Ritratto di A.L.Antinori |
Anton Ludovico Antinori e un suo manoscritto inedito sulla Storia di Lanciano
di Angelo Iocco
Questo articolo è estratto da un capitolo del volume Omaggio a Uomobono Bocache nel bicentenario
della morte (1824-2024), Lanciano 2024, a cura dello scrivente. Uomobono
Bocache (1745-1824) lancianese, scrisse come sappiamo, i suoi manoscritti del
Saggio istorico critico della Città di Lanciano, oggi conservato in 14 volumi
nella Biblioteca comunale di Lanciano. quali furono le sue fonti? Nei suoi
Manoscritti egli fa riferimento a diversi storiografi abruzzesi e lancianesi,
come Giacomo Fella, Pietro Polidori o Domenico Romanelli. Ma lo storiografo
maggiormente preferito e sempre lodato dal Bocache è assolutamente Anton
Ludovico Antinori (1704-1778), che fu arcivescovo di Lanciano dal 1745 al 1754,
per andare successivamente a Matera. L’Antinori, appassionato e infaticabile
ricercatore di memorie storiche abruzzesi, fedele seguace del nuovo metodo
muratoriano, la ricerca capillare delle fonti ovverosia, inedite ed edite, lo
spoglio degli archivi ecclesiastici, civili e privati, sappiamo che desiderava
stendere una Storia critica di Lanciano “città doppiamente a lui cara”, come
scriveva in una lettera all’amico canonico Silvestro Cinerini. Purtroppo questi
suoi appunti rimasero abbozzati, manoscritti, e per varie vicende di passaggi
familiari, giunsero presso gli eredi Maranca di Lanciano; il giurista Antonio
Maranca (1773-1858) ad esempio ampiamente attinse agli appunti di Antinori, ed
acconsentì all’abate Domenico Romanelli da Fossacesia (1756-1819) di servirsene
per le sue ricerche. Purtroppo Romanelli, con il suo carattere arrivista e
anche “confusionario”, si lasciò suggestionare dalle ricerche delle Antiquitates Frentanorum redatte qualche
decennio prima della sua nascita dall’abate Pietro Polidori da Fossacesia
(1687-1748), le quali molte invenzioni e sciocchezze gettavano sulle antichità
italiche e romane dei Frentani, e delle città della Frentania, che gravitavano
da Aterno-Pescara fino a Larino, per non parlare delle varie lapidi false o
male interpretate di Anxanum-Lanciano, Ortona, Histonium e altre.
Desideriamo qui trattare di un manoscritto antinoriano ancora inedito,
citato diverse volte nei vari studi e ricerche sull’Antinori, ad esempio nel I
volume dell’Antinoriana, L’Aquila,
1978, ma non abbastanza analizzato criticamente. Vale a dire il volume dell’Istoria critica ovvero Memorie ragionate
della Città di Lanciano di Antonio Antinori, ad uso della famiglia
Liberatore, 1788, conservato presso la Biblioteca nazionale di Napoli. Già la
data postuma lascia molto a desiderare sulla genuinità di questi appunti
ricopiati posticciamente su quanto aveva raccolto il dotto prelato su Lanciano!
Ma torniamo per un momento al Romanelli. Egli attinse ampiamente al I fascicolo
di queste memorie antinoriane per pubblicare nel 1790 le sue Antichità storico critiche sacre e profane
esaminate nella regione dei Frentani, aggiungendo, come chiosa nelle note,
varie sue osservazioni, in gran parte però “tradotte” dal latino di alcune
dissertazioni del già citato Polidori, rendendo dunque una meschina
manipolazione alle congetture del manoscritto antinoriano, su di cui purtroppo
gravitando dubbi di genuinità in diversi passaggi; per non parlare delle vere e
proprie aggiunte postume per descrivere alcuni fatti avvenuti nell’ultimo
decennio del ‘700, come ad esempio annotare la morte del Padre cappuccino
Bernardo Maria Valera, poeta e amico dell’Antinori, oppure segnalazioni di
“scovrimenti” di pavimenti a mosaico o di lapidi qui e lì per Lanciano ad opera
del Bocache o del Romanelli, con tanto di data di rinvenimento! Ciò purtroppo
la dice lunga sul senso di valorizzare delle ricerche inedite in Lanciano,
anche se questa pratica era abbastanza comune fra gli eruditi delle varie città
d’Italia, cioè aggiungere qualcosa di proprio a ricerche manoscritte già
compilate; pratica del resto disdicevole e abbastanza criticabile secondo gli
occhi della moderna critica filologica.
Anche il Maranca, come detto, per le sue ricerche, attinse ampiamente a
questo manoscritto antinoriano, che puntualmente cita nella sua Istoria diplomatica di Lanciano, o nell’Istoria Frentana, o ancora nella Biografia di uomini illustri di Lanciano,
tutti manoscritti ancora inediti conservati nella Biblioteca comunale di
Lanciano, eccettuato l’ultimo citato, nella Biblioteca Provinciale di Pescara. Sarebbe da fare un’analisi critica
anche sul modo in cui Maranca citava il suo avo Antinori, poiché spesso e
volentieri citava passi non antinoriani, ma frutto delle interpolazioni di
Romanelli & Co., o ancora confondeva gli appunti antinoriani con altri
appunti dello stesso fascicolo redatti però dal giurista Pasquale Maria
Liberatore, anche lui lancianese e collega di Maranca nelle ricerche di storia,
il quale sulla scorta di tali notizie, redasse un fascicolo di Elenco di
famiglie nobili lancianesi, ripartite attraverso i 4 Quartieri di Lanciano, e
allegato a questo fascicolo conservato a Napoli. Nonostante ciò, nelle note del
Maranca si fa riferimento anche a manoscritti di storia lancianese redatti dal
Liberatore. Quali sono? Le chiose aggiunte all’Antinori nel 5° to fascicolo del
manoscritto? La ricerca è ancora aperta. Una fotocopia di questo manoscritto è
conservata oggi nella Biblioteca diocesana della Curia di Lanciano.
Possiamo affermare con certezza che Bocache ebbe tra le mani gli appunti
dell’Antinori dell’Istoria critica di
Lanciano in 6 fascicoli, dei quali il fasc. I inerente proprio la storia
antica di Lanciano fino al XVVIII secolo, fu ricopiato integralmente dal
Bocache nelle cc. 492-634 del suo vol. VIII. I due testi collimano, eccettuati
alcuni passaggi, dove ogni tanto, leggendo il Ms. antinoriano, si notano a
margine, dei colophon aggiunti dal Bocache, riguardanti sue scoperte
archeologiche, come la lapide di Bennaciario-C. Attio Crescente[1].
Come detto, c’è corrispondenza nelle pagine dell’Antinori e della copia del
Bocache, comprese le note e i colophon, eccettuato qualche capoverso, in cui il
Bocache per aiutarsi nella trattazione, inserisce dei richiami come “sito di
Lanciano” (c. 499), “Lanciano riedificata” (c. 501), ecc., a c. 503 si riporta
la controversia su Simone dei Conti Borrello, e il frate Simon di Langham, riprendendo
un passo polidoriano; la trattazione dunque dalle origini di Anxanum e dei
Frentani, passa all’epoca normanna, sveva, angioina, alle controversie tra
Lanciano e Ortona, alla floridezza economica delle Fiere, ai privilegi; alla c.
611 si parla, in occasione di una controversia dell’anno 1601, della cerimonia
dell’omaggio dei vassalli del Re al sindaco di Lanciano, baciandogli il
ginocchio[2],
in cambio della consegna di una bandiera della Città, cosa che spettava invece
al Sovrano stesso o al Viceré. La trascrizione dell’Antinori si conclude con le
pagine relative alla metà del Settecento, dove l’Antinori tratta della vita di
Pietro Polidori, dei suoi meriti e delle sue dissertazioni frentane (cc.
630-34).
Come già accennato nel IV vol. dell’Antinoriana,
1978, e segnalato anche da Giovanni Pansa nel Supplemento alla Bibliografia storico-topografica degli Abruzzi,
ediz. postuma a cura di A. Chiappini, 1964, l’Antinori nel periodo di
pastoralato lancianese del 1945-54, si adoperò per ricercare le memorie
storiche della Città, della Curia e delle chiese, Luoghi Pii, Castelli e Ville.
E ci lavorò, come per il resto del corpus manoscritto delle sue opere Annali – Corografia storica degli Abruzzi,
per tutta la vita. In contemporanea, per agevolare il lavoro, trascriveva e
faceva trascrivere ai suoi segretari le notizie inerenti gli archivi
ecclesiastici principali della Città, che composero il cosiddetto Libro di memorie di A.L. Antinori, poi
edito nel 1995.
Il Bocache nutrì sempre ammirazione per il prelato aquilano, così come
per il Polidori, chiamandolo, quando lo cita nelle carte, spesso con gli
appellativi “eruditissimo – accuratissimo – dottissimo”, ecc., ed ebbe sempre
in alta considerazione i suoi manoscritti, che tuttavia non vennero pubblicati
a causa della morte dell’aquilano, che non era riuscito a dargli la stesura
definitiva, come ricorda anche la Ciccarelli[3].
