Veduta del ponte e della Cattedrale da via dei Bastioni |
Il Ponte di Diocleziano sotto la Cattedrale di Lanciano, tra storia e leggenda, dalla Madonna agli scavi degli anni '90
di Angelo Iocco
Una città come Lanciano ricca di storia, che tanto si è profusa con le memorie storiche a partire dal XVIII sec., a valorizzare il proprio ponte sopra la valle Pietrosa o Pozzo Bagnaro, è anche quella che ha creato un vero e proprio falso storico per quanto concerne la tradizione sulle antichità monumentali della romana Anxanum. La città, come dice il prof. Nicola D'Onofrio che ha scritto anche una nuova guida della Città per il Touring Club Italiano, si divide in due categorie: quella che parla del ponte di Diocleziano, dunque romano, come fatto incontrovertibile, e l'altra parte che dice "ponte cosiddetto del Diocleziano", senza però riuscire a negare il fatto.
Come mai questo appellativo? Gli storiografi locali (ma questo è un fatto che riguarda tutta quella corrente dell'antiquaria locale filo romana italiana dedica a lodare anche eccessivamente le memorie patrie delle città e dei borghi), spesso e volentieri mossi da eccessivo zelo di amor patrio, soprattutto per rivaleggiare con altre città limitrofe, tiravano fuori dal cilindro lapidi, documenti, muri, ruderi a loro dire "inattaccabili" che in maniera certa comprovavano ciò che loro scrivevano nelle loro opere. Ed ecco Anxanum città di grandi traffici commerciali e templi, basiliche e quant'altro, con lapidi che nel '700 con restauri di case o chiese affioravano sepolte da secoli di oblio. Così disse Giacomo Fella primo storiografo di Lanciano, così il Polidori, così Domenico Romanelli, così Omobono Bocache....gli altri studiosi da Filippo Sargiacomo a Domenico Priori, sebbene valenti, furono solo studiosi che telegraficamente riportarono le notizie passate, senza verificare la veridicità, o almeno le prove portate dall'antiquaria lancianese del '700 e '800. Da Romanelli e Bocache nacque la polemica sul ponte romano che nel III sec. d.C. sarebbe stato restaurato dall'imperatore Diocleziano.
interno del ponte |
Bocache in polemica con Romanelli sull'antiquaria locale, vedendo che all'epoca l'Impero Romano era una diarchia, pensò bene di correggere l'amico Romanelli, e completò la lapide rinvenuta a suo dire nei restauri del Ponte del 1785 (quando in effetti si stava costruendo la nuova monumentale Cattedrale della Madonna nello stile tardo settecentesco che oggi vediamo su progetto di Carlo Gigante), con la seguente iscrizione: IMPP. DD. NN. DIOCL. IOV. ET MAX. ERC. / CAES. AVG. S. PQ. ANXANEN. / D.N. MQ. EORUM / PONTEM F.C.. Ossia sotto il governo degli Augusti Massimiano e Diocleziano Imperatori, il "Senato Anxanense" restaurò il ponte alla loro memoria.
Assodato che presso la torre campanaria della cattedrale sino al 1944, quando ci fu un bombardamento che la danneggiò, c'era una lapide ritenuta autentica dal Mommsen che menziona in effetti i decurioni della municipalità di Anxanum sotto un prefetto dell'Augusto Imperatore, Mommsen ha ritenuto falsa questa lapide dove si menziona il grande e altisonante Senato Anxanense. In effetti nemmeno a Teate (Chieti), la città maggiore degli Abruzzi di quei tempi, è stata rinvenuta dall'antiquaria locale una simile e così chiara lapide circa il governo politico di quei secoli! Ma Bocache doveva argomentare con maggior certezza le argomentazioni "coi piedi più di piombo" del Romanelli, il quale comunque, dopo aver copiato e pubblicato le incomplete Memorie Frentane del valido storico Antinori purtroppo deceduto, si perse nel più completo girone di invenzioni di gloria paesane passate, seguendo pedissequamente il falsario concittadino Pietro Polidori.
