P. Alessandro Cantoli da Crecchio, Minore Conventuale e Vescovo di Bovino.
di
Angelo Iocco
Nel
Convento del Ritiro dell’Annunziata del Poggio, accedendo alla piccola
chiesetta, sulla destra leggiamo una lapide murale che semplicemente indica la
presenza della tomba del Beato Cristoforo da Penne dell’Ordine dei Minori
Osservanti. Fu un uomo pio, devoto, e che all’epoca del suo rinvenimento nel
XVIII secolo nella fossa dei frati della chiesa, il suo corpo era intatto, e
operò diversi miracoli.
Le
notizie del B. Cristoforo e dei suoi numerosi miracoli autenticati dal Notaio,
si conservarono nell’Archivio del Convento. Nel 1894 se ne aveva una sola copia
fedelissima ricavata nel 1847 dal P. Alessandro Cantoli da Crecchio
(1812-1884), poi Vescovo di Bovino. L’effigie in tela del Beato si conservava
nella Sacrestia del Convento. Purtroppo i fedeli e i visitatori oggi raramente
si soffermano a venerare la sua tomba, una volta meta continua di pellegrini
orsognesi e forestieri, che venivano per implorare fiduciosamente grazie e
miracoli, o per esprimere tutta la gratitudine del loro cuore consolato.
Mons. Cantoli, nel periodo di “riedificazione spirituale e materiale” dei Conventi francescani d’Italia dopo le soppressioni dell’Unità d’Italia, partecipò a redigere uno schedario-memoriale sui principali Conventi abruzzesi francescani. Si pose insomma sulla scia dell’opera dell’infaticabile P. Marcellino Cervone da Lanciano (Compendio di Storia Francescana dei Tre Abruzzi, Lanciano, R. Carabba), continuata successivamente dal P. Giacinto D’Agostino da Pollutri (editò i 4 volumi di S. Francesco e i Francescani negli Abruzzi, Lanciano, tip. Mancini, mentre gli ultimi 3 volumi furono compilati dal fratello P. Roberto D’Agostino con lo stesso titolo, e curati dal P. Felice Virgilio Di Virgilio da Pollutri per Japadre, L’Aquila). Padre D’Agostino nei suoi scritti spesso cita il Memoriale di Mons. Cantoli, anche se non fornisce notizie precise sulla struttura dell’opera, che egli poté consultare nella Biblioteca del Collegio S. Antonio di Padova di Roma, poi confluita nella Pontificia Università Antonianum della stessa città. Alle nostre domande al bibliotecario, nulla di nuovo attualmente si sa riguardo questo documento inedito di Mons. Cantoli.
Chi
era questo Alessandro Cantoli che così dette lustro al Convento di Orsogna e
alla Storia dei Frati Minori d’Abruzzo? Danti la chiesa parrocchiale di
Crecchio si scorgono due monumenti in bronzo che lo ritraggono, il primo è un
mezzobusto, la seconda una statua a grandezza naturale, posta ai piedi del
campanile.
Ce
lo illustra il giornalista Vincenzo Simeoni di Orsogna in suo saggio inedito,
incluso nel fascicolo dattiloscritto Storia
del Convento della Santissima Annunziata di Orsogna.
P.
ALESSANDRO CANTOLI DA CRECCHIO (1812-1884)[1]
Canite
tuba in Sion
(Ioele.
29, 19)
Docete
omnes gentes
(Matteo.
29, 19)
Crecchio:
piccolo centro abruzzese di origine frentana, il cui nucleo principale è
raccolto presso il Castello medioevale, dotato di imponenti torrioni angolari,
ha una corona di 11 fiorenti “ville” (frazioni).
Il
9 settembre 1943 quel vecchio maniero ospitò la Famiglia Reale Italiana in
procinto di imbarcarsi al porto di Ortona per dirigersi a Brindisi. Il paese ha
subìto gravi danni a causa della guerra che divampò furiosa dalla Maiella
all’Adriatico dal mese di novembre 1943 al giugno 1944, costringendo le povere
popolazioni a sfollare con perdita di persone, case, masserizie, e beni.
“Vergine
Santissima!” – gridò la mamma – “salva mio figlio!”
