Pagine

26 giugno 2024

Anton Ludovico Antinori e un suo manoscritto inedito sulla Storia di Lanciano.

Ritratto di A.L.Antinori

Anton Ludovico Antinori e un suo manoscritto inedito sulla Storia di Lanciano

di Angelo Iocco

Questo articolo è estratto da un capitolo del volume Omaggio a Uomobono Bocache nel bicentenario della morte (1824-2024), Lanciano 2024, a cura dello scrivente. Uomobono Bocache (1745-1824) lancianese, scrisse come sappiamo, i suoi manoscritti del Saggio istorico critico della Città di Lanciano, oggi conservato in 14 volumi nella Biblioteca comunale di Lanciano. quali furono le sue fonti? Nei suoi Manoscritti egli fa riferimento a diversi storiografi abruzzesi e lancianesi, come Giacomo Fella, Pietro Polidori o Domenico Romanelli. Ma lo storiografo maggiormente preferito e sempre lodato dal Bocache è assolutamente Anton Ludovico Antinori (1704-1778), che fu arcivescovo di Lanciano dal 1745 al 1754, per andare successivamente a Matera. L’Antinori, appassionato e infaticabile ricercatore di memorie storiche abruzzesi, fedele seguace del nuovo metodo muratoriano, la ricerca capillare delle fonti ovverosia, inedite ed edite, lo spoglio degli archivi ecclesiastici, civili e privati, sappiamo che desiderava stendere una Storia critica di Lanciano “città doppiamente a lui cara”, come scriveva in una lettera all’amico canonico Silvestro Cinerini. Purtroppo questi suoi appunti rimasero abbozzati, manoscritti, e per varie vicende di passaggi familiari, giunsero presso gli eredi Maranca di Lanciano; il giurista Antonio Maranca (1773-1858) ad esempio ampiamente attinse agli appunti di Antinori, ed acconsentì all’abate Domenico Romanelli da Fossacesia (1756-1819) di servirsene per le sue ricerche. Purtroppo Romanelli, con il suo carattere arrivista e anche “confusionario”, si lasciò suggestionare dalle ricerche delle Antiquitates Frentanorum redatte qualche decennio prima della sua nascita dall’abate Pietro Polidori da Fossacesia (1687-1748), le quali molte invenzioni e sciocchezze gettavano sulle antichità italiche e romane dei Frentani, e delle città della Frentania, che gravitavano da Aterno-Pescara fino a Larino, per non parlare delle varie lapidi false o male interpretate di Anxanum-Lanciano, Ortona, Histonium e altre.

Desideriamo qui trattare di un manoscritto antinoriano ancora inedito, citato diverse volte nei vari studi e ricerche sull’Antinori, ad esempio nel I volume dell’Antinoriana, L’Aquila, 1978, ma non abbastanza analizzato criticamente. Vale a dire il volume dell’Istoria critica ovvero Memorie ragionate della Città di Lanciano di Antonio Antinori, ad uso della famiglia Liberatore, 1788, conservato presso la Biblioteca nazionale di Napoli. Già la data postuma lascia molto a desiderare sulla genuinità di questi appunti ricopiati posticciamente su quanto aveva raccolto il dotto prelato su Lanciano! Ma torniamo per un momento al Romanelli. Egli attinse ampiamente al I fascicolo di queste memorie antinoriane per pubblicare nel 1790 le sue Antichità storico critiche sacre e profane esaminate nella regione dei Frentani, aggiungendo, come chiosa nelle note, varie sue osservazioni, in gran parte però “tradotte” dal latino di alcune dissertazioni del già citato Polidori, rendendo dunque una meschina manipolazione alle congetture del manoscritto antinoriano, su di cui purtroppo gravitando dubbi di genuinità in diversi passaggi; per non parlare delle vere e proprie aggiunte postume per descrivere alcuni fatti avvenuti nell’ultimo decennio del ‘700, come ad esempio annotare la morte del Padre cappuccino Bernardo Maria Valera, poeta e amico dell’Antinori, oppure segnalazioni di “scovrimenti” di pavimenti a mosaico o di lapidi qui e lì per Lanciano ad opera del Bocache o del Romanelli, con tanto di data di rinvenimento! Ciò purtroppo la dice lunga sul senso di valorizzare delle ricerche inedite in Lanciano, anche se questa pratica era abbastanza comune fra gli eruditi delle varie città d’Italia, cioè aggiungere qualcosa di proprio a ricerche manoscritte già compilate; pratica del resto disdicevole e abbastanza criticabile secondo gli occhi della moderna critica filologica.

Anche il Maranca, come detto, per le sue ricerche, attinse ampiamente a questo manoscritto antinoriano, che puntualmente cita nella sua Istoria diplomatica di Lanciano, o nell’Istoria Frentana, o ancora nella Biografia di uomini illustri di Lanciano, tutti manoscritti ancora inediti conservati nella Biblioteca comunale di Lanciano, eccettuato l’ultimo citato, nella Biblioteca Provinciale di Pescara. Sarebbe da fare un’analisi critica anche sul modo in cui Maranca citava il suo avo Antinori, poiché spesso e volentieri citava passi non antinoriani, ma frutto delle interpolazioni di Romanelli & Co., o ancora confondeva gli appunti antinoriani con altri appunti dello stesso fascicolo redatti però dal giurista Pasquale Maria Liberatore, anche lui lancianese e collega di Maranca nelle ricerche di storia, il quale sulla scorta di tali notizie, redasse un fascicolo di Elenco di famiglie nobili lancianesi, ripartite attraverso i 4 Quartieri di Lanciano, e allegato a questo fascicolo conservato a Napoli. Nonostante ciò, nelle note del Maranca si fa riferimento anche a manoscritti di storia lancianese redatti dal Liberatore. Quali sono? Le chiose aggiunte all’Antinori nel 5° to fascicolo del manoscritto? La ricerca è ancora aperta. Una fotocopia di questo manoscritto è conservata oggi nella Biblioteca diocesana della Curia di Lanciano.

 

Possiamo affermare con certezza che Bocache ebbe tra le mani gli appunti dell’Antinori dell’Istoria critica di Lanciano in 6 fascicoli, dei quali il fasc. I inerente proprio la storia antica di Lanciano fino al XVVIII secolo, fu ricopiato integralmente dal Bocache nelle cc. 492-634 del suo vol. VIII. I due testi collimano, eccettuati alcuni passaggi, dove ogni tanto, leggendo il Ms. antinoriano, si notano a margine, dei colophon aggiunti dal Bocache, riguardanti sue scoperte archeologiche, come la lapide di Bennaciario-C. Attio Crescente[1]. Come detto, c’è corrispondenza nelle pagine dell’Antinori e della copia del Bocache, comprese le note e i colophon, eccettuato qualche capoverso, in cui il Bocache per aiutarsi nella trattazione, inserisce dei richiami come “sito di Lanciano” (c. 499), “Lanciano riedificata” (c. 501), ecc., a c. 503 si riporta la controversia su Simone dei Conti Borrello, e il frate Simon di Langham, riprendendo un passo polidoriano; la trattazione dunque dalle origini di Anxanum e dei Frentani, passa all’epoca normanna, sveva, angioina, alle controversie tra Lanciano e Ortona, alla floridezza economica delle Fiere, ai privilegi; alla c. 611 si parla, in occasione di una controversia dell’anno 1601, della cerimonia dell’omaggio dei vassalli del Re al sindaco di Lanciano, baciandogli il ginocchio[2], in cambio della consegna di una bandiera della Città, cosa che spettava invece al Sovrano stesso o al Viceré. La trascrizione dell’Antinori si conclude con le pagine relative alla metà del Settecento, dove l’Antinori tratta della vita di Pietro Polidori, dei suoi meriti e delle sue dissertazioni frentane (cc. 630-34).

Come già accennato nel IV vol. dell’Antinoriana, 1978, e segnalato anche da Giovanni Pansa nel Supplemento alla Bibliografia storico-topografica degli Abruzzi, ediz. postuma a cura di A. Chiappini, 1964, l’Antinori nel periodo di pastoralato lancianese del 1945-54, si adoperò per ricercare le memorie storiche della Città, della Curia e delle chiese, Luoghi Pii, Castelli e Ville. E ci lavorò, come per il resto del corpus manoscritto delle sue opere Annali – Corografia storica degli Abruzzi, per tutta la vita. In contemporanea, per agevolare il lavoro, trascriveva e faceva trascrivere ai suoi segretari le notizie inerenti gli archivi ecclesiastici principali della Città, che composero il cosiddetto Libro di memorie di A.L. Antinori, poi edito nel 1995.

Il Bocache nutrì sempre ammirazione per il prelato aquilano, così come per il Polidori, chiamandolo, quando lo cita nelle carte, spesso con gli appellativi “eruditissimo – accuratissimo – dottissimo”, ecc., ed ebbe sempre in alta considerazione i suoi manoscritti, che tuttavia non vennero pubblicati a causa della morte dell’aquilano, che non era riuscito a dargli la stesura definitiva, come ricorda anche la Ciccarelli[3]. Ci pensò qualcun altro a “completare”, o forse anche più di uno a “interpolare” le carte antinoriane, conservate nella Biblioteca Nazionale di Napoli, coll. XV.D.33[4], citate anche dal Pansa come detto. Esse negli anni ’90 sono state concesse in fotocopia alla Biblioteca diocesana “Michele Scioli” di Lanciano, e per la loro consultazione mi sento in dovere di ringraziare il dott. Anselmo Martino.

Esse si divono in 5 fascicoli, e comprendono nel primo la Istoria critica o sia Memorie ragionate della Città di Lanciano raccolte da Mons. D. Antonio Antinori arcivescovo di Lanciano, et ad uso della famiglia Liberatori, 1788 – Parte prima; Origine e serie dei Vescovi ed Arcivescovi della Chiesa Ansanese – Raccolta da Mons. Antonio Antinori arcivescovo di Lanciano – Seconda parte; Memorie delle Chiese, Religioni, e Luoghi pii nella Città e Diocesi di Lanciano – Parte Terza; Raccolta di notizie da Pietro Pollidori – Parte quarta; Aggiunta alle Memorie ragionate di Mons. Antinori – Parte quinta; più, nell’esemplare-copia visionato a Lanciano, un sesto fascicoletto aggiunto di notizie sparse di chiese, clero, trascrizioni, e disegni di iscrizioni antiche lancianesi.

Il Prof. Natale ha studiato la parte inerente le trascrizioni parziali fatte fare dall’Antinori alle dissertazioni polidoriane (non tutte, ma solo quelli inerenti le cose lancianesi), da cui ha tratto appunti per il volume finale dei suoi Annali manoscritti, e per la parte conclusiva del I fasc. dell’Istoria critica, dove appunto descrive la vita e le opere di Pietro Polidori, morto nel 1748. La mano dell’Antinori, che ha scritto di suo pugno, la vediamo solamente nel II fasc. della serie dei Vescovi, che va da Mons. Maccafani[5] nel 1515 a Mons. Gervasoni. La mano dell’Antinori però, nel ms., si alterna al calamo del compilatore degli altri fascicoli, che prosegue la cronotassi fino a Mons. De Vivo al 1792. Sia questo che gli altri fascicoli dell’Istoria critica sono stati compilati da più mani, oltre all’Antinori rileviamo la mano del compilatore principale (il segretario dell’Antinori? O un segretario del Romanelli o di chi ebbe tra le mani il manoscritto?) nemmeno i titoli di ciascun fascicolo sono dell’Antinori, ma aggiunte postume; l’Antinori, come riporta in una delle sue lettere a d. Silvestro Cinerini, stava cercando di “stendere le memorie ragionate” di Lanciano.