Fu così che con Bocache saltò fuori la lapide indiscutibile che, dopo restauri e restauri secolari, essendo stata completamente ignorata dai vari costruttori! Solo che questa lapide insieme a tante altre raccolte dal sacerdote lancianese, dopo che passarono al Museo De Giorgio e infine a Villa de Riseis di Lanciano, chissà adesso dove è andata a finire. Nemmeno le recenti campagne di scavo di Andrea Staffa, Roberta Odoardi con la partecipazione dell'architetto lancianese Vittorio Renzetti, sono riusciti a risolvere questo dilemma. In questi scavi degli anni '90 e 2000, in cui si cercava di scoprire qualcosa di più della cosiddetta "Curtis Anteana" (la piazzetta che doveva esistere nel VI-X secolo dove oggi sta Piazza Plebiscito ex Piazza Mercato), e di ciò che esisteva sotto presso il ponte, sono usciti rinvenimento interessanti.
interno dell'auditorium del XVI sec., detto Lu Curridore |
E' stata scoperta la chiesa succorpo della cattedrale del XIII sec. ca., che alcuni hanno voluto fosse chiamata "chiesa di Santa Maria in Platea", seppur nei documenti più antichi non sia mai menzionata, se non con il termine dell'Annunziata, esistente in piazza sino al 1819 quando fu abbattuta. A seguire sono stati scoperti gli accessi agli altri archi dei più ponti stratificatisi a quello chiamato "Lu Curridore" o auditorium, che fino agli anni '60 era una pescheria comunale e deposito della Diocesi di Lanciano, poi passato di proprietà al Comune. Il corridoio del XVI-XVII secolo carrabile per collegare la piazza al colle Prato della Fiera, spianata dove oggi sorge il quartiere Corso Trento e Trieste con la villa comunale, dove da secoli si tenevano le fiere di Lanciano. In questi scavi sono state sfondate alcune pareti laterali al corridoio carrabile del XVI secolo, coperto da volte a crociera in laterizio, con altri archi rivolti verso la valle di Pozzo Bagnaro; rimossa la terra, sono venuti fuori i 5 archi del ponte del 1300, attualmente la testimonianza più antica di questo ponte alto più di 25 metri; dalla testa di questo ponte con l'ingresso scavato dalla Soprintendenza di Chieti, si può accedere al succorpo della chiesa dell'Annunziata, che dovette durare poco tempo, visto che immediatamente fu coperta, con la costruzione di pilastri di rinforzo in mezzo alla navata, al fine di realizzare la chiesa superiore del 1300.
Come mai questa esistenza così breve? il Prof. D'Onofrio spiega che la cosiddetta "curtis Anteana" non menzionata nei documenti, se non nelle solite memorie locali del 1700, era una piazzetta minuscola, oltretutto in più punti in forte pendenza, tanto che già nell'800 l'architetto Sargiacomo dovette intervenire più volte con spianate in via dei Frentani o in via Corsea per adeguare il livello di calpestio. Immaginiamo nel 1200-2300m quanti avvallamenti doveva avere questa piazza, che oltretutto sprofondava di botto dove oggi c'è l'accesso al corso Trento e Trieste, burrone che verrà riempito solo nel 1904 da Filippo Sargiacomo con del terreno preso dalla vallata della Pietrosa, e sistemato sapientemente con una ingegnosa architettura a muro concavo di mattoni, ancora oggi visibile, ma per niente segnalato o valorizzato, all'altezza del terzo arco del ponte del 1300, guardando in basso dal vetro di protezione. Prima della costruzione del muro sargiacomiano per contenere la terra di riporto, quell'arco, insieme all'altro arco che guarda verso Nord ovvero il mare nel "parco del Diocleziano", era tutto un collegamento con il rivolo che scorreva sotto, partendo dalla Fonte del Borgo. E c'era anche una cappellina votiva dedicata alla Madonna purificatrice, purtroppo distrutta o sepolta dai lavori.
Da questa prospettiva verso il muro sargiacomiano vediamo anche le tracce dell'altro ponte a 8 archi del 1400 ca., poiché nel 1488 un testamento di Antonio di Buccio della Taranta con lascito di tutti i suoi beni all'istituzione della Santa Casa del Ponte di Lanciano, lascia intendere che di lì a poco sarebbero partiti i lavori, o magari erano già partiti, di ampliamento di una chiesa particolare. Dunque abbiamo due ponti, uno medievale, uno rinascimentale con arco a tutto sesto, scambiato ovviamente di recente, anche dallo stesso Bocache (vuoi perché le conoscenze archeologiche nel '700 erano molto a libera interpretazione personale, vuoi per malafede), per quello romano di Diocleziano. Gli altri tre di cui parla D'Onofrio? Il Ponte a Corridoio auditorium del 1500, e poi i contrafforti del 1800 che sono oggi visibili dal parco del Diocleziano, e infine i piloni del 1933, resisi necessari dai lavori di consolidamento della cattedrale rifatta completamente nel '700, che ovviamente andava a pesare sopra le varie strutture, che nel punto mediano della lunghezza, in sostanza sono sospese nel fosso del Pozzo Bagnaro.
