26 marzo 2024
A.R. Staffa, Traffici, commerci, popolamento costiero in Abruzzo e Molise fra XI e XIII secolo, in Il Molise Medievale. Archeologia e Arte, 2010.
25 marzo 2024
Vasto di Goito e Sordello da Goito. Legami con l'Abruzzo.
Isabella Gonzaga, Marchesa di Pescara di Valentín Carderera, 1831c, Collezione María Pilar Carderera Biblioteca nazionale di Spagna. |
Medaglia celebrativa raffigurante Francesco Ferdinando d'Avalos, Annibale Fontana, National Gallery of Art, Washington |
Miniatura di Sordello da Goito tratta da un manoscritto del XIII secolo |
22 marzo 2024
Il Polittico d’Avalos - Convento dei frati minori di Sant'Antonio, Ischia.
Il Polittico d’Avalos - Convento dei frati minori di Sant'Antonio, Ischia. |
1 marzo 2024
17 febbraio 2024
5 febbraio 2024
Progetti per Vasto dell'Arch. Kisho Kurokawa.
Kisho Kurokawa, Progetto area intercomunale Vasto-San Salvo, 1975. |
Kisho Kurokawa, Exhibition Space, Vasto, 1975. |
Kisho Kurokawa, Sports Centre Vasto, 1975 - Exhibition Space, 1975. |
05.02.2022
4 febbraio 2024
3 febbraio 2024
Gioacchino Volpe nell'Italia repubblicana.
23 gennaio 2024
23 gennaio 1863 nasce Francavilla "al Mare".
5 gennaio 2024
Amelio Pezzetta: Vita sociale e religiosa in Abruzzo durante il fascismo.
Amelio Pezzetta: Vita sociale e religiosa in Abruzzo durante il fascismo.
Nel saggio in questione si riporta uno schema
riassuntivo delle principali vicende di vita sociale e religiosa che hanno
caratterizzato l’Abruzzo durante il ventennio fascista. Al fine di una piena e
consapevole comprensione delle vicende regionali si ritiene opportuno iniziare
la trattazione con alcuni paragrafi contenenti brevi richiami a fatti di
maggior rilevanza nazionale.
IL FASCISMO E LA
CHIESA.
L’inizio
ufficiale dell’era fascista in Italia risale al mese di ottobre del 1922,
quando dopo la marcia su Roma, il re Vittorio Emanuele III incaricò Benito
Mussolini di formare un nuovo governo. Il 3 gennaio 1925 con un famoso discorso
alla Camera, Mussolini annunciò la nascita dello Stato totalitario che durò
ininterrottamente sino al 1943.
I rapporti
iniziali del fascismo con il cattolicesimo e i suoi rappresentanti non furono
improntati alla reciproca collaborazione e rispetto. Infatti, inizialmente il
fascismo era anticlericale e con le sue violente attività squadristiche colpì
alcuni esponenti cattolici, le leghe bianche e nel 1925 anche l’Azione
Cattolica in Emilia. In seguito l’atteggiamento dei gerarchi del regime cambiò
e il suo capo usò strumentalmente la religione cattolica per rinforzare il
potere.
Al primo gabinetto
Mussolini collaborarono varie forze politiche tra cui il partito popolare che
ottenne quattro sottosegretari e due ministeri. Dopo che nel 10 luglio 1923 don
Luigi Sturzo lasciò la segreteria del partito popolare, alcuni suoi esponenti
entrarono in quello fascista. Durante le elezioni politiche del 1924 il
movimento conservatore dei cattolici nazionali affisse per le vie di Roma un
proprio manifesto in cui invitava gli elettori ad appoggiare il fascismo.
Un’altra
componente cattolica prese le distanze dal fascismo, gli dimostrò una netta
opposizione e ne patì le conseguenze con le violenze squadristiche e il
carcere.
Nel 1922 prima
della marcia su Roma sulla rivista “Civiltà cattolica” fu pubblicato un
articolo in cui si faceva presente che il fascismo ha caratteristiche di
violenza e supera il socialismo per le prepotenze, le uccisioni e le barbarie.
A loro volta diversi ordinari diocesani, durante i primi anni del regime
diffusero lettere pastorali in cui sottolineavano che il fascismo, per la sua
natura violenta era contrario ai principi cristiani e pertanto non poteva
godere l'appoggio della Chiesa.
