Pagine

Visualizzazione post con etichetta Orsogna. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Orsogna. Mostra tutti i post

16 ottobre 2022

Le pitture dei Bravo di Atessa.

Ettore Bravo, Incredulità di San Tommaso, chiesa madre di Perano
 
Le pitture dei Bravo di Atessa

di Angelo Iocco

Dopo il periodo glorioso dei Falcucci, scultori di statue per le chiese e congreghe attivi tra ‘800 e primo decennio del ‘900, Atessa ebbe un’altra bottega, certamente minore, e forse anche in vari aspetti scadente, ma che ebbe successo presso le parrocchie dei piccoli paesi del chietino. 
Il capostipite fu Pasquale Bravo, attivo tra fine ‘800 e primi anni del ‘900, restauratore di statue, e costruttore di nuovi simulacri per devozione popolare, e per commissione. Come artigiano è riconoscibile per il suo gusto kitch, per usare un eufemismo; nell’area tra le contrade di Atessa, Paglieta, Casalanguida, vediamo statuette di San Vincenzo Ferrere e Sant’Antonio abate realizzate per devozione popolare, datate tra il 1910 e il 1911. C’è veramente poco da dire sulla realizzazione plastica, sul volto rotondo come una palla da ping pong, sugli occhietti appena accennati, oscuri e anonimi come le oscure sfere dei buchi oculari di un pescecane! Il problema di Pasquale Bravo senior, come è stato rilevato, fu che venne chiamato a ristrutturare delle statue antiche, oltre a costruirne di nuove, e alcune le rovinò irrimediabilmente, come nel caso delle statue della chiesetta dei Santi Vincenzo e Silvestro in contrada Montemarcone di Atessa. Restaurò anche delle belle statue dei Falcucci, grattandone via il colore, oppure massacrando con del beverone di stucco la statua della Beata Vergine Maria della Selva nel santuario dell’Assunta di Castel Frentano, risalente al XIV sec. Statua fortunatamente restaurata di recente. 
Ennio Bravo, cugino di Gennaro, figlio di Pasquale, continuò l’attività, dedicandosi soprattutto alla pittura per le chiese, a realizzare quadri o pitture murali, o anche nell’ultima fase, negli anni ’80, statue intagliate da Gennaro. 
Pasquale Bravo, se è considerato bocciato nella scultura, nell’ultima fase della vita, quando dipinse negli anni ’30 e ’40, raggiunse un livello almeno mediocre. I suoi soggetti erano ispirati al gusto neoclassico, ma un neoclassicismo esageratamente illuminato, tipicamente tardo ottocentesco, delle stampe devozionali che andavano girando per i santuari. I dettagli non sono molto precisi, le figure sembrano statiche e senza tridimensionalità, gli occhi noiosamente rivolti sempre verso l’alto in contemplazione, senza originalità. Non c’è chiesa di Atessa che non abbia qualche suo quadro, la chiesa dell’Addolorata, il Duomo, secondo altare di sinistra nella terza navata, frutto dell’ampliamento ottocentesco dell’impianto, la chiesa di Santa Croce, la chiesa della Madonna della Cintura, la chiesa di San Rocco, con una brutta copia del quadro seicentesco di Felice Ciccarelli atessano, della Beata Vergine del Carmelo. E anche nei dintorni di Atessa Pasquale dipinse, ora a Perano per la chiesa madre, producendo altre due tele devozionali per i lati dell’altare maggiore, ad Archi, a Montazzoli, a Tornareccio, e si spinse anche in qualche altro paese della media valle del Sangro, come Bomba o Villa Santa Maria. 
I figli Pasquale ed Ettore Bravo, attivi negli anni ’20 e ’50, continuarono l’attività paterna, estendendo il campo alla pittura murale, a volte riempiendo letteralmente la chiesa di loro opere. Non si scostarono molto dal soggetto di scene bibliche corali, dalle tinte molto chiare, di quell’inconfondibile gusto roseo, quasi da chiesa Mormonista, ossia uno stile falso-antico, che in Abruzzo continuava ad essere riproposto anche in epoca di trasformazioni artistiche nel secondo dopoguerra (si vedano i cantieri religiosi di Pescara, si vedano le pitture di Peppe Candeloro a Lanciano, in cui lui “trasponeva il classico nel contemporaneo” sulla base del modello di Michelangelo), e che verrà spazzato via qualche decennio dopo. I fratelli Bravo furono attivi in quelle chiese che o erano prive di arredi sacri a causa della povertà, o che erano state appena ricostruite dopo le distruzioni belliche. La loro opera più interessante è il cantiere della chiesa madre di San Nicola di Orsogna, appena rinata dalle ceneri della furia devastatrice dei cannoni e dei mortai. La chiesa è un tipico esempio di ricostruzione ex novo del Genio Civile di Chieti, un falso antico, completata nel 1952, come recita una iscrizione appena entrati, a monito e memoria. 