La preghiera fu esaudita, ma sull’orecchio e sulla guancia sinistra del fanciullo s’impresse il “marchio della Madonna”, a ricordo della grazia. Orbati del padre in tenera età, i 7 figli rimasero esclusivamente sotto la guida della madre, la quale vera figura della donna forte e saggia della Sacra Scrittura, a costo di duri sacrifici, assecondò la vocazione di Giovanni, affidandolo allo zio materno d. Camillo Carulli, e al cugino d. Decoroso Carulli, a d. Giuseppe Blasinti, e poi all’Arciprete d. Pietro Paolo Teramo, sacerdote illustre per pietà e scienza. Con questa soda preparazione spirituale e culturale, Giovanni non ancora ventenne si diresse verso il Convento francescano di Orsogna (Chieti), fondato in un mare di verde nel 1448 da S. Giovanni di Capestrano, Patrono dei Cappellani militari e vincitore della famosa battaglia di Belgrado (22 luglio 1456), che salvò la Civiltà occidentale dall’invasione dei Turchi. Nel Convento, trasformato nel 1742 in Ritiro dal Servo di Dio P. Francesco de Acetis da Caramanico, Giovanni Cantoli indossò le serafiche lane il 6 gennaio 1832 col nome di Fra Alessandro.
Quella data gli fu di buon auspicio, la sua figura fu una vera epifania! Benché di fragile salute, si sottopose volentieri a quella rigorosa disciplina che ha formato esemplari religiosi, mistici e concorse a consolidare la sua vocazione. In particolare si ispirò alle virtù dei Frati che ivi riposano: il Beato Cristoforo da Penne (+ 1451), il Ven. Ludovico Riccelli da Gildone (+ il 1 aprile 1774), il Servo di Dio Francesco de Acetis da Caramanico (+ il 21 marzo 1786). Possiamo affermare che quel Ritiro costituì la base della forte personalità e la pedina di lancio di P. Alessandro Cantoli.
Compiuti
brillantemente gli studi filosofici e teologici, fu ordinato sacerdote
all’Aquila il 28 maggio 1836 dall’Arcivescovo Mons. Manieri. Laureatosi quindi
in Napoli in Filosofia nel mese di maggio 1837, ne esplicò l’insegnamento a
Francavilla, Spoltore, Palena, Lanciano, Tocco Casauria, lasciando ovunque il
profumo delle sue elette virtù. Fornito di soda cultura, nel mese di agosto
1840 sostenne brillantemente ad Assisi il concorso per Lettere (professore)
Generale di Teologia ed assistette alla consacrazione del ricostruito Tempio
francescano di S. Maria degli Angeli, che era stato gravemente danneggiato dal
terremoto del 1832.
Quindi
insegnò filosofia, teologia, morale e diritto canonico a Teramo, dove fu eletto
Vice Rettore del Seminario diocesano espletando nel contempo la Sacra
Predicazione in diverse località. Le sue virtù e la sua cultura gli procurarono
generale consenso e importanti incarichi. Definitore, Segretario, Vicario
provinciale, ma soprattutto egli si distinse come Cronologo che svolse con
uguale zelo, amore e competenza dal 1843 al 1858. Quasi presago della chiusura
del nostro Convento di Orsogna, nel 1845 si recò più volte per raccogliere e
riordinare i documenti storici, autenticandoli con la sua firma. In particolare
s’interessò del Registro giornaliero dei miracoli compiuti dal Ven. Ludovico
Riccelli da Gildone dall’8 aprile 1774 al 15 febbraio 1796. Nel 1848 ebbe il
riconoscimento di Lettore giubilato dal Ministro generale. Dieci anni dopo fu
nominato Segretario e Cronologo generale dell’Ordine, svolgendo la sua intensa
attività sino al 1871 nel Convento Romano dell’Ara Coeli.
In
tale periodo fu nominato 4 volte Visitatore generale delle Province francescane
di Napoli, Calabria, Molise e Roma, partecipò al Concilio Vaticano Ecumenico
Vaticano I, che fu convocato a Roma dall’angelico Pio IX terziario francescano,
nel mese di novembre 1869. La sua opera Saggio
intorno alle prerogative del Romano Pontefice riscosse unanimi consensi, e
fu particolarmente utile ed efficace per la definizione del dogma
dell’infallibilità del Papa, proclamato il 18 luglio 1870 durante la IV
Sessione del Concilio Vaticano I, interrotto il 20 settembre 1870 con la
Breccia di Porta Pia. Nel contempo, P. Cantoli raccolse le firme dei Cardinali
e Vescovi presenti per ottenere la proclamazione a Dottore della Chiesa del
grande oratore e scrittore francescano San Bernardino da Siena, il Mistico Sole
che morì all’Aquila il 20 maggio 1844, come aveva predetto.