Una parte della
Curia Pontificia anche dopo la marcia su Roma era convinta che il fascismo,
alla stessa stregua del liberalismo, della massoneria e del socialismo fosse
un’ideologia sviluppatasi a causa
dell’abbandono della religione e della secolarizzazione affermatisi nel
mondo moderno dopo la rivoluzione francese. Un’altra sua parte, invece riteneva
che potesse apportare un efficace contributo al processo di ricristianizzazione
della società che perseguiva il papa Pio
XI.
Durante il periodo
di dittatura ebbe una svolta politica nei riguardi della Chiesa che portò
all'abbandono di molte posizioni anticlericali assunte prima della presa del
potere. Infatti, Mussolini e le autorità del regime adottarono nei confronti
della gerarchia ecclesiastica e di tutto il mondo cattolico, un atteggiamento
conciliante e di disponibilità che contrastava con il laicismo dei governi
italiani precedenti e si tramutò in una serie di notevoli concessioni a favore
della Chiesa stessa. Tenendo conto di tutte le iniziative intraprese, si può
dire che l’avvento del fascismo fu caratterizzato dalla messa in atto una
politica che si può definire di “riconfessionalizzazione cattolica” dello Stato
che ebbe la sua massima espressione con la firma dei Patti Lateranensi avvenuta nel 1929.
Nel periodo
1923-1928 i rappresentanti del regime promulgarono varie leggi e decreti
riguardanti i rapporti con le gerarchie
ecclesiastiche che nel loro complesso produssero i seguenti effetti: 1) l’ordine
di ricollocare il crocifisso nelle aule giudiziarie, nelle caserme, nelle
scuole e in tutti gli altri uffici pubblici; 2) il ripristino tra l’elenco
delle feste civili di alcune importanti solennità religiose; 3) l’adozione e il
riconoscimento di vari benefici economici a favore del clero; 4) lo
stanziamento di una ingente cifra (tre milioni di lire dell’epoca) per il
restauro e la ricostruzione delle chiese danneggiate durante la prima guerra
mondiale; 4) l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole
di ogni ordine e grado; 5) il riconoscimento degli effetti civili del
matrimonio religioso e della relativa giurisdizione ecclesiastica; 6) la
reintroduzione dei cappellani militari nelle forze armate; 7) il salvataggio
del cattolico Banco di Roma.
Dopo queste
concessioni migliorarono i rapporti tra Stato e Chiesa, mentre la gerarchia
cattolica nel suo complesso si convinse che in Italia con l’avvento del
fascismo si erano create le condizioni necessarie per favorire il processo di
ricristianizzazione a cui ambiva il papa Pio XI. A tal proposito va rilevato
che le concezioni religiose del pontefice, per diversi aspetti si conciliavano
con le esigenze del regime poichè erano ispirate a una religiosità
caratterizzata dall'ubbidienza, l'umiltà, la rassegnazione e il rispetto per
l'ordine e la gerarchia.
Questo positivo
rapporto di collaborazione ebbe il suo importante culmine nella firma dei Patti
Lateranensi che avvenne l’11 febbraio del 1929 tra Benito Mussolini in
rappresentanza del governo italiano e il cardinale Gasparri che a sua volta
rappresentava la Santa Sede.
Con la stesura
del Concordato innanzitutto avvenne la riapertura formale dei buoni rapporti
bilaterali tra lo Stato Italiano e l’autorità pontificia. Inoltre dopo circa sessanta
anni rinasceva uno “Stato della Chiesa” indipendente e riconosciuto da quello
italiano che fu sottoposto all’esclusiva autorità della Santa Sede, fu chiamato
Città del Vaticano e comprendeva i Palazzi del Vaticano, il Laterano e la villa
papale di Castel Gandolfo. In questo modo fu chiusa la questione romana apertasi nel 1870 con
la presa di Roma. Il secondo importante aspetto dei Patti Lateranensi riguarda
il fatto che lo Stato Italiano cessava di essere laico e neutrale in campo
religioso e diventava confessionale poiché riconosceva il cattolicesimo come
religione di stato. Di conseguenza il suo insegnamento fu reso obbligatorio in
tutte le scuole di ogni ordine e grado. La Chiesa ottenne il riconoscimento del
libero esercizio del potere spirituale, del culto, della legislazione
ecclesiastica, della validità agli effetti civili del matrimonio religioso,
della libera comunicazione con tutto il mondo cattolico e della sua richiesta
d’impedire ai sacerdoti scomunicati di insegnare nelle scuole e nelle
università statali. L’ultimo aspetto riguarda una Convenzione finanziaria che impegnava lo Stato Italiano a versare alle
casse vaticane l’ingente cifra di 750 milioni di lire e una rendita perpetua, a
titolo d’indennizzo per la perdita di tutti i proventi che le autorità
pontificie ricavavano dallo Stato della Chiesa prima del 1860.
