Giuseppe Di Battista (1930-2013) e le sue ricerche abruzzesi
di Angelo Iocco
Castel Frentano, Archivio storico
Associazione teatrale “Di Loreto-Liberati”, nei locali dell’Asilo Caporali,
riordinato da Angelo Iocco[1]
Giuseppe Di Battista (1930-2013) e le sue ricerche abruzzesi
di Angelo Iocco
Castel Frentano, Archivio storico
Associazione teatrale “Di Loreto-Liberati”, nei locali dell’Asilo Caporali,
riordinato da Angelo Iocco[1]
di Gabriella Izzi Benedetti *
I camminamenti, l’incrocio tra vie hanno da sempre prodotto fusione fra culture e popoli. Questa realtà da tempi preistorici concerne anche i tratturi la cui origine è datata intorno a 10.000 anni fa. Sono vie di transito che, con un sistema reticolare, spostando masse di greggi dalla montagna alla pianura e viceversa, oltre alla migrazione hanno favorito lo smercio, il baratto, creato scambio di saperi. L’Abruzzo possiede tracce antichissime del fenomeno, sicuramente dal VI millennio. Testimonianze sono reperibili nella valle Subequana e a Civitaretenga. Le direttrici tratturali erano spesso fortificate; se ne trovano di simili nei camminamenti dei Sanniti e in quelle dei Sabelli.
Nel museo civico di Sulmona un interessante bassorilievo documenta scene dell’attività pastorale durante il trasferimento delle greggi. Per millenni la transumanza è stata libera da imposte, poi i romani le introdussero, creando conflitti anche perché il mondo pastorale ha avuto, da sempre, carattere fortemente devozionale. Ecco perché è calzante l’osservazione di Goethe: “L’Europa, è nata peregrinando e la sua lingua è il Cristianesimo” peregrinare nel senso di spostarsi, viaggiare. Goethe nell’indicare il Cristianesimo come lingua comune e unificante, si riferisce a più recenti cronologie; ma il senso del sacro già in età classica, ellenica, preromana e romana è stato un fattore di continuità tra il viaggio, in specie transumante e la sacralità.
L’Antico e il Nuovo Testamento, attraverso i Re pastori, coniugano l’aspetto autorevole e il devozionale. Il pastore è colui che guida, che salva. In Abruzzo i percorsi tuttora esistenti, per quanto minimi, rivelano lo stretto legame tra viabilità storica e religiosa. Presso Scanno scavi archeologici hanno evidenziato resti di un tempio sacro a Giove Lanario; e Scanno è sulla direttrice del Tratturo Regio. Presso Sulmona esiste un’intera area sacra a Ercole Quirino, e Sulmona è sulla direttrice tratturale L’Aquila-Foggia. La pratica di fede che accompagnava la lunga marcia delle greggi, trovava nelle strutture religiose una rete protettiva. Lungo i percorsi chiese e cappelle cristiane vennero edificate su ruderi di quelle romane e preromane.
La pieve di Santa Maria dei Cintorelli, a Caporciano, a ridosso del Tratturo, mostra residui di attività del mondo pastorale arcaico. In particolare furono fondamentali le strutture benedettine poste lungo il cammino transumante, e per la prima volta troviamo annessi ai conventi luoghi di ospitalità e cura; questo perché i Benedettini furono i primi, seguendo la regola ora et labora che Benedetto da Norcia dettò nel 542, a vivere non solo di preghiera. Divennero fra l’altro medici e infermieri, come architetti, giuristi, musicisti, artigiani.
In Abruzzo la realtà benedettina fu floridissima: circa 300 strutture. In zona Sangro la badia di Santa Maria di Cinquemiglia era dotata di un Hospitale per i viandanti. In modo particolare la devozione era rivolta alla Madonna dell’Incoronata e all’arcangelo Michele. A Vasto troviamo sull’antico tragitto il Convento dell’Incoronata, San Lorenzo e Sant’Antonio abate. Benedetto Croce parla di un poeta pastore abruzzese, Cesidio Gentile, cultore del rito mariano, che inventò un patto di gemellaggio fra Pescasseroli e Foggia, paesi collegati da un tratturo Regio o Magno, come quello, che dall’Aquila raggiungeva Foggia.