A
tale scopo, egli aveva scritto una Memoria
sulle opere del Santo, sin dal 1857 aveva inviato a Pio IX una petizione
firmata da 27 Frati. Vi figurava anche la sua firma “Frater Alexander a Crechio
Lector Iubilatus ex Definitor et Custos”.
Purtroppo
a distanza di oltre un secolo, non si è potuto ancora ottenere questo giusto
riconoscimento, nonostante ulteriori richieste avanzate alla Santa Sede! Il P.
Alessandro Cantoli fu incaricato anche della raccolta dei documenti per la
Beatificazione dell’allora Ven. Lodovico da Villamagna suo Confratello, il cui
corpo riposa nel Convento francescano di Ortona, che fu testimone delle sue
virtù. Senonché, recatosi in quella città nel 1871, fu accusato dalle locali
autorità come “spia del Vaticano” e sottoposto a interrogatori e pedinamenti.
Poi fece istruire il relativo processo canonico diocesano per la
Beatificazione, che fu proclamata da Pio XI il 28 febbraio 1923.
Filosofo,
Teologo, Storico, Giurista, Poeta, Docente, Letterato, Scrittore, profuse
evangelicamente le sue vaste doti e virtù con la pubblicazione di numerosi
articoli di vario genere su due Riviste da lui fondate, e sui migliori giornali
romani e napoletani. I suoi opuscoli a carattere popolare venivano sollecitati
dai tipografi per i lauti guadagni che ne ricavavano dalla loro diffusione.
Versatile in diverse discipline, conseguì a pieni voti titoli accademici che
gli aumentavano la stima, venerazione, e affetto.
Il
P. Alessandro Cantoli rifulse inoltre per prudenza, carità, spirito di
preghiera e di mortificazione. Queste doti non sfuggirono a Pio IX che lo
prescelse al governo della Diocesi di Bovino (Foggia), città allora lacerata da
contrapposte correnti che avevano esiliato il loro Pastore da 10 anni,
minacciandolo di morte. Una marea anticlericale saliva tumultuosa nell’Europa,
era tutto un mondo in frantumi, in delirio, il positivismo trionfava nelle
scuole, nella politica, nelle arti. In Germania il Cancelliere Otto von Bismark
con il Kulturkampf ingaggiava una delle più aspre battaglie contro la Chiesa,
che provocò gravi fermenti nella popolazione, per cui fu costretto a desistere
dalla sua deleteria e folle presecuzione1
In
Francia il Ministro Bereche proibiva al Clero la lettura in Chiesa
dell’Enciclica Qui pluribus, con la
quale Pio IX aveva condannato “gli errori principali” del suo tempo. Nel 1884
Carlo Marx da Londra aveva lanciato temerariamente il suo deleterio Manifesto dei comunisti, il cui verbo
non era quello di Cristo, ma l’odio e la lotta di classe, l’ultima trovata
tragica dell’Ottocento!
L’Italia
era percorsa da fremiti massonici e laicisti, per cui diverse parti si
sollecitava Pio IX a trasferire la Santa Sede all’estero, ma S. Giovanni Bosco
evitò questo grave pericolo, dicendo:
“La
Sentinella d’Israele resti vigile al suo posto!”
Soppressi
i secolari gloriosi Ordini Religiosi, confiscati i Conventi e i sacri edifici
ridotti ad uso profano, i poveri Frati espulsi, carcerati, costretti a deporre
l’abito e ad espatriare. Finanche il Mons. Franzoni Arcivescovo di Torino venne
esiliato per aver rifiutato l’assoluzione sacramentale al morente Ministro
Pietro Di Santarosa, se non avesse ritrattato la sua adesione alle inique leggi
“siccardiane” antireligiose. L’atmosfera era inquinata dalle sacrileghe
invettive che il fiero poeta giacobino prima di convertirsi lanciava contro il
Redentore Divino, tra i fumi di Bacco:
Cruciato
martire
Tu
cruci gli uomini,
Tu
di tristizia
L’Aer
contamini!