Il manoscritto rimase forse a Lanciano, come ricostruito nel I vol. dell’Antinoriana, nella Casa di Pompilio Maranca, che sposò d.nna Egidia Caterina Antinori; da loro nacque il giurista, poeta e drammaturco Antonio Maranca (1773-1858), che si servì assai dei manoscritti antinoriani nelle sue ricerche, come si vedrà. Pensiamo che il materiale fosse già diviso, forse dopo la morte dell’Antinori, poiché il Maranca cita “Istoria critica di Lanciano – Istoria dei vescovi” a seconda del tema trattato. Spesso, nel ms. Uomini illustri di Lanciano nell Biblioteca d’Annunzio di Pescara, il Maranca cita un Elenco delle famiglie nobili lancianesi, presso Liberatore. È un elenco sommario, una sorta di Stato civile, delle famiglie nobili e benestanti residenti nei quattro Quartieri di Lanciano, risalente al 1665, desunto in parte dal Catasto del 1618, che è posto in appendice al V fasc. dell’Istoria critica, le famose “Aggiunte” all’Antinori, con documenti vari. Nella vita di Pasqual Maria Liberatore, nel manoscritto citato di Pescara, il Maranca ricorda come il giureconsulto amasse la storia patrai, e che scrisse diverse ricerche in merito. E di fatti ne abbiano esempio anche nei Pensieri civili ed economici, dove il Liberatore ricorda con passione le glorie antiche della Città, il commercio, i privilegi per cui tanto si batté (sempre citando la vita scritta dal Maranca), vincendo una prima causa con real dispaccio del 28 agosto 1773, e recuperando, dice Maranca, a Napoli 17 privilegi originali (dal Bocache, ma anche da Fella e Polidori, vediamo che molti erano ai loro tempi in copia presso le varie famiglie lancianesi, come i de Flore), pagati 30 ducati dal mastrogiurato Michele de Cecco, conservati, ai tempi del Maranca, presso d. Vincenzo, d. Domenico e d. Saverio de Cecco. Con essi, come dice Maranca, la Città: “gli va’ debitrice di una Raccolta immensa di memorie istoriche, le più erudite che mai, che richiamino ed illustrino i fatti più rilevanti che riguardino la politica esistenza di questa Metropoli dei Popoli Frentani”. Allude alla raccolta antinoriana, o al fascicolo delle “Aggiunte”?

Il Liberatore sposò a Lanciano la sorella di d. Uomobono: Caterina Bocache, da cui ebbe il celebre d. Raffaele Liberatore; una lapide oggi ricorda lei e il dotto giurista nel cortile del palazzo di via Feramosca di Lanciano.



Tornando alla nostra Istoria critica di Lanciano, fasc. I, esso funge da connettivo tra le figure di Domenico Romanelli di Fossacesia (1756-1819) e Uomobono Bocache, escludendo per il momento il Maranca. Il Bocache nel vol. XI dei suoi Mss. (cc. 150-51), come riporteremo più avanti, in una lettera a Melchiorre Delfico fa’ menzione del lavoro inedito dell’Antinori, conservato presso la famiglia Maranca, che il Romanelli ebbe modo di consultare le carte (ma lo farà anche il Bocache), ed ebbe autorizzazione a pubblicarle nel 1790. Romanelli ancor prima ebbe modo di consultare le carte all’Aquila presso il fratello dell’estinto, Gennaro Antinori, che fece pubblicare in 4 tomi a Napoli tra il 1781-84, la Raccolta di memorie istoriche dei Tre Abruzzi, con suddivisioni in libri e capitoli (esse, per mancata revisione, sono assenti nei Mss. antinoriani), e anche aggiunte arbitrarie del curatore.

Il Romanelli, come dichiarato nella prefazione alle Antichità storico-critiche sacre e profane dei Frentani, fa una disamina storica degli scrittori che si sono occupati di cose patrei, a aprtire da Mons. Rinaldi, per finire con Mons. Antinori; Romanelli dichiara in quanto editore, di fare cosa giusta per la memoria del Prelato, pubblicare le sue memorie, facendo correzioni, aggiunte e integrazioni alle note abbozzate, inserendo delle cittadine frentane non menzionate dall’Antinori, aggiunte di iscrizioni antiche, e di dividere il progetto, come fatto per la Raccolta di memorie ecc., in libri, capitoli, seguendo tuttavia l’andamento cronologico progressivo dei fatti. In più annuncia il progetto di raggruppare queste memorie antinoriane in 4 tomi: il primo sui Frentani con la storia di Lanciano e le Ville, il secondo sulla storia di Ortona e terre vicine, il terzo su Vasto e terre vicine, e l’ultimo sulla storia dei monasteri più importanti della zona (sicuramente S. Giovanni in Venere, S. Stefano in Rivomare, S. Barbato di Pollutri, S.ta Maria di Tremiti e altri), coi Feudi e Castelli dell’area frentana. Romanelli non seguirà mai questo progetto, anzi nelle pubblicazioni successive inerenti l’area frentana come le Scoverte Patrie di antiche Città distrutte nella Regione Frentana, Napoli, 2 voll. 1805-1809, e nel terzo volume dell’Antica topografia istorica del Regno di Napoli, 1819, il Romanelli non fa altro che citare quanto già inserito, come stiamo per vedere, nelle Antichità storico-critiche, specialmente per quanto riguarda la parte introduttiva dell’etimologia del nome, della geografia, della storia e delle iscrizioni dell’area dei Frentani, con debite aggiunte. Cosa più singolare, come denuncia Michele Scioli, e prima di lui il Bocache, è che il Romanelli interpolò le carte antinoriane a suo piacere, facendo scrivere all’Antinori cose che mai avrebbe formulato, soprattuto per le iscrizioni romane.

Il Romanelli, nel redigere queste Antichità, ebbe tra le mani le dette carte antinoriane inerenti Lanciano, probabilmente nel manoscritto aggiunse delle sue notizie; ma anche il Bocache fece in modo che in calce fossero aggiunte qua e là notizie estranee, come la notizia del rinvenimento del pavimento in mosaico nell’area della chiesa di S. Maurizio il 4 ottobre 1797, oppure una menzione all’Antiquadro del Bocache contro Romanelli. L’opera edita delle Antichità si divide in tre parti, la prima sui Frentani, la seconda per titolo “Lanciano”, la terza riguarda le chiese, conventi, luoghi pii di Lanciano.

Le poche notizie raccolte sulla sua vita vengono tratte perlopiù dall'opera della Biblioteca storico-topografica degli Abruzzi di Camillo Minieri Riccio. Domenico Romanelli vestì giovanissimo l'abito ecclesiastico, studiò nell'Abbazia di San Giovanni in Venere e, ordinato che fu sacerdote, entrò nel seminario diocesano di Chieti come insegnante di retorica; a Chieti stampò un piccolo trattato sull'origine e sul governo romano di Teate. Trasferendosi a Napoli ed essendo molto dotato ed apprezzato nello studio delle antichità, specialmente quelle del territorio abruzzese (Antichità storico-critiche della Regione FrentanaQuadro istorico della città di Lanciano e Scoverte patrie di città antiche distrutte della Regione dei Frentani), finì presto per esser nominato Prefetto della Biblioteca della Croce e in seguito Prefetto della Biblioteca dei Ministeri. Sempre a Napoli divenne socio dell'Accademia Pontaniana e del Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli; compì scavi a Pompei e Paestum, riportati nel saggio Viaggio a Pompei. Scrisse inoltre numerosi articoli su vari giornali del tempo e soprattutto sul Giornale Enciclopedico di Napoli. Nel 1819 pubblicò la sua ultima opera in più volumi, Antica topografia istorica del Regno di Napoli, nel quale ripercorre una corografia storica romana delle città e province del Regno di Napoli, confutando le fonti antiche e moderne.

Avendo citato il Quadro istorico di Lanciano, esso fu compilato e pubblicato nel 1794, il Bocache nel I Vol., nell’Avviso al Lettore, si lamenta che il Romanelli l’ha scritto in maniera frettolosa e scorretta, il suo risentimento accrebbe di più quando esso fu pubblicato da Lorenzo Giustiniani nel suo Dizionario del Regno di Napoli alla voce “Lanciano”, perché il breve scritto, patrocinato dal Conte Giuseppe Tiberj di Vasto, ebbe successo: il Romanelli, già pubblicando le inedite dissertazioni di Polidori sui Frentani, insieme ai manoscritti di Antinori nel 1790, dopo averli studiati già qualche anno prima, rubò l’esclusiva al Bocache, anche lui socio corrispondente dell’Accademia Reale di Belle Arti di Napoli, tanto da farli produrre diverse lettere di protesta, cercando di sminuire il successo del Romanelli, appellandolo “Giovine scrittore ardito e inesperto”, e a volte sminuendolo anche per la cattiva lettura delle iscrizioni. Non sappiamo con certezza cosa avvenne tra il 1785 e il 1790 tra il Bocache e il Romanelli, ambedue studiosi e appassionati della stessa materia e degli scritti dell’Antinori; al lancianese non piacque che il Romanelli pubblicò delle porzioni mal-assemblate degli Annali antinoriani nella detta Raccolta di memorie. Nell’aprile 1785, come Romanelli riporta nel capitolo della storia della Cattedrale nelle Antichità, pp. 344-47[1], iniziarono i lavori della nuova fabbrica della Cattedrale di Lanciano, ai tempi della cesura tra Mons. Gervasoni e Mons. De Vivo, nello sfasciare l’edificio, e delle porzioni del Ponte sopra cui sta la chiesa, avvenne qualcosa. Il Bocache scrisse a Benedetto M. Betti di Vasto, Romanelli fece le sue ricerche. Non sappiamo che fine fece questa iscrizione, se fu fatta sparire o se andò dispersa dal Museo De Giorgio.

Si iniziò a parlare di una lapide realizzata dall’epoca dell’imperatore Diocleziano, e Romanelli ne darò notizia per la prima volta nel 1790, e poi nelle altre sue opere. Il Bocache decise di prendere carta e calamaio e di esternare le sue proteste dopo la pubblicazione del Quadro istorico, cosa ancora più grave per lui, come riporta nell’ultima carta del Vol. XI, che tale notizie non corrette, che tra l’altro sono un riassunto incompleto, che arriva al XV secolo, di quanto già pubblicato nelle Antichità strorico-critiche.

Il Romanelli continuerà con questo suo modus operandi anche quando pubblicò i due volumi delle citate Scoverte Patrie o Frentane nel 1805-09. Nell’introduzione amplia il suo discorso di illustrare le antichità dei Frentani, per supplire al vuoto che esiste fra le pubblicazioni di stampo nazionale sui popoli antichi d’Italia, e svela il piano della sua opera, già notevolmente cambiato da quello annunciato nella prefazione alle Antichità, dividendo il lavoro in analisi storica delle vicende dei Frentani, e l’analisi delle singole città, a partire dalle più importanti come Anxanum, Histonium , Ortona, Buca, Larinum, e arrivando a tracciarne il profilo storico anche al livello ecclesiastico, rifacendosi ad “antichi documenti”, e all’opera di Ferdinando Ughelli. Gli antichi documenti cui spesso si richiama il Romanelli, sono i manoscritti delle Antiquitates del Polidori, di cui praticamente le Scoverte sono un centone in italiano, con le opportune citazioni, anche se in maniera generica, per il disordine delle copie e degli originali di cui si servì lo stesso abate fossacesiano[2], che già aveva saccheggiato disordinatamente questo manoscritto per la prima parte delle sue Antichità.