I Tratturi Regi erano enormi, larghi 111 metri e 11 cm esatti; non si conosce il motivo di questa metratura, se riferita all’astronomia o a un calcolo di sfericità terrestre. Se si pensa che una nostra autostrada di 4 corsie non supera i 12 metri, possiamo immaginare la differenza. I tratturi più piccoli, tratturelli o bracci, confluivano in quelli maggiori, o facevano defluire le greggi verso altre zone; quindi formavano una rete gigantesca. Lungo il percorso transumante i “Riposi”, luoghi di sosta, collocati in genere vicino a un fiume, davano modo ai pastori di dedicarsi alla trasformazione del prodotto caseario, della lana, allo scambio di prodotti come zafferano, o prodotti delle cartiere.
Dalle zone vicine convenivano gli abitanti; sul sagrato della chiesa si svolgevano sagre, fiere, e questa aggregazione creava alla fine agglomerati urbani. Ne è esempio la fondazione dell’Aquila che porta un cambio di passo nella logistica non solo locale. La depurazione, filatura e tessitura delle lane raggiunsero in L’Aquila un grado di tale perfezione attraverso telai così particolari che la loro fama indusse Leonardo Da Vinci, tra il 1498 e il 1501, ad avventurarsi negli Abruzzi con un mercante di stoffe suo amico, il milanese Paolo Trivulzio, che scendeva spesso in Abruzzo per la lana aquilana, la più pregiata sul mercato.
I telai aquilani erano all’avanguardia nella tecnica; tecnica di cui Leonardo si appropriò immediatamente e realizzò per i tessitori del luogo dei disegni. Quindi abbiamo delle coperte abruzzesi realizzate secondo il disegno di Leonardo. Uno di essi è conservato presso il castello di Windsor. E presso la “Royal Collection” esistono suoi bozzetti raffiguranti Sulmona, il Morrone, la Majella, gli alti picchi del Gran Sasso, tutti su carta di Celano, cartiera tra le più importanti in Italia.
Poi qualcosa cambiò. Alfonso d’Aragona nel 1447 decise di riorganizzare la Dogana delle pecore in Puglia e fece convergere tutti gli armamentari, le attrezzature, a Foggia, penalizzando le fiere dell’Aquila, Castel di Sangro e abruzzesi in genere. Si salvò quella di Lanciano in quanto unica fiera franca, cioè libera, della regione, e lì vennero a convergere in tantissimi non solo italiani attratti dalla fama della lana abruzzese.
Dalla Toscana arrivavano le grandi famiglie fiorentine come i Biffi, gli Strozzi, i Tornaquinci e si avvantaggiavano di percorsi alternativi, le cosiddette vie della lana. In Abruzzo molto importante quella che da Guardiagrele arrivava a Prato. Guardiagrele era luogo di convergenza di prodotti lanari; e dimostra come i camminamenti interregionali producessero pluralità di relazioni. Per dire, Nicola da Guardiagrele scultore e orafo, (la sua Croce in argento è tra le più belle in assoluto), si formò nella bottega del toscano Lorenzo Ghiberti.
L’enorme intrico di strade intersecanti l’intera Europa potrebbero raccontarci molto di più della evoluzione da esse generate. Tra le direttrici più importanti la via Francigena che dalla Scozia, attraversando la Francia raggiungeva le Puglie, zona d’imbarco dei crociati. E un troncone proseguiva fino a Santa Maria di Leuca. La via che da Monte Sant’Angelo nel Gargano, attraversa l’Italia, si prolunga fino a Mont Saint Michel in Francia e oltre.
Soprattutto per i tratturi risulta importante la via degli Abruzzi che da Firenze arrivava a Napoli, incrociando Spoleto, L’Aquila, Sulmona, Castel di Sangro, giudicata tra le più sicure per la ricchezza di castelli e torri di avvistamento abruzzesi. In alcuni tratti viari come avviene per la via Traiana, è evidente l’intreccio tratturo e strada, il sovrapporsi. La transumanza abruzzese che, non dimentichiamo, era la più importante in Europa seconda solo alla Spagna, si collegava ad altre regioni. Dalla maremma, da Siena, i tratturi si congiungevano a quelli umbri. Il termine Paschi vuol dire pascoli e il Magistrato dei Paschi in Siena aveva un grande potere perché come avveniva all’Aquila, a Foggia, la transumanza era fondata sul meccanismo doganale; attraverso un atto di “fida”, con diritti e privilegi in cambio del versamento di un canone, i pastori erano soggetti a “giustizia speciale”.
