Elisabetta Mancinelli, Maggio in Abruzzo.
Per la civiltà agro-pastorale, che è alla base della cultura abruzzese, maggio era considerato un mese determinante per il contadino che, alla fine dell’inverno, ha esaurito le sue scorte e sa che la sopravvivenza della propria famiglia è legata all’esito dei raccolti successivi.
La “costa” di maggio che significa ripida salita, stretto passaggio, allude proprio alla lunghe e faticose giornate di lavoro nei campi, ma anche alla difficoltà di superare certi momenti di precarietà economica prima di arrivare al nuovo raccolto. E’ un mese di transizione, difficile, tra le provviste ormai esaurite dell’anno precedente ed il nuovo raccolto, che si annuncia, ma potrebbe anche andare male e in cui, più che in altri periodi, si invocano le piogge: “l’acqua di maggio” particolarmente benefiche per il raccolto che va maturando.
Questo mese viene perciò festeggiato con diversi riti dal sapore mitico, antico in cui il ritorno della primavera viene invocato, scongiurato. Una stagione impropizia, avara di pioggia ed è la fame.
Negli ultimi anni si assiste in Abruzzo ad un rinnovato interesse per le tradizioni e le celebrazioni e le usanze tradizionali sono numerose e particolarmente suggestive soprattutto nel mese di maggio.
Le Virtù teramane
La ricetta delle “Virtù” ha la sua data di origine intorno al 1800. la preparazione di questo piatto veniva collocata il primo Maggio, poiché oltre ad indicare la fine del periodo freddo, aveva valore benaugurale per i raccolti estivi.
Si tratta di un piatto rituale con funzione propiziatoria. In questa occasione venivano preparate un gran numero di pignatte contenenti le “Virtù” e poi distribuite alle famiglie più povere, in segno di solidarietà della comunità con i meno fortunati.
Sono virtù perché la base di partenza sono gli avanzi rimasti nella dispensa dopo l'inverno: legumi secchi, pasta di varie tipologie, resti del maiale che la donna doveva essere brava a recuperare, riutilizzare e unire alle primizie che la nuova stagione aveva cominciato a produrre negli orti. Una leggenda narra che le Virtù dovessero contenere sette tipi di legumi, sette tipi di pasta, sette tipi di erbe, che il tutto dovesse essere cucinato da sette vergini per ben sette ore, sette proprio come le virtù cristiane..
Questo ricco minestrone, a secondo delle località, riceve nomi diversi.
Festa del Narciso a Rocca di Mezzo
Nell’ultima domenica di maggio si celebra la profumata e colorata Festa del Narciso a Rocca di Mezzo (Aq) che vede sfilare per le vie della città, da più di sessant'anni, carri allegorici interamente realizzati con i narcisi, fiori di cui il territorio è ricco.
“Sfilate delle Rose” di Pasadena in California, da cui alcuni emigranti riportarono l'idea, la sfilata onora il Narciso, fiore tipico dell'altopiano delle Rocche, ed è ormai una tradizione aspettata e intensamente vissuta dal paese. Per tutto il mese di Maggio i giovani si dedicano alla realizzazione dei carri, e , nell'ultima settimana, in particolare le ragazze alla raccolta dei fiori.
Durante l'ultima notte prima della sfilata , il momento più emozionante, si procede alla decorazione con i narcisi dei carri. E' molto curata la realizzazione di questi che sfilano e partecipano ad un concorso che premia il più bello, giudicato secondo tre parametri: “infioratura”, struttura e scenografia. I carri propongono spesso temi legati al folclore e alle tradizioni abruzzesi o ad eventi particolarmente sentiti sulla vita sociale del territorio.
Rito dei Serpari a Cocullo
Il primo giovedì di maggio a Cocullo, nell’aquilano, si festeggia San Domenico e, come per altre usanze in cui il rito pagano si intreccia con la devozione cristiana, così accade anche in questa occasione, in cui la devozione per San Domenico, protettore dal morso dei serpenti, si intreccia con il rito arcaico dei “serpari”, manipolatori dei serpenti, nel suggestivo quanto unico Rito dei Serpari.
Per la festa la statua del santo viene portata in processione, addobbata con serpenti aggrovigliati, innocui e particolarmente conosciuti sui monti attorno al paese: Saettoni, Cervoni, e Bisce che i cosidetti serpari raccolgono nei monti attorno al paese nella stagione fredda, durante il loro letargo. Prima della processione sono questi uomini a mostrare i serpenti ai visitatori, permettendo loro di toccarli e maneggiarli, mentre si intonano canti popolari per le vie del paesino.
Dopo la messa, la statua del santo viene ricoperta dai serpenti e la processione ha inizio.
Il corteo si allunga per le strette vie di Cucullo trasmettendo agli astanti immagini suggestive ed emozionanti. L’incontro con i serpari, la possibilità di accarezzare un serpente e superare le paure, accalcarsi dietro la statua del santo chiedendo soccorso per la salute, o restare semplicemente spettatore di fronte a un evento così particolare, suscita intense emozioni.
La festa del Majo a san Giovanni Lipioni
C’è una comunità in Abruzzo che il primo maggio si raccoglie tutta intorno all’arcaica celebrazione del “majo”, in un’ atmosfera di grande gioia collettiva: San Giovanni Lipioni (Chieti) posto su uno sperone che si protende verso il medio Trigno.
Fra paganesimo e cristianesimo, qui la festa del majo sopravvive con tutto il suo carico di simboli e di significati antichi e si inserisce nei festeggiamenti di Santa Liberata e di San Giovanni, le cui statue vengono portate in processione e trasferite dalla Chiesa principale di Santa Maria delle Grazie alla Cappella di Santa Liberata.
