Don Felice Mola |
Don Felice Mola e Federico Mola, due illustri orsognesi
di Angelo Iocco
Il piccolo paese di Orsogna vanta illustri personaggi, dallo storico Beniamino Costantini, con il fratello Pio e il nipote Altomonte, ad Achille Rosica Ministro dell’interno durante il Regno Borbonico, da don Camillo de Nardis a Domenico Ceccarossi, a Plinio Silverii.
Qui vogliamo parlare dell’illustre casato dei Mola e dei suoi figli più noti. Don Felice Mola nacque a Orsogna nel 1824 da Salvatore Mola e Celeste Iocco, ricevette i primi rudimenti nella scuola parrocchiale di don Ignazio de Innocentiis e dallo zio Antonio Iocco, e benché vivesse in un paesino, che all’epoca vantava appena la strada del tratturo per arrivare a Ortona, Chieti o Lanciano, il Mola formò il suo pensiero sulle basi dei filosofi d’Oltralpe, da Rousseau al Gioberti, formando dunque uno stile di vita liberale, benché destinato a prendere i voti. Difatti nei Moti del 1848, Mola fu attivo nella sua Orsogna, partecipando a riunioni presso il Caffè Casino nel Largo Mercato, quando il 30 ottobre dell’anno ci fu anche una sommossa a Chieti, il Mola fece intonare una messa funebre nella chiesa per la Casata Borbonica. Nel Caffè del padre Salvatore Mola, anche lui convinto liberale, si riunivano vari intellettuali orsognesi, come don Ermenegildo Parlatore, altro cognome illustre per Orsogna, i cui figli più eminenti furono don Livio Parlatore e lo scultore Modesto Parlatore, e il bandista Ireneo. Don Felice però pagò la sua insubordinazione, tanto che venne redarguito dall’Arcivescovo di Chieti Mons. Saggese, e passò un periodo breve di carcerazione al convento della Madonna Addolorata di Castellammare Adriatico oggi Pescara Colli. Nel 1860 durante le nuove sommosse antiborboniche, il Mola, fermo nel suo pensiero liberale, ma contro la violenza, condannò i massacri, ma in quell’anno si recò a Chieti per accogliere il Re Vittorio Emanuele, in viaggio negli Abruzzi per arrivare da Castel di Sangro a Teano a incontrare Garibaldi.
Durante i torbidi del capomassa di Arielli Nunzio Mecola, giunto a Orsogna per cercare di ripristinare il governo borbonico, aizzato dai signori locali, don Felice andò a Ortona presso la famiglia Bruni, e nemmeno i primi anni del nuovo Regno furono felici per il Mola, che vide delusi i suoi ideali e le sue aspirazioni di prosperità promessa dal governo piemontese, tanto che nei suoi scritti criticò aspramente i giochi di potere e il tradimento dei poveri e degli umili con nuove tasse e la non risoluzione dei vecchi problemi. Per questo carattere fiero, il Mola rischiò nuove condanne, e perfino l’esilio, rinunciò alla cattedra al Convitto di Campobasso, si rifiutò di ricevere a casa il provveditore agli studi Marinelli, sicché il Mola da esiliato, scelse di ritirarsi a Francavilla al Mare, dove morirà di malattia nel 1867, nemmeno cinquantenne, e dove lo studioso Tommaso Bruni raccoglierà le sue memorie per tracciarne un’illuminante saggio biografico.
Mola venne sepolto nella sua Orsogna, presso un cimitero fatto costruire lungo il tratturo da Achille Rosica, che cadde in abbandono, e che venne riutilizzato nel 1926 per erigervi il Parco delle Rimembranze, dove ancor oggi riposta l’Onorevole Raffaele Paolucci di Valmaggiore nella cappella di famiglia.
Tomba di don Felice Mola, Parco delle Rimembranze a Orsogna
La tomba di don Felice è sulla destra del cancello di ingresso, semplice, asciutta, ma solida in mattoni, come la sua fede integerrima verso la giustizia, una giustizia e un desiderio di verità e rettezza che fece scuola nella sua piccola Orsogna, e anche nel Seminario di Chieti, dove ebbe tra gli allievi prediletti il Prof. Filippo Masci.