Ci pensò qualcun altro a “completare”, o forse anche più di uno a “interpolare”
le carte antinoriane, conservate nella Biblioteca Nazionale di Napoli, coll.
XV.D.33[4],
citate anche dal Pansa come detto. Esse negli anni ’90 sono state concesse in
fotocopia alla Biblioteca diocesana “Michele Scioli” di Lanciano, e per la loro
consultazione mi sento in dovere di ringraziare il dott. Anselmo Martino.
Esse si divono in 5 fascicoli, e comprendono nel primo la Istoria critica o sia Memorie ragionate
della Città di Lanciano raccolte da Mons. D. Antonio Antinori arcivescovo di
Lanciano, et ad uso della famiglia Liberatori, 1788 – Parte prima; Origine e serie dei Vescovi ed Arcivescovi
della Chiesa Ansanese – Raccolta da Mons. Antonio Antinori arcivescovo di
Lanciano – Seconda parte; Memorie delle Chiese, Religioni, e Luoghi pii nella
Città e Diocesi di Lanciano – Parte Terza; Raccolta di notizie da Pietro
Pollidori – Parte quarta; Aggiunta alle Memorie ragionate di Mons. Antinori –
Parte quinta; più, nell’esemplare-copia visionato a Lanciano, un sesto
fascicoletto aggiunto di notizie sparse di chiese, clero, trascrizioni, e disegni
di iscrizioni antiche lancianesi.
Il Prof. Natale ha studiato la parte inerente le trascrizioni parziali
fatte fare dall’Antinori alle dissertazioni polidoriane (non tutte, ma solo
quelli inerenti le cose lancianesi), da cui ha tratto appunti per il volume
finale dei suoi Annali manoscritti, e
per la parte conclusiva del I fasc. dell’Istoria
critica, dove appunto descrive la vita e le opere di Pietro Polidori, morto
nel 1748. La mano dell’Antinori, che ha scritto di suo pugno, la vediamo
solamente nel II fasc. della serie dei Vescovi, che va da Mons. Maccafani[5]
nel 1515 a Mons. Gervasoni. La mano dell’Antinori però, nel ms., si alterna al
calamo del compilatore degli altri fascicoli, che prosegue la cronotassi fino a
Mons. De Vivo al 1792. Sia questo che gli altri fascicoli dell’Istoria critica sono stati compilati da
più mani, oltre all’Antinori rileviamo la mano del compilatore principale (il
segretario dell’Antinori? O un segretario del Romanelli o di chi ebbe tra le
mani il manoscritto?) nemmeno i titoli di ciascun fascicolo sono dell’Antinori,
ma aggiunte postume; l’Antinori, come riporta in una delle sue lettere a d.
Silvestro Cinerini, stava cercando di “stendere le memorie ragionate” di
Lanciano.
Il manoscritto rimase forse a Lanciano, come ricostruito nel I vol.
dell’Antinoriana, nella Casa di
Pompilio Maranca, che sposò d.nna Egidia Caterina Antinori; da loro nacque il
giurista, poeta e drammaturco Antonio Maranca (1773-1858), che si servì assai
dei manoscritti antinoriani nelle sue ricerche, come si vedrà. Pensiamo che il
materiale fosse già diviso, forse dopo la morte dell’Antinori, poiché il
Maranca cita “Istoria critica di Lanciano – Istoria dei vescovi” a seconda del
tema trattato. Spesso, nel ms. Uomini
illustri di Lanciano nell Biblioteca d’Annunzio di Pescara, il Maranca cita
un Elenco delle famiglie nobili lancianesi, presso Liberatore. È un elenco
sommario, una sorta di Stato civile, delle famiglie nobili e benestanti
residenti nei quattro Quartieri di Lanciano, risalente al 1665, desunto in
parte dal Catasto del 1618, che è posto in appendice al V fasc. dell’Istoria
critica, le famose “Aggiunte” all’Antinori, con documenti vari. Nella vita di
Pasqual Maria Liberatore, nel manoscritto citato di Pescara, il Maranca ricorda
come il giureconsulto amasse la storia patrai, e che scrisse diverse ricerche
in merito. E di fatti ne abbiano esempio anche nei Pensieri civili ed economici, dove il Liberatore ricorda con
passione le glorie antiche della Città, il commercio, i privilegi per cui tanto
si batté (sempre citando la vita scritta dal Maranca), vincendo una prima causa
con real dispaccio del 28 agosto 1773, e recuperando, dice Maranca, a Napoli 17
privilegi originali (dal Bocache, ma anche da Fella e Polidori, vediamo che
molti erano ai loro tempi in copia presso le varie famiglie lancianesi, come i
de Flore), pagati 30 ducati dal mastrogiurato Michele de Cecco, conservati, ai
tempi del Maranca, presso d. Vincenzo, d. Domenico e d. Saverio de Cecco. Con
essi, come dice Maranca, la Città: “gli va’ debitrice di una Raccolta immensa
di memorie istoriche, le più erudite che mai, che richiamino ed illustrino i
fatti più rilevanti che riguardino la politica esistenza di questa Metropoli
dei Popoli Frentani”. Allude alla raccolta antinoriana, o al fascicolo delle
“Aggiunte”?
Il Liberatore sposò a Lanciano la sorella di d. Uomobono: Caterina
Bocache, da cui ebbe il celebre d. Raffaele Liberatore; una lapide oggi ricorda
lei e il dotto giurista nel cortile del palazzo di via Feramosca di Lanciano.
Tornando alla nostra Istoria
critica di Lanciano, fasc. I, esso funge da connettivo tra le figure di
Domenico Romanelli di Fossacesia (1756-1819) e Uomobono Bocache, escludendo per
il momento il Maranca. Il Bocache nel vol. XI dei suoi Mss. (cc. 150-51), come
riporteremo più avanti, in una lettera a Melchiorre Delfico fa’ menzione del
lavoro inedito dell’Antinori, conservato presso la famiglia Maranca, che il
Romanelli ebbe modo di consultare le carte (ma lo farà anche il Bocache), ed
ebbe autorizzazione a pubblicarle nel 1790. Romanelli ancor prima ebbe modo di
consultare le carte all’Aquila presso il fratello dell’estinto, Gennaro
Antinori, che fece pubblicare in 4 tomi a Napoli tra il 1781-84, la Raccolta di memorie istoriche dei Tre
Abruzzi, con suddivisioni in libri e capitoli (esse, per mancata revisione,
sono assenti nei Mss. antinoriani), e anche aggiunte arbitrarie del curatore.
Il Romanelli, come dichiarato nella prefazione alle Antichità storico-critiche sacre e profane dei Frentani, fa una
disamina storica degli scrittori che si sono occupati di cose patrei, a aprtire
da Mons. Rinaldi, per finire con Mons. Antinori; Romanelli dichiara in quanto
editore, di fare cosa giusta per la memoria del Prelato, pubblicare le sue memorie,
facendo correzioni, aggiunte e integrazioni alle note abbozzate, inserendo
delle cittadine frentane non menzionate dall’Antinori, aggiunte di iscrizioni
antiche, e di dividere il progetto, come fatto per la Raccolta di memorie ecc., in libri, capitoli, seguendo tuttavia
l’andamento cronologico progressivo dei fatti. In più annuncia il progetto di
raggruppare queste memorie antinoriane in 4 tomi: il primo sui Frentani con la
storia di Lanciano e le Ville, il secondo sulla storia di Ortona e terre vicine,
il terzo su Vasto e terre vicine, e l’ultimo sulla storia dei monasteri più
importanti della zona (sicuramente S. Giovanni in Venere, S. Stefano in
Rivomare, S. Barbato di Pollutri, S.ta Maria di Tremiti e altri), coi Feudi e
Castelli dell’area frentana. Romanelli non seguirà mai questo progetto, anzi
nelle pubblicazioni successive inerenti l’area frentana come le Scoverte Patrie di antiche Città distrutte
nella Regione Frentana, Napoli, 2 voll. 1805-1809, e nel terzo volume dell’Antica topografia istorica del Regno di
Napoli, 1819, il Romanelli non fa altro che citare quanto già inserito,
come stiamo per vedere, nelle Antichità storico-critiche, specialmente per
quanto riguarda la parte introduttiva dell’etimologia del nome, della
geografia, della storia e delle iscrizioni dell’area dei Frentani, con debite
aggiunte. Cosa più singolare, come denuncia Michele Scioli, e prima di lui il
Bocache, è che il Romanelli interpolò le carte antinoriane a suo piacere,
facendo scrivere all’Antinori cose che mai avrebbe formulato, soprattuto per le
iscrizioni romane.