Le concessioni del regime alla Chiesa
continuarono anche dopo il Concordato. Infatti, il nuovo Codice Civile Rocco del 1930, con
gli articoli dal 402 al 406 riconobbe come reati perseguibili penalmente tutte
le offese fatte nei confronti della Chiesa Cattolica e il sentimento religioso
degli italiani.
L’universo
ecclesiastico dopo le concessioni fasciste ricambiò i favori con diversi
appoggi, riconoscimenti e valutazioni positive sulle personalità e gli operati
del regime. Infatti, dopo il Concordato, molti ordinari diocesani diffusero
lettere pastorali d’invito alla collaborazione con le autorità fasciste. A sua
volta il papa Pio XI definì Mussolini "L'Uomo della Provvidenza" poiché
a suo avviso ebbe il merito di riconoscere e riportare alla ribalta i veri ed
autentici valori nazionali quali erano quelli cristiano-cattolici. Inoltre
l'apparato ecclesiastico mise a disposizione del regime le proprie forze e
collaborò alla realizzazione di molte sue iniziative. Una prova tangibile di
questo rapporto collaborativo è rappresentata dalla figura dell'assistente
spirituale esercitata da un sacerdote che la gerarchia cattolica mise a
disposizione di tutte le organizzazioni fasciste che la prevedevano.
Anche i parroci
in questo periodo storico, per motivi vari collaborarono frequentemente con le
autorità del regime. Infatti, spesso erano invitati a partecipare alle loro
manifestazioni, a far suonare le campane in occasione di alcune solennità
civili fasciste e a benedire le bandiere, i gagliardetti e le sedi del partito.
Nel 1935 in molte diocesi nazionali fu organizzata la raccolta di metalli
preziosi per la patria. Inoltre in occasione della guerra d'Etiopia molti
ordinari e parroci appoggiarono l'impresa coloniale e dopo la sua conclusione
bandirono quasi una crociata per la civilizzazione e cristianizzazione della
popolazione abissina.
Mussolini e i
suoi gerarchi si servirono della Chiesa per l’appoggio ad altre loro iniziative
e campagne propagandistiche tra cui quella dello sviluppo demografico. In
questo caso tutti i giornali dell'epoca fiancheggiatori del regime per
invogliare le coppie italiane a una maggiore procreatività ricordavano spesso i
canoni e le leggi ecclesiastiche riguardanti la famiglia e il matrimonio e
altrettanto fecero diversi parroci durante le loro omelie domenicali.
Nonostante gli
episodi riportati, il rapporto di collaborazione tra lo Stato Fascista e la
Chiesa durante l’intero ventennio non fu sempre pienamente positivo e idilliaco
poiché, come ha rilevato Quazza, fu accompagnato da connotazioni ambivalenti,
momenti di tensione e diverse sfumature. Queste ambiguità e ambivalenze sono
molto evidenti quando si tiene conto che mentre da un lato le autorità del regime
formalmente rendevano omaggio e manifestavano rispetto alla Chiesa, dall’altro
s’impegnavano per sottrarle il controllo della gioventù e per l'eliminazione di
tutte le forze cattoliche che si opponevano ai loro progetti politici. In
quest'ambito si collocano tutte le iniziative delle autorità fasciste contro
l’Azione Cattolica che era il principale strumento di cui si serviva la Chiesa
per imprimere il suo segno sull’educazione religiosa giovanile. I gerarchi
fascisti la guardavano sempre con notevole sospetto poiché la ritenevano
un’istituzione concorrente che intralciava contro la loro ambizione di
assicurarsi il monopolio dell'educazione dei giovani. Le violenze squadristiche
contro alcune sedi dell’Azione Cattolica iniziarono nel 1921 e proseguirono nei
primi anni del ventennio. In seguito si attenuarono ma dallo scontro fisico si
passò a quello legale poiché le violenze furono sostituite dai decreti e le
leggi che avevano il fine di sciogliere i gruppi cattolici giovanili. Uno dei
primi provvedimenti che autorizzava lo scioglimento dell'Azione Cattolica fu il
regio decreto del 9/1/1927. Dopo la sua promulgazione nacque un duro scontro
con le autorità ecclesiastiche e il papa Pio XI con l'enciclica "Non
abbiamo bisogno" prese posizione contro il regime. Mussolini per non compromettere il buon esito dei Patti Lateranensi fu costretto a fare
marcia indietro e a ritirare il decreto. Nonostante questo tentativo
conciliante, i contrasti tra la Santa Sede e il Regime a causa dell’Azione
Cattolica non si attenuarono, ripresero tra il 1930 e il 1931 e, Mussolini
emanò un nuovo decreto di scioglimento dei circoli della gioventù e delle
federazioni universitarie cattoliche.