E
verso l’angelico Pio IX:
“Sii
maledetto, vecchio prete infame!”
A
Roma le manifestazioni ostili proseguivano senza posa per cui Pio IX il 21
agosto 1871 fu costretto a scrivere al Re Vittorio Emanuele II una lettera, che
assunse carattere profetico. Dopo aver accennato al disordine, alla confusione,
all’empietà anticlericale dilagante nella Città di Roma e all’attacco alla
persona del Papa, perfino nell’esercizio del dominio spirituale. Egli aggiunse:
“Tutto
questo e quello che potrei ancora aggiungere prepara quei castighi con i quali
DIO punirà i suoi nemici quando la misura sarà colma. Maestà, mi duole dirlo,
ma sia pur certo che dopo aver gridato: Morte
al Papa!, si griderà: Morte al Re!”
La
Storia ha dato ragione all’angelico Pio IX.
Perciò
a Bovino occorreva un Presule buono e santo, ma nel contempo energico che
sapesse risolvere con amore e dedizione assoluta quella difficile situazione in
tempi così ostili per la Chiesa. il P. Alessandro era il Pastore indicato e
prescelto dalla Provvidenza, ma egli si recò dal Papa per scongiurarlo a
ritirare la nomina. Pio IX gli rispose:
“E’
volere di Dio. Ubbidisci!”
E
P. Cantoli nolente il grave incarico, rimettendosi umilmente nelle mani DI Dio:
“Fiat
voluntas Tua!”
Però
sentì il bisogno di recarsi dalla sua vecchia mamma che aveva assecondato la
sua vocazione. Quando questa donna forte s’inginocchiò ai piedi del figlio per
baciargli la mano, il nuovo Presule la sollevò, dicendole:
“Se
io sono la rosa, tu sei il roseto!”
Dello
stesso tenore fu la risposta di Giuseppe Sarto nel mostrare a sua madre
l’anello episcopale (Pio X). Il P. Cantoli fu consacrato Vescovo il 22 dicembre
1871 alla Chiesa dell’Ara Coeli, ma face il suo ingresso solenne a Bovino il 28
gennaio 1872.
“Canite
tuba in Sion – Docete omnes gentes”.
Queste
due frasi, che figuravano sul suo Stemma episcopale, furono il suo motto e il
suo programma. Infatti armato della sua Croce di Cristo, ristabilì con dolcezza
ed amore la disciplina nel Clero a lui affidato, e riorganizzò l’Episcopio e il
Seminario, aprì una tipografia per impiegare i giovani e per servirsene per il
suo insegnamento pastorale, stimolò i giovani ad apprendere un mestiere, aprì
un Collegio per l’educazione della gioventù femminile affidandole alle Figlie
di S. Anna, promosse gli studi ecclesiastici, fondò un’Accademia Tomistica
Serafica per conferenze e dibattiti, incoronò la Vergine di Valleverde
nell’omonimo Santuario da lui ampliato, visitò le parrocchie della sua Diocesi,
i poveri, i malati beneficando tutti materialmente e spiritualmente con
giovialità serafica.
Ardeva
dell’ansia di fare del bene confortato dall’immensa fiducia che riponeva in Dio
e nella Madre Celeste, per cui poteva esclamare con S. Paolo l’intrepido
Apostolo delle genti:
“Caritas
Christi urget Nos. Tutto posso in Colui che mi fortifica!”
“Io
non ho armi - diceva fra l’altro - per
rintuzzare la violenza che mi fate! Cedo alla forza che indarno si avvisa di
creare il diritto!”.
Lasciò
l’Episcopio, rifugiandosi nel Seminario, ma poco dopo fu costretto ad
allontanarsi anche da quell’edificio, protestando energicamente e riaffermando
di essere stato eletto canonicamente da Pio IX, e messo in legittimo possesso
della Diocesi e della Città con pubblica lettura della Bolla Pontificia.
Dichiarava quindi di restare fermo al suo posto di Pastore. Aggiungeva di non
poter reggere la Chiesa di Dio senza una residenza stabile, che l’Episcopio di
Bovino appartiene di diritto alla Santa Sede, e di essere privo delle sue
legittime rendite. Concluse di essere convinto con S. Bonaventura che:
“Quidquid
sit Ecclesia finaliter prevalebunt”.