Federico Mola |
Da qui facciamo un lungo salto, e passiamo al Prof. Federico Mola (1887-1978). Suo padre si chiamava Felice, nacque a Orsogna nel rione di San Giovanni. Oggi è impossibile, se non leggendo le carte catastali, leggere i luoghi dove nacquero questi grandi orsognesi, perché la furia della guerra distrusse per sempre questo bel ridente paesello che è baciato dalla Majella. Il Prof. Mola era gracilino e bassino di statura, ma aveva una mente e una fronte spaziose e alte, proprio come l’avo don Felice Mola; conseguì a Lanciano la licenza elementare per insegnare, ma prima che perdesse la cattedra dopo la seconda guerra mondiale, insegnò per anni al Liceo ginnasio di Lanciano. Oltre a ciò, scriveva per molti giornali locali, come I 3 Abruzzi, Il Risveglio Frentano, Il Fuoco, Corriere Frentano. Uno spoglio e uno studio critico bibliografico di tutti i suoi scritti, spesso di poche pagine su questi periodi, deve essere ancora svolto. Quella del Mola era una bella penna, così come la sua parlantina, andava a ruota libera, parlando degli argomenti più disparati, appena attaccava a parlare, non cessava più, andava avanti per ore, da quel corpicino così esile la parola scorreva fluida, organizzava convegni, premi di poesia, era legato all’intellighentia lancianese, del maestro e poeta Cesare Fagiani, di Gennaro Finamore, aveva allestito un bellissimo programma teatrale per la locale Filodrammatica col capocomico Alfredo Bontempi di Lanciano (1893-1983), altro grande dimenticato della storia del teatro lancianese, le cui commedie negli anni ’20 e ’30 fecero furore insieme alle operette di Eduardo Di Loreto, Cesare Fagiani e Vito Olivieri. E dopo gli spettacoli, allegramente tutti in compagnia in osteria, a bere un buon bicchiere di vino, o a divertirsi con qualche ragazza.
Il Mola convinto antifascista, intratteneva corrispondenza anche a Napoli con il Dott. Beniamino Rosati di Sant’Eusanio (1881-1978), e con il Prof. Benedetto Croce, altri due giganti della cultura abruzzese, soprattutto quando a Lanciano ci fu l’occupazione tedesca. Il Mola, come ricorda in una bellissima audio intervista fattagli nel 1973 a Pescara, ripresa da Luciano Troilo di Gessopalena, costituì con Rosati e Bontempi un Comitato di Liberazione a Lanciano, partecipando all’attività di sabotaggio contri i tedeschi occupanti; lo Stato lo ripagò togliendogli la cattedra di letteratura e filosofia al Liceo, sicché il Mola si arrangiò aprendo una scuola privata nel suo palazzo in via salita Madrigale, accanto il palazzo Del Bello, e dirimpetto l’orto dell’ex palazzo Madrigale. Il Mola viveva nell’ultimo appartamento, e nel controsoffitto possedeva una vastissima biblioteca di oltre 40.000 volumi, che fece poi trasferire nell’ultimo appartamento dove visse, a Pescara, in centro.
Casa di Federico Mola a Lanciano, via Madrigale |
Lo storico lancianese Mario Salvitti ricorda questa enorme e disordinata biblioteca, che poi venne donata alla Biblioteca provinciale De Meis di Chieti, ricorda il disordine in cui viveva l’ormai anziano professore, che sembrava ravvivarsi solo quando venivano a trovarlo gli amici cari, per gustare un buon bicchiere di rosso. Ricorda anche di come fosse amico di Padre Donatangelo Lupinetti, altro gigante della cultura popolare abruzzese, troppo spesso non ricordato, ambedue organizzavano dei Premi di Poesia nei conventi di Manoppello e Collecorvino, convenzionati con delle Sante Missioni in Terrasanta, dato che lo stesso Lupinetti per molti anni operò in Israele nelle missioni dei frati minori Osservanti.
Federico Mola, 3 da dx, in una riunione a Orsogna |
Mola nell’ultimo periodo della sua vita collaborò anche a creare un’associazione di intellettuali abruzzesi, per la pubblicazione di fascicoli o Quaderni di Poesia dialettale abruzzese a Pescara, in via Fabrizi, per scoprire nuovi talenti, come Francesco Brasile di Lanciano e Italo Bomba, e ricordare dei grandi della letteratura abruzzese passata, quali Cesare de Titta, Giulio Sigismondi e l’indimenticabile Modestino Della Porta. Mola Si spense 91enne a Lanciano il 16 novembre 1978. Oggi a Orsogna e a Lanciano non ci sono nemmeno una via che lo ricordano. E questo è tutto.
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