Orsogna, chiesa di S.Nicola, catino absidale con dipinti dei Fratelli Bravo, 1952 c.

I Bravo furono chiamati a indorare il catino absidale, mostrando la scena dell’Agnus Dei, di Cristo che è l’Alfa e l’Omega, con il Sacrificio dell’Agnello, e sullo sfondo la città di Gerusalemme. Anche la seconda delle due cupole della navata unica, fu dipinta dai Bravo, con scene bibliche dell’Antico e Nuovo Testamento, e ai quattro pennacchi, il solito Tetramorfo degli Evangelisti; un lavoro però realizzato abbastanza bene, che verrà ricordato. 
Ennio Bravo, che lavorò in proprio, è il migliore della famiglia nel disegno, è l’unico che fa assumere espressione e gravità ai suoi soggetti, tra i più belli, il San Tommaso della chiesa matrice di Perano. 
Gennaro continuò l’attività dei Bravo, scolpendo e dipingendo statue, di fattura appena sufficiente, e sarà lui il maestro del pittore di Atessa che attualmente la rappresenta, il prof. Gaetano Minale di Agnone.

Mosè e il vitello d’oro, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna

Caino uccide Abele, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna



Il sogno di Giacobbe, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna



Mosè  e i 10 Comandamenti, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna


La bottega Bravo di Atessa
Da: Abruzzo Forte e Gentile 95

20 settembre 2022

Canzoni Abruzzesi del Coro La Figlia di Jorio di Orsogna, 1997.



Dal cd del Coro diretto dal M° Mario Tenaglia, con musiche armonizzate da Franco Potenza, 1997.
Marì canzonetta del 1923 di Attilio Bartoletti 
La Jerve a lu cannete, popolare 
Muntagne addije di Franco Potenza 
La Tresche di Giulio Sigismondi, Gaetano Silverii 
Lu tempe di Cajine di Aldo Aimola, Franco Potenza 
Lu Fazzole di Plinio Silverii, Franco Potenza 
Mare maje - Lamento della vedova, popolare 
Lu campanile di lu Paese me' di Cicchitti e Ceccarani 
Ninna nanna abruzzese di Cesare de Titta, Camillo de Nardis
Aria marine, ari di muntagne (Bbone Ursogne) popolare.

8 settembre 2022

Plinio Silverii, Li mojje di li 'mirichène, commedia teatrale abruzzese.

Plinio Silverii, La Stuculatura, commedia teatrale abruzzese, 1995.

Da: Abruzzo Forte e Gentile 95

Associazione culturale Il Teatro di Plinio Orsogna presenta: LA STRUCULATURE commedia abruzzese in 3 atti di PLINIO SILVERII, canzoni scritte da Plinio Silverii e Fernando D'Onofrio, rappresntazione al Theate Center - Chieti, 1995.
Il termine deriva dallo strumento usato dalle antiche massaie per lavare i panni una
volta, grattando l'acqua e lo sporco...e i brutti pensieri!

29 agosto 2022

Plinio Silverii, "Lu sfullamente", commedia teatrale, 1995.

Plinio Silverii, "Lu sfullamente", commedia teatrale, 1995.

Associazione Il Teatro di Plinio, Orsogna, presentazione della commedia-dramma in 3 atti LU SFULLAMENTE di Plinio Silverii, registrazione al teatro di Orsogna del 1995, che ricorda quei tristi momenti dell'occupazione tedesca di Orsogna durante la guerra, e il martirio con i bombardamenti degli americani, mentre gli orsognesi sono costretti a vivere sfollati nelle grotte durante il gelido inverno del 1943; per poi ritornare a primavera 1944 tra le macerie di un paese che non c'è più.
Da: Abruzzo Forte e Gentile 95

26 aprile 2022

Don Felice Mola e Federico Mola, due illustri orsognesi.

