Lo scultore Pasquale Di Renzo di Chieti
a cura di Filomena Di Renzo e Angelo Iocco
Nel panorama della scultura abruzzese del secondo dopoguerra, per i modelli di slanciato classicismo e vitalità, merita una menzione speciale lo scultore Di Renzo.
Pasquale Di Renzo |
Pasquale Di Renzo nasce a Chieti il 20 novembre 1921 da una famiglia borghese composta dal padre Giovanni, imprenditore edile, dalla madre Filomena, dedita alla casa, e dal fratello Otello, a cui era particolarmente legato e che da adulto condurrà l’impresa edile paterna. Pasqualino, così chiamato in casa, fin da bimbo mostra un temperamento gioviale, energico e aperto verso le meraviglie della vita. Nel 1937, giovanissimo, ancora minorenne, conosce lo scultore Prof. Giulio Francesconi da Viareggio, con studio in Chieti. Fra i due nasce reciproca stima, diventata affetto sincero quando “Pasqualino” mostrò particolare propensione verso l’arte, tanto che il Francesconi lo spronerà a coltivare la sua passione, come ricorderà lo studioso abruzzese Francesco Verlengia in alcuni suoi articoli della Rivista Abruzzese. A diciassette anni, nel 1938, Pasqualino, imponendosi contro le scelte paterne che lo vogliono impegnato nell’impresa di famiglia, inizia la sua attività artistica presso la Scuola d’Arte serale “Teatina Ars” in Chieti, frequentando contemporaneamente l’Istituto Tecnico per Geometri “F. Galiani”, nel quale in seguito consegue il diploma.
Nel frattempo, nel 1939, partecipa, con una decina di lavori e bozzetti, alla Mostra Sindacale Regionale d’Arte in Chieti, dove viene segnalato dal Prof. Piero Scarpa sul Messaggero il quale si esprime in questi termini per l’opera Testa di Bimbo abruzzese: “Ha una vitalità ed un’espressività inconfondibile”.
Il 5 febbraio del 1942 è chiamato alle armi ed è mobilitato per il fronte Russo, in zona di combattimento fino al dicembre del 1942, quando viene preso prigioniero dai Russi durante la disastrosa ritirata sul Don. Disperso nel fatto d’armi di Kamescki il 10.12.1942 e catturato, andò prigioniero in Moldavia. Dopo la permanenza in diversi lager nei dintorni di Mosca, costretto a fare il boscaiolo per una gavetta di acqua calda e patate e un pezzo di pane nero, riesce a rimpatriare solo nel dicembre del 1945. Tornato in Italia, organizza una mostra personale a Chieti e riprende gli studi diplomandosi con il titolo di Geometra nel giugno del 1946 presso l’Istituto Galiani. In seguito all’interessamento del Cav. Valentino Mirra, intellettuale teatino, la Provincia incarica il critico d’arte Prof. Francesco Verlengia, studioso di arte antica e moderna, in particolare abruzzese, spaziando dal medioevo all’arte romana, fino a commentare le opere dei più contemporanei Michetti, Giuliante e Barbella, a visitare lo studio del giovane Di Renzo, presso il rione Borgo Marfisi, e a scegliere alcuni lavori di scultura per conto dell’Amministrazione Provinciale di Chieti. Inizierà così un’altra profonda amicizia con il prof. Verlengia, come detto, oltre a essere esperto d’arte e folklore abruzzese, erano anche professore di Storia dell’arte al Liceo classico di Chieti e Soprintendente ai Monumenti della Provincia di Chieti, e direttore della Biblioteca provinciale De Meis di Chieti; trattando del Barbella, ritenendo anzi in uno dei suoi articoli, il Di Renzo come l’erede spirituale dello scultore teatino amico di D’Annunzio.
A proposito dell’innata bravura del Di Renzo e della sua facilità nel modellare il gesso o la terracotta, la figlia Filomena ricorda un episodio: il Bambino della statua della Madonna nella chiesa di Materdomini a Chieti fu modellato da Pasqualino, in una sorta di “gara” con l’anziano illustre pittore Pietro Cascella, modellatore della ceramica dipinta. Quando però Basilio si recò nello studio dell’amico Pasqualino e vide la bozza in gesso, immediatamente si ritirò, sapendo che non sarebbe riuscito a fare di meglio della giovane promessa.
Pasquale Di Renzo si iscrive l’Accademia di Belle Arti di Firenze e nel 1947, vi si trasferisce sotto le direttive del Maestro Romano Romanelli, artista di fama internazionale, il quale ha studiato a Parigi con Auguste Rodin e suo nonno Pasquale era stato collaboratore di Lorenzo Bartolini. Dal maestro Romanelli il Di Renzo riceve il senso dell’arte, le leggi che la regolano, la percezione del vero e uno stile proprio. Al termine degli studi consegue il Diploma di Maestro d’Arte – Sezione scultura in marmo, e successivamente il Diploma accademico di Scultore. Nel contempo partecipa alle mostre organizzate dalla Direzione dell’Accademia per i migliori lavori eseguiti dagli allievi. Nel 1949 lo scultore espone alla Mostra Regionale d’Arte Abruzzese in Pescara dove è stato ricordato, contemporaneamente ad altri artisti del luogo e dalla Regione, dal critico d’arte Michele Biancale. Nel 1951 partecipa alla Mostra Nazionale delle Accademie d’Italia con un nudo di giovanetta scelto a Firenze dal Prof. Romano Romanelli a rappresentare l’Accademia di Firenze nella veste di miglior allievo della prestigiosa istituzione, opera apprezzatissima da un pubblico competente nazionale e straniero.