Il majo: intelaiatura con un cerchio, rivestita da centinaia di mazzetti di fiori, viene benedetto e, preceduto dalla banda, portato in giro per il paese da un’allegra comitiva per la questua.
Avanti a tutti un giovane con il majo ed in testa una ghirlanda di fiori, con spighe di orzo, baccelli di grano ed altre primizie. Fra canti e danze, in cambio di fiori, con cui si porta l’augurio di buona annata, si ricevono doni : uova, dolci, vino, soldi.
Con le uova raccolte, la sera si fa una gran frittata che viene servita in piazza a tutti i partecipanti alla festa, accompagnata da un bicchiere di vino. Per “cantare maggio” molti emigranti tornano ogni anno in questa occasione a San Giovanni Lipioni.
Carciofo in festa a Cupello
Cupello, piccolo centro collinare a pochi chilometri da Vasto, ogni anno la seconda domenica di maggio festeggia il carciofo.
Degustazioni, convegni, musica in onore di un prezioso prodotto che in questo paese offre una delle migliori qualità, e che si sposa con la sapiente e fantasiosa cucina tradizionale. In tutti i ristoranti del paese, per quattro giorni dal giovedì alla domenica, si gustano i carciofi in tutte le svariate forme e delicati e intensi sapori: dalla pizza, alla pasta, dall’antipasto al dolce, in numerosi menu rigorosamente a base di questa varietà ricercata di carciofo di Cupello.
Festa dei Banderesi a Bucchianico
Nel paese di Bucchianico, il 22, 24, 25 e 26 maggio si svolge la Festa dei Banderesi, una rievocazione storica in costume della vittoria che gli abitanti della cittadina riportarono sui soldati della vicina Chieti, dopo un lungo assedio, al tempo delle lotte comunali.
Giochi di destrezza e riti cavallereschi animano la festa che, tra i molti significati, ha anche quello di rafforzare l’amicizia e la solidarietà tra città e campagna, la stessa che permise, nel XIII secolo, di resistere all’assedio. Altamente coreografica è la sfilata che, muovendo dalle contrade, raggiunge il centro del paese.
Le donne recano canestri di fiori, sfarzosamente decorati; un bue precede il corteo, seguito da carri addobbati. Uno dei momenti più suggestivi dell’evento è la danza della ‘ciammaichella’ singolare movimento a spirale che rievoca lo stratagemma con il quale, nel corso dell’assedio, gli abitanti trassero in inganno i nemici facendo loro credere che in città vi fosse un esercito numeroso.
“Lu Lope” a Pretoro
La ricorrenza di San Domenico abate viene festeggiata a Pretoro, in provincia di Chieti, la prima domenica di maggio, con la rappresentazione del miracolo de “Lu lope”, una tra le più antiche manifestazioni sacre abruzzesi che si tramanda di padre in figlio.
Come avviene per la festa di Cocullo, anche nella celebrazione di Pretoro, ricorre la presenza dei serpari che, nei giorni precedenti, cercano di catturare serpenti ai quali strappano i denti, per renderli innocui. Il giorno della festa serviranno per adornare la statua del santo portata in processione per le vie del paese.
Ai serpari è dedicata la mattinata della domenica con un concorso per il serpente più grande e più bello trovato nei dintorni di Pretoro. In quest’occasione si possono vedere serpenti che , ammansiti dal Santo, si arrotolano alle mani dei fedeli che hanno legato al polso “ lu laccette de S. Dumeneche”.
La cattura dei rettili ha una valenza prettamente simbolica, liberare il territorio dal pericolo che deriva dalla loro presenza. Nel pomeriggio, dopo la celebrazione liturgica, si giunge al momento culminante della festa: la rappresentazione del miracolo di San Domenico e del lupo. Gli attori sono, secondo la tradizione, tutti uomini anche la madre. Il bambino, che è l’ultimo nato del paese, è ornato di fiocchi rossi contro il malocchio per esorcizzare il male.
“ Le ‘Ndorce” ad Atessa
Ad Atessa, in onore di San Martino la prima, la terza e la quarta domenica di maggio si svolge la processione delle ’ndorce (torce di cera vergine d’api) caratterizzata da gesti propiziatori fatti con le pietre , che vengono prelevate dai campi per curare le coliche, oppure da riti di strofinamento sulle rocce a scopo terapeutico.
Per tre volte, nel mese più scarso di precipitazioni, i contadini di Atessa organizzano una processione propiziatoria per invocare da San Martino eremita la caduta della pioggia. Il pellegrinaggio nasce da una antica leggenda secondo cui una statua del santo situata a San Salvatore a Maiella rotolò fino al fiume in seguito ad una tempesta di vento.
Da qui, galleggiando sull’acqua, arrivò intatta, vicino ad Atessa, dove gli abitanti del paese la collocarono nella loro chiesa principale. Dopo solenni festeggiamenti, indetti in onore del Santo, la statua scomparve. Fu ritrovata di nuovo a Fara San Martino e dopo aver tentato per tre volte di riportarla ad Atessa, fu deciso di lasciare la statua sul posto e di andarvi ogni anno in pellegrinaggio, portando in dono le primizie dei campi e una grande torcia votiva, la ’ndorcia appunto, ottenuta legando intorno ad un grosso cero, quattro candele minori.
Dopo aver assistito alla messa i pellegrini della ’Ndorcia escono devotamente dalla chiesa di San Leucio e si avviano verso la montagna. Dopo ore di marcia, risalendo le valli del Sangro e dell’Aventino, i pellegrini giungono a Fara San Martino dove visitano la chiesa di San Pietro e vi lasciano due fasci di spighe e due candele. Quindi , giunti tra i resti dell’antico monastero, depongono le altre due ’ndorce nella grotta in cui visse in penitenza il Santo.