affermasse una legislazione unica trascorsero vari anni e per un certo tempo nell'ex Regno delle Due Sicilie restarono in vigore varie leggi borboniche anche in materia ecclesiastica.

Il decreto n. 251 del 17/2/1861 di Eugenio Savoia-Carignano e le leggi del 2/10/1862 e n. 3848 del 15/10/1867 soppressero i benefici ecclesiastici, le cappellanie, i monasteri e gli ordini religiosi, tranne le congregazioni ritenute di pubblica utilità. Le soppressioni furono ispirate da varie finalità: equiparare tutte le confessioni religiose, affidare a organismi statali attività che un tempo erano riservate alla Chiesa e aumentare la circolazione dei beni ecclesiastici. Ai religiosi degli istituti soppressi fu lasciata la libertà di associarsi e continuare a professare la loro fede, come privati cittadini o in libere associazioni sottoposte alle leggi dello Stato. Le soppressioni non interessarono le parrocchie. Infatti, la legge n. 3848 del 15/10/1861 dispose che ne erano esenti i proventi e i benefici parrocchiali che al momento della loro fondazione avevano annesso la cura d'anime o l'obbligo di coadiuvare il parroco nell'esercizio del suo ministero.

Con la legge del 20/3/1865 il governo unitario dimostrò rispetto per il sentimento religioso popolare poiché prescrisse che, in mancanza di altri mezzi, le spese per il culto e la manutenzione delle chiese dovevano essere a carico dei Comuni.

Il Codice Civile entrato in vigore il 1° gennaio 1866 trasferì la tenuta dei registri dello stato civile dalle parrocchie ai Comuni; tolse ogni valore legale al matrimonio esclusivamente religioso; prescrisse il matrimonio civile obbligatorio per tutti i cittadini e che il funzionamento degli enti ecclesiastici fosse regolato da leggi statali.

Il 7 luglio 1866, al fine di risanare il bilancio pubblico fu promulgata una legge che aboliva gli istituti religiosi e prevedeva che i loro beni fossero incamerati dallo Stato.

Dopo il primo decennio unitario, sotto la spinta dei parlamentari più credenti, l'acceso anticlericalismo si allentò e fu adottato un atteggiamento più conciliante con la Chiesa.

Nel 1871 il governo italiano, dopo aver cercato una soluzione concordata con le autorità pontificie, decise di regolare unilateralmente i rapporti tra Stato e Chiesa e tentare una riappacificazione con la Curia Romana. Tale esigenza era dettata dal credo religioso delle autorità politiche nazionali, la volontà di rendere esecutivo il principio della libera Chiesa in libero Stato e la consapevolezza che l'appoggio ecclesiastico avrebbe contribuito al mantenimento dell'ordine pubblico. Di conseguenza il governo promulgò la "Legge delle Guarentigie” che riconosceva al papa la libertà d’esercizio della funzione di capo della Chiesa, il suo magistero spirituale e la sovranità sui palazzi del Vaticano, il Laterano e la villa di Castel Gandolfo. Inoltre nel bilancio dello Stato fu iscritta una cospicua dotazione annua per il mantenimento della corte papale. Nello stesso anno il governo rinunciò alla "Legazia apostolica" per la Sicilia che risaliva ai Normanni[1] e abolì: 1) l'exequatur e il regio placet per la pubblicazione ed esecuzione degli atti delle autorità ecclesiastiche; 2) il ricorso "ad principem", la facoltà concessa alle persone fisiche di ricorrere all'autorità statale contro gli atti delle autorità ecclesiastiche.

Nel 1876 con la legge n. 3184 del 30 giugno fu regolamentato e laicizzato l’istituto del giuramento pubblico che nella nuova concezione non impegnava la coscienza individuale davanti a Dio.

Un altro tema affrontato dai governi post-unitari fu la questione della pubblica beneficenza che fu considerata un'attività da regolare con enti e leggi statali poiché un fine dello Stato era di contribuire al miglioramento delle condizioni morali e materiali dei propri sudditi. A tal proposito le leggi n. 75 del 3 agosto 1862 e n. 6972 del 17 luglio 1890 autorizzarono la fondazione delle Congregazioni di Carità in ogni Comune del Regno. Questi nuovi enti ebbero in assegnazione: i beni degli enti ecclesiastici soppressi, l'amministrazione delle rendite delle cappelle laicali, l'acquisto e il pagamento per i poveri del proprio Comune di medicinali, oggetti di vestiario e altro.

