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17 dicembre 2025

Vasto marina, lungomare, anni '80.

Vasto marina, lungomare (aeroporto), anni '80.

Perché la Scuola di Posillipo parlò abruzzese?

Gabriele Smargiassi, Il golfo di Pozzuoli da Baia, 1841, olio su tela, cm 96,8 x 129,5, collezione privata.

Perché la Scuola di Posillipo parlò abruzzese?

Alcune definizioni nascono malevole fin dall’inizio ma vengono poi accettate quasi per spirito di sfida. “Decadentismo”, per esempio, fu termine coniato polemicamente e per sfregio nei confronti di quegli autori dell’Ottocento nevrotici e malaticci il cui immaginario scompensava verso derive provocanti e perturbanti, inaccettabili agli occhi del tempo. Eppure quegli stessi artisti malaticci se ne appropriarono con gioia e oggi decadente è un aggettivo che ha l’onore di accomunare un Baudelaire, un Mallarmé, un Thomas Mann.
Così accadde anche per i pittori napoletani della prima metà del XIX secolo che si specializzarono nel paesaggismo e, come s’insinuò con cattiveria, si concentrarono a Posillipo per smerciare più agevolmente i loro quadri ai turisti che erano affascinati da scorci meridionali e marine.
Il fenomeno, dagli anni Venti agli anni Trenta dell’Ottocento, ebbe i caratteri dell’allargamento dei cerchi concentrici sull’acqua: il gruppo si riunì dapprima intorno alla figura dell’olandese Sminck van Pitloo, poi sostituito da Giacinto Gigante, gigante non solo di nome a considerare il talento, attraendo progressivamente nomi nuovi e soprattutto intere famiglie di artisti, come i Witting, i Fergola, i Carelli. Si praticava tuttavia spesso una pittura fatalmente corriva, da qui forse muovevano le critiche degli accademici: i paesaggi vibravano di lirici slanci per quanto romanticamente protesi ad assimilare la lezione di Turner, che si fermò a Napoli a lungo, o di Camille Corot, e quindi a rinnovare il ruolo della luce e lo statuto stesso, anche tecnico, dell’acquerello. È evidente il pericolo di stereotipia insito nella pratica del paesaggismo, tuttavia la Scuola di Posillipo sperimentò parecchio prima di adagiarsi sul vedutismo convenzionale.
Giunta ai suoi epigoni, a invertire la rotta intervennero però i fratelli Palizzi, Giuseppe, Filippo, Nicola e Francesco Paolo, provenienti da Vasto, in provincia di Chieti.
La città adriatica attraversava in quegli anni una fase di grande vivacità culturale, anche per la presenza di una variegata borghesia illuminata, ben più progressista che provinciale.
A fare da apripista a Napoli, era stato un altro vastese, Gabriele Smargiassi, che nella capitale partenopea divenne insegnante di “paesaggio” all’Accademia delle Belle Arti, e molto influenzò Nicola Palizzi, destinato tra i fratelli a diventare l’esponente della Scuola di Resìna, apertamente verista. Nicola non disdegnava le emozioni forti: il suo pennello spaziava da eruzioni a terremoti, ma l’intuizione verso il cambiamento puntava ormai al superamento del manierismo romantico all’insegna di un realismo maggiore, come quello che emergerà dai lavoratori rappresentati da Giuseppe, l’unico nato a Lanciano, che trova la sua strada e il successo in Francia.
Ad affiancare il primogenito dei Palizzi negli anni parigini, sarà poi il minore dei fratelli, Francesco Paolo, il più vicino ai soggetti di tradizione napoletana, capace però di cogliere nuove suggestioni dalle tonalità della campagna francese e dalla pittura di Chardin.
Su tutti svetta tuttavia la prodigiosa produzione del secondogenito Filippo, allievo a Napoli del conterraneo Giuseppe Bonolis, affermato ritrattista originario di Teramo.
Il gusto puntuale di Filippo per il dettaglio matura precocemente a Vasto, nella bottega di un modellatore di statuine da presepe, e tocca l’apice con l’interesse rivolto alla fotografia, che egli praticò con severa professionalità insieme alla lavorazione delle maioliche. La sua pittura è infatti plastica, precisa e poetica, basti pensare allo spirito d’osservazione che si nasconde dietro i suoi prediletti animali, soprattutto domestici: la cagna bianca e nera con i cuccioli, i buoi luminosi nei caldi interni di stalla, i muli e i vitelli spesso associati ai bambini, o le caprette interrogative dall’ispido vello rustico che paiono anticipare la “capra semita” di Saba.
Minimalismo di svolta fecondamente lungimirante: da qui avrebbe preso presto le mosse la rivoluzione dei Macchiaioli.