Negli anni
1938-1939 si riaccesero i contrasti tra la Chiesa e il regime a causa di nuove
restrizioni e limiti imposti alle associazioni cattoliche, il divieto ai
giovani di portare il distintivo di adesione alla Gioventù Italiana di Azione
cattolica e le leggi razziali. In particolare, quest’ultime furono osteggiate
da diversi chierici e credenti di molte località italiane poiché erano ritenute
contrarie alla Chiesa che invece predica l'uguaglianza di tutti gli uomini
davanti a Dio. A tal proposito il 28 luglio
1938, Pio XI disse: “Il genere umano non è che una sola e
universale razza di uomini. Non c’è posto per delle razze speciali”.
A conclusione del presente paragrafo si fa presente che QQQQdurante l’arco del ventennio, le autorità del regime impedirono al movimento cattolico di svolgere qualsiasi attività politica. Di conseguenza esso si concentrò su iniziative culturali, educative e prettamente religiose: l’apostolato degli ordini religiosi e delle congregazioni, la struttura parrocchiale, delle associazioni giovanili ed altro.
L’Abruzzo e il fascismo
In
Abruzzo le prime sedi fasciste iniziarono ad essere fondate agli inizi del 1921
ma l’affermazione definitiva del movimento in regione avvenne negli anni
successivi. Alcune sue fasi furono: il congresso regionale del partito che si
organizzò a Pescara nel mese di agosto del 1922; una festa regionale
organizzata nel 1923 a Castellamare Adriatico; le elezioni provinciali e
politiche che si tennero in regione sino al 1924. Alcune squadre di fascisti
provenienti da diverse località abruzzesi parteciparono anche alla marcia di
Roma[1].
In Abruzzo il
fascismo assunse propri connotati e caratteristiche specifiche. A tal
proposito, Amodei ha fatto presente che “Il fascismo abruzzese si
caratterizzò per due fattori specifici. In primo luogo, per il rapporto
strettissimo con il notabilato locale, che intese il fascismo come uno
strumento di mantenimento dello status quo, delle proprie posizioni e dei propri
poteri. Lo stesso fascismo, d’altro canto, si servì delle reti locali
preesistenti l’avvento del fascismo nella regione come cinghia di trasmissione
tra potere centrale e humus locale. Nella città di Chieti, per esempio, il
notabilato aveva guidato il fascismo al potere e cogestì l’azione politica con
i rappresentanti fascisti: prima dello scioglimento del Consiglio Provinciale,
nel 1926, i liberali detenevano il governo della provincia mentre i fascisti
reggevano la città” [2]. Ad
ulteriore precisazione di questi connotati Amodei aggiunge altre importanti
osservazioni. Nella prima di esse ha fatto presente che il fascismo in Abruzzo
“conservò, nel piano locale e non solo, le normali distinzioni cetuali, gli
antagonismi personali e i tradizionali privilegi accordati agli elementi di
spicco del tessuto sociale microlocale”[3].
Nella sua seconda osservazione lo studioso ha affermato che “Nelle sue prime
fasi di affermazione, il fascismo abruzzese scelse di acquisire una precisa
identità: quella di forza patriottica, oppositrice di qualsiasi politica
internazionalista che mettesse in secondo piano, relativizzandoli, gli
interessi regionali e nazionali” [4].
In Abruzzo
durante le elezioni politiche del 1924, il fascismo ottenne un largo successo
elettorale con circa l’86% dei consensi a suo favore. L’anno dopo il prefetto
di Chieti al fine di giustificare l’ampio successo che il partito raggiunse in
Provincia scrisse: “Per naturale inclinazione e per innata tendenza queste
popolazioni sono propense a seguire il partito che comanda, che assicura ordine
e disciplina per potersi dedicare assiduamente al lavoro ed alle cure della
famiglia che qui ha salde radici. A ciò si aggiunga il profondo sentimento di
amor patrio e di devozione alla monarchia ed alle istituzioni che ci reggono. È
naturale quindi che il partito fascista che tali principi esalta, sostiene e
difende ad oltranza raccolga ovunque consensi”[5].
Dopo questi
momenti iniziali anche in Abruzzo il fascismo continuò la sua affermazione e
perseguì una politica completamente ispirata ed aderente alle finalità
nazionali.