Dall’Umbria poi i tratturelli raggiungevano Marche e Abruzzo e tutto questo ha influito sull’ambiente, sicché molto di quello che oggi siamo lo dobbiamo a questo incrocio di saperi. Oggi le vie erbose, bersaglio di speculazioni, risultano smembrate e snaturate. É auspicabile l’accelerazione di iniziative intersettoriali, come il restauro dei monumenti in degrado, la costruzione di infrastrutture viarie e turistiche. Queste zone, grazie alla loro storia, hanno dato origine a una biodiversità ricchissima, per flora e fauna; e ci auguriamo che vengano istituiti seminari e incentivi per la ricerca.
La mia proposta è promuovere un turismo ambientale e culturale attraverso l’osservazione leonardesca della natura e delle attività legate al mondo agricolo e pastorale. Recuperare idealmente il percorso della via degli Abruzzi associando allo sguardo scientifico sulla odierna diversità, quello etico ed estetico espresso nel “Trattato della pittura” di Leonardo. Far partire percorsi museali e ambientali diffusi e approfondire lo studio della biodiversità e dell’ecosistema che accomunano le regioni centrali.
Curiosamente queste regioni, in specie Toscana Umbria Abruzzo, sono accomunate da un forma di eccellenza riferita alla drammaturgia sacra medievale, che raggiunse forme grandiose specie in Abruzzo e Toscana. In Umbria si affermò la Lauda. Nel Medioevo il teatro era a carattere sacro, il teatro classico inesistente, per il resto relegato nell’area dei guitti e saltimbanchi. Potrebbe essere in seguito questa una nuova proposta culturale. Per il momento ci auguriamo che la vocazione di eccellenza, che è stata la realtà transumante in Abruzzo, venga fatta risorgere con concreti contesti di investimenti in beni e servizi.
*Presidente della Società Vastese di Storia Patria
Gruppo di questuanti in via S.Sisto a Vasto, 1991 c. |
Gruppo di questuanti in via Poerio a Vasto, 1991 c. |
Trascrizione musicale di Filippo Marino |
Lu Sand'Andunie
Bona
sére a tutte quènde
Bona
ggènda cristijäne;
Bona
sére allecramènte
Ca vi
dèiche ch'è dumäne.
Rit.:
Sand'Andunie binidatte...
Sand'Andunie
binidatte
Nghi
la mâzz' e lu purcatte.
Sand'Andunie
binidatte
Nghi
la mâzz' e lu purcatte.
Li parind'
a Sand'Andunie
Li
vuléven' accasäje;
Ma lu
Sânde pènze bbéne
E a lu
disèrte si ni và'.
Rit.:
Pi n' avé' la siccatìure...
Pi' n'
avé' la siccatìure
D'alluvà'
li crijatìure.
Pi' n'
avé' la siccatìure
D'alluvà'
li crijature.
E
cambânne da rumèite
Va' lu
cèfer' a tindârle
Li
disfèit' a 'na partèite ...
Ma lu
sânde poche pârle.
Rit.:
Li vichéle scole chîlme...
Li
vichéle scole chîlme
E lu
cèfre manne hîlme.
Li
vichéle scole chîlme
E lu
cèfre manne hîlme.
A la
câssce Sand'Andunie
Ci
tiné' du caracèine;
Annaschìusce
lu dumônie
L'assimäv'
ògne matèine.
Rit.:
Sand'Andunie ci li tôppe...
Sand'Andunie
ci li tôppe
E i
fa' sunà' la grôppe.
Sand'Andunie
ci li tôppe
E i
fa' sunà' la grôppe.
Sand'Andunie
aripizzäve
Nghi
la sibber' e nghi l'äche;
Lu
dumônie i štuccuäve
Mo lu
ràife e m0 lu späche.
Rit.:
Sand'Andunie ci li tôppe...
Sand'Andunie
ci li tôppe
E j'
ammàine gné nu bbojje.
Sand'Andunie
ci li tôppe
E j'
ammàine gné nu bbojje.
Pi'
suspètte lu dumônie
J'
arimmocche la pignéte;
'Ngifirèite
Sand'Andunie
Ti
l'aggrâpp' a vvij' arréte.
Rit.:
L'appindàune a nu curnuècchie...
L'appindàune
a nu curnuècchie
E ji
màcceche 'na racchie.
L'appindàune
a nu curnuècchie
E ji
màcceche 'na racchie.
'Na
matèine Sand'Andunie
Si
magnä' du taijulèine;
Zitti
zètte lu dumônie
I
sbascèsce la fircèine.