Abbiamo riferito che quest’opera del 1790 si divide in tre parti, la prima inerente la storia antica dei Frentani con alcune iscrizioni prese dal Polidori, poi il capitolo “Lanciano”, con trascritta (e interpolata) buona parte del I fasc. dell’Istoria critica di Lanciano dell’Antinori, e infine l’ultima parte delle Chiese e monasteri, in minima parte pescata dal III fasc. antinoriano. La prima parte mischia notizie desunte dalle dissertazioni polidoriane, agli appunti dell’Antinori già editi nel I vol. della Raccolta di memorie istoriche degli Abruzzi, 1781, dunque è una creazione del Romanelli rispetto alla stesura originaria del manoscritto antinoriano; basti pensare, leggendolo, che questa Raccolta è citata dal Romanelli a pag. 15 (nella ristampa del 2008), nota (b); un’altra citazione telegrafica da Polidori (diss. “Paglieto sive Palearium”) è presa a pag. 23 dove il territorio tra Paglieta e Fossacesia era detto anticamente “Cese dei Pelasgi”[3], fatto senza fonte, e come fonte addirittura si rifà a una contrada Cese menzionata del Catasto di Fossacesia, mischiando fatti documentati e invenzioni, proprio come è stato rilevato nele dissertazioni del Polidori da diversi studiosi.

Il Romanelli, segnalando come “giunta dell’Editore”, aggiunge i capp. 5-10 nella prima parte delle Antichità da pag. 26 in poi, il cap. 5 verrà ripreso anche nelle Scoverte, I, pp. 28-36, e che è un riassunto della dissertazione polidoriana De civili dispositione Frentanorum delle Antiquitates, I, cc. 73-82[4]; nella nota (a) di p. 26 delle Antichità, Romanelli fa di più (e ciò rende questo testo ancora più interpolato dal curatore), aggiungendo altre sue osservazioni aggiornate sulla materia, rispetto al Polidori, ad esempio ricordando il rapporto di buon vicinato tra Lancianesi e Sulmonesi, come già fece fella nella sua Chronologia al cap. XX, ricordando l’iscrizione di Pelina “benefica” di Anxanum, per accomunare la divinità dei Peligni con quella dei Frentani, e dunque la comune origine delle due Città, ricordata, come detto, anche dal Muratori nel Novus thesaurus, vol. I, pag. 99.

Il cap. 6 delle Antichità, pag. 38, è ripreso dalla dissertazione polidoriana De Gothis et Longobardis Frentanorum, non presente nel testimone della Società Napoletana di Storia Patria, ma nel testimone Giancristofaro, pubblicato dal Prof. Natale nella sua opera su Polidori, pp. 256-95; testimonianza che il Romanelli ebbe tra le mani, insieme all’Antinori, più varianti del manoscritto considerato come il più completo, già citato. Ancora, Romanelli al cap. 7 delle Antichità,, pag. 43, riassume la dissertazione De artibus mechanicis Frentanorum, presente pure nel I vol. delle Scoverte patrie, ricorda le ubertose campagne lancianesi, dalle poesie di Teodoro Negrino vissuto nel XVI secolo[5]. Anche al cap. 8, Romanelli attinge al Polidori, ricordando alcune iscrizioni che hanno a che fare con i mestieri dei Frentani, come la Lucilla fabbricatrice di unguenti, cui spesso fa riferimento anche il Bocache, oppure i marchi dei mastri figulini; il cap. 9 è preso dal De literis et artibus liberalibus in Frentanis in Antiquitates II, cc. 29-45, citando, come farà il Bocache che prese  ugualmente dal Polidori, l’iscrizione osca di S.ta Giusta, l’iscrizione del tempio di Marte (Mavorti), l’iscrizione di Venere conciliatrice a S. Giovanni in Venere; il cap. 10 è preso dalla dissertazione De regione et finibus Frentanorum, Antiquitates I, cc. 162-170, ripresa anche nel cap. I di Scoverte Frentane, I, dove si ricordano le iscrizioni affini ai Frentani, come quella di Claudio o di Nerva Traiano, o M. Blavio, citate da Lucio Camarra, Pietro Antonio Corsignani e Giuseppe De Benedictis del Vasto nelle loro opere.

Il Romanelli nelle Scoverte, estende il discorso storico dei Frentani fino all’arrivo degli Angiò a Napoli, ricordando la presenza dei Normanni e degli Svevi, affidandosi alle Cronache di Muratori, Ughelli, Cassino, Casauria e Carpineto, nelle citazioni desunte passo dopo passo dalle dissertazioni di Polidori.

Giungiamo al secondo libro “Lanciano”, che il Bocache nella seconda metà del Vol. X fa trascrivere integralmente dal fasc. I dell’Istoria critica, pur con le arbitrarie sue aggiunte, prima fra tutte il rinvenimento della lapide di Bennaciario.


Mentre Antinori riporta, a ogni capo-frase, dove lo richiese, l’annata, spesso Romanelli riassume, o cambia inizio del periodo, pur mantenendo il contenuto, laddove abbiamo indicato, e spesso inserisce “l’anno seguente – l’anno terminato – l’anno successivo”, ecc., rispetto alla precisione più meticolosa dell’aquilano.

Partendo dall’edizione a stampa del Romanelli, abbiamo effettuato il nostro confronto con il Ms. originale antinoriano, da cui l’abate Romanelli ha estratto ampie parti, il più delle volte rispettando il contenuto, anche delle note del Manoscritto; ma altre volte tagliando, omettendo, riassumendo, spostando e interpolando l’ordine degli eventi per rendere, a suo parere, più fruibile il discorso, operando in sostanza come ha denunciato Michele Scioli, insieme ad altri, un plagio, una manomissione del contenuto dell’Antinori.

Ma leggendo il Manoscritto, vediamo che comunque sono presenti altre manomissioni manoscritte, e aggiunte di fatti postumi all’Antinori, nonché note in calce di fatti non verificabili, e a volte palesemente falsi.

Come illustro il confronto tra il Manoscritto antinoriano e l’edizione di Domenico Romanelli Antichità storico critiche sacre e profane esaminate nella Regio

Alle pp. 70-103 dell’edizione anastatica 2008 dell’opera di Romanelli, sono riportate le lapidi antiche di Anxanum, che però sono assenti nel Manoscritto antinoriano. Infratti il Romanelli ha parafrasato e riassunto la dissertazione “Anxanum” presente nel II vol. manoscritto delle Antiquitates Frentanorum di Pietro Polidori.

Alla fine del 1° fascicolo sulla Storia di Lanciano, ci sono aggiunte riconoscibili di Romanelli, che proseguono con i fatti delle annate 1778-1779 fino all’anno 1792, con un elenco sommario in calce dei Castelli posseduti da Lanciano, e numero delle anime delle maggiori parrocchie. L’elenco dei Feudi antichi di Lanciano, dal manoscritto è ripreso da Romanelli e inserito in appendice al libro “Lanciano” nell’edizione a stampa del 1790, prima del libro riferito alle Chiese e monasteri.

Si inizia con una dissertazione, confrontando le fonti classiche greche e latine, e i geografi moderni, sulle origini, sito e nome di Anxanum; queste cc. 1-14 corrispondono con la pag. 62 dell’edizione Romanelli (si tenga sempre presente la rist. anast. 2008), dove è indicato il sottotitolo: “Lanciano intus Anxani cognomine Frentani”, prendendo la citazione di Plinio il Vecchio nel lib. III Naturalis Historiae; c’è corrispondenza tra cc. 13-14 con pp. 74-75 del Ms. Inutile dire che anche qui Romanelli ogni tanto ha effettuato delle sue aggiunte personali, la più grande è proprio all’inizio, quando inizia con la frase: “Noi, scrivendo la Storia di questa Città, celebre non ci appoggeremo, se non a memorie le più certe”, dove inserisce nuovamente le maggiori iscrizioni di Anxanum, mentre la lunga nota (a) di pag. 63 corrisponde agli appunti antonoriani. Le iscrizioni riguardano quella di Pelina per dimostrare ancora una volta la vicinanza ai Sulmonesi, a seguire nel trattare la storia romana di Anxanum, il Romanelli ricorda le colonie dell’Agro Anxiano dagli Stratagemmi di Sesto Frontino (il Bocache su questo discorso di Anxanum municipio o colonia romana fece ampie e macchinose trattazioni nel Vol. II), cita l’Itinerario di Antonino, la Tabula Peutingeriana, le iscrizioni di Bennaciario, quella di Ninnio citata da Camarra, altre due di Cluvia, quella del Macellum di Anxano di Saturnino, del portico della Piazza rifatto da Q. Aurelio Mitrano, dal Corsignani l’iscrizione di Cerfennia, quella della Nutrice, quella dei Decurioni di Avionio Iustiniano, quella del Portico delle Fiere, le 4 lapidi sepolcrali riferite da Polidori, quella del tempio di Giunone, del santuario di Igia presso Amnum, e infine il carme di Teodoro Negrino. È tutto saccheggiato dalla dissertazione Anxanum del Polidori.

Alla c. 13 (r./v.) del Ms. c’è una nota di Antinori su Giacomo Fella e il suo manoscritto, assente nell’edizione Romanelli alla pag. 75; da ca. 13 v. c’è la corrispondenza con la pag. 77

Antinori a c. 14 traccia descrizioni più lunghe su Anxanum, assenti in Romanelli alla pag. 77

Alla c. 14 r. c’è un’aggiunta in calce di Uomobono Bocache sullo scavo del pavimento a mosaico presunto ricordato anche dal Fella che cita una cronachetta conservata al suo tempo nell’archivio di S.ta Maria Maggiore, in Largo dei Frentani, dove insisteva la chiesa di S. Maurizio, datato 4 ottobre 1797. Da c. 14 v. riprende la corrispondenza con Romanelli pag. 106, dove si passa alla Storia medievale di Lanciano, dall’anno 973, circa i fatti di Gaelotto di Teate; a seguire le citazioni corrispondono sulla storia del Miracolo Eucaristico alle pp. 106-107 di Romanelli. Alla c. 15 dell’Antinori, ecco un’altra aggiunta di Bocache che fa riferimento al suo Quadro geografico di Lanciano, allegato nel capitolo di riferimento, nel vol. I dei suoi Manoscritti lancianesi, che più volte, come si può vedere dall’Indice di questo studio, Bocache aveva compilato in diverse versioni, sparse qui e lì nella rilegatura confusionaria dei Manoscritti. In questo Quadro geografico del Bocache vi è il rimando alle XII Province del Regno Napoletano, presso l’opera di G.M. Alfano Istorica descrizione del Regno di Napoli diviso in Dodici Province, ecc., Napoli, Tip. Manfredi V., 1798[1]. Ogni tanto nel Manoscritto appaiono dei disegni, alcuni veramente curiosi; in questa c. 15 vi è il Monogramma Mariano presso il capoverso dove si parla dell’abbazia di San Giovanni in Venere.

Giungendo all’epoca degli Svevi, il testo dell’Antinori inizia a usare le fonti di Fella (che cita 39 privilegi nel suo Ms., cap. XIX) e Polidori (dissertazione su Anxano), per quanto concerne i privilegi dei Sovrani. Il primo ricordato è quello di Federico II del 21 aprile 1212, che Fella avrebbe visto in copia nell’arch. de Flore[2], e su cui fa appiglio diverse volte il Bocache per ricordare l’importanza economica di Lanciano sin dall’epoca dei Normanni, ricollegandosi a un altro documento di Ugone Malmozzetto[3] che posse la sua residenza in Lanciano, quando aveva la sede di un sovrintendente della Contea di Chieti, che verrà convertito nel Giustiziere regio dagli Angiò. Lo Scioli criticò questi documenti.