Il Romanelli, nel redigere queste Antichità,
ebbe tra le mani le dette carte antinoriane inerenti Lanciano, probabilmente
nel manoscritto aggiunse delle sue notizie; ma anche il Bocache fece in modo
che in calce fossero aggiunte qua e là notizie estranee, come la notizia del
rinvenimento del pavimento in mosaico nell’area della chiesa di S. Maurizio il
4 ottobre 1797, oppure una menzione all’Antiquadro
del Bocache contro Romanelli. L’opera edita delle Antichità si divide in tre parti, la prima sui Frentani, la seconda
per titolo “Lanciano”, la terza riguarda le chiese, conventi, luoghi pii di
Lanciano.
Le poche notizie raccolte sulla sua vita vengono tratte
perlopiù dall'opera della Biblioteca storico-topografica
degli Abruzzi di Camillo Minieri
Riccio.
Domenico Romanelli vestì giovanissimo l'abito ecclesiastico, studiò nell'Abbazia di San
Giovanni in Venere e, ordinato che fu sacerdote, entrò nel seminario diocesano di Chieti come insegnante
di retorica; a Chieti stampò un piccolo trattato sull'origine e sul governo
romano di Teate. Trasferendosi a Napoli ed essendo molto dotato ed apprezzato nello studio
delle antichità, specialmente quelle del territorio abruzzese (Antichità
storico-critiche della Regione Frentana, Quadro istorico della
città di Lanciano e Scoverte patrie di città antiche distrutte
della Regione dei Frentani), finì presto per esser nominato Prefetto della Biblioteca della Croce e
in seguito Prefetto della
Biblioteca dei Ministeri. Sempre a Napoli divenne socio dell'Accademia Pontaniana e del Reale Istituto
d'Incoraggiamento di Napoli; compì scavi a Pompei e Paestum, riportati nel saggio Viaggio a Pompei.
Scrisse inoltre numerosi articoli su vari giornali del tempo e soprattutto
sul Giornale Enciclopedico di Napoli. Nel 1819 pubblicò la sua ultima
opera in più volumi, Antica topografia istorica del Regno di Napoli,
nel quale ripercorre una corografia storica romana delle città e province del
Regno di Napoli, confutando le fonti antiche e moderne.
Avendo citato il Quadro
istorico di Lanciano, esso fu compilato e pubblicato nel 1794, il Bocache
nel I Vol., nell’Avviso al Lettore, si lamenta che il Romanelli l’ha scritto in
maniera frettolosa e scorretta, il suo risentimento accrebbe di più quando esso
fu pubblicato da Lorenzo Giustiniani nel suo Dizionario del Regno di Napoli alla voce “Lanciano”, perché il
breve scritto, patrocinato dal Conte Giuseppe Tiberj di Vasto, ebbe successo:
il Romanelli, già pubblicando le inedite dissertazioni di Polidori sui
Frentani, insieme ai manoscritti di Antinori nel 1790, dopo averli studiati già
qualche anno prima, rubò l’esclusiva al Bocache, anche lui socio corrispondente
dell’Accademia Reale di Belle Arti di Napoli, tanto da farli produrre diverse
lettere di protesta, cercando di sminuire il successo del Romanelli,
appellandolo “Giovine scrittore ardito e inesperto”, e a volte sminuendolo
anche per la cattiva lettura delle iscrizioni. Non sappiamo con certezza cosa
avvenne tra il 1785 e il 1790 tra il Bocache e il Romanelli, ambedue studiosi e
appassionati della stessa materia e degli scritti dell’Antinori; al lancianese
non piacque che il Romanelli pubblicò delle porzioni mal-assemblate degli Annali antinoriani nella detta Raccolta di memorie. Nell’aprile 1785,
come Romanelli riporta nel capitolo della storia della Cattedrale nelle
Antichità, pp. 344-47[1],
iniziarono i lavori della nuova fabbrica della Cattedrale di Lanciano, ai tempi
della cesura tra Mons. Gervasoni e Mons. De Vivo, nello sfasciare l’edificio, e
delle porzioni del Ponte sopra cui sta la chiesa, avvenne qualcosa. Il Bocache
scrisse a Benedetto M. Betti di Vasto, Romanelli fece le sue ricerche. Non
sappiamo che fine fece questa iscrizione, se fu fatta sparire o se andò
dispersa dal Museo De Giorgio.
Si iniziò a parlare di una lapide realizzata dall’epoca
dell’imperatore Diocleziano, e Romanelli ne darò notizia per la prima volta nel
1790, e poi nelle altre sue opere. Il Bocache decise di prendere carta e
calamaio e di esternare le sue proteste dopo la pubblicazione del Quadro istorico, cosa ancora più grave
per lui, come riporta nell’ultima carta del Vol. XI, che tale notizie non
corrette, che tra l’altro sono un riassunto incompleto, che arriva al XV
secolo, di quanto già pubblicato nelle Antichità
strorico-critiche.
Il Romanelli continuerà con questo suo modus operandi
anche quando pubblicò i due volumi delle citate Scoverte Patrie o Frentane nel 1805-09. Nell’introduzione amplia il
suo discorso di illustrare le antichità dei Frentani, per supplire al vuoto che
esiste fra le pubblicazioni di stampo nazionale sui popoli antichi d’Italia, e
svela il piano della sua opera, già notevolmente cambiato da quello annunciato
nella prefazione alle Antichità,
dividendo il lavoro in analisi storica delle vicende dei Frentani, e l’analisi
delle singole città, a partire dalle più importanti come Anxanum, Histonium ,
Ortona, Buca, Larinum, e arrivando a tracciarne il profilo storico anche al
livello ecclesiastico, rifacendosi ad “antichi documenti”, e all’opera di
Ferdinando Ughelli. Gli antichi documenti cui spesso si richiama il Romanelli,
sono i manoscritti delle Antiquitates
del Polidori, di cui praticamente le Scoverte
sono un centone in italiano, con le opportune citazioni, anche se in maniera
generica, per il disordine delle copie e degli originali di cui si servì lo
stesso abate fossacesiano[2],
che già aveva saccheggiato disordinatamente questo manoscritto per la prima
parte delle sue Antichità.
Abbiamo riferito che quest’opera del 1790 si divide in
tre parti, la prima inerente la storia antica dei Frentani con alcune
iscrizioni prese dal Polidori, poi il capitolo “Lanciano”, con trascritta (e
interpolata) buona parte del I fasc. dell’Istoria
critica di Lanciano dell’Antinori, e infine l’ultima parte delle Chiese e
monasteri, in minima parte pescata dal III fasc. antinoriano. La prima parte
mischia notizie desunte dalle dissertazioni polidoriane, agli appunti
dell’Antinori già editi nel I vol. della Raccolta
di memorie istoriche degli Abruzzi, 1781, dunque è una creazione del
Romanelli rispetto alla stesura originaria del manoscritto antinoriano; basti
pensare, leggendolo, che questa Raccolta è citata dal Romanelli a pag. 15
(nella ristampa del 2008), nota (b); un’altra citazione telegrafica da Polidori
(diss. “Paglieto sive Palearium”) è presa a pag. 23 dove il territorio tra
Paglieta e Fossacesia era detto anticamente “Cese dei Pelasgi”[3],
fatto senza fonte, e come fonte addirittura si rifà a una contrada Cese
menzionata del Catasto di Fossacesia, mischiando fatti documentati e
invenzioni, proprio come è stato rilevato nele dissertazioni del Polidori da
diversi studiosi.
Il Romanelli, segnalando come “giunta dell’Editore”,
aggiunge i capp. 5-10 nella prima parte delle Antichità da pag. 26 in poi, il cap. 5 verrà ripreso anche nelle Scoverte, I, pp. 28-36, e che è un riassunto
della dissertazione polidoriana De civili
dispositione Frentanorum delle Antiquitates,
I, cc. 73-82[4];
nella nota (a) di p. 26 delle Antichità,
Romanelli fa di più (e ciò rende questo testo ancora più interpolato dal
curatore), aggiungendo altre sue osservazioni aggiornate sulla materia,
rispetto al Polidori, ad esempio ricordando il rapporto di buon vicinato tra
Lancianesi e Sulmonesi, come già fece fella nella sua Chronologia al cap. XX, ricordando l’iscrizione di Pelina “benefica”
di Anxanum, per accomunare la divinità dei Peligni con quella dei Frentani, e
dunque la comune origine delle due Città, ricordata, come detto, anche dal
Muratori nel Novus thesaurus, vol. I,
pag. 99.
Il cap. 6 delle Antichità, pag. 38, è ripreso dalla
dissertazione polidoriana De Gothis et
Longobardis Frentanorum, non presente nel testimone della Società
Napoletana di Storia Patria, ma nel testimone Giancristofaro, pubblicato dal
Prof. Natale nella sua opera su Polidori, pp. 256-95; testimonianza che il
Romanelli ebbe tra le mani, insieme all’Antinori, più varianti del manoscritto
considerato come il più completo, già citato. Ancora, Romanelli al cap. 7 delle
Antichità,, pag. 43, riassume la
dissertazione De artibus mechanicis
Frentanorum, presente pure nel I vol. delle Scoverte patrie, ricorda le ubertose campagne lancianesi, dalle
poesie di Teodoro Negrino vissuto nel XVI secolo[5].