Don Felice Mola

Don Felice Mola e Federico Mola, due illustri orsognesi
di Angelo Iocco

Il piccolo paese di Orsogna vanta illustri personaggi, dallo storico Beniamino Costantini, con il fratello Pio e il nipote Altomonte, ad Achille Rosica Ministro dell’interno durante il Regno Borbonico, da don Camillo de Nardis a Domenico Ceccarossi, a Plinio Silverii.
Qui vogliamo parlare dell’illustre casato dei Mola e dei suoi figli più noti. Don Felice Mola nacque a Orsogna nel 1824 da Salvatore Mola e Celeste Iocco, ricevette i primi rudimenti nella scuola parrocchiale di don Ignazio de Innocentiis e dallo zio Antonio Iocco, e benché vivesse in un paesino, che all’epoca vantava appena la strada del tratturo per arrivare a Ortona, Chieti o Lanciano, il Mola formò il suo pensiero sulle basi dei filosofi d’Oltralpe, da Rousseau al Gioberti, formando dunque uno stile di vita liberale, benché destinato a prendere i voti. Difatti nei Moti del 1848, Mola fu attivo nella sua Orsogna, partecipando a riunioni presso il Caffè Casino nel Largo Mercato, quando il 30 ottobre dell’anno ci fu anche una sommossa a Chieti, il Mola fece intonare una messa funebre nella chiesa per la Casata Borbonica. Nel Caffè del padre Salvatore Mola, anche lui convinto liberale, si riunivano vari intellettuali orsognesi, come don Ermenegildo Parlatore, altro cognome illustre per Orsogna, i cui figli più eminenti furono don Livio Parlatore e lo scultore Modesto Parlatore, e il bandista Ireneo. Don Felice però pagò la sua insubordinazione, tanto che venne redarguito dall’Arcivescovo di Chieti Mons. Saggese, e passò un periodo breve di carcerazione al convento della Madonna Addolorata di Castellammare Adriatico oggi Pescara Colli. Nel 1860 durante le nuove sommosse antiborboniche, il Mola, fermo nel suo pensiero liberale, ma contro la violenza, condannò i massacri, ma in quell’anno si recò a Chieti per accogliere il Re Vittorio Emanuele, in viaggio negli Abruzzi per arrivare da Castel di Sangro a Teano a incontrare Garibaldi.

23 ottobre 2021

Scultura abruzzese: intagliatori del legno a Orsogna, le botteghe dei Tenaglia, dei Salvini e Modesto Parlatore.

                                      

Scultura abruzzese: intagliatori del legno a Orsogna, le botteghe dei Tenaglia, dei Salvini e Modesto Parlatore.

di Angelo Iocco

Il paese di Orsogna provincia di Chieti, dal '400 dette testimonianza di grande maestria con gli intagliatori di statue; lo dimostra la Madonna di Orsogna che è conservata nella chiesa parrocchiale di san Nicola, e risale al XV sec.

La bottega dei Tenaglia, di cui i più famosi rappresentanti furono Luigi e Filippo detto "Santogino", fu attiva tra metà '700 e inizio '800, a Orsogna, e nei paesi dell'hinterland, come San Martino sulla Marrucina, Guardiagrele, Filetto, Lanciano, ma anche Atessa e Moscufo, dove erano richieste le statue in cartapesta e intagliate in legno di questa bottega.

Statua di S.Giuseppe di Luigi Tenaglia, 1805,  San Martino sulla Marrucina.













Abbiamo testimonianze anche degli intagliatori Salvini, nelle persone di Modesto e Taddeo; il primo era specializzato soprattutto nella realizzazioni di pergami o pulpiti lignei, come quello di san Rocco a Guardiagrele, di san Francesco a Chieti, di San Francesco a Lanciano; Taddeo invece era più espero nei progetti architettonici dei teatri d'opera borbonici, suoi sono i progetti dei teatri di Chieti, Lanciano, Vasto, Taranto.

Infine abbiamo Modesto Parlatore. Modesto Parlatore (Orsogna, 5 marzo 1849 – Roma, 6 marzo 1912) è stato uno scultore e architetto italiano. Nel 1870 Parlatore ottenne un finanziamento dalla città di Orsogna per studiare a Roma e si iscrisse all'Istituto delle Belle arti con il professor Tito Angelini. Lì si dedicò alla scultura e all'architettura. A Roma fu incoraggiato dal pittore Annibale Angelini. In questi primi anni scolpì ed esibì opere come Busto di vedova, Busto di anziano, un Busto del re Umberto in bronzo e uno del Generale Garibaldi. Nel 1877 ricevette il suo primo premio per un'opera in mostra a Ginevra, in Svizzera. Completò dei progetti, mai realizzati, per un Monumento all'Eroe di Caprera (Garibaldi) da erigere a Chieti in piazza San Giustino e per un Monumento a Quintino Sella.

Lavorò come architetto in numerosi restauri e prestò servizio in alcune commissioni per esaminare progetti di monumenti, tra cui quella che si doveva occupare di un monumento a Vittorio Emanuele II che venne poi eretto a Spoleto.

Tuttavia, poiché si era lamentato della possibile corruzione nel processo di selezione, venne escluso dalle commissioni a Roma. Nel XXI secolo una serie di opere e modelli donati dal Parlatore alla sua provincia furono raccolti in una dépendance del Museo Orsognese Arte Musica, situato nella Torre di Bene a Orsogna. Per il paese natio, Parlatore realizzò il paliotto d'altare di San Rocco con una veduta di Orsogna, ma questo fu trafugato nel 1946 dalla chiesa.

Tra le sculture ci sono quattro statue di stucco a grandezza naturale: La Sorpresa, Il Ravvedimento, Il Fromboliere e Vir Plebeus ad Forum. Ci sono anche un bassorilievo in stucco raffigurante San Rocco tra gli appestati, uno scudo araldico della città di Guardiagrele, e dieci mezzi busti in bronzo, stucco e terracotta.

