Il "Libro chiamato Antifor di Barosia", XV sec., stampato a Venezia nel 1615. |
Da dove proviene la leggenda popolare di Carlo Magno con l'esercito dei Paladini, all'assalto della rocca di Scanno, distrutto dalla cascata di pietre infuocate per mezzo della Maga Angelica? E degli amori del mago Pietro Bailardo per la stessa, che si riparò con l'ombrello magico, e che dopo la morte di lei, la vallata di Scanno si riempì con un lago che divenne la sua tomba?
Giovanni Pansa ne parlava nei suoi “Miti,
leggende e superstizioni abruzzesi”, è un poemetto, ancora più antico de “Zu mtremuonie azz'uso” di Romualdo
Parente, e rappresenta uno dei più bei prodotti della letteratura popolare
scannese, l'Antifor di Barosia, di autore anonimo.
Il volumetto, un poema in ottave, di 43 canti, descrive le varie imprese del cavaliere Orlando, paladino di
Carlo Magno, celebrato dall'Ariosto e dal Boiardo, e tratta di vicende
concernenti altri Paladini, come il cavaliere Antifolo di Beroso, che assaltò
nella valle del Sagittario l'imprendibile Scanno controllata dalla maga
Angelica, alla cui morte la vallata piangendo si riempì d'acqua, formando il
famoso lago tra Scanno e Villalago.
Pansa precisa che questo racconto è nel canto 20 del poemetto. Insomma la leggenda dimostra da una parte come i pastori scannesi conoscessero assai bene la grande materia epica del Ciclo Carolingio e del Ciclo Bretone, oltre ai famosi poemi di Ludovico Ariosto e Torquato Tasso, rielaborando loro leggende, dall'altra seguendo le argomentazioni del Pansa si assiste al processo di costruzione di una leggenda popolare, in questo caso dal sapore cavalleresco popolare, piuttosto che concernente il valore religioso amuletico, sul fenomeno dei "geoidi", ossia pietre dall'aspetto rotondo, simili ai proiettili dei cannoni del XV-XVII secolo, che si staccavano dalle montagne delle gole del Sagittario, e che indusse la popolazione di Introdacqua, Bugnara, Anversa e Scanno a immaginare che in un passato remoto questi fossero stati proiettili infuocati scagliati dal cielo, e che toccando terra, si fossero raffreddati divenendo pietra.
Bibliografia:
Giovanni Pansa, "Miti, leggende e superstizioni d'Abruzzo", II, Caroselli, Sulmona, 1927, rist. anast. Forni, Bologna 1970.
Il "Libro chiamato Antifor di Barosia", del XV secolo, stampato a Venezia nel 1615.
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