Anche al cap. 8, Romanelli attinge al Polidori, ricordando alcune iscrizioni
che hanno a che fare con i mestieri dei Frentani, come la Lucilla fabbricatrice
di unguenti, cui spesso fa riferimento anche il Bocache, oppure i marchi dei
mastri figulini; il cap. 9 è preso dal De
literis et artibus liberalibus in Frentanis in Antiquitates II, cc. 29-45, citando, come farà il Bocache che
prese ugualmente dal Polidori,
l’iscrizione osca di S.ta Giusta, l’iscrizione del tempio di Marte (Mavorti),
l’iscrizione di Venere conciliatrice a S. Giovanni in Venere; il cap. 10 è
preso dalla dissertazione De regione et
finibus Frentanorum, Antiquitates I, cc. 162-170, ripresa anche nel cap. I
di Scoverte Frentane, I, dove si ricordano le iscrizioni affini ai Frentani,
come quella di Claudio o di Nerva Traiano, o M. Blavio, citate da Lucio
Camarra, Pietro Antonio Corsignani e Giuseppe De Benedictis del Vasto nelle
loro opere.
Il Romanelli nelle Scoverte, estende il discorso
storico dei Frentani fino all’arrivo degli Angiò a Napoli, ricordando la
presenza dei Normanni e degli Svevi, affidandosi alle Cronache di Muratori,
Ughelli, Cassino, Casauria e Carpineto, nelle citazioni desunte passo dopo passo
dalle dissertazioni di Polidori.
Mentre Antinori riporta, a ogni capo-frase, dove lo richiese, l’annata,
spesso Romanelli riassume, o cambia inizio del periodo, pur mantenendo il
contenuto, laddove abbiamo indicato, e spesso inserisce “l’anno seguente –
l’anno terminato – l’anno successivo”, ecc., rispetto alla precisione più
meticolosa dell’aquilano.
Partendo dall’edizione a stampa del Romanelli, abbiamo effettuato il
nostro confronto con il Ms. originale antinoriano, da cui l’abate Romanelli ha
estratto ampie parti, il più delle volte rispettando il contenuto, anche delle
note del Manoscritto; ma altre volte tagliando, omettendo, riassumendo,
spostando e interpolando l’ordine degli eventi per rendere, a suo parere, più
fruibile il discorso, operando in sostanza come ha denunciato Michele Scioli,
insieme ad altri, un plagio, una manomissione del contenuto dell’Antinori.
Ma leggendo il Manoscritto, vediamo che comunque sono presenti altre
manomissioni manoscritte, e aggiunte di fatti postumi all’Antinori, nonché note
in calce di fatti non verificabili, e a volte palesemente falsi.
Come illustro il confronto tra il Manoscritto antinoriano e l’edizione
di Domenico Romanelli Antichità storico critiche sacre e profane esaminate
nella Regio
Alle pp. 70-103 dell’edizione anastatica 2008 dell’opera di Romanelli,
sono riportate le lapidi antiche di Anxanum, che però sono assenti nel
Manoscritto antinoriano. Infratti il Romanelli ha parafrasato e riassunto la
dissertazione “Anxanum” presente nel II vol. manoscritto delle Antiquitates
Frentanorum di Pietro Polidori.
Alla fine del 1° fascicolo sulla Storia di Lanciano, ci sono aggiunte
riconoscibili di Romanelli, che proseguono con i fatti delle annate 1778-1779
fino all’anno 1792, con un elenco sommario in calce dei Castelli posseduti da
Lanciano, e numero delle anime delle maggiori parrocchie. L’elenco dei Feudi
antichi di Lanciano, dal manoscritto è ripreso da Romanelli e inserito in
appendice al libro “Lanciano” nell’edizione a stampa del 1790, prima del libro
riferito alle Chiese e monasteri.
Si inizia con una dissertazione, confrontando le fonti classiche greche
e latine, e i geografi moderni, sulle origini, sito e nome di Anxanum; queste
cc. 1-14 corrispondono con la pag. 62 dell’edizione Romanelli (si tenga sempre
presente la rist. anast. 2008), dove è indicato il sottotitolo: “Lanciano intus Anxani cognomine Frentani”,
prendendo la citazione di Plinio il Vecchio nel lib. III Naturalis Historiae; c’è corrispondenza tra cc. 13-14 con pp. 74-75
del Ms. Inutile dire che anche qui Romanelli ogni tanto ha effettuato delle sue
aggiunte personali, la più grande è proprio all’inizio, quando inizia con la
frase: “Noi, scrivendo la Storia di
questa Città, celebre non ci appoggeremo, se non a memorie le più certe”,
dove inserisce nuovamente le maggiori iscrizioni di Anxanum, mentre la lunga
nota (a) di pag. 63 corrisponde agli appunti antonoriani. Le iscrizioni
riguardano quella di Pelina per dimostrare ancora una volta la vicinanza ai
Sulmonesi, a seguire nel trattare la storia romana di Anxanum, il Romanelli
ricorda le colonie dell’Agro Anxiano dagli Stratagemmi
di Sesto Frontino (il Bocache su questo discorso di Anxanum municipio o colonia
romana fece ampie e macchinose trattazioni nel Vol. II), cita l’Itinerario di
Antonino, la Tabula Peutingeriana, le iscrizioni di Bennaciario, quella di
Ninnio citata da Camarra, altre due di Cluvia, quella del Macellum di Anxano di
Saturnino, del portico della Piazza rifatto da Q. Aurelio Mitrano, dal
Corsignani l’iscrizione di Cerfennia, quella della Nutrice, quella dei Decurioni
di Avionio Iustiniano, quella del Portico delle Fiere, le 4 lapidi sepolcrali
riferite da Polidori, quella del tempio di Giunone, del santuario di Igia
presso Amnum, e infine il carme di Teodoro Negrino. È tutto saccheggiato dalla
dissertazione Anxanum del Polidori.
Alla c. 13 (r./v.) del Ms. c’è una nota di Antinori su Giacomo Fella e
il suo manoscritto, assente nell’edizione Romanelli alla pag. 75; da ca. 13 v.
c’è la corrispondenza con la pag. 77
Antinori a c. 14 traccia descrizioni più lunghe su Anxanum, assenti in
Romanelli alla pag. 77
Alla c. 14 r. c’è un’aggiunta in calce di Uomobono Bocache sullo scavo
del pavimento a mosaico presunto ricordato anche dal Fella che cita una
cronachetta conservata al suo tempo nell’archivio di S.ta Maria Maggiore, in Largo
dei Frentani, dove insisteva la chiesa di S. Maurizio, datato 4 ottobre 1797.
Da c. 14 v. riprende la corrispondenza con Romanelli pag. 106, dove si passa
alla Storia medievale di Lanciano, dall’anno 973, circa i fatti di Gaelotto di
Teate; a seguire le citazioni corrispondono sulla storia del Miracolo
Eucaristico alle pp. 106-107 di Romanelli. Alla c. 15 dell’Antinori, ecco
un’altra aggiunta di Bocache che fa riferimento al suo Quadro geografico di Lanciano, allegato nel capitolo di
riferimento, nel vol. I dei suoi Manoscritti lancianesi, che più volte,
come si può vedere dall’Indice di questo studio, Bocache aveva compilato in
diverse versioni, sparse qui e lì nella rilegatura confusionaria dei
Manoscritti. In questo Quadro geografico del Bocache vi è il rimando alle XII
Province del Regno Napoletano, presso l’opera di G.M. Alfano Istorica descrizione del Regno di Napoli
diviso in Dodici Province, ecc., Napoli, Tip. Manfredi V., 1798[1].
Ogni tanto nel Manoscritto appaiono dei disegni, alcuni veramente curiosi; in
questa c. 15 vi è il Monogramma Mariano presso il capoverso dove si parla
dell’abbazia di San Giovanni in Venere.
Giungendo all’epoca degli Svevi, il testo dell’Antinori inizia a usare
le fonti di Fella (che cita 39 privilegi nel suo Ms., cap. XIX) e Polidori
(dissertazione su Anxano), per quanto concerne i privilegi dei Sovrani. Il
primo ricordato è quello di Federico II del 21 aprile 1212, che Fella avrebbe
visto in copia nell’arch. de Flore[2],
e su cui fa appiglio diverse volte il Bocache per ricordare l’importanza
economica di Lanciano sin dall’epoca dei Normanni, ricollegandosi a un altro
documento di Ugone Malmozzetto[3]
che posse la sua residenza in Lanciano, quando aveva la sede di un
sovrintendente della Contea di Chieti, che verrà convertito nel Giustiziere
regio dagli Angiò. Lo Scioli criticò questi documenti.