Prosegue la corrispondenza tra cc. 15v.-16v. con le pp. 109-110 di Romanelli. Alla c. 16 r., il Ms. è più descrittivo nei fatti avvenuti nel 1170-1776, mancanti in Romanelli alle pp. 111-115, dove si parla della cacciata e della riammissione degli Ebrei in Lanciano, con i relativi Capitoli fatti stilare da Roberto Conte di Loritello, presi dal Ms. di Polidori; vi è corrispondenza tuttavia nelle note del Ms. antinoriano alle cc. 15-16 e Romanelli alle pp. 109-111, circa la storia della famiglia dei Conti Borrello.

Alle cc. 40-41 vi è la descrizione delle mura e Quartieri storici di Lanciano, all’anno 1191 si riportano in regesto i Capitoli sugli Ebrei nel rione Sacca; tuttavia come ha dimostrato Marciani nel suo articolo degli Ebrei a Lanciano, Antinori si è fidato di un falso creato ad hoc dal Polidori, e che è stato telegraficamente riportato da tutti gli altri scrittori antichi di cose lancianesi, in primis il Bocache in una lunga dissertazione presente nel cap. Degli Ebrei, nel vol. II dei suoi Manoscritti. Questi Capitoli degli Ebrei sono stati ripresi anche da Romanelli alle pp. 112-113. Qui la numerazione a matita fatta dallo Scioli termina, e riprende l’antica numerazione progressiva.

Vi è corrispondenza tra c. 18 e p. 114; tra le cc. 18-19 la nota di Antinori sui Capitoli degli Ebrei è più lunga e articolata, e si parla anche dei Commerci antichi presenti in Lanciano, da cui attingerà anche il Bocache, nella dissertazione sugli Antichi commerci lancianesi. Continua la corrispondenza tra cc. 19r/v e pag. 116, in queste carte si nomina la Corte Anteana, e prosegue da cc. 19 v., 20 ecc, fino a pag. 119 di Romanelli.


Lanciano disegnata da Giambattista Pacichelli, fine ‘600

All’anno 1225 c’è una nota aggiunta da Bocache sul Beato Filippo da Lanciano; inoltre per l’anno 1294, alla c. 19 v., su Federico de Letto vescovo di Sulmona, quando era rettore della chiesa di Santa Maria Imbaro. La corrispondenza, seppur con alcune variazioni per l’inizio di ciascun periodo a capo, nel Romanelli, vi sono tra le cc. 20 e pp. 118-19, poi cc. 20r/v.-21 con le pp. 119-20-21,  e poi c. 21 con p. 122

Il periodare, benché il contenuto sia identico insieme alle note, è leggermente differente a capo-frase tra le cc. 21 e p. 123; la citazione sul privilegio di Re Roberto d’Angiò del 1312 tra c. 21 e pp. 123-24 è identica. Per le annate 1313-17-18-20, risulta costante la corrispondenza tra cc. 22-23 e p. 125; a c. 23 r., è presente alla fine dell’anno 1322 la nota di una contesa di Luzio di Petruzio di Lanciano canonico in Parenzo (Croazia) del 16 aprile, che assiste nella Corte di Orsaria (Udine) all’accordo tra il vescovo di Parenzo e la diocesi del Veneto. La corrispondenza tra le due opere riprende a c. 25v. con pag. 127-28 e segg., fino a pag. 132.

Nel Ms. antinoriano, all’anno 1368 (c. 25v.), v’è una nota, assente in Romanelli (pag. 127), su Fella, riferita al cap. XX del suo Manoscritto, sugli Uomini illustri lancianesi: è ricordato un Simone da Lanciano abate di S.to Stefano in Rivomaris, creato Cardinale da papa Urbano V, commentatore di Platone; però Antinori esplicitamente contesta la paternità lancianese di Simone, e spiega che fosse inglese: Simon Langham (1313 ca.- 1376), confuso per errore, o volutamente con “de Lancian”, benedettino, abate di Westminster, vescovo di Londra e arcivescovo di Canterbury nel 1368. Questo errore, come si può leggere anche nei Manoscritti di Bocache e del Maranca, con “Marino Caramanico da Lanciano” (attribuendo dunque falsamente la paternità del giurista Marino da Caramanico a Lanciano!)[1], è presente anche nelle opere di Romanelli, Renzetti, andando più indietro in Polidori nella dissertazione su “Anxanum”, e ovviamente Bocache, che hanno preso da Fella. Antinori, a sostegno, riporta anche la citazione di Ughelli (Italia sacra, VII), dove dice “Simon de Langham”. Inoltre in Romanelli (pp. 127-28) manca la descrizione dei fatti dell’anno 1371 sulla causa dei Frati di Santo Spirito di Andria, dipendenti dal monastero celestino di Santo Spirito in Saxia di Roma, discussa nel palazzo “regio” di Lanciano, con l’arciprete della chiesa di San Nicola de’ Ferrati di Lanciano.

La corrispondenza riprende per l’anno 1372 a c. 25v., con pp. 132-33-34; e a seguire cc. 26r/v con pp. 134-35; a c. 27, che corrisponde con le pp. 136-37, c’è la nota di correzione dell’Antinori su Fella al cap. XIX del suo Manoscritto, dove nel riportare i vari Privilegi dei sovrani di Napoli per Lanciano, Fella sbaglia sui 700 ducati, al posto dei reali 500, e scambia la regina Giovanna II come madre di Giacomo Borbone, anziché la moglie. A c. 28, l’Antinori è più specifico sull’acquisizione del feudo di Castel Nuovo da parte di Lanciano, e corregge Fella che sposta l’anno 1406 al 1480!, e non cita il privilegio di Ladislao, né i suoi procuratori Caracciolo e Jacopo di Alessio, né l’indizione ecc. Questo riferimento al possesso di Castel Nuovo è la nota II di c. 28, mentre la nota I è presente in Romanelli pag. 140.

A c. 28 v. di Antinori, sull’anno 1411, ci sono diversi riferimenti che accadono in questa annata, assenti in Romanelli pag. 141, e si rammenta il governo di Tommaso Pignatelli regio governatore a Lanciano, possessore anche di Torino di Sangro sotto ordine del Re; a seguire si parla di Pippo Riccio di Lanciano governatore di Rapino a causa di liti dei confini. La corrispondenza con Romanelli riprende a pag. 141 (con c. 29 r.), sulla descrizione dell’arte di fare gli aghi a Lanciano; e continua tal corrispondenza sull’inizio delle controversie tra Lanciano e Ortona per il porto di S. Vito (c. 29v.), in questa carta, l’Antinori è più preciso, e già menziona la cappella di S. Angelo, che diventerà il celebre Monastero dei Minori Riformati di S. Angelo della Pace, che era posta sul terreno di Antonio di Frisa. Seguono informazioni assenti in Romanelli: Giovanna II d’Angiò esenta dalle tasse i servitori di Pippo Riccio, nelle gabelle di Lanciano e sue pertinenze, fino alla somma di 18 tarì annui. A pag. 143 Romanelli è in errore, perché l’anno in Antinori è 1421; la corrispondenza riprende con cc. 30r/v. e pp. 143-45. Alle cc. 31-34 la descrizione delle origini della contesa tra Lanciano e Ortona è più dettagliata nell’Antinori rispetto al riassunto e ai tagli operati dal Romanelli nelle pp. 143-44; da c. 34 v. la corrispondenza riprende con pp. 149-153; la c. 35 corrisponde con pag. 155.

A questo punto Romanelli opera un suo intervento personale sul Manoscritto, interrompendo la successione regolare delle annate, e per dilungarsi sulla contesa del Porto, anticipa i fatti che avvengono nell’anno 1433, per poi proseguire con i fatti dell’anno 1429 a pag. 156 (cfr. Ms., cc. 34 r/v). L’annata 1430, descritta da Antinori, è assente in Romanelli, anno peraltro importante per l’applicazione degli Articoli del Lodo di Pace celebrato il 17 febbraio 1427 in Ortona. In questa carta del Ms., iniziamo a vedere come nella lingua volgare dei documenti, si inizi a passare dal termine antico Anxanum a “Lanziano – Lanciano – Larciano (sic!)”. a c.35 laddove Antinori ricorda il furto delle Reliquie dei SS Simone e Giuda Apostoli a Venezia, da parte di frate Jacopo di Clemente, per il monastero di Sant’Agostino a Lanciano, c’è una nota in calce postuma, forse di Antonio Maranca, circa la lettera inviata all’Università di Lanciano e alla Diocesi di Chieti dal doge Francesco Foscari (che verrà scolpita successivamente nella cappella delle Reliquie nella chiesa lancianese), che riporta: “DICTA EPISTULA NON OBSERVATUR POST ABITUM DICTI D. SILVESTRI CINERINI”, cioè che questa lettera non era più consultabile dopo la morte di d. Silvestro Cinerini.

La corrispondenza, anche delle note, continua con cc. 35v. e pp. 156-57, circa i fatti storici del furto delle Reliquie (cc. 35v, 36r/v fino a c. 29 v, con pp. 156-66). La corrispondenza prosegue con c. 39v. e pag. 166 per l’annata 1443, anche se Antinori ha più note, assenti in Romanelli. In questa carta all’anno 1444, dopo aver citato Sestignuccio Capograssi di Sulmona, Antinori cita l’istanza del privilegio del Re Alfonso d’Aragona a Lanciano di poter commerciare la lana coi mercanti aquilani, data a Biagio Antonelli della Torre di Aquila, sindico della Corporazione dei Lanari di quella città. Registrato nel Libro dei conti, press. Monastero di Valle di Castro. Tutto ciò è assente in Romanelli.

La corrispondenza riprende tra cc. 40r. e pag. 166 sulla facoltà di battere moneta a Lanciano; a seguire dall’anno 1446 riprendono le notizie sul riacutizzarsi delle liti per San Vito, a pag. 168 Romanelli sbaglia l’anno scrivendo 1427 al posto di 1447; per il resto sino a c. 40v., la corrispondenza del contenuto è identica; proprio in questa carta c’è un’altra aggiunta in calce postuma, sul privilegio di Alfonso d’Aragona transunto da M. Francesco Paulo de Floribus nel 1501, e presso il giurista Pasqual Maria Liberatore di Lanciano.

La corrispondenza continua da c. 41r., con pag. 169 per l’annata 1451, tuttavia in questa carta del Ms., c’è una nota assente in Romanelli, che riguarda il privilegio alfonsino del citato 1451 per Lanciano, con conseguente irritazione degli Ortonesi. Inoltre Antinori è più specifico nel riportare il privilegio di Alfonso I di Napoli sulle Fiere (che verrà riportato in copia trascritta anche nei Mss. di Bocache e di Maranca, per quest’ultimo vedi la sua appendice al Ms. Istoria diplomatica di Lanciano nella Biblioteca comunale di Lanciano). In sostanza Romanelli fa un riassunto del riassunto del privilegio dall’Antinori. La corrispondenza riprende con cc. 41v., e pp. 169, sull’ammonizione del privilegio alfonsino contro Chieti che voleva imitare le Fiere lancianesi, non rispettando la distanza di 20 miglia da Lanciano e la data di celebrazione, per celebrare la personale Fiera di S. Marco sulla Valle della Pescara; dall’annata 1453 nuove contese con Ortona, la corrispondenza è costante: cc. 41v. e 42r., con pp. 169-70, compresa la nota presa da Fella; poi c. 42v., con pp. 170-71.