La piazza e la Cattedrale della Madonna del Ponte |
La storia della Madonna del Ponte? Altre leggende propagate dal Fella, Pollidori e Bocache, nel 789 d.C. nel pieno delle persecuzioni iconoclaste dell'imperatore bizantino Leone Isaurico, nell'Italia cristianissima governata dai Longobardi, dunque cristianizzati da un bel po' di secoli, i lancianesi terrorizzati chissà da quale minaccia, avrebbero preso una statua della Madonna in terracotta e nascosta in un pilone del ponte "romano". Dopo un terremoto del 1088 che avrebbe sconvolto la Frentania e soprattutto Lanciano, a detta degli storiografi locali, con l'apertura della valle della Pietrosa e di Pozzo Bagnaro, si resero necessari dei lavori per il ponte semi-crollato. Premettiamo che anche questa data del terremoto è dubbia. perché menzionata ovviamente dal Pollidori il quale avrebbe trascritto un prezioso manoscritto del Chronicon del Monastero benedettino di Santo Stefano di Rivomaris a Casalbordino, oggi perduto, e leggibile solo nelle sue Memorie Frentane manoscritte, e ovviamente già in odore di falso per gli studiosi di fine '800. Alla luce di ciò, i lancianesi trovarono i soldi per restaurare il ponte solo nel 1138 in epoca normanna, quando Lotario II passando per dirigersi a Melfi, procurò di restaurare il ponte. Peccato che Lotario fosse morto un anno prima! E forse Bocache che trasse fuori dal cilindro la magica lapide testimone, non si documentò bene sui fatti reali! Breve parentesi sulla lapide romana del 1785 che testimoniava la costruzione da parte del Senato Anxanense del ponte...possibile che in una fase edilizia così caotica e ampia di tutti questi ponti, testimoniata dall'occhio, più che dai carenti documenti antichi, i muratori e gli oratori della fase rinascimentale non avessero trovato questo prezioso reperto? O almeno, non l'avessero utilizzato come materiale edilizio per la muratura, come di solito avviene in questi casi?
Per la stessa questione degli edifici templari dell'antica Anxanum, che certamente esistevano in centro, ma che oggi non ci sono giunti, a differenza di altri casi abruzzesi come Teate, Interamnia Praetutiorum, Amiternum, Juvanum , Alba Fucens, il prof. D'Onofrio conclude che Lanciano nei tempi bui dell'Impero romano fu sfortunata come ad esempio Histonium e Ortona, che benché valenti città antiche e strategiche per il commercio adriatico, subirono distruzioni su distruzioni di templi forse nemmeno troppo rilevanti dal punto di vista architettonico (visto che oggi nemmeno un mezzo architrave o capitello si conserva, a differenza ad esempio del tempio di Dioscuri di Chieti in zona San Paolo), distruzioni perpetrate in quell'ottica dell'incastellamento e dell'arroccamento dell'era franco longobarda, quando l'antica Anxanum non era altro che il piccolo abitato del Colle Erminio, ossia il rione Lancianovecchia, Negli altri colli storici della Civitanova e del Borgo forse qualche domus o tempio esisteva, ma oggi non c'è giunta, se non nelle testimonianze locali antiquarie e di parte del '700.
Tornando alla questione della Madonna del Ponte, la statua viene scoperta nel XII secolo, conservata in una nicchia votiva presso un merlo del ponte, finché non inizia a detta di Bocache a superare la venerazione di San Maurizio, considerato già dallo storico Fella il patrono storico di Lanciano, la cui chiesa era a Lancianovecchia; sicché con offerte e quant'altro la chiesa inizia ad essere ampliata, affiancando la vicina chiesa dell'Annunziata sulla piazza, al limite stremo del burrone dove parte il corso Trento e Trieste; sicché nel 1600 come documentato da piante presso l'Archivio di Stato di Venezia, le due chiese erano unite dal fianco laterale, dove la tradizione vuole ci fosse la nicchia antica con la statua della Madonna, corrispondente al punto dove oggi sorge la grande cappella del Sacramento della Cattedrale.
La chiesa dell'Annunziata tuttavia decadde di importanza, sino a divenire nei documenti papali e vescovili un tutt'uno con la cattedrale nel XVIII sec., sicché alla fine di questo secolo si decise una ricostruzione totale dell'edificio della vecchia chiesa di Santa Maria delle Grazie del Ponte, la quale comunque erasi ampliata più volte tra il XV e il XVII secolo, esigendo anche la costruzione del ponte sottostante "a corridoio coperto" per le carrozze.