Prosegue la corrispondenza tra cc. 15v.-16v. con le pp. 109-110 di
Romanelli. Alla c. 16 r., il Ms. è più descrittivo nei fatti avvenuti nel
1170-1776, mancanti in Romanelli alle pp. 111-115, dove si parla della cacciata
e della riammissione degli Ebrei in Lanciano, con i relativi Capitoli fatti
stilare da Roberto Conte di Loritello, presi dal Ms. di Polidori; vi è
corrispondenza tuttavia nelle note del Ms. antinoriano alle cc. 15-16 e
Romanelli alle pp. 109-111, circa la storia della famiglia dei Conti Borrello.
Alle cc. 40-41 vi è la descrizione delle mura e Quartieri storici di
Lanciano, all’anno 1191 si riportano in regesto i Capitoli sugli Ebrei nel
rione Sacca; tuttavia come ha dimostrato Marciani nel suo articolo degli Ebrei
a Lanciano, Antinori si è fidato di un falso creato ad hoc dal Polidori, e che
è stato telegraficamente riportato da tutti gli altri scrittori antichi di cose
lancianesi, in primis il Bocache in una lunga dissertazione presente nel cap. Degli Ebrei, nel vol. II dei suoi
Manoscritti. Questi Capitoli degli Ebrei sono stati ripresi anche da Romanelli
alle pp. 112-113. Qui la numerazione a matita fatta dallo Scioli termina, e
riprende l’antica numerazione progressiva.
Vi è corrispondenza tra c. 18 e p. 114; tra le cc. 18-19 la nota di
Antinori sui Capitoli degli Ebrei è più lunga e articolata, e si parla anche
dei Commerci antichi presenti in Lanciano, da cui attingerà anche il Bocache,
nella dissertazione sugli Antichi commerci lancianesi. Continua la
corrispondenza tra cc. 19r/v e pag. 116, in queste carte si nomina la Corte
Anteana, e prosegue da cc. 19 v., 20 ecc, fino a pag. 119 di Romanelli.
All’anno 1225 c’è una nota aggiunta da Bocache sul Beato Filippo da
Lanciano; inoltre per l’anno 1294, alla c. 19 v., su Federico de Letto vescovo
di Sulmona, quando era rettore della chiesa di Santa Maria Imbaro. La corrispondenza,
seppur con alcune variazioni per l’inizio di ciascun periodo a capo, nel
Romanelli, vi sono tra le cc. 20 e pp. 118-19, poi cc. 20r/v.-21 con le pp.
119-20-21, e poi c. 21 con p. 122
Il periodare, benché il contenuto sia identico insieme alle note, è
leggermente differente a capo-frase tra le cc. 21 e p. 123; la citazione sul
privilegio di Re Roberto d’Angiò del 1312 tra c. 21 e pp. 123-24 è identica.
Per le annate 1313-17-18-20, risulta costante la corrispondenza tra cc. 22-23 e
p. 125; a c. 23 r., è presente alla fine dell’anno 1322 la nota di una contesa
di Luzio di Petruzio di Lanciano canonico in Parenzo (Croazia) del 16 aprile,
che assiste nella Corte di Orsaria (Udine) all’accordo tra il vescovo di
Parenzo e la diocesi del Veneto. La corrispondenza tra le due opere riprende a
c. 25v. con pag. 127-28 e segg., fino a pag. 132.
Nel Ms. antinoriano, all’anno 1368 (c. 25v.), v’è una nota, assente in
Romanelli (pag. 127), su Fella, riferita al cap. XX del suo Manoscritto, sugli
Uomini illustri lancianesi: è ricordato un Simone da Lanciano abate di S.to
Stefano in Rivomaris, creato Cardinale da papa Urbano V, commentatore di
Platone; però Antinori esplicitamente contesta la paternità lancianese di
Simone, e spiega che fosse inglese: Simon Langham (1313 ca.- 1376), confuso per
errore, o volutamente con “de Lancian”, benedettino, abate di Westminster,
vescovo di Londra e arcivescovo di Canterbury nel 1368. Questo errore, come si
può leggere anche nei Manoscritti di Bocache e del Maranca, con “Marino Caramanico
da Lanciano” (attribuendo dunque falsamente la paternità del giurista Marino da
Caramanico a Lanciano!)[1],
è presente anche nelle opere di Romanelli, Renzetti, andando più indietro in
Polidori nella dissertazione su “Anxanum”, e ovviamente Bocache, che hanno
preso da Fella. Antinori, a sostegno, riporta anche la citazione di Ughelli
(Italia sacra, VII), dove dice “Simon de Langham”. Inoltre in Romanelli (pp.
127-28) manca la descrizione dei fatti dell’anno 1371 sulla causa dei Frati di
Santo Spirito di Andria, dipendenti dal monastero celestino di Santo Spirito in
Saxia di Roma, discussa nel palazzo “regio” di Lanciano, con l’arciprete della
chiesa di San Nicola de’ Ferrati di Lanciano.
La corrispondenza riprende per l’anno 1372 a c. 25v., con pp. 132-33-34;
e a seguire cc. 26r/v con pp. 134-35; a c. 27, che corrisponde con le pp.
136-37, c’è la nota di correzione dell’Antinori su Fella al cap. XIX del suo
Manoscritto, dove nel riportare i vari Privilegi dei sovrani di Napoli per
Lanciano, Fella sbaglia sui 700 ducati, al posto dei reali 500, e scambia la
regina Giovanna II come madre di Giacomo Borbone, anziché la moglie. A c. 28,
l’Antinori è più specifico sull’acquisizione del feudo di Castel Nuovo da parte
di Lanciano, e corregge Fella che sposta l’anno 1406 al 1480!, e non cita il
privilegio di Ladislao, né i suoi procuratori Caracciolo e Jacopo di Alessio,
né l’indizione ecc. Questo riferimento al possesso di Castel Nuovo è la nota II
di c. 28, mentre la nota I è presente in Romanelli pag. 140.
A c. 28 v. di Antinori, sull’anno 1411, ci sono diversi riferimenti che
accadono in questa annata, assenti in Romanelli pag. 141, e si rammenta il
governo di Tommaso Pignatelli regio governatore a Lanciano, possessore anche di
Torino di Sangro sotto ordine del Re; a seguire si parla di Pippo Riccio di
Lanciano governatore di Rapino a causa di liti dei confini. La corrispondenza
con Romanelli riprende a pag. 141 (con c. 29 r.), sulla descrizione dell’arte
di fare gli aghi a Lanciano; e continua tal corrispondenza sull’inizio delle
controversie tra Lanciano e Ortona per il porto di S. Vito (c. 29v.), in questa
carta, l’Antinori è più preciso, e già menziona la cappella di S. Angelo, che
diventerà il celebre Monastero dei Minori Riformati di S. Angelo della Pace,
che era posta sul terreno di Antonio di Frisa. Seguono informazioni assenti in
Romanelli: Giovanna II d’Angiò esenta dalle tasse i servitori di Pippo Riccio,
nelle gabelle di Lanciano e sue pertinenze, fino alla somma di 18 tarì annui. A
pag. 143 Romanelli è in errore, perché l’anno in Antinori è 1421; la
corrispondenza riprende con cc. 30r/v. e pp. 143-45. Alle cc. 31-34 la
descrizione delle origini della contesa tra Lanciano e Ortona è più dettagliata
nell’Antinori rispetto al riassunto e ai tagli operati dal Romanelli nelle pp.
143-44; da c. 34 v. la corrispondenza riprende con pp. 149-153; la c. 35
corrisponde con pag. 155.
A questo punto Romanelli opera un suo intervento personale sul
Manoscritto, interrompendo la successione regolare delle annate, e per
dilungarsi sulla contesa del Porto, anticipa i fatti che avvengono nell’anno
1433, per poi proseguire con i fatti dell’anno 1429 a pag. 156 (cfr. Ms., cc.
34 r/v). L’annata 1430, descritta da Antinori, è assente in Romanelli, anno
peraltro importante per l’applicazione degli Articoli del Lodo di Pace
celebrato il 17 febbraio 1427 in Ortona. In questa carta del Ms., iniziamo a
vedere come nella lingua volgare dei documenti, si inizi a passare dal termine
antico Anxanum a “Lanziano – Lanciano – Larciano (sic!)”. a c.35 laddove
Antinori ricorda il furto delle Reliquie dei SS Simone e Giuda Apostoli a
Venezia, da parte di frate Jacopo di Clemente, per il monastero di
Sant’Agostino a Lanciano, c’è una nota in calce postuma, forse di Antonio
Maranca, circa la lettera inviata all’Università di Lanciano e alla Diocesi di
Chieti dal doge Francesco Foscari (che verrà scolpita successivamente nella
cappella delle Reliquie nella chiesa lancianese), che riporta: “DICTA EPISTULA
NON OBSERVATUR POST ABITUM DICTI D. SILVESTRI CINERINI”, cioè che questa
lettera non era più consultabile dopo la morte di d. Silvestro Cinerini.