La legge n. 4727 del 14 luglio 1887 consentì l'affrancamento dei contadini dalle decime dominicali e dalle altre prestazioni fondiarie perpetue dovute alla Chiesa e ai laici. In questo modo fu abolito il principio medioevale che considerava inalienabili i beni ecclesiastici a vantaggio di una loro maggiore circolazione. La promulgazione della legge tuttavia non produsse un immediato affrancamento delle rendite fondiarie per cui in moltissime località, solo molto lentamente i contadini iniziarono ad avvalersi di questo diritto.

Con la legge n. 6144 del 3 giugno 1889 si sottoposero a precisi limiti i modi di esecuzione delle processioni, le cerimonie sacre e le questue fatte all’esterno degli edifici di culto.  


31 ottobre 2023

La Marsica e i riti di Ognissanti.

 

Popolazione in preghiera nel cimitero di Carsoli (1900/1910) © ICCD

Nel libro di Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi dal titolo “Halloween: nei giorni che i morti ritornano” il capitolo sull’Abruzzo si apre così: Il folklore abruzzese e molisano è molto ricco di materiali che riguardano la nostra ricerca. Partiamo dalla credenza che i morti tornino nella dimensione terrena nella notte tra l’1 e il 2 novembre, raggiungendo le loro vecchie case (spesso processionalmente, in schiere dove morti «buoni» e morti «cattivi» occupano posizioni diverse e distinte), e dai riti di accoglienza a loro tributati, non privi di pericoli, e quindi di precauzioni e di forti timori.

A questa introduzione i due autori fanno seguire numerosi estratti dalle fonti storiche, in particolare quelli raccolti da Antonio De Nino e Gennaro Finamore nei loro celebri volumi dedicati agli usi e costumi abruzzesi. Nel capitolo di Finamore dedicato a Ognissanti è contenuta una storia ambientata a Pescina, in cui si intuisce perfettamente la commistione tra sacro e profano:

La messa de’ Morti, preceduta dall’ufficio, è celebrata dal parroco molto per tempo, per modo che al far del giorno la lunga funzione è terminata. Tutti coloro che hanno antenati sepolti nella chiesa in cui si celebrano gli uffizi, vanno o mandano ad accendere candele sulle sepolture; onde in nessun’altra festa dell’anno tutta la chiesa è così variamente e fantasticamente illuminata. Ma, prima che dai vivi, il divino uffizio è celebrato dai morti. Una fornaia, che non sapeva questo, alzatasi di buon’ora, andava ad accendere il forno. Nel passare davanti a una chiesa, che vide illuminata, credette che vi uffiziassero, ed entrò. La chiesa era illuminata e piena di popolo. Inginocchiatasi, una sua comare, già morta, le si avvicina e dice: «Comare, qui non stai bene; va via. Siamo tutti morti, e questa è la messa che si dice per noi. Spenti i lumi, moriresti dalla paura a trovarti in mezzo a tanti morti». La comare ringraziò, e andò via subito; ma per lo spavento perdette la voce. (Pescina)

Credenze usi e costumi abruzzesi raccolti da Gennaro Finamore (1890)

In una piccola pubblicazione realizzata attraverso il contributo degli alunni dell’ultimo anno delle Scuole Medie C. Corradini di Avezzano nel 1988, si può leggere una testimonianza sui riti di Ognissanti nella Marsica. Molto interessante il rapporto con il fuoco del camino, spesso presente in altre fonti abruzzesi.