Alla c. 43 r., Antinori riporta un contratto del 28 agosto 1457 sulla ricostruzione del Castello di Ari, approvato dal Principe Ferrante d’Aragona, successore di Alfonso; Romanelli a pag. 171 lo riassume, omettendo dei particolari. La corrispondenza prosegue tra cc. 43r/v con pp. 172-73, fino a c. 44r. con pag. 176, dove si trattano i fatti dell’anno 1460; a c. 44v. Antinori riporta una nota (la num. I) assente in Romanelli; per l’annata 1462 la corrispondenza prosegue: c. 45r. con pp. 178-79, ma a c. 45v. Antinori riporta un’altra nota assente in Romanelli pag. 180. La corrispondenza prosegue da c. 46v. con pag. 181, poi c. 47r. con pp. 182-83,  ecc. 48r/v con pp. 184-85.

Alla c. 48v. Antinori riporta notizie più dettagliate sull’anno 1471 circa il Duca d’Amalfi a Lanciano, poi dall’anno 1475 (ivi), riprende la corrispondenza con Romanelli pag. 185. A c. 49 r., Antinori riporta i fatti dell’anno 1480, completamente assenti in Romanelli pag. 185. Per l’anno 1481 riprende la corrispondenza tra cc. 49r. e pag. 186,  e poi per cc. 49v-51r., con pp. 187-90. A c. 51v. nella prima parte della pagina, Antinori è più specifico rispetto a Romanelli, che elimina le citazioni del geografo Domenico Mario Nigro (pag. 190). In Romanelli è riassunto rispetto all’Antinori l’anno 1492 (cfr. c. 52 r. con pag. 191), mentre c’è corrispondenza per l’anno 1494 tra cc. 52r/v e pag. 192.

Poi per l’anno 1495 c’è corrispondenza tra c. 52v. e pag. 193, a seguire c. 53r. con pag. 194, e così pure c. 53v. e pag. 196 per l’annata 1496, compresa la nota antinoriana riportata da Romanelli alle pp. 195-96; anche c. 54r. con pp. 196-97; la c. 54v-55r. con pag. 198 per l’annata 1497.

Alla c. 55r. Antinori ha un testo sulla figura del patrizio Denno Riccio di Lanciano differente da quella di Romanelli a pag. 198, molto più articolata; la corrispondenza continua tra cc. 55v. con pag. 199, e c. 56r. con pp. 200-201; e poi c. 57r. con pp. 202-203. In questa vi è una nota dell’Antinori che rimanda indietro all’anno 1391, assente in Romanelli, sulla presenza delle Clarisse in città: ossia note di pagamento: di 200 once, da Capece 100 once, e poi 140 once. La corrispondenza prosegue per c. 57v. con pp. 203-204, per l’annata 1502 alla c. 58v., corrispondente con pag. 203, anche la nota corrisponde

A c. 59r con pag. 204 sulla morte di Giovanni figlio di Denno Riccio, a seguire vi è la sua morte il 14 gennaio 1504. Nella seconda metà di c. 59r. c’è il paragrafo “Margherita de’ Petruzi”, dove si parla dei suoi beni, assente in Romanelli a pag. 205, inoltre tutta la c. 59v è assente in Romanelli, nonché la prima parte di c. 61r, a seguire dalla seconda parte della stessa, riprende con Romanelli a pag. 205.

Da questo punto in poi del 1° fascicolo della Istoria critica di Antinori, ci sono diversi passaggi che Romanelli ha omesso, o riassunto: a c. 61r. sull’annata 1506 e l’avvio delle lotte di potere tra i Ricci e Florio, durante le guerre tra francesi e spagnoli, non ci sono i dovuti riferimenti in Romanelli a pag. 206, compreso il contenuto del Ms. Antinoriano a c. 61v., e la corrispondenza riprende da c. 62r. con pag. 207 di Romanelli sulla presenza degli Albanesi in Lanciano, nonché la notizia sul Portico delle Logge della Fiera. In Antinori non ci sono riferimenti alle annate 1507-09, ma rimontano direttamente all’annata 1510 (cfr. c. 62v), di cui Romanelli non fa menzione, a pag. 209; la corrispondenza riprende a c. 63r. con pag. 210 per l’annata 1514 al 10 febbraio, tuttavia in Antinori vi è la nota sugli eccidi perpetrati dai Ricci, assente in Romanelli, mentre la corrispondenza prosegue da c. 63v. a pag. 211, e poi da c. 64r. con pag. 213 per l’anno 1518; successivamente c. 64r con pag. 214 all’anno 1519; c. 64v. con pag. 215, però in Antinori vi è la relazione sulla figura di Giulia figlia di Tuccio Riccio (c. 64v.) all’anno 1519. Anche le cc. 65r./v. non sono citate da Romanelli alle pp. 216-17; inoltre abbiamo un’ennesima aggiunta manoscritta in calce da parte del Bocache (cfr. c. 65v.) sulla lapide dei Decurioni rinvenuta in quest’anno detto 1519 dal poeta Oliviero da Lanciano, e posta poi sul portico della Cattedrale, ecc. Inutile dilungarsi sulla bibliografia recente su questa lapide, oggi rimontata, dopo i danni del 1944, sul muro del secondo piano della scalinata interna del Palazzo comunale, né occorre prestare troppa attenzione alle varie dissertazioni, pareri e costanti cambi di opinione su cui si arrovellò il Bocache, seguito dal Maranca e altri nei loro Mss. già il fatto che Antinori qui non ne parli, né citi le note sul rinvenimento della lapide fatte sia da Fella che dal Polidori, né tantomeno i tentativi di decifrazione dei carattere, fan capire quanto Antinori nutrisse dubbi sul suo contenuto.

La corrispondenza riprende tra cc. 66r. e pag. 216 al capo-frase “Avendo i Chietini”, ecc., tuttavia a c. 66v. per l’annata 1522 non abbiamo riscontri in Romanelli pag. 217, ma da c. 67r riprende con pag. 218, per l’annata 1523, e poi cc. 67v-68r. con pag. 219, compresa la nota, e infine cc. 68v. con pag. 221, c. 71r con pp. 224-25 compresa la nota su F. Guicciardini che cita Lanciano, anche se in queste carte Antinori è più dettagliato nel descrivere l’assedio subito da Lanciano dal Conte di Lautrech. A c. 71r., nella seconda metà l’Antinori è più dettagliato nel descrivere le condizioni di resa di Lanciano, mentre Romanelli le riassume alle pp. 226-27. Curiosa, ma di puro interesse accademico, la nota a c. 71r., corrispondente con Romanelli pag. 226 sul termine “Vieste” per la cittadina pugliese; Antinori annota: “Vestam a dua bastardo Brutii. Il Fella chiamò così Federico Carafa o piuttosto il Conte d’Ugento”.

Corrispondenza tra c. 71v con pag. 228, c. 72r, con pp. 228-29, tuttavia una parte di c. 72 è stata omessa da Romanelli a pag. 228; la corrispondenza riprende a fine di c. 72v con pag. 228, al capo-frase “La peste intanto faceva strage…”, e poi cc. 72v.-73r con pp. 229-30. In Antinori a c. 73v all’anno 1541 abbiamo menzione dell’ebreo Michele, assente in Romanelli pag. 230, e la corrispondenza riprende al capo-frase dell’anno 1543: cc. 74r-75r con pp. 231-33 per l’annata 1545, poi cc. 75v.-77v con pp. 234-36; corrispondenza al rigo finale di c. 78 con pag. 236-37 per l’annata 1547; qui abbiamo anche un bel disegnino di Antinori dello stemma di Giovan Pietro Carafa, arcivescovo di Chieti e futuro papa Paolo IV. A c. 78v corrisponde pag. 237, cc. 79r/v corrispondo con pp. 238-40 per l’annata 1549, dove si parla del vescovato di Mons. Leonardo Marini. A c. 79v, all’ultimo paragrafo della pagina dove inizia “Nell’anno 1549 Lonardo Marini…”, risulta essere una notizia inedita, assente in Romanelli a pag. 239, e benché non lunga, offre spunti di ricerca sulla figura di questo prelato.

La corrispondenza riprende a c. 80r al capo-frase: “Nel 1550 gli abitatori” ecc., corrispondente parola per parola con Romanelli pag. 240; a c. 80v. corrisponde pag. 241, c. 81r. con pag. 242, c. 81v. con pp. 242-43, in quest’ultima carta c’è una nota di Antinori assente in Romanelli pag. 243; corrispondenza tra c. 82r. con pp. 245-46, c. 82v. con pp. 246-47, e c. 83r. con pp. 248-49, c. 83v. con pag. 250, c. 84r/v con pag. 251, tuttavia la detta c. 84v in Antinori è più dettagliata di notizie, insieme a alla successiva c. 85r, fino a c. 88v., dove si parla dell’attività di Mons. Marini al Concilio di Trento. La c. 88v. corrisponde all’inizio di pag. 252 di Romanelli per l’annata 1562, ma nella stessa notiamo un asterisco a stampa. Confrontando col Ms, notiamo che in Romanelli manca un’intera sezione di Antinori, compresa una nota, da confrontare con c. 89r e la relativa nota assente su Francesco d’Andrea.

Riprende la corrispondenza a c. 8v, con pp. 252-53, poi c. 90r/v. con pag. 254-55; Antinori è sempre più dettagliato con le notizie, anche con una semplice frase, nelle cc.90v-92v rispetto alle pp. 255-56 del Romanelli, che ad esempio nel citare i documenti delle 34 condizioni del Traffico delle pecore sul Tratturo; e la corrispondenza riprende all’annata 1534 a c. 92v. con pag. 256, c. 93r con pag. 257. Resta conforme tra Antinori e Romanelli da c. 92 fino a c. 94v. per la pag. 260 in Romanelli. In Antinori a c. 94v., nella parte finale, offre una relazione più dettagliata sull’attività di Leonardo Marini, e prosegue per le seguenti cc. 95 fino ai fatti dell’annata 1565, corrispondente con Romanelli pag. 261; e la corrispondenza prosegue tra cc. 96-98 con pp. 261-64. A c. 98r c’è una nota di Antinori assente in Romanelli pag. 264; la successiva c. 98v corrisponde con pag. 265, anche se Antinori inserisce più notizie su don Eusebio Camerino: “Era stato fin dall’anno 1568” ecc., e prosegue anche a c. 99r, dove si tratta dell’annate 1569-70.

La corrispondenza riprende brevemente tra cc. 99r e pp. 266-67 sulle note della morte di Violante Riccio, poi in cc. 99v con pag. 267 nelle annate 1574-75; c. 10r con pag. 268, però le notizie di c. 100v sono assenti in Romanelli pp. 269-70, così come le notizie di c. 101r, che in Romanelli non sono a pag. 270.

La corrispondenza prosegue tra cc. 101v e pag. 270 sui Pesi e misure per la Fiera; a c. 101r c’è una nota di Antinori assente in Romanelli pag. 271; la corrispondenza prosegue tra cc. 102v e pp. 271-72, alla pag. 273 di Romanelli c’è un banale errore di stampa: Urgento al posto di Ugento.; la c. 103v con pag. 274, c. 104r con pag. 275, cc. 104r/v con pagg. 275-76; a c. 104v nella metà della pagina, Antinori fa delle aggiunta assenti in Romanelli pag. 276. Corrispondenze tra cc. 104v.-105 con pp. 276-77; per l’annata 1598 c’è una nota di Antinori, assente in Romanelli pag. 277; corrispondenza tra c. 105v con pag. 278 e c. 106r con pag. 279, c. 106v-107r con pp. 280-81, c. 107v con pag. 282 e c. 108r con pag. 283; nella c. 108v ci sono due note di Antinori, non corrispondenti con Romanelli pag. 285 e 286 sull’annata 1605.