La corrispondenza, anche delle note, continua con cc. 35v. e pp. 156-57,
circa i fatti storici del furto delle Reliquie (cc. 35v, 36r/v fino a c. 29 v,
con pp. 156-66). La corrispondenza prosegue con c. 39v. e pag. 166 per l’annata
1443, anche se Antinori ha più note, assenti in Romanelli. In questa carta
all’anno 1444, dopo aver citato Sestignuccio Capograssi di Sulmona, Antinori
cita l’istanza del privilegio del Re Alfonso d’Aragona a Lanciano di poter
commerciare la lana coi mercanti aquilani, data a Biagio Antonelli della Torre
di Aquila, sindico della Corporazione dei Lanari di quella città. Registrato
nel Libro dei conti, press. Monastero di Valle di Castro. Tutto ciò è assente
in Romanelli.
La corrispondenza riprende tra cc. 40r. e pag. 166 sulla facoltà di
battere moneta a Lanciano; a seguire dall’anno 1446 riprendono le notizie sul
riacutizzarsi delle liti per San Vito, a pag. 168 Romanelli sbaglia l’anno
scrivendo 1427 al posto di 1447; per il resto sino a c. 40v., la corrispondenza
del contenuto è identica; proprio in questa carta c’è un’altra aggiunta in
calce postuma, sul privilegio di Alfonso d’Aragona transunto da M. Francesco
Paulo de Floribus nel 1501, e presso il giurista Pasqual Maria Liberatore di
Lanciano.
La corrispondenza continua da c. 41r., con pag. 169 per l’annata 1451,
tuttavia in questa carta del Ms., c’è una nota assente in Romanelli, che
riguarda il privilegio alfonsino del citato 1451 per Lanciano, con conseguente
irritazione degli Ortonesi. Inoltre Antinori è più specifico nel riportare il
privilegio di Alfonso I di Napoli sulle Fiere (che verrà riportato in copia
trascritta anche nei Mss. di Bocache e di Maranca, per quest’ultimo vedi la sua
appendice al Ms. Istoria diplomatica di Lanciano nella Biblioteca
comunale di Lanciano). In sostanza Romanelli fa un riassunto del riassunto del
privilegio dall’Antinori. La corrispondenza riprende con cc. 41v., e pp. 169,
sull’ammonizione del privilegio alfonsino contro Chieti che voleva imitare le
Fiere lancianesi, non rispettando la distanza di 20 miglia da Lanciano e la
data di celebrazione, per celebrare la personale Fiera di S. Marco sulla Valle
della Pescara; dall’annata 1453 nuove contese con Ortona, la corrispondenza è
costante: cc. 41v. e 42r., con pp. 169-70, compresa la nota presa da Fella; poi
c. 42v., con pp. 170-71.
Alla c. 43 r., Antinori riporta un contratto del 28 agosto 1457 sulla
ricostruzione del Castello di Ari, approvato dal Principe Ferrante d’Aragona,
successore di Alfonso; Romanelli a pag. 171 lo riassume, omettendo dei
particolari. La corrispondenza prosegue tra cc. 43r/v con pp. 172-73, fino a c.
44r. con pag. 176, dove si trattano i fatti dell’anno 1460; a c. 44v. Antinori
riporta una nota (la num. I) assente in Romanelli; per l’annata 1462 la
corrispondenza prosegue: c. 45r. con pp. 178-79, ma a c. 45v. Antinori riporta
un’altra nota assente in Romanelli pag. 180. La corrispondenza prosegue da c.
46v. con pag. 181, poi c. 47r. con pp. 182-83,
ecc. 48r/v con pp. 184-85.
Alla c. 48v. Antinori riporta notizie più dettagliate sull’anno 1471
circa il Duca d’Amalfi a Lanciano, poi dall’anno 1475 (ivi), riprende la
corrispondenza con Romanelli pag. 185. A c. 49 r., Antinori riporta i fatti
dell’anno 1480, completamente assenti in Romanelli pag. 185. Per l’anno 1481
riprende la corrispondenza tra cc. 49r. e pag. 186, e poi per cc. 49v-51r., con pp. 187-90. A c.
51v. nella prima parte della pagina, Antinori è più specifico rispetto a
Romanelli, che elimina le citazioni del geografo Domenico Mario Nigro (pag.
190). In Romanelli è riassunto rispetto all’Antinori l’anno 1492 (cfr. c. 52 r.
con pag. 191), mentre c’è corrispondenza per l’anno 1494 tra cc. 52r/v e pag.
192.
Poi per l’anno 1495 c’è corrispondenza tra c. 52v. e pag. 193, a seguire
c. 53r. con pag. 194, e così pure c. 53v. e pag. 196 per l’annata 1496, compresa
la nota antinoriana riportata da Romanelli alle pp. 195-96; anche c. 54r. con
pp. 196-97; la c. 54v-55r. con pag. 198 per l’annata 1497.
Alla c. 55r. Antinori ha un testo sulla figura del patrizio Denno Riccio
di Lanciano differente da quella di Romanelli a pag. 198, molto più articolata;
la corrispondenza continua tra cc. 55v. con pag. 199, e c. 56r. con pp.
200-201; e poi c. 57r. con pp. 202-203. In questa vi è una nota dell’Antinori
che rimanda indietro all’anno 1391, assente in Romanelli, sulla presenza delle
Clarisse in città: ossia note di pagamento: di 200 once, da Capece 100 once, e
poi 140 once. La corrispondenza prosegue per c. 57v. con pp. 203-204, per
l’annata 1502 alla c. 58v., corrispondente con pag. 203, anche la nota
corrisponde
A c. 59r con pag. 204 sulla morte di Giovanni figlio di Denno Riccio, a
seguire vi è la sua morte il 14 gennaio 1504. Nella seconda metà di c. 59r. c’è
il paragrafo “Margherita de’ Petruzi”, dove si parla dei suoi beni, assente in
Romanelli a pag. 205, inoltre tutta la c. 59v è assente in Romanelli, nonché la
prima parte di c. 61r, a seguire dalla seconda parte della stessa, riprende con
Romanelli a pag. 205.
Da questo punto in poi del 1° fascicolo della Istoria critica di
Antinori, ci sono diversi passaggi che Romanelli ha omesso, o riassunto: a c.
61r. sull’annata 1506 e l’avvio delle lotte di potere tra i Ricci e Florio,
durante le guerre tra francesi e spagnoli, non ci sono i dovuti riferimenti in
Romanelli a pag. 206, compreso il contenuto del Ms. Antinoriano a c. 61v., e la
corrispondenza riprende da c. 62r. con pag. 207 di Romanelli sulla presenza
degli Albanesi in Lanciano, nonché la notizia sul Portico delle Logge della
Fiera. In Antinori non ci sono riferimenti alle annate 1507-09, ma rimontano
direttamente all’annata 1510 (cfr. c. 62v), di cui Romanelli non fa menzione, a
pag. 209; la corrispondenza riprende a c. 63r. con pag. 210 per l’annata 1514
al 10 febbraio, tuttavia in Antinori vi è la nota sugli eccidi perpetrati dai
Ricci, assente in Romanelli, mentre la corrispondenza prosegue da c. 63v. a
pag. 211, e poi da c. 64r. con pag. 213 per l’anno 1518; successivamente c. 64r
con pag. 214 all’anno 1519; c. 64v. con pag. 215, però in Antinori vi è la
relazione sulla figura di Giulia figlia di Tuccio Riccio (c. 64v.) all’anno
1519. Anche le cc. 65r./v. non sono citate da Romanelli alle pp. 216-17;
inoltre abbiamo un’ennesima aggiunta manoscritta in calce da parte del Bocache
(cfr. c. 65v.) sulla lapide dei Decurioni rinvenuta in quest’anno detto 1519
dal poeta Oliviero da Lanciano, e posta poi sul portico della Cattedrale, ecc.
Inutile dilungarsi sulla bibliografia recente su questa lapide, oggi rimontata,
dopo i danni del 1944, sul muro del secondo piano della scalinata interna del
Palazzo comunale, né occorre prestare troppa attenzione alle varie
dissertazioni, pareri e costanti cambi di opinione su cui si arrovellò il
Bocache, seguito dal Maranca e altri nei loro Mss. già il fatto che Antinori
qui non ne parli, né citi le note sul rinvenimento della lapide fatte sia da
Fella che dal Polidori, né tantomeno i tentativi di decifrazione dei carattere,
fan capire quanto Antinori nutrisse dubbi sul suo contenuto.
La corrispondenza riprende tra cc. 66r. e pag. 216 al capo-frase “Avendo
i Chietini”, ecc., tuttavia a c. 66v. per l’annata 1522 non abbiamo riscontri
in Romanelli pag. 217, ma da c. 67r riprende con pag. 218, per l’annata 1523, e
poi cc. 67v-68r. con pag. 219, compresa la nota, e infine cc. 68v. con pag.