Quindi
non si allontanò da Bovino, come arbitrariamente si pretendeva, ma si adattò
prima in una stanza offertagli dal canonico d. Gennaro Ricci, poi si stabilì
nella casa d Giuseppina Barone, dalla quale seguitò a dirigere per 4
lunghissimi anni la Diocesi col consiglio e la preghiera, accettando tutto con
pazienza e perfetta letizia francescana. Poi protestò per la quarta volta,
concludendo:
“Noi
non cediamo e non possiamo cedere che alla violenza e alla forza, dicendo
frattanto col Divin Maestro al nostro comune Padre Celeste: “Padre, perdona loro perché non sanno quello
che fanno!””
Intanto
si dichiarava eroicamente disposto a offrire la sua vita per l’amato gregge
sull’esempio del Maestro Divino. Ma S. Lorenzo Giustiniani scrisse:
“Sine
ferro et flamma martyres esse possumus si patientem veraciter in mente
speramus!” (Si può essere martiri senza ferro e fuoco, sopportando con pazienza
cristiana le ingiuste persecuzioni dei nemici – De patientia, cap. 11).
Che
stupenda figura di Presule! Infine prevalse la sua santità su ogni deteriore
laicismo, per cui fu richiamato alla sua Diocesi, al suono festoso delle
campane che si ripercorse lungamente di luogo in luogo come lieto presagio. Era
il 4 maggio 1879. Egli seguitò ad aiutare il popolo che tanto amava, perdonando
evangelicamente i suoi avversari.
Pastor,
non ultor!
Ricco
di meriti e virtù, si spense a Bovino il 16 ottobre 1884, mentre i suoi occhi
guardavano verso mete più alte e radiose. La Diocesi lo pianse acclamandolo
“santo”, e nel 1892 gli volle erigere un monumento nella Cattedrale, con le
seguenti parole dettate dal Canonico Cerra:
D.O.M.
ALEXANDRO
CANTOLI
MM.OO.
EPISOPO BOVINENSI
HEROICIS
VIRTUTIBUS PRAECLARAQUE DOCTRINA
ADMIRABILIS
DE
SUA ECCLESIA, SEMINARIO,
EGENIS
ET ORDINE MINORUM
BENEMERENTISSIMO
HOC
MONUMENTUM
EX
COLLATO STIPE
CLERUS ET POPULUS EREXERE
A.D. MDCCCXCII.
REXIT HANC SEDEM EPISOPALEM
ANNOS XIII
VIXIT ANNOS LXXII, MENSES V,
DIES XI
DECESSIT POSTRIDIE IDUS OCTOBRI
A. MDCCCLXXXIV
I
Bovinesi tramandano ancora il racconto profumato dei suoi fioretti, e si recano
commossi alla Cattedrale per venerare le spoglie del loro Vescovo dotto e
santo, implorando grazie e favori. Orgogliosa di tanto Figlio, con riconoscente
ammirato entusiasmo, Crecchio nel 150° anniversario della nascita gli ha eretto
un busto di bronzo, opera dell’artista Prof. Stefano Durante ed ha apposta una
lapide sulla facciata della Chiesa parrocchiale. Su iniziativa di una
Commissione formata da autorità religiose e civili dell’Abruzzo e delle Puglie,
si sono svolti grandiosi festeggiamenti per celebrare degnamente il centenario
del Transito e per introdurre la causa di Beatificazione del Vescovo tanto
venerato. Il 13 maggio 1984 si è svolta a Crecchio una solenne celebrazione di
apertura con discorso del noto oratore e scrittore francescano P. Antonio
d’Antonio, il quale si è spento nel mese successivo. A luglio con
pellegrinaggio sulla tomba della Cattedrale di Bovino si è festeggiato il
gemellaggio fra le due Città. Il 16 ottobre 1984 una grandiosa manifestazione
ha concluso il centenario con l’inaugurazione di un monumento a Crecchio in
onore dell’eroico Figlio d’Abruzzo e di S. Francesco.
[1] Vedi Mons. Alessandro Cantoli di Vincenzo Simeoni, in Frate Francesco n. 3 luglio-settembre 1985.
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