Parlatore scolpì anche una targa dedicata ai soldati italiani caduti durante la Guerra d'Eritrea (Monumento ai Caduti di Saati e Dogali), situata vicino alla Chiesa di Santa Chiara di Lanciano, dove prima si trovavano caserme per il contingente poi morto nel conflitto.

14 maggio 2021

Domenico Ceccarossi, un grande musicista.

Domenico Ceccarossi e il suo corno francese

Domenico Ceccarossi è nato ad Orsogna (CH) il 19 novembre 1910. Ha iniziato lo studio del corno nella Banda cittadina e lo ha continuato da autodidatta. Nel 1931 è entrato a far parte dell'orchestra sinfonica dell'EIAR di Milano ed è poi passato all'EIAR di Torino. Nel 1939 Bernardino Molinari, direttore dell'orchestra dell'Accademia Nazionale di S. Cecilia in Roma, lo chiamò ad occupare il posto di altro primo corno e vi è rimasto fino al '44. Nello stesso anno gli fu offerta da Riccardo Zandonai la cattedra di corno nel conservatorio di musica "G. Rossini" di Pesaro al "S. Cecilia" di Roma, dove rimase fino al '76. Divenne un compositore, concertista e didatta di fama internazionale, anche autore di trascrizioni e revisioni di musiche cornistiche (Cherubini, Mercadante, Rossini).
Nel 1965 ricevette il "Disco d'oro" della critica discografica italiana per aver inciso dei concerti di Mozart, Haydn e Cherubini realizzata dall'Angelicum.
Molti sono stati i compositori che hanno scritto per lui e per il suo Trio (corno, soprano e pianoforte). E' stato lui ad introdurre per la prima volta il "recital" nella storia del corno.
I suoi dischi sono editi di case discografiche italiane, americane e giapponesi.
Ci ha lasciati per sempre nel gennaio del 1997 e tra le sue ultime volontà quella di essere sepolto nel cimitero della sua Orsogna.
Il corno magico di Domenico Ceccarossi

La sua musica: 


DOMENICO CECCAROSSI - Lorenzo Cherubini, Sonata No. 2 in F Major in due variazioni


Domenico Ceccarossi esegue GIOACCHINO ROSSINI Preludio, tema e variazioni per corno e pianoforte.



La discografia: http://www.profesnet.it/ceccarossi/discog.htm



1) Fonit-Cetra /CB 20540-20541: Mozart, Concerto K.495 - 1951

2) Angelicum / LPA 965: Mozart, Quintetto K.407 - 1956

3) Angelicum / LPA 1057: Mozart, Concerti K.412 e K.447 - 1956

4) Angelicum / LPA 1058: Mozart, Concerti K.417 e K.495 - 1956

5) Angelicum / LPA-R 1803: Rossini, Preludio, tema e variazioni - 1960

6) La voce del padrone / QALP 10225: Concerti di Vivaldi (I Virtuosi di Roma) - 1960

7) Angelicum / LPA 5937: Mozart, Beethoven, Rossini, Schumann, Ceccarossi - 1963

8) Angelicum / STA 8937 (ristampa) - 1973

9) Angelicum / LPA 5964: Concerti di Mozart, Haydn, Cherubini - 1965

10) Ars Nova VST 6223 (ristampa) - 1982

A Ceccarossi: "Giorgio Vigolo ringrazia delle mirabili incisioni di Mozart, Cherubini, Haydn col Wunderhorn del maestro Ceccarossi, ineguagliabile. Roma 14 gennaio 1965".

11) Campi / SCG 11007: Mozart, Concerti K.371, K.412, K.495 - 1967

12) Record Horn Magic / DC 191110/1: R. Strauss, Concerto n. 1 e n. 2 - Alain Weber, Concertino - 1969

13) Record Horn Magic / DC 191110/2: Concerti di Agthe e Bucchi - 1969

14) RCA / SL 20257: Danzi, Poulenc, Cortese, Dukas, Busser - 1970

15) RCA / MLDS 20258: Donizetti, Margola, Mortari, Gervasio, Schubert, Krol (Trio Ceccarossi) - 1971

16) AF / Audio Fidelity Records / FCS 50037 (U.S.A.): Concerti di Haydn, Mozart, Cherubini - 1971

17) Seven Seas Vanguard / SR 5214 (Giappone): Concerti di Haydn, Mozart, Cherubini, Beethoven, Schumann, Rossini, Ceccarossi - 1972

18) Pentaphon / MCF 15003: Mozart, Concerti K.371, K.407, K.412, K.417 - 1973

19) Pentaphon / MCF 15004: Mozart, Concerti K.447, K.495 - 1973

20) Pentaphon / MCF 15005: Concerti di Mercadante, Savagnone, Rusconi - 1973

21) Musical Heritage Society / MHS 1808 (U.S.A.): Mozart, Beethoven, Rossini, Schumann, Ceccarossi - 1974