221, c. 71r con pp. 224-25 compresa la nota su F. Guicciardini che cita
Lanciano, anche se in queste carte Antinori è più dettagliato nel descrivere
l’assedio subito da Lanciano dal Conte di Lautrech. A c. 71r., nella seconda
metà l’Antinori è più dettagliato nel descrivere le condizioni di resa di
Lanciano, mentre Romanelli le riassume alle pp. 226-27. Curiosa, ma di puro
interesse accademico, la nota a c. 71r., corrispondente con Romanelli pag. 226
sul termine “Vieste” per la cittadina pugliese; Antinori annota: “Vestam
a dua bastardo Brutii. Il Fella chiamò così Federico Carafa o piuttosto
il Conte d’Ugento”.
Corrispondenza tra c. 71v con pag. 228, c. 72r, con pp. 228-29, tuttavia
una parte di c. 72 è stata omessa da Romanelli a pag. 228; la corrispondenza
riprende a fine di c. 72v con pag. 228, al capo-frase “La peste intanto faceva
strage…”, e poi cc. 72v.-73r con pp. 229-30. In Antinori a c. 73v all’anno 1541
abbiamo menzione dell’ebreo Michele, assente in Romanelli pag. 230, e la
corrispondenza riprende al capo-frase dell’anno 1543: cc. 74r-75r con pp. 231-33
per l’annata 1545, poi cc. 75v.-77v con pp. 234-36; corrispondenza al rigo
finale di c. 78 con pag. 236-37 per l’annata 1547; qui abbiamo anche un bel
disegnino di Antinori dello stemma di Giovan Pietro Carafa, arcivescovo di
Chieti e futuro papa Paolo IV. A c. 78v corrisponde pag. 237, cc. 79r/v
corrispondo con pp. 238-40 per l’annata 1549, dove si parla del vescovato di
Mons. Leonardo Marini. A c. 79v, all’ultimo paragrafo della pagina dove inizia
“Nell’anno 1549 Lonardo Marini…”, risulta essere una notizia inedita, assente
in Romanelli a pag. 239, e benché non lunga, offre spunti di ricerca sulla
figura di questo prelato.
La corrispondenza riprende a c. 80r al capo-frase: “Nel 1550 gli
abitatori” ecc., corrispondente parola per parola con Romanelli pag. 240; a c.
80v. corrisponde pag. 241, c. 81r. con pag. 242, c. 81v. con pp. 242-43, in
quest’ultima carta c’è una nota di Antinori assente in Romanelli pag. 243;
corrispondenza tra c. 82r. con pp. 245-46, c. 82v. con pp. 246-47, e c. 83r.
con pp. 248-49, c. 83v. con pag. 250, c. 84r/v con pag. 251, tuttavia la detta
c. 84v in Antinori è più dettagliata di notizie, insieme a alla successiva c.
85r, fino a c. 88v., dove si parla dell’attività di Mons. Marini al Concilio di
Trento. La c. 88v. corrisponde all’inizio di pag. 252 di Romanelli per l’annata
1562, ma nella stessa notiamo un asterisco a stampa. Confrontando col Ms,
notiamo che in Romanelli manca un’intera sezione di Antinori, compresa una
nota, da confrontare con c. 89r e la relativa nota assente su Francesco
d’Andrea.
Riprende la corrispondenza a c. 8v, con pp. 252-53, poi c. 90r/v. con
pag. 254-55; Antinori è sempre più dettagliato con le notizie, anche con una
semplice frase, nelle cc.90v-92v rispetto alle pp. 255-56 del Romanelli, che ad
esempio nel citare i documenti delle 34 condizioni del Traffico delle pecore
sul Tratturo; e la corrispondenza riprende all’annata 1534 a c. 92v. con pag.
256, c. 93r con pag. 257. Resta conforme tra Antinori e Romanelli da c. 92 fino
a c. 94v. per la pag. 260 in Romanelli. In Antinori a c. 94v., nella parte
finale, offre una relazione più dettagliata sull’attività di Leonardo Marini, e
prosegue per le seguenti cc. 95 fino ai fatti dell’annata 1565, corrispondente
con Romanelli pag. 261; e la corrispondenza prosegue tra cc. 96-98 con pp.
261-64. A c. 98r c’è una nota di Antinori assente in Romanelli pag. 264; la
successiva c. 98v corrisponde con pag. 265, anche se Antinori inserisce più
notizie su don Eusebio Camerino: “Era stato fin dall’anno 1568” ecc., e prosegue
anche a c. 99r, dove si tratta dell’annate 1569-70.
La corrispondenza riprende brevemente tra cc. 99r e pp. 266-67 sulle
note della morte di Violante Riccio, poi in cc. 99v con pag. 267 nelle annate
1574-75; c. 10r con pag. 268, però le notizie di c. 100v sono assenti in
Romanelli pp. 269-70, così come le notizie di c. 101r, che in Romanelli non
sono a pag. 270.
La corrispondenza prosegue tra cc. 101v e pag. 270 sui Pesi e misure per
la Fiera; a c. 101r c’è una nota di Antinori assente in Romanelli pag. 271; la
corrispondenza prosegue tra cc. 102v e pp. 271-72, alla pag. 273 di Romanelli
c’è un banale errore di stampa: Urgento al posto di Ugento.; la c. 103v con
pag. 274, c. 104r con pag. 275, cc. 104r/v con pagg. 275-76; a c. 104v nella
metà della pagina, Antinori fa delle aggiunta assenti in Romanelli pag. 276.
Corrispondenze tra cc. 104v.-105 con pp. 276-77; per l’annata 1598 c’è una nota
di Antinori, assente in Romanelli pag. 277; corrispondenza tra c. 105v con pag.
278 e c. 106r con pag. 279, c. 106v-107r con pp. 280-81, c. 107v con pag. 282 e
c. 108r con pag. 283; nella c. 108v ci sono due note di Antinori, non
corrispondenti con Romanelli pag. 285 e 286 sull’annata 1605.
Seguono corrispondenze tra cc. 10v e pp. 287-88, c. 110 con pp. 288-89,
c. 110v. con pag. 290, c. 111r con pag. 291, c. 111v con pp. 292-94, cc. 112v
con pp. 295-96, c. 113 con pag. 297, in questa però v’è un errore di stampa o
di copiatura dal Romanelli, perché dice “anno 1624”, quando invece è 1614.
Inoltre il Romanelli non inserisce alla pag. 298 le notizie sull’anno
1620 nelle cc. 113r/v, e nella successiva c. 114 sull’anno 1622. La
corrispondenza riprende a c. 114v con le pp. 299-300, poi c. 115 con pp.
301-302. Qui abbiamo un paradosso, poiché Romanelli a pag. 302 cita una nota da
Carlo Tappia, estratta dal notaio Jacopo Antonio press. Fam. De Giorgio di
Lanciano, nota assente nell’Antinori a c. 115v, le cc. 115v-118v corrispondono
con le pp. 312-20, poi c. 119 con pag. 320, ma solo in parte, perché Romanelli
omette molte notizie sull’annata 1644, quando inizia la querela della Città
contro il Marchese del Vasto; lo stesso Romanelli omette le notizie
dell’Antinori in cc. 120r/v col bando di Filippo III di Spagna per la vendita
di Lanciano; e la corrispondenza riprende tra c. 120v e pp. 328-29, e poi cc.
121-22 con p. 329, a c. 123 all’anno 1669 con Romanelli pag. 330, c. 123v con
pag. 332, c. 124r con pag. 333.
Altra omissione di Romanelli sulle notizie del 1699, presenti in
Antinori cc. 124-25 con relativa nota, dove si parla della descrizione di
Lanciano fatta dall’abate Pacichelli; Romanelli estrae solo scarne notizie a
pag. 333.
Antinori a c. 128v dall’anno 1725 inserisce diverse notizie su papa
Benedetto XIII, a c. 129v corrisponde Romanelli pag. 336, l’anno 1727 (c. 130r)
corrisponde con pag. 227, ma in parte, perché ci sono notizie più abbondanti
sul porto di San Vito; infine c’è la corrispondenza tra c. 130v con pag. 337.
Per l’annata 1744 a c. 131, le notizie di Antinori non sono per niente inserite
da Romanelli. Così come le cc. 131v-133r, dove in quest’ultima Antinori appunta
l’elenco delle dissertazioni manoscritte di Polidori sulla Storia Frentana, in
totale 19. La corrispondenza riprende tra cc. 133v e pp. 339-40. Dalla fine di
c. 133v, le notizie dell’Antinori non sono state più copiate da Romanelli per
la sua edizione, dunque sono del tutto inedite. A c. 134r/v Antinori inserisce
notizie dell’anno 1776 sul padre Bernardo Maria Valera da Lanciano cappuccino,
nota inserita anche da Romanelli a pag. 340.
Da qui in poi, fino all’anno 1792, le notizie sono state aggiunte dai
continuatori, forse Maranca e Romanelli insieme, o solamente dal Maranca, il
quale nei suoi Ms. sostiene, insieme anche al Bocache nei suoi appunti, che più
volte ebbe modo di accedere alle carte dello zio arcivescovo, nonché a farne
una copia da stampare, donata al Mons. Francesco Maia De Luca[2].