Seguono corrispondenze tra cc. 10v e pp. 287-88, c. 110 con pp. 288-89, c. 110v. con pag. 290, c. 111r con pag. 291, c. 111v con pp. 292-94, cc. 112v con pp. 295-96, c. 113 con pag. 297, in questa però v’è un errore di stampa o di copiatura dal Romanelli, perché dice “anno 1624”, quando invece è 1614.

Inoltre il Romanelli non inserisce alla pag. 298 le notizie sull’anno 1620 nelle cc. 113r/v, e nella successiva c. 114 sull’anno 1622. La corrispondenza riprende a c. 114v con le pp. 299-300, poi c. 115 con pp. 301-302. Qui abbiamo un paradosso, poiché Romanelli a pag. 302 cita una nota da Carlo Tappia, estratta dal notaio Jacopo Antonio press. Fam. De Giorgio di Lanciano, nota assente nell’Antinori a c. 115v, le cc. 115v-118v corrispondono con le pp. 312-20, poi c. 119 con pag. 320, ma solo in parte, perché Romanelli omette molte notizie sull’annata 1644, quando inizia la querela della Città contro il Marchese del Vasto; lo stesso Romanelli omette le notizie dell’Antinori in cc. 120r/v col bando di Filippo III di Spagna per la vendita di Lanciano; e la corrispondenza riprende tra c. 120v e pp. 328-29, e poi cc. 121-22 con p. 329, a c. 123 all’anno 1669 con Romanelli pag. 330, c. 123v con pag. 332, c. 124r con pag. 333.

Altra omissione di Romanelli sulle notizie del 1699, presenti in Antinori cc. 124-25 con relativa nota, dove si parla della descrizione di Lanciano fatta dall’abate Pacichelli; Romanelli estrae solo scarne notizie a pag. 333.

Antinori a c. 128v dall’anno 1725 inserisce diverse notizie su papa Benedetto XIII, a c. 129v corrisponde Romanelli pag. 336, l’anno 1727 (c. 130r) corrisponde con pag. 227, ma in parte, perché ci sono notizie più abbondanti sul porto di San Vito; infine c’è la corrispondenza tra c. 130v con pag. 337. Per l’annata 1744 a c. 131, le notizie di Antinori non sono per niente inserite da Romanelli. Così come le cc. 131v-133r, dove in quest’ultima Antinori appunta l’elenco delle dissertazioni manoscritte di Polidori sulla Storia Frentana, in totale 19. La corrispondenza riprende tra cc. 133v e pp. 339-40. Dalla fine di c. 133v, le notizie dell’Antinori non sono state più copiate da Romanelli per la sua edizione, dunque sono del tutto inedite. A c. 134r/v Antinori inserisce notizie dell’anno 1776 sul padre Bernardo Maria Valera da Lanciano cappuccino, nota inserita anche da Romanelli a pag. 340.

Da qui in poi, fino all’anno 1792, le notizie sono state aggiunte dai continuatori, forse Maranca e Romanelli insieme, o solamente dal Maranca, il quale nei suoi Ms. sostiene, insieme anche al Bocache nei suoi appunti, che più volte ebbe modo di accedere alle carte dello zio arcivescovo, nonché a farne una copia da stampare, donata al Mons. Francesco Maia De Luca[2].

 

9 - Le chiese di Lanciano nell’Antinori

Nelle Antichità storico-critiche sacre e profane dei Frentani edite da Romanelli, seguendo una tradizione storiografica di elencare in appendice i monumenti e le chiese più notabili di una città[3], si riportano le principali chiese lancianesi, con un lungo capitolo sulla Cattedrale, poi quelle S.ta Maria Maggiore, S. Nicola, S.ta Lucia, S.ta Chiara, S. Agostino, e le altre chiese maggiori, compresi i Monasteri dei Conventuali, degli Antoniani, dei Cappuccini, delle Clarisse. Non si comprende con chiarezza, il Romanelli, se abbia effettuato riduzioni personali del fasc. III dell’Istoria critica di Lanciano dell’Antinori, aggiungendo diverse sue opinioni personali, specialmente nel tessere le lodi alla Madonna del Ponte nella parte iniziale, che sono del tutto assenti nell’Antinori, o se abbia interpolato altri manoscritti. Per quanro riguarda la Madonna del Ponte, la prima parte è una trattazione personale del Romanelli, che funge per così dire “da prologo” alle sue “scoverte”, che pubblicherà negli anni successivi, dove si attribuisce il rinvenimento nel 1785 dell’iscrizione di Diocleziano, e di quelle del restauro del Pomte nel 1138 e nel 1203.

Infatti, soprattutto le chiese minori, ma anche alcuni monasteri come quello dei Celestini, sono riportate dall’Antinori in abbozzo, con il transunto di notizie oridnate cronologicamente; inutile dire che diverse notizie per S.ta Maria la Nova o S. Francesco sono tratte dalle fonti consultate e confluite nel suo Libro di memorie sulle Chiese edito nel 1995. È interessante il confronto con l’edzione a stampa del Romanelli, che nel capitolo sulla storia della Cattedrale (pp. 345 ecc, rist. an. 2008), ricorda come nel 1785 in aprile “scoperse” l’iscrizione di Diocleziano sul Ponte, facendone l’esemplazione e l’analisi storica, ricordando le gesta dell’imperatore (proprio come farà il Bocache nella pletora dei suoi appunti sul tema), e prendendo a confronto un’iscrizione simile riportata dal Gruter (p. 349). Andando avanti con le descrizioni storiche, Romanelli ricorda come dopo il terremoto del 1088, nei lavori di riparo, fu rinvenuta l’Icona della Madonna, che poi venne conservata in un’edicola votiva con due pilastrini nel mezzo del nuovo Ponte, e con iscrizioni, quella: VIRGINEO PUDORI VADUM / CAMPL. FAB. LOTARIO II. IMP. / A.D. MCXXXVIII, e quella del SACELLUM HOC BEATAE VIRGINIS / PURITATIS MATRIS DEI ET NOSTRAE / MAGISTER ANDREAS CUM SOCIIS / DE LANZIANO COMACINIS / SOLIDIS SUIS FECERUNT AD. MCCIII[4].

Per chi ha un corso elementare di Paleografia e diplomatica, basta vedere le iscrizioni, che il Bocache inserì nella sua Raccolta lapidaria, esaminarne il ductus pieno di curve e riccioli baroccheggianti per una, e l’andamento piegato insolitamente verso destra, e così rigido per appartenere all’epoca romanica, quando si imitava la capitale lapidaria romana, mentre a cavallo tra il 1100 e il 1200, alle porte del gotico, si utilizzava una maiuscola dai caratteri arrotondati che oscillava tra la carolina e l’onciale[5]. Da queste considerazioni di Paleografia, si traggano le considerazioni dovute per formulare un critico giudizio.

Il fascicolo dunque si apre con la storia della chiesa dell’Annunziata e di S.ta Maria del Ponte (cc. 1.24)[6]. Manomissioni si hanno anche nella seconda chiesa di S.ta Maria Maggiore (cc. 25-44), ad esempio quando si inizia a narrare la storia del tempio di Apollo da cui nacque la l’edificio; l’Antinori raccolse le notizie fino al 1743, ma queste vengono aggiornate fino al 1783 (c. 44); a seguire vi è la chiesa prepositurale di S. Martino (cc. 45-54) con notizie sui preti curati dal 1499 al 1504, dal 1513 al 1516, fino al 1698. Viene il monastero di S. Francesco (cc. 55-65 v.), con le notizie che partono dal 1252 fino al 1713. A c. 59 vi è riportata da Fella la famosa tradizione del libricino pergamenaceo con la cronaca del Miracolo eucaristico andato trafugato da due misteriosi viandanti che chiesero ricetto ai Frati; poi il convento dei Cappuccini, con appunti di una sola pagina (c. 65 v.) che vanno Dal 1334 al 1677; poi S. Spirito dei Celestini (c. 66) con notizie a partire dal 1294; qui vi è un breve inserito sulla chiesa diruta di S.ta Venera[7]; il convento dei Carmelitani alla Fiera o Sso Crocifisso (c. 67), il convento di S. Antonio abate / chiesa rurale di S. Leonardo (poi di S. Egidio) a c. 68, a c. 68 v. la chiesa e convento di S. Giuseppe degli Scolopi[8], il monastero di S. Agostino con notizie dal 1290 al 1694[9] (cc. 69-71); la chiesa di S.ta Lucia (cc. 72-73) con notizie dal 1257 al 1608[10]; la chiesa di S. Giovanni Battista (c. 73 v.) con notizie dal 1499 al 1606; alla stessa carta la chiesa di S. Martino (continuazione delle cc. 45-54), con notizie dal 1405 al 1480; la chiesa di S. Biagio (cc. 74-75) con notizie che vanno dal 1173 al 1785[11], con allegate trascrizioni delle iscrizioni a caratteri gotici della campana.

Seguono notizie sulla chiesa di S. Nicola dal 1532 al 1617 (c. 75); la chiesa di S.ta Maria degli Angeli della Sacca (cc. 76-77) con notizie dal 1588 al 1612; segue la trattazione del convento di S. Angelo della Pace dal 1436 al 1778, in allegato vi è una pagina con appunti presi De origine Seraphicae Religionis Ordinis Francescanis insigne progressibus de Regularsi Observantis Institutione forma amministrationis ac legibus admirabilique eius propaginatione Fr. Francisci Gonzagae eiusdem Religionis Minister Provincialis A.D. s.d.n Sixtus V – Opus in quatuor partes divisa ecc. – cum licentia suoperiorum 1587, f. 412; le notizie sul monastero proseguono fino all’anno 1783, con evidenti aggiunte posticce. Alla c. 77: la chiesa di S.ta Croce di Lancianovecchio, con notizie dal 1583, con trascrizione del documento di riconoscimento del Miracolo della Ricciarella firmato da papa Gregorio XIII; di conseguenza la chiesa della SSma Annunziata – cappella del SSmo Sacramento (oggi inglobata nella Cattedrale) all’anno 1581 (c. 77 v.), qualche nota sulla stessa della Confraternita dei Raccomandati presso S. Francesco, poi la chiesa di S. Lorenzo (c. 78, un breve appunto con note degli anni 1405-1480-1615), S. Giuseppe al Borgo (c. 78, anni 1617-1763); la Confraternita del SSmo Suffragio nella chiesa del Purgatorio (c. 78 v.) con notizie dal 1637 al 1646; nella stessa carta figura in abbozzo la chiesa di S.ta Maria dei Piani (notizie dal 1363 al 1570); il convento delle Clarisse dal 1388 al 1701, con trascrizione di alcune lapidi (c. 79), la chiesa di S. Pantaleone dal 1543 al 1617 (c. 80), e immediatamente dopo le sue vicende storiche, quando la sede si spostò a S. Nicola dei Ferriati, detta anche di S. Carlo (c. 80 v.), con notizie dal 1340 al 1592; alla stessa pagina figura la chiesetta di S. Apollonia con notizia dell’anno 1671[12]; a c. 81 le chiese di S. Giacomo (1316-1565), la chiesa di S. Agata fuori Porta S. Nicola (1390-1675), e infine S.ta Caterina (1391-1439).