Rit.:
E lu sânde nin zi 'ngânne...
E lu
sânde nin zi 'ngânne
Nghi
li méne si li mâgne.
E lu
sânde nin zi 'ngânne
Nghi
li méne si li mâgne.
Ma
dapù chi ci aripénze
Pi' li
corne ti l'afférre;
Nghi
na vîss' a vija'nnènze
Li fa
ji' di cule 'ndèrre.
Rit.:
'Mbètte i piânde nu hunùcchie...
'Mbètte
i piânde nu hunùcchie
E
daféure i fa 'sci l'ucchie.
'Mbètte
i piânde nu hunùcchie
E
daféure i fa 'sci l'ucchie.
Sand'Andunie
nghi la mbîsse
Jav' a
ccâcce a ciammajjèiche;
Lu
dumônie nghi 'na vîsse
Li fa
ji' sopr' a l'ardèiche.
Rit.:
Sand'Andunie ci si štèzze...
Sand'Andunie
ci si štèzze
Gnè nu
cèfere s'arrèzze.
Sand'Andunie
ci si štèzze
Gnè nu
cèfere s'arrèzze.
Arrizzéte
Sand'Andunie
Nghi
l'ardèiche fa nu fâsce;
E
acchiappäte lu dumônie
Prèim'
annènde l'arimbâsce.
Rit.:
Po' vuddät' a ppart' arréte...
Po'
vuddät' a ppart' arréte
Ji li
štriusce a lu sucréte.
Po'
vuddät' a ppart' arréte
Ji li
štriusce a lu sucréte.
Lu
dumônie a tanda huéje
Pi 'n'
zi fa' cchiù 'rruvunje;
Dèice:
Ndu' vi ch'è nu schérze
'N' di
li tojje 'a la dimmérze.
Rit.:
E lu sânde: Pure jéjje...
E lu
sânde: Pure jéjje
L'àjje
fâtte pi' pascéje.
E lu
sânde: Pure jéjje
L'àjje
fâtte pi' pascéje.
Sand'Andunie
huâtte huâtte
Jav' a
ffäje nu busagne;
Lu
dumônie da 'na frâtte
I
smiccéve la vrivagne.
Rit.:
Lu ruméite si n'addàune...
Lu
rumèite si n'addàune
E j'
ammolle lu gruppuàune.
Lu
rumèite si n'addàune
E j'
ammolle lu gruppuàune.
'N'
addra vôdde si va 'mmatte
A ffa'
a lôtte nghi lu sânde;
Lu
rumèite ti l'ahhuânde
Ti li
matt' a cocce satte.
Rit.:
E nghi l'âcche di cutèine...
E nghi
l'âcche di cutèine
Ji li
fä nu lavatèine.
E nghi
l'âcche di cutèine
Ji li
fä nu lavatèine.
Lu
dumônie pi currèive
I va a
'ccèite lu purcatte;
Sand'Andunie
vive vèive
Si li
scorce a la bbassatte.
Rit.:
Nghi la pèlle loche lèuche...
Nghi
la pèlle loche lèuche
Ci si
fä ddu bbille chièuchie.
Nghi
la pèlle loche lèuche
Ci si
fä ddu bbille chièuchie.
Lu
dumônie scurtucuäte
Ni
lassäv' a ji' ppritânne;
Sand'Andunie
dispiräte
Pi'
purcille si li scânne.
Rit.:
Si li spèzz, si li säle...
Si li
spèzz, si li säle
E ci
fä bon Carniväle.
Si li
spèzz, si li säle
E ci
fä bon Carniväle.
S'
àjje dètte 'štašturièlle
È pi'
rèss' arihaläte;
Figatèzze,
cuštatèlle
Saggicciutt'
e sangunäte.
Rit.:
Chi mi dä' lu pôrche säne...
Chi mi
dä' lu pôrche säne
Sci'
bbindatte chi li mäne.
Chi mi
dä' lu pôrche säne
Sci'
bbindatte chi li mäne.
Nghi
'šta néuve chi vi pôrte
E
firnìute lu cuandäje;
Arrapèteme
'ssi pôrte
Ca mi
vujj' ariscalläje.
Rit.:
Ca 'štu fradde malidatte...
Ca
'štu fradde malidatte
mi fä
sbâtte li hangatte.
Ca
'štu fradde malidatte
mi fä
sbâtte li hangatte.
Disegni di V. Lucchi |