22) Angelicum / STA 9044: Trio di Brahms e Sonata di Hindemith (1943) - 1975

23) Pentaphon / MCF 15006: "Il corno magico di Domenico Ceccarossi" Sonate di Hindemith (1939), Rota, Renzi, L. Chailly - 1976

24) Musical Heritage Society / MHS 3362 (U.S.A.): Concerti di Mercadante, Savagnone, Rusconi - 1976

25) Pentaphon / MCB 15007: Trii di Brahms e Dussek (Domenico Ceccarossi, corno; Cristiano Rossi, violino; Antonio Bacchelli, pianoforte) - 1976

26) Musical Heritage Society / MHS 3579/80 (U.S.A.): Mozart, Concerti K.371, K.407, K.412, K417 - 1977

27) Musical Heritage Society / MHS 3579/80 (U.S.A.): Mozart, Concerti K.447, K.495 - 1977

28) Musical Heritage / MHS 3579/81 (U.S.A.): "The Magic Horn Domenico Ceccarossi" - 1977

29) Classico Records (distr. Ricordi) CO LP 3603: Ceccarossi, Dieci Capricci per corno - 1977

30) Musical Heritage Society / MHS 3815 (U.S.A.): Ceccarossi, Ten Caprices for Horn - 1977

31) Classico Records (distr. Ricordi) / CO LP 3604 "Contemporanea": Casagrande, Prosperi, Sulpizi, Macchi - 1978

32) Pentaphon / MCF 15009: "Domenico Ceccarossi e i Contemporanei - Vol. I": Lolini, Benvenuti, Castaldi, Ferrari - 1978

33) Ars Nova / VM 55466 (distr. Dischi Ricordi), "Gli strumentisti - Il corno": Beethoven, Mozart, Schumann, Rossini - 1980

34) Pentaphon / MCF 15011: Ceccarossi, Dieci Preludi per corno - 1982

35) Pentaphon / MCF 15013, "Domenico Ceccarossi e i contemporanei - vol. II": Gentile, Lolini, Renosto, Zafred - 1983

36) Pentaphon / MCF 15015, "Domenico Ceccarossi e i Contemporanei - vol. III": Ferrari, Guaccero, Lolini, Zafred - 1983

I CD

37) Pentaphon / CDS 062, "Domenico Ceccarossi plays Wolfgang Amadeus Mozart": Rondo'-Concerto K.371 - Concerto K.412 - Concerto K.417 - Concerto K.447 - Concerto K.495 - Quintetto K.407 - 1994

38) Pentaphon / CDS 066, "The Magic Horn of Domenico Ceccarossi - I contemporanei - Vol. 1": Ruggero Lolini - Paolo Renosto - Ada Gentile - Mario Zafred - Domenico Guaccero - Giorgio Ferrari - Paolo Castaldi - 1994

39) Pentaphon / CDS 067, "The Magic Horn of Domenico Ceccarossi - I contemporanei - Vol. 2": Arrigo Benvenuti - Giorgio Ferrari - Mario Zafred - Ruggero Lolini - 1994



Case discografiche

ANGELICUM - Piazza S. Angelo, 2 - 20121 MILANO

ARS NOVA (ed. SCIASCIA) - I.M.I. International of Italy, via Marche 34 - 20090 PIEVE EMANUELE (MI)

CAMPI - Via Virgilio 8 - 00193 ROMA

EMI / LA VOCE DEL PADRONE - Viale dell'Oceano Pacifico 46 - 00144 ROMA

MUSICAL HERITAGE SOCIETY - 14 Park Road - TINTON FALLS, New Jersey 07724 (U.S.A.)

PENTAPHON (Beat Records Company) - Via Eleonora Duse 30 - 00197 ROMA

SEVEN SEAS VANGUARD - KING RECORD - 12,2 chome, Otowa, Bunkyo-ku - TOKIO (Giappone)



3 aprile 2021

Elisabetta Mancinelli, La quaresima e la Pasqua in Abruzzo.

Elisabetta Mancinelli, La quaresima e la Pasqua in Abruzzo.

