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La Pasquetta di Antonio Rossetti(Vasto, 8 marzo 1770 - Vasto, 7 novembre 1853) | |
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Filippo Palizzi, “Antonio Rossetti”, 1848, olio su tela, Pinacoteca
comunale, Vasto. |
La Pasquetta (di Antonio Rossetti)
Noi veniamo in questa sera
Con la nuova più che vera:
Domattina è la Pasquetta
Che sia santa e benedetta.
Si riempiono i nostri cuori
Di contento e di stupore:
Vanno gli angioli cantando
E i pastori van festeggiando.
Van dicendo per la via:
Oggi è nato il gran Messia!
I tre Re dell'Oriente
Se ne partiroro allegramente.
Grande stella rifulgeva,
Per la via li dirigeva,
Arrivato ad un tal loco
Si fermò la stella un poco.
Si fermò la bella stella
Sopra rozza capannella,
Dove c'era il gran Signore,
Il Dio è nato, il Redentore.
Ivi giunti i Santi Re
Genuflessi tutti e tre,
Al Bambino, Redentore,
Diedero mirra, incenso ed oro.
Adorato Iddio Bambino
Si rimisero in cammino,
E devoti rimarranno
E dal tempio se non vanno.
Or che detto abbiamo il vero
di un grandissimo mistero,
Noi di qui non ce ne andremo
Se di doni non avremo.
Dateci a noi un gallinaccio
o salsicce o sanguinaccio
o prosciutto o mortadella
o buon cacio o scamorzelle.
E se ora non potete,
Domattina ce li darete:
Ed intanto vi auguriamo
Buona Pasqua e ce n'andiamo.
Ed intanto vi auguriamo
Buona Pasqua e ce n'andiamo.
Ed intanto vi auguriamo
Buona Pasqua e ce n'andiamo.
Canti della Pasquetta, Buon Capodanno e Zingarella
La Zingarella
Ddio ti salvi bella Signora
e ddio ti doni la buona ventura,
sono na donna zingarella,
benché sia poverella.
Benché sia poverella.
Mi parlava ogn'ora il cuore
mi diceva: esci fuori
e o che sorte fu la mia
d'incontrarla per la via.
D'incontrarla per la via.
Oh che notte d'allegrezza!
Piena era di contentezza
e diceva ogni pastore
che era nato il Redentore.
Che era nato il Redentore.
Allora Signora
la metteste tra lo bove e l'asinello,
la culla fu la mangiatoia
contentò il Redentore.
Contentò il Redentore.
Ben trovata, sorella mia,
la sua grazia Iddio ti dia;
ti perdoni ogni peccato
l'infinita sua bontà. - rip.
Era come una grotta,
umida era e poco asciutta;
a mezzanotte partoriste,
Voi, Signora, come faceste? - rip.
Ora tu, Signora mia,
hai la presenza di una regina,
hai la presenza di una regina
il mio cuore ti lascia via. - rip.
Anna chiamasi tua madre,
Gioacchino tuo padre,
ti chiamerò, Signora mia,
col bel nome di Maria ... - rip.
San Giuseppe il tuo sposo
molti santi graziosi
e per miracolo di Dio
la sua verga fiorì. - rip.
Dàgli a mio caro sposo
un figlio grazioso
a questa donna zingarella
che gl'indovina la ventura. - rip.
Quanto è bello questo figlio
pare fatto col pennello
non c'è chi lo rassomigli:
bella la madre, bello il figlio. - rip.
Bella la madre di clemenza,
mostra di gran sapienza,
mostra meno per tuo favore
il tuo figlio Redentore. - rip.
Voi venite da Nazzaretto
senza aver alcun ricetto,
e faceste, Signora mia,
da trecento ottanta miglia. - rip.
Siate sempre da Dio lodato,
Signora mia, perdonatemi
non avete più timore
che vi trovate da una buon'ora.
Io sono una donna zingarella
benché sia poverella
ci preferisco la casa mia
benché non sia casa per te. - rip.
Ci sta anche una stalletta
che sia buona pel somarello
paglia e fieno c'è col tetto
e da tutto il ricetto. - rip.
Siete venuta in queste parti
l'arte vostra quì non corre,
ma con tessere e con filare
voi potete ben campare. - rip.
Sia sempre da Iddio lodato
e da tutti ringraziato;
sorella mia le vostre parole
consolano il mio cuore. - rip.
Senti, senti Signora mia
una grazia ti voglio pregare:
dacci un poco di cortesia
a quella donna zingarella. - rip.
Non voglio né oro né denaro,
non voglio né oro né denaro
a ciò qust'anima dopo morta
entrerà a celeste porta. - rip.
Buona sera, miei signori,
quanti ne siamo dentro e fuori
quanti ne siamo dentro e avanti
Buona Pasqua a tutti quanti. - rip.
La Pastorella
Stanco di pascolare le pecorelle,
Sopra d'un sasso assiso al chiaro fonte,
Mi venne il sonno e sopra d'una pelle
Dopo un lungo penar chinai la fronte.
Al gustoso mio riposo
Il mio gregge pascolava,
Ed intorno mi girava.
In quel momento
Me ne dormivo al suol tutto contento.
Ed ecco che apparisce in alto cielo
Nudo un fanciullo verso me venire;
Aveva l'ali d'oro e agli occhi il velo,
Pieno di sdegno mi si pose a dire:
Ah tiranno, in tanto affanno
Puoi vedere in tante pene,
Chi per te languisce e geme?
E così detto,
Con indorato stral ferirmi il petto.
Mi risvegliai dal sonno e in sull'istante
Raccolsi le smarrite pecorelle
Verso del fiume poi drizzai le piante
Per tessere coi giunchi le fiscelle
M'accostai e rimirai
Il guizzar dei pesci all'onda
E dall'una all'altra sponda
Di sì bel rio,
Mi pare di sentire un mormorio.
Alzai gli occhi e vidi in quel ruscello
Una leggiadra e vaga pastorella
Che di pianto faceva un fiumicello
E lagrimando, oh Dio! parea più bella
M'accostai e domandai
La cagion del suo dolore,
Mi rispose traditore.
E sì parlando
Mi cadde tra le braccia sospirando.
Lasciai la pastorella e corsi al fonte
A prender l'acqua dentro il mio cappello,
Corsi veloce e le spruzzai la fronte,
Sotto il capo le posi il mio mantello.
Quel ristretto bianco petto
Con gran fretta le slacciai
E la fronte le asciugai.
In men d'un'ora
In sé stessa ritorna e piange ancora.
Mi guarda in volto e sorridendo dice:
Sei troppo crudo a disprezzar chi t'ama:
Pe te questo mio cuore geme infelice
E tu sordo ti rendi a chi ti chiama?
Ah tiranno, in tanto affanno,
Puoi vedere in tante pene,
Chi per te languisce e sviene?
E così detto
Ad amarla fedele fui costretto.
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