Tutti i morti

Una volta si usava nelle nostre parti cucinare abbondantemente nelle festività di Ognissanti in modo che il cibo che restava dopo il pranzo e la cena veniva messo in vari piatti ed esposti durante la notte sui balconi e nelle finestre del camino chiamate “buscelle”. Si diceva che i morti sarebbero tornati una volta l’anno, proprio nella notte fra il primo e il due Novembre, ed avrebbero partecipato al pranzo. Per tutta la notte dunque i più famosi mangiatori del paese erano occupati a fare delle scorpacciate con la legittima soddisfazione di chi, svegliandosi al mattino e trovando i piatti puliti, erano convinti che la sua casa fosse stata visitata dai parenti defunti. Nelle antiche case dove si accendeva il fuoco nel camino, si usava ogni sera coprire i carboni accesi con le ceneri in modo che al mattino i tizzoni restassero ancora accesi. La sera del primo Novembre, invece, i tizzoni venivano tutti spenti. Il fuoco è simbolo di vita ed è per questo che, almeno una volta l’anno, veniva soffocato come estinzione della vita stessa.

Si diceva che… Motti, proverbi, usi e costumi illustrati dagli alunni della III F – Scuola Media C. Corradini Avezzano 1988.

Ne “I racconti di Angizia” di Giuseppe Pennazza (1921), l’autore immagina di avere un dialogo costante con la Dea Angizia: insieme a lei ricorda le tradizioni scomparse e gli antichi usi delle famiglie di Avezzano e dintorni. Nel capitolo intitolato “Novembre” viene fatta una breve rassegna delle tradizioni nel giorno dei morti.

Ho incontrato Angizia e mi ha fatto paura. Essa era ammantata di nero.
– Dove vai? Che fai fuori di casa, solo, a quest’ora?
– Vado in cerca dei Morti: domani è la loro festa.
– Credulo e superstizioso come tutta la tua razza! Scommetterei che anche tu, questa sera, metteresti alla porta della tua casa il lume coperchiato con una zucca vuota e coi soliti fori da somigliare occhi e naso di teschi; anche tu non toccheresti in questa sera la catena del camino per non disturbare i morti nella loro quiete; anche tu, come i monelli, anderesti a picchiare a tutte le porte delle case per avvertire che è resuscitato un morto della famiglia.

L’utilizzo della zucca come elemento simbolico è molto presente nelle tradizioni della Festa di San Martino. Sempre da Finamore:

Nel Pescarese e in alcuni paesi dell’Aquilano, come Balsorano, i ragazzi portano ancora in giro, su una specie di barella, una zucca svuotata, con i fori degli occhi, del naso e della bocca, con due corna colorate e una candela accesa dentro; si fermano dinanzi agli usci delle case e delle botteghe cantando: «S. Martino, S. Martino».

Antonio De Nino nel suo Usi e costumi abruzzesi (1879) dedica un intero capitolo alla simbologia delle zucche dal titolo Illuminazione con le zucche:

In Ortucchio, alla vuota zucca si fanno dei buchi a forma di occhi, bocca e naso.
Dentro vi si adatta una candela. Nel cocuzzolo si legano due corni più o meno lunghi.
L’ operazione si compisce con infilare a un palo la cornuta zucca.
Fatto notte, si accendono le candelette di questi strani lanternoni (forse i cerei dei saturnali), e si gira per paese al grido di “Viva San Martino! Viva le corna!”
E io con un corno vi caverei un occhio! se mi fosse lecito.

Nell’intero territorio abruzzese sono moltissime le storie legate al culto dei morti. Uno dei testi più importanti e suggestivi è sicuramente quello di Vittorio Monaco dal titolo “Capetièmpe – Capodanni in Abruzzo”, recentemente ristampato dalla Textus Edizioni. Le suggestioni della festività risuonano anche nei versi di Gabriele D’Annunzio e nel capolavoro di Francesco Paolo Michetti – La raccolta delle zucche, dove un teschio in primo piano si confonde tra i raccoglitori, sospesi in un’atmosfera magica.

Su le tegole brune riposano enormi
zucche gialle e verdastre, sembianti a de’ cranii spelati,
e sbadiglian da qualche fessura uno stupido riso
a ’l meriggio.

Gabriele D’Annunzio – Ottobrata (Versi d’amore e di gloria, Mondadori Meridiani, Milano 2004)

La Raccolta delle Zucche – Francesco Paolo Michetti (1873)

Zucche nel Convento Michetti fotografate da Francesco Paolo Michetti © ICCD

Da: PiccolaBibliotecaMarsicana.it