LA QUARESIMA E LA PASQUA IN ABRUZZO
di Elisabetta Mancinelli
La Quaresima, secondo le credenze cristiane, è il periodo preparatorio di astinenza e digiuno della durata di quaranta giorni che inizia il mercoledì delle Ceneri e si conclude con l’ultima settimana detta Santa, ricca di celebrazioni e dedicata al silenzio e alla contemplazione.
Per la gente d’Abruzzo il periodo pasquale è dedicato alla pacificazione e al rinnovo spirituale per questo motivo segue, per atavica tradizione, un complesso di cerimonie e usanze.
Molti sono gli usi e costumi legati a questo periodo. Le consuete pulizie di Pasqua: spazzare la polvere, la fuliggine, la sporcizia in genere, significa per gli Abruzzesi scacciare dalle case anche il male e i malanni. Il Precetto Pasquale, con la confessione e la comunione, era un’altra prerogativa di devozione della gente d’Abruzzo. Ai riti ufficiali, si aggiungono diverse usanze, secondo la loro cultura e mentalità.
Per la purificazione spirituale, concorrono i due elementi principali: l’acqua e il fuoco. I nostri contadini usavano mettere l’acqua benedetta in tutte le vivande, che si preparavano a Pasqua, mentre la parte rimanente era sparsa per casa con un rametto di ulivo benedetto, quando si “scioglievano le campane”. Alcuni usavano berne un mezzo bicchiere, dopo aver mangiato due uova sode, che rappresentano ancora oggi la particolare colazione della mattina di Pasqua . Altri usavano strofinarsi l’acqua benedetta in alcuni punti del corpo, perché ritenuta curativa di febbre, mali di pancia, malie e fatture. Proprio per questo, all’atto della benedizione delle case, sul tavolo, ove si deponeva l’offerta di uova e altro per il sacerdote, non poteva mancare un vassoio con l’acqua da far benedire.
Nella tradizione Abruzzese, e Peligna in particolare, grande importanza riveste l’uso del fuoco, che si ritrova anche in altre ricorrenze. In alcuni paesi si accendevano fuochi nei piazzali delle chiese la notte del Sabato Santo, e ognuno riportava a casa qualche carbone benedetto, per riaccendervi il fuoco il giorno successivo. I resti del fuoco santo erano utilizzati, spargendoli insieme alle ceneri intorno alla casa, oppure in campagna, per allontanare dalle proprietà i malanni e i danni delle tempeste. Si usava, talvolta, mettere un po’ di cenere del fuoco nuovo nell’acqua, per cuocere la minestra oppure come rimedio contro il mal di gola. In pratica il sacro fuoco pasquale aveva il carattere di purificazione ed anche una forza taumaturgica.
Tra dei rituali, la tematica della “Corsa”, elemento profano ereditato dal paganesimo. Seguendo il tragitto della corsa, dopo che la Madonna perde il mantello nero, da cui come per incanto scaturiscono colombe bianche, che volano verso il figlio risorto, i contadini abruzzesi sono soliti trarre buoni o cattivi auspici per l’annata agraria e per la vita quotidiana. Tutto il patrimonio di credenze e usanze descritte risponde al duplice scopo di estirpare il male fisico e morale, accumulatosi durante l’anno e di auspicare la prosperità e l’abbondanza, per il nuovo ciclo che si apre.

PASQUA


La Pasqua, che deriva dal latino ‘pascha’ e dall’ebraico ‘pesah’, è una delle più importanti festività della liturgia cristiana perché celebra la passione, la morte e la resurrezione del suo Messia Gesù Cristo che, sacrificando la propria vita, ha lasciato un grande messaggio di amore, di fraternità e di solidarietà.

LE CELEBRAZIONI


La processione del Venerdì Santo è l'evento principale della Pasqua all'Aquila e ricorda la passione e la morte di Gesù. Alle 19 il corteo, che segue la statua del Cristo morto, esce dalla Basilica di San Bernardino, sulle note del Miserere e si snoda per le vie del centro storico per rientrare, dopo un'ora, in Basilica dove viene celebrata la funzione. I pesanti simboli della passione di Gesù, che accompagnano la statua del cristo morto, sono stati realizzati dal pittore e scultore aquilano Remo Brindisi.


Una delle celebrazioni più suggestive d’Abruzzo si svolge a Chieti il giorno del Venerdì Santo: la Processione del Cristo Morto. Di origini medievali, la manifestazione è curata nel suo allestimento solenne dall'antica Arciconfraternita del Sacro Monte; i partecipanti vestiti a lutto procedono seguendo il ritmo scandito dalla “troccola”, uno strumento di legno che, durante la Settimana Santa, sostituisce le campane. Viene poi cantato il “Miserere”.

Ma rappresentazione più antica, più bella e più celebre a cui si può assistere nella nostra regione è “La Madonna che scappa in piazza” che si tiene nella mattinata di Pasqua a Sulmona e si svolge nello scenografico "teatro" di Piazza Maggiore gremita di folla. Intorno a mezzogiorno, ad un segnale convenuto, la Madonna, che non crede alla notizia della Resurrezione del Figlio, inizia a correre sempre più veloce fuori dalla chiesa, perde il manto nero e mostra la preziosa veste verde ricamata in oro.

Nella sua mano compare, quasi per incanto, una rosa rossa: scoppi di mortaretti, dodici colombe bianche compaiono e volteggiano nel cielo, le campane suonano a festa. L'incontro della Madonna e l’abbraccio con Gesù risorto è il momento più toccante che segue un antichissimo rituale.