Non soffermandoci troppo sulle vicende della statua, che già dai dubbi dell'Antinori dovrebbe risalire massimo alla metà del XV secolo, e non all'VIII sec. d.C.!, ritorniamo agli scavi archeologici in piazza degli anni '90 e 2000: oltre al vano della cosiddetta "Santa Maria in Platea" ossia l'Annunziata a succorpo della chiesa del XIII sec., come dimostrano le tracce dei costoloni laterali di epoca duecentesca, viene scoperto il famoso ponte romano. Sì, ma con molto dubbi, perché è proprio una porzione di muro che è lateralmente l'ingresso a destra del cancello del Corridoio, che va sotto la piazza per risalire al Santuario del Miracolo Eucaristico. Un piccolo muro in opus incertum che è troppo poco per decretare con incontrovertibile certezza, a dire di Vittorio Renzetti, che quello effettivamente fosse il ponte romano! Anche perché il Bocache nei suoi manoscritti parla di un'arcata che dovrebbe stare dalla parte opposta seguendo le cellette laterali del Corridoio, che se fossero ben adeguate, mostrerebbero la parte superiore delle belle arcate gotiche del ponte trecentesco!
Per il Prof. D'Onofrio dunque questo muro sarebbe quello di una casa o bottega che stava insieme a varie altre nella piazzetta del Mercato davanti la chiesa dell'Annunziata, dove il ponte trecentesco andava a finire; a seguire vediamo una porzione di edificio regolare ben squadrato a tre lati, ossia la parte della facciata del succorpo dell'antica chiesa dell'Annunziata precedente al XIII sec., che fu sepolta dal terreno di riporto, affinché potesse esservi costruita sopra la nuova chiesa distrutta poi nel 1819. Altre tracce di parti superiori di archi di ingresso lungo questo stretto corridoio permettono di capire la stratificazione edilizia di questa piazza, che è andata nei secoli sempre più sollevandosi dall'originario piano di calpestio con le case e le botteghe, al punto da vedere all'altezza delle copertura in cemento armato degli archi rampanti! Dunque c'erano altri edifici porticati antichi, sepolti a loro volta dalla terra, fino a che la piazza del Plebiscito nella fine del XVIII sec. a parte gli aggiustamenti di Sargiacomo a fine '800, già aveva la sua conformazione che vediamo oggi.
Forse negli scavi degli anni 2000 venne alla luce dell'altro, come qualcuno ha detto, ma per mancanza di fondi sufficienti non si è potuto continuare gli scavi... almeno dove ci sarebbero potute essere altre "possibili tracce del ponte romano o di altri corridoi antichi", si poteva intervenire magari con qualche vetrata trasparente. Così come è stato fatto ad esempio, per il presunto battistero di San Legonziano nella parte lato piazza del complesso monumentale di San Francesco del Miracolo Eucaristico; si tratta di tre vani di diverso aspetto, separati da piccoli muretti, che a interpretazione libera potrebbero rappresentare la figura di un uomo: testa + corpo a trapezio + parte lunga delle gambe... un esempio davvero originale di battistero antico, se confrontato con gli altri esemplari tutt'oggi esistenti in Italia, basti pensare a Firenze o Milano! Quegli edifici, come la cosiddetta cisterna o Fonte di Cassio Longino già sbandierata dal solito Fella, e ripresa dal resto del carrozzone storiografico locale, che si trova nell'ex cappella del Santissimo Rosario dove scende il percorso archeologico sotto la piazza, potrebbero essere magari cloache del convento, o resti di altre case antiche inglobati nel nuovo corpo del convento francescano, in quella parte dove aveva la sede la Confraternita di Santa Maria dei Raccomandati che fece dipingere nel 1515 gli affreschi dell'Apocalisse di San Giovanni; del resto come riportano i pannelli esplicativi in situ, anche gli studiosi che hanno compiuto gli scavi, sono rimasti assai perplessi dinanzi a queste incongruenze.
Incongruenze che continuano a uscire da bocca in bocca dei lancianesi e non, sul ponte romano, sulla cisterna, sull'archeologia dimostrata ed esistente in Lanciano, ma che di fatto non esiste allo stato attuale, o almeno va interpretata sotto un diverso punto di vista. Anche il materiale ceramico rinvenuto nei vari scavi di via Corsea o Largo San Giovanni o ancora sotto la piazza, mostrati come tangibile testimonianza del ricchissimo commercio delle "nundinae" lancianesi (ossia le fiere della ceramica che c'erano comunque in tutte le principali città dell'Impero), risalgono al tardo Impero romano, o addirittura all'epoca bizantina, oggi conservate e visibili nel Museo archeologico dell'ex convento di Santo Spirito a Lanciano. Materiale di testimonianza archeologica sì, ma mostrato da alcuni a sostegno di tesi che vacillano sui loro stessi fondamenti incerti, per voler dimostrare a tutti i costi un primato assoluto dell'antica città di Anxanum capitale dei Frentani e punto nevralgico dei traffici commerciali nella sua vallata e presso l'Adriatico, soprattutto per sostenere l'antichità del ponte romano di Diocleziano.
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