Dal 1952 ha lavorato presso il suo studio a Chieti su commissione di Enti pubblici e di privati (progettazione ed esecuzione di cappelle funerarie artistiche, monumenti ai Caduti, Sacrario Nazionale Militare di Chieti nel cimitero comunale, statue a soggetto religioso e non). Di quest’epoca ricordiamo un articolo di Verlengia del 1954, che parla di un monumento ai Caduti in progettazione per il paese di Orsogna, tragicamente martoriato dalla guerra. Il progetto però non viene completato, e oggi resta solo il bassorilievo di un giovinetto abruzzese dall’aspetto dei kouroi greci; tanto che il Monumento verrà eretto solo negli anni ’80 nella piazza Martiri Civili Orsognesi.
La sua vita professionale, in qualità di docente di Disegno e Storia dell’Arte presso gli istituti superiori della provincia di Chieti, lo porta a Lanciano, a conoscere la collega Maria D’Autilio, insegnante di Lettere che sposerà nel 1960 e dalla quale avrà una figlia, Filomena. La sua esistenza accompagnata da gratificazioni professionali e private si interrompe prematuramente nel luglio del 1967, a causa di un’infiammazione mal curata, mentre stava completando una delle opere di maggiore spicco artistico, Il Sacrario Nazionale Militare di Chieti nel cimitero comunale, che accoglie i resti di tanti giovani caduti di tutte le guerre, a cui Pasquale Di Renzo ha lavorato in qualità di progettista, direttore dei lavori e scultore, Sacrario riconosciuto su territorio italiano per importanza, secondo dopo quello di Redipuglia.
Diversi sono stati gli intellettuali che hanno prestato attenzione alla produzione di Pasquale Di Renzo tra cui il noto critico d’arte Piero Scarpa che a seguito di una visita presso lo studio dello scultore si esprime così sulle pagine del Messaggero: “È doveroso far presente che non si tratta di saggi prodotti da un temperamento tendente a fare dell’arte per capriccio, ma di opere scaturite da un ingegno fertile e da un’anima sensibile alle gioie e ai dolori, ai tormenti e alle passioni, che si manifesta con accenti di vitalità e di sentimento tali da rivelare lo stato d’animo dell’artista quando modella le sue figure ed i suoi gruppi con evidente vigore e con assoluto rispetto del vero”.
Fra i numerosi articoli redatti da critici d’arte, il Prof. Francesco Verlengia, Consulente onorario delle Antichità, per la Madonna col Bimbo, bassorilievo in marmo eseguito per una cappella del Cimitero di Chieti, così si esprime sul Momento Sera del 31/08/1952: "Pasquale Di Renzo fedele agli insegnamenti del suo Maestro, tutto penetrato dallo spirito dei grandi Scultori fiorentini del Rinascimento, produce un’arte sobria, equilibrata, densa di valori umani e, soprattutto legata alla migliore tradizione della plastica italiana. È senza dubbio una delle speranze più certe della scultura abruzzese” e in altra occasione lo definirà, come detto, l’erede diretto di Costantino Barbella.
Chieti 13.03. 1949 (lettera di Verlengia a Pasquale Di Renzo)
Caro Pasqualino, ti ringrazio della tua lettera e delle belle notizie che, a mezzo di essa, mi rechi. Effettivamente la tua figura di uomo giacente è soda, organata e piena di equilibrio e fa onore a te, ai tuoi maestri, alla tua Accademia; fa onore anche alla città che ti ospita, a Firenze, che all’arte italiana ha dato la sua compostezza e la sua armonia. Sono lieto di quanto mi dici sul prof. Biagi, a cui non mancherò di scrivere e a cui avrei già scritto se le soverchie cure di questi giorni non me l’avessero impedito. Non mancherò pure di comunicare notizie sui tuoi progressi all’Amministrazione provinciale. Scrivimi ancora mentre, quando potrai, porgi i miei ossequi più devoti al tuo illustre Maestro prof. Romanelli e i miei più vivi al prof. Biagi.
Tu abbiti augurii cordiali e fraterni e credimi Tuo aff.mo Francesco Verlengia
1949 Riposo - studio di uomo a grandezza naturale, eseguito presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. |
Bimbo, 1939, in terracotta, proprietà del Prof. Francesco Verlengia, Chieti |
Solitudine, 1946, Autoritratto, Mostra personale Chieti - Proprietà dell’autore. |
San Giovannino in marmo, 1951-2, dedicato al padre Giovanni. Proprietà dell’autore. |
Pastorello Abruzzese, 1953-4, bassorilievo in bronzo (per il Monumento ai
caduti di Orsogna). Proprietà
dell’autore. |
Davide, 1955-6, bronzo a grandezza naturale, Monumento ai Caduti di
Roccaspinalveti (Chieti).
Madonna col Bambino, 1956, in terracotta, proprietà dell’autore. |
1959/1964 Costruzione del Sacrario Militare Nazionale d’Abruzzo su progetto del Prof. Pasquale Di Renzo a partire dal 1956/1957 |
1961/64 La Madre del Combattente d’Italia, modello in gesso
poi tradotta in bronzo nell’ambito del Sacrario Militare Nazionale di
Chieti. |
4° Bassorilievo dell’altare per i combattenti in marmo di Carrara.
Primo episodio: S. E. l’Arcivescovo Mons. Giuseppe Venturi accompagnato dal Presidente della Cassa Provinciale di Risparmio di Chieti, annuncia al popolo e ai numerosi cittadini sfollati che Chieti è Città aperta! L’intervento di S. Santità Papa Pio XII aveva patrocinato il grande evento.
Secondo episodio: S. E. Mons. Tesauri, presso la Cattedrale di S. Maria del Ponte, interviene presso il Comandante Tedesco affinché cessino le dolorose rappresaglie in Lanciano.
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