Da: Luisa Gasbarri, 101 perché sulla storia dell'Abruzzo che non puoi non sapere.

14 dicembre 2025

Uomini illustri di Lanciano – Pasquale Maria Liberatore, intellettuale abruzzese del secolo dei Lumi.

Uomini illustri di Lanciano – Pasquale Maria Liberatore, intellettuale abruzzese del secolo dei Lumi

di Angelo Iocco

La Biblioteca civica di Lanciano è intitolata al libero pensatore e ricercatore Raffaele Liberatore, figlio del giurista Pasquale Maria. Oggi a Lanciano non esiste una sola strada o piazza a lui intitolata. Sembra che il suo nome sia evanescente nella memoria cittadina, come quelli di diversi altri intellettuali lancianesi. Ci occuperemo in futuro anche della figura di Raffaele, ma in questa sede vogliamo tracciare un profilo biografico sulla figura dell’erudito Pasquale Liberatore. Ci affidiamo alle memorie manoscritte, ancora inedite delle Biografie degli uomini illustri di Lanciano di Antonio Maranca (1783-1858), che fu amico del Liberatore, e con lui condivise gli ideali liberali francesi nel 1798-99, e di cui si premunì di “ometterne” i trascorsi nel tracciarne il suo profilo. Il manoscritto, ancora inedito, ripetiamo, si conserva per ragioni che non sto a spiegare, non nella collezione dei Manoscritti Maranca della biblioteca civica lancianese, ma nella Biblioteca provinciale “G. D’Annunzio” di Pescara, che li acquisì dagli eredi dello storico Luigi Renzetti.

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3 dicembre 2025

Progetto del nuovo coro della chiesa di S. Maria Maggiore, Vasto, 1838.

Progetto del nuovo coro della chiesa di S. Maria Maggiore, Vasto, 1838. 
Archivio di Stato di Chieti.

Basilio Cascella, “Il bagno della pastora”.

Basilio Cascella, (Pescara, 2 ottobre 1860 – Roma, 24 luglio 1950)
“Il bagno della pastora”
Olio su tela, cm 165x225
Museo Civico “Basilio Cascella”, Pescara.

1 dicembre 2025

29 novembre 2025

San Salvo, Squadra di calcio Minerva, 1974.

 San Salvo, Squadra di calcio Minerva, 1974.

Vasto, Il Porto, anni '40.

Vasto, Il Porto, anni '40.

Lanciano visitata il 16 settembre 1832 da Sua Maestà Ferdinando II delle Due Sicilie, in una relazione manoscritta di Antonio Maranca.

Ritratto giovanile di Ferdinando II Borbone

Lanciano dalla reintegra del Regio demanio nel 1770 alla visita di Ferdinando II.

In questo breve saggio di occupiamo della visita di Ferdinando II delle Due Sicilie a Lanciano, e lo faremo leggendo quanto scritto dal giurista, avvocato e poeta Antonio Maranca di Lanciano (1773-1858), figlio di Pompilio e Egidia Caterina Antinori, nipote dell’arcivescovo e scrittore di storia Anton Ludovico Antinori di Aquila (1704-1778). Maranca durante i moti dei francesi nel Regno di Napoli del 1798-99 simpatizzò per le idee liberali, e ottenne anche degli incarichi, ma durante il “decennio francese”, al ripristino delle leggi borboniche, cambiò completamente ottica, rientrando nei “ranghi dell’Ancient Regime”, per non subirne le epurazioni.

28 novembre 2025

Ernesto Cordella: l'esploratore del Congo.

Filippo Palizzi, “Carezze all’asino”, 1866.


Filippo Palizzi, “Carezze all’asino”, 1866,
olio su tela, cm. 63,5×93, collezione privata



Filippo Palizzi
, (Vasto, 16 giugno 1818 – Napoli, 11 settembre 1899)
“Carezze all’asino”, 1866
Olio su tela, cm 63,5×93
Collezione privata.


Filippo Palizzi, “Carezze all’asino”, 1866,
olio su tela, cm. 63,5×93, collezione privata.

La Macchina del Tempo - Alla scoperte delle avventure d'Abruzzo, di Peppe Millanta.