A c. 81 v. la chiesa di S. Maurizio a Lanciano vecchio (1580-1797[13]), sono allegati qui trascrizioni di documenti, la copia della Santa Visita del legato di Mons. Gervasoni del 1781, una trascrizione del passo del cap. XVIII della Chronologia di Fella sulla storia del culto di S. Maurizio; a c. 82 la chiesa di S. Legonziano, la cappella di S. Angelo presso la porta omonima (1554-1607), nella stessa pagina la chiesa di S. Andrea che stava nella borgata Fenaroli sotto S. Nicola (una nota solo sull’anno di istituzione 1316); a c. 82 v. la chiesa di S.ta Maria in Visu[14] (solo l’anno 1585), alla stessa pagina la chiesetta rurale di S. Sabino (notizia dell’anno 1614), la chiesa di S. Egidio (notizia del 1480); alla c. 83 la chiesa di S.ta Maria di Casale di Sette vicino Mozzagrogna (era sede parrocchiale dalla notizia del 1438), alla stessa pagina un’altra notizia sulla chiesa di S.ta Maria degli Angeli dell’anno 1617, e una continuazione della trattazione della chiesetta di S.ta Venere (cfr. la trattazione precedente a c. 66 v.).

A c. 83 l’Antinori inserisce notizie sui Luoghi Pii e ospedali: quello di S. Giovanni di Dio (S.ta Maria della Sanità) dal 1590 al 1616, con allegate notizie sulla chiesa di S.ta Maria della Conicella di Mascio Panetta (1600-1642); a c. 84 la chiesa di S. Donato a Villa Martelli (dall’anno 1742 all’anno 1791, evidente aggiunta posticcia), alla stessa carta note sulla chiesa di S. Nicola di Villa Andreoli all’anno 1760; alla c. 84 v. si parla della cappella della Concezione o S. Trifone all’anno 1568[15];  successivamente alla c. 85 la chiesa di S. Gaetano presso l’Arcivescovado dall’anno 1621 fino al 1680; una mano diversa dalla grafia del compilatore, forse del Romanelli, inserisce alcune notizie dell’anno 1734 sul Collegio degli Scolopi; alla c. 85 v. note sulla Istituzione della S.ta Casa del Ponte (pensiamo che questa sia la grafia di Romanelli, poiché, seguendo lo stile della trattazione delle chiese nelle Antichità storico-critiche relativamente al cap. sulla Madonna del Ponte), scrive diverse digressioni e supposizioni sulle origini dell’Istituzione, senza riportare in maniera asciutta e sintetica le notizie cronologiche, come faceva l’Antinori.

Alla c. 86 notizie sulla Congrega delle Suore Poverelle[16]; alla c. 87 note sulla nuova chiesa di Guastameroli, detto “il Casone” dei Filippini, con note prese dopo la morte dell’Antinori, dal 1785 al 1788.

  

10 - I compilatori del Manoscritto dopo l’Antinori

Nel fasc. V Aggiunte all’Antinori, vediamo appunti vari, presi da più mani, che non corrispondono con lo spirito di ricerca antinoriano, per la materia trattata, e il modo in cui sono stati allegati.

Alle cc. 1-4 vi è la copia del privilegio di Carlo V del 1536 dove si rinnova la concessione a Lanciano degli Statuti e dei Capitoli; segue l’elenco degli Imperatori che hanno “visitato” Lanciano da Federico II a Filippo III nel 1608; appunti vari su Trasmondo abate di S. Giovanni in Venere nel 1025, nel 1225 il beato Filippo da Lanciano[17] a S. Giovanni in Venere; trascrizione della lapide gotica del Collegio apostolico di Lanciano sotto la protezione di S. Pietro in Vaticano del 1250; note delle scorrerie del Conte Lando a Lanciano nel 1335, appunti da Simmaco Mazocchi; trascrizioni parziali della legge di Alfonso d’Aragona sulla regolamentazione dei tratturi del 1444, il diploma di Ferdinando I d’Aragona per i pesi e le misure di Lanciano del 1480, notizie del terremoto del 1456, il privilegio di Ladislao del 1392 con facoltà di battere moneta, una visita del legato del Vescovo di Chieti a Lanciano nel 1439; notizie sulla Congiura dei Baroni e gli imputati lancianesi.

Si tratta in sostanza di notizie varie estratte, in maniera confusa, in gran parte dalla Raccolta di memorie istoriche delle Tre Province degli Abruzzi edite dopo l’Antinori, in particolare i volumi II-IV, 1782-84, diciamo in gran parte, perché vi sono note particolari su fatti lancianesi non presenti in questa raccolta a stampa, di cui al momento non siamo riusciti a comprendere con precisione le fonti, se dall’Archivio della Cattedrale, o da altri archivio della Diocesi.

Ad es. alle cc. 4-10 abbiamo notizie sul tentativo di Lanciano di riprendere sotto il suo controllo Crecchio e Castelnuovo (1768), incamerate nel Regio Demanio, un frammento di un atto del Notaio Angelo Macciocchino del 1535, la trascrizione della targa della Sala grande del Consiglio dell’Universitas che era affissa nella chiesa dell’Annunziata (1535)[18]; documento sulla residenza del Giustiziere Regio d’Abruzzo Citra a Lanciano nel 1540; Lanciano che cede feudi di S. Giovanni in Venere a M. Giovanni Francesco de Monte; nel 1606 Giuseppe De Ninnis[19] fonditore, fonde la fusione della campana grande della chiesa della Madonna del Ponte, con allegata iscrizione, il quale fonde la campana di S. Giovanni Battista a Lanciano, che verrà rotta dai Francesi nel 1799.

Il Bocache, che forse è intervenuto in questo manoscritto antinoriano, insieme ad altri compilatori, al vol. VII, c. 78 riporta quasi lo stesso testo, e il Maranca, che ampiamente attinge all’Antinori, nel suo ms. Uomini illustri di Lanciano conservato a Pescara, alla biografia di Giuseppe De Ninnis, riporta l’iscrizione della campana grande della Cattedrale: “ Josephus de Ninnis Anxanensis hoc fecit AD. MDCVI” (1606), mentre per quella di S. Giovanni, riporta: “Josephus de Ninnis fecit AD. DCVIII” (1608). Abbiamo altre notizie dal fasc. V delle Aggiunte (cc. 9-10): nel 1545 Lanciano ospita il Viceré di Napoli Pedro Alvarez de Toledo, nel 1559 è sede del Giustiziere d’Abruzzo Citra, nel 1571 al 20 agosto il Notaio Giovan Domenico Mancini roga strumento per Antonio Liberatore con esenzioni di tasse per la Dogana delle pecore; nel 1570 il viceré duca d’Alcalà ordina la ripresa dei lavori per la Torre di S. Vito; nel 1564 presso il Castello di S. Vito, Notaio Luzio Del Romano roga strumento con Annibale Ambrogio di Lanciano per il possesso del feudo S. Apollinare; nel 1570 sono citati valorosi soldati abruzzesi e lancianesi alla battaglia di Lepanto, con citazioni dei versi della Gerusalemme liberata di Tasso (I, st. 93), che ricorda le Armi delle città di Lanciano, Chieti, Pescara alla I Crociata; nel 1575 Lanciano compra da Ascanio Filomarino 150 ducati annui sulla Bagliva; nel 1581 l’arcivescovo Mons. Bolognini istituisce la Congrega del Ssmo Sacramento nella Cattedrale; al 1617 nota su Mons. Rinaldi che pubblica l’Historia della famiglia Bucca[20]; al 20 luglio 1599 note sull’affitto delle Logge della Fiera; altri appunti di Romanelli dell’anno 1610 con descrizione della famiglia Antonini di Lucca in Lanciano, uomini illustri ecc.; la nota del nuovo Catasto del 1618; la significatoria (relevio) di d. Giuseppe Caramanico mastrogiurato per il pagamento di 5.000 ducati; riguardo la causa della vendita di Lanciano nel 1646, ci sono note sulle proteste del 1640, la lettura della causa del duca di Castro Pallavicini del 3 novembre 1646[21], con allegazioni riguardanti la famiglia Liberatore, e documenti che vanno fino al 1778; note sulla riforma del Catasto nel 1618; al 9 aprile 1729 provvisioni alla Regia Camera per gli introiti sul Porto di S. Vito; al 1730 copia della causa di Lanciano col Principe di Troja per il transito delle pecore; al 1750 una nuove causa contro Lanciano del 27 febbraio; al 1617 nota sulla consacrazione della chiesa di S. Pantaleone[22] da parte di Mons. Mongiò; un documento proveniente dal Libro Piano per la Riforma dei Titoli di Legislazione al Tributo di Napoli: vi si legge che Lanciano aveva dritto concesso dal Re di uccidere ogni feudatario che avesse voluto.

Scorrendo le successive carte, vi è un secondo blocco di notizie estratte da diverse fonti, principalmente dalle opere di Fella, Polidori, e l’Antinori delle Memorie istoriche dei Tre Abruzzi tt. II-IV, notizie che in sostanza abbiamo imparato a conoscere dalle opere di Romanelli, e che vedremo riproporsi diverse volte nei primi due volumi del Bocache. Controverso rimane, come vedremo più avanti in alcune note, un passo, su cui Bocache fonderà diverse sue convinzioni, in cui Federico II conferma dei suoi privilegi dei “suoi predecessori” normanni alla Città, affinché Lanciano fosse sì inclusa nella Contea di Chieti, ma che avesse un’amministrazione a sé, processo di inclusione nel Real Demanio completato con i successivi diplomi di Carlo II, avendo la sede del Giustiziere d’Abruzzo Citra (sulla serie dei Giustizieri d’Abruzzo Ultra e Citra dal 1324 fino al 1641, il compilatore attinge ampiamente dai Mss. antinoriani, che a suo tempo erano presso gli eredi, e che finiranno nell’archivio dei Dragonetti, e solo alla fine dell’800 consegnati alla Biblioteca Tommasi di Aquila; notizie dei quali sono rintracciabili nei tt. II-IV editi della Raccolta di memorie istoriche ecc.).

 

Terminiamo questo capitolo di rapporti tra l’Antinori e il Bocache, scrivendo qualche considerazione sulle lettere dell’Antinori al canonico Cinerini, che il Bocache pubblicò. L’Antinori scrive dal suo beneficio di S. Pietro a Capestrano tra il 1762 e il 1775, nella prima lettera del 23 lulio 1762 disquisisce sul miracolo della Madonna del Ponte e sulle indulgenze emanate da Innocenzo VIII, ricordando la bolla del 13 giugno 1489 dove si ricordano le grazie che la Madonna miracolosa impetrava ai fedeli, già prima del 1429, istituendo la festa. Non si sa se prima vi fosse venerazione, la chiesa della Madonna venne terminata nel 1442, ricordando questa iscrizione di Pietro Polidori che riporta nella diss. Anxanum, che l’Antinori giudica buona, anche se oggi non ci è giunta:

 

Crimine foedati porocul hicìnc procul este nocentes,

Huc propetate pii, vos audit Virgo Maria,

Auxilioque juvat praesens. Monumenta, tabellae

Quae Templum hoc implent testantur dona superna

Parta manu populis, simul et miracula gentis.

Undique concurrit qui Divae munera Dextrae

Postulat. Accipiunt aegri miserique et egentes

Quod cupiunt votoque suo tum quisque potitus

Divinam extollit opem laudesque rependit.