Le celebrazioni sacre a Lanciano si svolgono in diversi tempi. La sera del giovedì inizia una processione notturna che sosta nelle chiese dove sono allestiti i Sepolcri, il venerdì nella processione compaiono i “Misteri”, i canti corali, il “Miserere” e la figura del cireneo, impersonato da un membro della Confraternita che, scalzo ed incappucciato, porta la Croce, infine il giorno di Pasqua a mezzogiorno in punto, si ripete l'antica cerimonia de "L'incontro dei Santi", ossia tra le statue della Madonna, del Cristo e di San Giovanni, accompagnate dai fedeli. Nel corso della processione per le vie del centro cittadino, la Madonna apprende la resurrezione del Figlio. Al termine della Sacra Rappresentazione le statue vengono collocate nella Cattedrale, dove resteranno fino a mezzogiorno di martedì, quando vengono portate a spalla dai Confratelli delle Congreghe e fanno ritorno alle rispettive parrocchie fino all'anno successivo.

Teramo, nelle ore mattutine del Venerdì Santo, si svolge la tradizionale processione della "Desolata", la cui origine si fa risalire al 1260. E' la devota rappresentazione paraliturgica della Madre che va alla ricerca angosciosa del figlio condannato a morte. Il corteo si avvia con la sola statua dell’Addolorata per un giro delle "sette chiese". Inizia da quella di Sant’Agostino e termina all’Annunziata dove trova il Cristo Morto giacente su un ’artistica bara. E’ una commovente manifestazione di religiosità popolare, con gli uomini che indossano la tunica nera e recano la croce, mentre le donne velate e in gramaglie trasportano la statua della Madonna.


Villa Badessa, una frazione del comune di Rosciano, vive sin dalla prima meta' del XVIII secolo una piccola colonia italo - albanese. Ancora oggi gli albanesi di Villa Badessa conservano il loro idioma e continuano a seguire la liturgia di rito greco - bizantino. Le cerimonie iniziano con gli "enkomia", il pianto delle donne durante la veglia sulla icona della deposizione di Cristo. Nelle ore notturne che precedono la domenica di Pasqua, il papas, che reca l'icona della Resurrezione, esce in processione fuori della chiesa, seguito dai fedeli che illuminano con candele le ultime ore della notte. All'alba il papas canta il primo verso del Vangelo secondo Giovanni ed intonando canti di gioia rientra in corteo nella piccola chiesa.

"Il Bongiorno" è un'antica tradizione legata alla Pasqua del paese di Pianella (Pescara) che trae origine “dall'omaggio", che i signorotti Longobardi pretendevano dai propri vassalli. Durante la giornata di Pasqua e durante la notte che precede il Lunedì dell'Angelo, cantori e suonatori in costume medievale, accompagnati da trombe, tamburi e piatti, girano per le vie del paese, portando il saluto del "Buongiorno" sotto le finestre dei cittadini a cominciare da quelli più' importanti, come il sindaco e altre autorità'. I canti sono, in genere, improvvisati e adattati alle circostanze ed ai personaggi.


A Gessopalena (Chieti) il mercoledì' e il venerdì, si svolgono processioni con quadri viventi nell’ incredibile scenario del vecchio borgo. Suggestiva è la Passione vivente del mercoledì Santo: tutti gli abitanti del paese vi partecipano proponendo scene della Passione di Cristo, il tutto negli angoli più belli del paese. Il dramma si conclude con Crocifissione ed il pianto delle Marie.


Ancora diffusa è l’usanza abruzzese di recarsi il Lunedì dell’Angelo presso un santuario o chiesa rurale, lontano dai centri, per ragioni non solo religiose, ma anche ludiche. Tale evento assume l’aspetto di una gita fuori porta, per consumare i cibi di rito. Nell’area Peligna si chiama “a passà l’acque”, che richiama il passaggio del Mar Rosso, oppure quello dell’angelo innanzi alle case degli ebrei, tinte con il sangue d’agnello.
Il martedì dopo Pasqua si svolge ad Orsogna  in provincia di Chieti, la “Festa dei Talami”, in onore della Madonna Nera. Si tratta di una sfilata di carri, su ognuno dei quali, viene rappresentato un quadro vivente ispirato ad episodi del Vecchio e Nuovo Testamento. Il carro che chiude la processione è carico di covoni di grano del raccolto dell'anno precedente ed è detto il “carro del dono”, poiché il suo contenuto viene offerto alla Madonna.


Tradizione culinaria pasquale

In Abruzzo la Pasqua è anche caratterizzata da riti “gastronomici”: i fiadoni, cibo tipicamente abruzzese sia salato che nella variante dolce, il pane di Pasqua e dei dolci tipici della tradizione abruzzese fatti per lo più di pasta di mandorle, ricoperti da uno strato di confettini colorati, a cui vengono date le forme della pupa, per le bambine, del cavallo, per i maschietti, e dei cuori che vengono regalati dai fidanzati. In alcune zone si producono dolci a forma di ciambella che nella forma rievocano la corona di spine portata sul capo da Cristo. C’è una forte presenza di simboli chiaramente pasquali nella cucina di questi giorni festa: l’agnello simbolo del sacrificio, i dolci a forma di colomba emblema della pace, e l’uovo di cioccolata o sodo decorato con disegni. L’uovo è da tempi immemorabili simbolo di rinascita e fecondità ed è largamente utilizzato nella preparazione di pietanze della nostra tradizione. Nell'iconografia cristiana, è il simbolo della Resurrezione, il suo guscio rappresenta la tomba dalla quale esce un essere vivente. Secondo antiche credenze pagane e mitologiche, invece il cielo e il pianeta erano considerati due emisferi che creavano un unico uovo. Per gli antichi Egizi, l’uovo era il fulcro dei quattro elementi dell’universo : acqua, aria, terra e fuoco. La tradizione di donare le uova, invece, iniziò ben prima della nascita del Cristianesimo, già i Persiani infatti usavano scambiarsi uova di gallina per dare il benvenuto alla primavera, con riti per la fecondità ed il rinnovamento della natura; seguiti nel tempo da altri popoli antichi quali gli Egizi, che consideravano il cambio di stagione una sorta di primo dell’anno, i Greci e i Cinesi. L’uovo ha sempre rappresentato la vita che si rinnova. Non è casuale che gli antichi Romani usassero dire:“Omne vivum ex ovo”, seppellendo un uovo dipinto di rosso nei loro campi, come rito propiziatorio per il buon esito del raccolto.

Con l’avvento del Cristianesimo, molti riti pagani vennero recepiti dalla nuova religione; la stessa festività della Pasqua risente ancora di influssi antichissimi: cade, infatti, tra il 25 marzo ed il 25 aprile, ovvero nella prima domenica successiva al Plenilunio che segue l’Equinozio di primavera. L’usanza dello scambio di uova decorate si sviluppò poi anche, nel Medioevo come regalo alla servitù. Nello stesso periodo, l’uovo decorato, intrecciandosi con il Cristianesimo, divenne il simbolo della rinascita dell’Uomo, di Cristo. La diffusione dell’uovo come regalo pasquale invece sorse probabilmente in Germania quando, fra i tradizionali doni di Pasqua, comparve il regalo di semplici uova.

Sempre nel Medioevo, si diffuse la tradizione di creare uova artificiali fabbricate o rivestite in materiali preziosi: argento, platino o oro, destinata agli aristocratici e ai nobili. Ma la ricca tradizione dell’uovo decorato è dovuta all’orafo Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar dell’epoca il compito di preparare un dono speciale per la zarina Maria. Per l’occasione, l’orafo creò il primo uovo-gioiello, di platino, smaltato di bianco, contenente un ulteriore uovo, in oro con due doni: una riproduzione della corona imperiale ed un pulcino d’oro. La fama che ebbe il primo uovo di Fabergé contribuì anche a diffondere la tradizione del dono all’interno dell’uovo. L’uso di ornare l’uovo di Pasqua con decorazioni variopinte ha origini religiose antichissime: secondo la leggenda, Maria Maddalena, recatasi al sepolcro di Gesù insieme ad altre donne, avendolo trovato vuoto, corse alla casa nella quale si trovavano i discepoli, annunciando la straordinaria notizia. Il discepolo Pietro la guardò incredulo e poi disse: “Crederò a quello che dici solo se le uova contenute in quel cestello diverranno rosse”: improvvisamente le uova si colorarono di un rosso intenso. In tempi più recenti, l’uovo di Pasqua per eccellenza è il classico uovo di cioccolato, la cui nascita è ancora incerta Secondo alcuni storiografi il primo a far realizzare le uova di cioccolato fu Luigi XIVsecondo altri l’idea proviene dalle Americhe, ossia da dove la pianta del, il cacao, è originaria.



Giovanni Chiola, poeta dialettale loretese, nel volume "Li feste arcunusciute" pubblicato nel 1965, fa un excursus di tutte le feste tradizionali di Loreto e delle tradizioni ad esse legate. Tra queste vi è una poesia dedicata proprio all’uovo:


Avorie e argente di li live ‘nfiore
pi li culline azzenne gnè nu vele.
Trapuntate di verde e di sbiannore.
Finite lu diune, pure st’anne.
Lu console vè press’allu dolore!
Nnienz’alla tavul’all’impete armane.
Lu padre e ‘ntorne adune la famije,
tè l’ove benedette ‘nchi la mane
‘nchi l’atre fa la croce e ‘ntone piane
nu pateravegloria, nchi li fiie,
e fa la Sante Pasque da cristiane.


Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli
email: mancinellielisabetta@gmail.com
I documenti sono tratti dall’Archivio di Stato.

Da: Storia e Storie d'Abruzzo