A.D. MCCCCXLII (1442)[23]

 

Il Ponte della Cattedrale fu restaurato diverse volte, mercé il testamento di Antonio di Buccio della Taranta del 1467, e fu allargato (parliamo del corridoio Auditorium) tra iol 1541 e il 1583. Nella seconda lettera del 6 agosto dello stesso anno Antinori risponde a Cinerini, il quale sosteneva che la data dell’istituzione della festa della Madonna dovesse riportarsi al 1429, trovando l’Antinori contrario, in ricordo di una iscrizione capovola murata nell’arcone meridionale del Ponte (il lato oggi non più visibile che guarda verso il Corso), all’altezza del presbiterio. L’Antinori sostiene che l’iscrizione non debba riferirsi alla ricostruzione della Cattedrale, ma che sia di un altro edificio, e che fosse servito da riempitivo[24] del foro del Ponte, che lo stesso Polidori vide, ma sbagliò la data, riferendo il 1099. Ecco il passo della sua diss. Anxanum, che trascriviamo:

Anno ad Virginis partu 1099, VII septembris die quorum  collapsus Anxani  Pons esset, novo opere restitutus est, ut constat ex inscriptione sequenti quae in basi eiusdem  Ponti hodieque legitur, barbaris eiusdem temporis exarata litteris:

A.A. IN  M. LXX

XXVIIII VIIS

Qui legendum consent immo Incarnationis 1089, VII Indict.plane errant. Nam neque postrema incriptionis litt. “I” est, sed “S”, neuque patefactus ab ipsis Christianae salutis annus in VII Indict. indicid, sed III[25].

Polidori dunque sostiene che crollato il Ponte nel 1089, fu rifatto dieci anni dopo, correggendo l’indizione VII in III.

L’Antinori cita anche l’iscrizione  del 1568 sulle travi del tetto a capriate, che oggi non ci è giunta. Troppi restauri si sono susseguiti nel cantiere della Basilica, facendo perdere diverse tracce del passato.

 



[1] Cfr.Vol. VIII Bocache c. 497, dove Bocache contesta un abbaglio all’Antinori sulle attestazioni dei nomi “Anxa – Anxia – Anxianum”, inserendo la testimonianza della detta lapide di Bennaciario dove si riporta il nome “Anxani”. Cfr. Ms. Antinori, Ist.di Lanciano, fasc. I, c. 28, dove una mano differente aggiunge il ritrovamento della lapide di Bennaciario per avvalorare la testimonianza dell’ager Anxianus citato da Frontino nel suo passo De limitibus negli Stratagemmi. La grafia tuttavia non sembra essere del Bocache, ma di un altro autore, forse il Romanelli?, del resto le affermazioni sul Frontino combaciano perfettamente con quanto da lui asserito in Antica topografia istorica del Regno di Napoli, vol. III, Napoli, 1819, pp. 55-56.

[2] Cfr. Vol. II, cap.: Famose Fiere di Lanciano e loro vicende, con la relativa nota di Renzetti del 1886.

[3] C. Ciccarelli, Storie locali ecc., L’Aquila 2014, p. 54, citando il Ms. Vol. VI, c. 180

[4] Cfr. G. Natale, Vita, opere ecc., 2010, pp. 109-112.

[5] Bocache nella sua Serie dei Vescovi e Arcivescovi, Vol. VI, riprende quasi integralmente la biografia di Mons. Maccafani dall’Antinori, nel fasc. II sui Vescovi e Arcivescovi dell’Istoria critica di Lanciano ms.; e lo fa anche per gli altri vescovi fino a Mons. Leto. Lo ha notato M. Basilici in Il vescovo Angelo Maccafani il giovane, edizioni LO, 2023, pp. 20-23, e poi pp. 46-57-66; mi fa piacere ricordare che anche io partecipai alla ricerca, ricevendo i ringraziamenti dall’Autore.

[6] Siccome la stampa di quest’opera nel 1790 riuscì con diversi errori nelle note, con date sballate, e con una numerazione ugualmente scorretta e inaffidabile (lo stottolinea anche F. Carabba in Lanciano – Un profilo storico, vol. I, 190-95, passim), citiamo per miglior chiarezza le pagine della ristama anastatica curata dalla Rivista Abruzzese nel 2008.

[7] G. Natale nella Vita, opere, ecc., ricostruisce la storia dei testimoni delle Antiquitates Frentanorum, pp. 71-119; presso la Biblioteca comunale di Lanciano si conservano 4 volumi fotocopiati dal testimone della Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, che risulta il testimone più completo del manoscritto, insieme al testimone “Giancritofaro”, le cui dissertazioni non presenti nell’esemplare napoletano, sono state trascritte e pubblicate nel suo lavoro.

[8] Cfr. Romanelli, Scoverte Patrie ecc., vol. I, ma anche il Maranca nell’Istoria Frentana ms., A. Magliano, Considerazioni storiche sulla città di Larino, vol. I, Giovanni e Nicola Colitti, 1895, p. 11.

[9] Si tenga sempre presente che per il manoscritto di Polidori, consideriamo l’esempalre di Napoli, cfr. Natale, op. cit., la scheda delle dissertazioni a p. 97.

[10] Di questo Negrino si possiede solo una breve poesia su Lanciano, tratta sempre dalla diss. Anxanum del Polidori, ricopiata dal Romanelli anche nelle Scoverte Patrie e dal Giustiniani alla voce “Lanciano”; di lui non si trova altro.

[11] Bocache sbaglia la data, scrivendo 1795.

[12] Anche il Bocache nei suoi Mss, specialmente al Vol. II, fa numerosi riferimenti all’archivio privato.

[13] Bocache nel vol. II, cap. Dello Stato politico di Lanciano dall’anno 571 dell’Era comune fino all’anno 1200, compie anche l’errore di “avvicinare” a Lanciano il conte Boemondo di Tarsia, che indica come Boemondo di Frisa, che fu signore di Manoppello.


[14] Anche Antonio Maranca nel ms. Uomini illustri, pensa che questa stirpe derivi da Marino da Caramanico. La casa della famiglia Caramanico si trova lungo via Garibaldi a Lanciano.

[15] Per la storia in riferimenti, vedi G. de Crecchio (a cura), Antonio Maranca – Stato attuale della Città di Lanciano metropoli de’ popoli Frentani, Fonti manoscritte / Documenti per la Storia di Lanciano 1, Lanciano, Nuova Gutemberg, 2021.

[16] Basti vedere la celebre opera di G. Nicolino, Historia della Città di Chieti, Napoli, 1657, per rimanere nell’area chietina.

[17] Né l’Antinori, né Polidori ne fanno menzione. Sorge una domanda, se queste iscrizioni furono rinvenute nei lavori di costruzione del 1785, come mai, per la loro importanza, non furono murate nell’edificio, e conservate in collezione privata? A ogni modo, osservandole, il ductus denuncia un tratto troppo “occhiellato” per quella del 1138 e con riccioli tipici del Settecento, mentre per quella del restauro del Maestro di Campli del 1203, il ductus è troppo schematico per appartenere a una gotica, e tende verso destra, come se il “lapicida” si fosse prima esercitato sulla carta, e poi avesse ricopiato il tutto sulla pietra. C’è anche da dire che il ductus è incerto, tremolante, nel denunciarne la falsità.

[18] Per fare dei confronti, nell’ambito abruzzese dell’area chietina, con iscrizioni di questi tempi, si vedano quelle dell’ambone di S.ta Maria Maggiore di Pianella, o con l’epigrafe del portale laterale del maestro Alessandro di S. Francesco di Paola di Chieti, o del bassorilievo di Materdomini nella chiesa omonima di Chieti.

[19] Le ultime  cc. 23-24, con gli aggiornamenti delle notizie dal 1785 fino al 1802, sono chiaramente di altra mano.

[20] I ruderi si vedevano sino a un decennio fa nel quartiere Zona 167 – S.ta Rita, in viale F. Masciangelo

[21] Vi solo il titolo del paragrafo, senza notizie.

[22] Tra queste date vi è, nella trattazione, una grossa lacuna temporale, altro segno che l’Antinori non ebbe modo di revisionare gli appunti.

[23] Vi è anche una nota dubbia del rinvenimento in situ della lapide del tempio di Giunone, presa dal Polidori.

[24] Naturalmente questa data recente è postuma alla redazione antinoriana.

[25] Forse Antinori intendeva S. Apollonia, che esisteva in contrada S. Iorio.

[26] Questa data recente, con notizie aggiunte, è stata inserita dai compilatori posteriori.

[27] S.ta Maria dei Mesi, e su ciò si confronti anche il Bocache alle relative voci dell’Appendice degli Indici.

[28] Questa aggiunta è spuria, perché l’Antinori è menzionato in terza persona dal compilatore, il quale discute sull’origine della titolatura “S. Trifone o Grifone”, forse per l’immagine della Madonna Immacolata che col piede schiaccia il serpente, che anticamente era visto anche come un dragone o grifone.

[29] Riprende la mano del compilatore solito dell’Antinori.

[30] Notizia presa da Polidori nella dissertazione De Templo, situ et promontorio S. Johannis in Venere

[31] Il testo di questo ms. corrisponde alla pietra, inserita nel Museo civico di Lanciano, e attualmente murata nell’atrio del Palazzo comunale della Città, che reca l’iscrizione: MAG(NIFICO) D(OMI)NO IO. BER(NARDIN)O RITIO M(ASTR)O IURATO EGREGIO VIRO NOTARIO ANTONIO FRANC(ISCO) HVMILE DE CIVITELLA SINDICO PROBIS VIRIS BARNABEO NARDI MAXI(M)O BARTOLOMVTII IOANNE FORCELLVTI MARCO BATTAGLINI PROCVRATORI(BVS) OFFICIIS FVNGENTIB(V)S OPVS COMPLETAV(ERUN)T EXTITIT MDXXII.

[32] Cfr. Bocache vol. VII, c. 78; ma anche il Marciani ne parla negli Appunti di fonditori di campane, in Scritti, vol. II, Lanciano 1998.

[33] C’è la nota di Romanelli, di suo pugno, in calce, che indica: “fu letta da me nel 1786”.

[34] Più avanti c’è anche il riassunto della copia della procura del Governatore Michele Pignatelli per la vendita di Lanciano del 1648.

[35] Quella del quartiere Civitanova lungo via G. Finamore.

[36] Questa iscrizione fu scolpita nuovamente nel Novecento su una pietra, che oggi è murata, insieme ad altre iscrizioni (la più antica attesta la riparazione della cupola vecchia a cura dei Procuratori Barone Paolo Vergilj, sindaco Nicola Murri, Camillo Finamore,  Can. Gennaro de Bernardinis nell’anno 1847, con lavori eseguiti da Raffaele Amodio di Napoli), sul muro meridionale della Cattedrale, presso il camminamento sospeso accessibile dal Cappellone del Sacramento.

[37] Nel centro storico di Lanciano ci sono diverse iscrizioni, in chiese e in palazzi privati, usate come reimpiego. Tra quelle più belle, l’iscrizione della cappella di S. Angelo dei Lombardi di patronato Valsecca nel Santuario del Miracolo eucaristico, del XVI sec., che fu distrutta nei restauri dei secoli successivi, i di cui frammenti, anche capovolto, sono stati rimontati disordinatamente sulla parte superiore della facciata, tra cui frammenti di parole che sono una dedicata alla Madonna, dunque non iscrizioni romane, come altri hanno sostenuto.

[38] Sulla base di questa lettura, considerata aerrata dall’Antinori che vide l’iscrizione, tutti gli scrittori da Romanelli al Bocache, al Renzetti, hanno preso per oro colato quanto scrisse Polidori, riportando l’anno di restauro del Ponte nel 1099.


Nessun commento:

Posta un commento