9 - Le chiese di Lanciano
nell’Antinori
Nelle Antichità storico-critiche
sacre e profane dei Frentani edite da Romanelli, seguendo una tradizione
storiografica di elencare in appendice i monumenti e le chiese più notabili di
una città[3],
si riportano le principali chiese lancianesi, con un lungo capitolo sulla
Cattedrale, poi quelle S.ta Maria Maggiore, S. Nicola, S.ta Lucia, S.ta Chiara,
S. Agostino, e le altre chiese maggiori, compresi i Monasteri dei Conventuali,
degli Antoniani, dei Cappuccini, delle Clarisse. Non si comprende con
chiarezza, il Romanelli, se abbia effettuato riduzioni personali del fasc. III
dell’Istoria critica di Lanciano
dell’Antinori, aggiungendo diverse sue opinioni personali, specialmente nel
tessere le lodi alla Madonna del Ponte nella parte iniziale, che sono del tutto
assenti nell’Antinori, o se abbia interpolato altri manoscritti. Per quanro
riguarda la Madonna del Ponte, la prima parte è una trattazione personale del
Romanelli, che funge per così dire “da prologo” alle sue “scoverte”, che
pubblicherà negli anni successivi, dove si attribuisce il rinvenimento nel 1785
dell’iscrizione di Diocleziano, e di quelle del restauro del Pomte nel 1138 e
nel 1203.
Infatti, soprattutto le chiese minori, ma anche alcuni monasteri come
quello dei Celestini, sono riportate dall’Antinori in abbozzo, con il transunto
di notizie oridnate cronologicamente; inutile dire che diverse notizie per S.ta
Maria la Nova o S. Francesco sono tratte dalle fonti consultate e confluite nel
suo Libro di memorie sulle Chiese edito
nel 1995. È interessante il confronto con l’edzione a stampa del Romanelli, che
nel capitolo sulla storia della Cattedrale (pp. 345 ecc, rist. an. 2008),
ricorda come nel 1785 in aprile “scoperse” l’iscrizione di Diocleziano sul
Ponte, facendone l’esemplazione e l’analisi storica, ricordando le gesta
dell’imperatore (proprio come farà il Bocache nella pletora dei suoi appunti
sul tema), e prendendo a confronto un’iscrizione simile riportata dal Gruter
(p. 349). Andando avanti con le descrizioni storiche, Romanelli ricorda come
dopo il terremoto del 1088, nei lavori di riparo, fu rinvenuta l’Icona della
Madonna, che poi venne conservata in un’edicola votiva con due pilastrini nel
mezzo del nuovo Ponte, e con iscrizioni, quella: VIRGINEO PUDORI VADUM / CAMPL.
FAB. LOTARIO II. IMP. / A.D. MCXXXVIII, e quella del SACELLUM HOC BEATAE
VIRGINIS / PURITATIS MATRIS DEI ET NOSTRAE / MAGISTER ANDREAS CUM SOCIIS / DE
LANZIANO COMACINIS / SOLIDIS SUIS FECERUNT AD. MCCIII[4].
Per chi ha un corso elementare di Paleografia e diplomatica, basta
vedere le iscrizioni, che il Bocache inserì nella sua Raccolta lapidaria,
esaminarne il ductus pieno di curve e riccioli baroccheggianti per una, e
l’andamento piegato insolitamente verso destra, e così rigido per appartenere
all’epoca romanica, quando si imitava la capitale lapidaria romana, mentre a
cavallo tra il 1100 e il 1200, alle porte del gotico, si utilizzava una
maiuscola dai caratteri arrotondati che oscillava tra la carolina e l’onciale[5].
Da queste considerazioni di Paleografia, si traggano le considerazioni dovute
per formulare un critico giudizio.
Il fascicolo dunque si apre con la storia della chiesa dell’Annunziata e
di S.ta Maria del Ponte (cc. 1.24)[6].
Manomissioni si hanno anche nella seconda chiesa di S.ta Maria Maggiore (cc.
25-44), ad esempio quando si inizia a narrare la storia del tempio di Apollo da
cui nacque la l’edificio; l’Antinori raccolse le notizie fino al 1743, ma
queste vengono aggiornate fino al 1783 (c. 44); a seguire vi è la chiesa
prepositurale di S. Martino (cc. 45-54) con notizie sui preti curati dal 1499
al 1504, dal 1513 al 1516, fino al 1698. Viene il monastero di S. Francesco
(cc. 55-65 v.), con le notizie che partono dal 1252 fino al 1713. A c. 59 vi è
riportata da Fella la famosa tradizione del libricino pergamenaceo con la
cronaca del Miracolo eucaristico andato trafugato da due misteriosi viandanti
che chiesero ricetto ai Frati; poi il convento dei Cappuccini, con appunti di
una sola pagina (c. 65 v.) che vanno Dal 1334 al 1677; poi S. Spirito dei
Celestini (c. 66) con notizie a partire dal 1294; qui vi è un breve inserito
sulla chiesa diruta di S.ta Venera[7];
il convento dei Carmelitani alla Fiera o Sso Crocifisso (c. 67), il convento di
S. Antonio abate / chiesa rurale di S. Leonardo (poi di S. Egidio) a c. 68, a
c. 68 v. la chiesa e convento di S. Giuseppe degli Scolopi[8],
il monastero di S. Agostino con notizie dal 1290 al 1694[9]
(cc. 69-71); la chiesa di S.ta Lucia (cc. 72-73) con notizie dal 1257 al 1608[10];
la chiesa di S. Giovanni Battista (c. 73 v.) con notizie dal 1499 al 1606; alla
stessa carta la chiesa di S. Martino (continuazione delle cc. 45-54), con
notizie dal 1405 al 1480; la chiesa di S. Biagio (cc. 74-75) con notizie che
vanno dal 1173 al 1785[11],
con allegate trascrizioni delle iscrizioni a caratteri gotici della campana.
Seguono notizie sulla chiesa di S. Nicola dal 1532 al 1617 (c. 75); la chiesa
di S.ta Maria degli Angeli della Sacca (cc. 76-77) con notizie dal 1588 al
1612; segue la trattazione del convento di S. Angelo della Pace dal 1436 al
1778, in allegato vi è una pagina con appunti presi De origine Seraphicae Religionis Ordinis Francescanis insigne
progressibus de Regularsi Observantis Institutione forma amministrationis ac
legibus admirabilique eius propaginatione Fr. Francisci Gonzagae eiusdem
Religionis Minister Provincialis A.D. s.d.n Sixtus V – Opus in quatuor
partes divisa ecc. – cum licentia suoperiorum 1587, f. 412; le notizie sul
monastero proseguono fino all’anno 1783, con evidenti aggiunte posticce. Alla
c. 77: la chiesa di S.ta Croce di Lancianovecchio, con notizie dal 1583, con
trascrizione del documento di riconoscimento del Miracolo della Ricciarella
firmato da papa Gregorio XIII; di conseguenza la chiesa della SSma Annunziata –
cappella del SSmo Sacramento (oggi inglobata nella Cattedrale) all’anno 1581
(c. 77 v.), qualche nota sulla stessa della Confraternita dei Raccomandati
presso S. Francesco, poi la chiesa di S. Lorenzo (c. 78, un breve appunto con
note degli anni 1405-1480-1615), S. Giuseppe al Borgo (c. 78, anni 1617-1763);
la Confraternita del SSmo Suffragio nella chiesa del Purgatorio (c. 78 v.) con
notizie dal 1637 al 1646; nella stessa carta figura in abbozzo la chiesa di
S.ta Maria dei Piani (notizie dal 1363 al 1570); il convento delle Clarisse dal
1388 al 1701, con trascrizione di alcune lapidi (c. 79), la chiesa di S.
Pantaleone dal 1543 al 1617 (c. 80), e immediatamente dopo le sue vicende
storiche, quando la sede si spostò a S. Nicola dei Ferriati, detta anche di S.
Carlo (c. 80 v.), con notizie dal 1340 al 1592; alla stessa pagina figura la
chiesetta di S. Apollonia con notizia dell’anno 1671[12];
a c. 81 le chiese di S. Giacomo (1316-1565), la chiesa di S. Agata fuori Porta
S. Nicola (1390-1675), e infine S.ta Caterina (1391-1439).
A c. 81 v. la chiesa di S. Maurizio a Lanciano vecchio (1580-1797[13]),
sono allegati qui trascrizioni di documenti, la copia della Santa Visita del
legato di Mons. Gervasoni del 1781, una trascrizione del passo del cap. XVIII
della Chronologia di Fella sulla
storia del culto di S. Maurizio; a c. 82 la chiesa di S. Legonziano, la
cappella di S. Angelo presso la porta omonima (1554-1607), nella stessa pagina
la chiesa di S. Andrea che stava nella borgata Fenaroli sotto S. Nicola (una
nota solo sull’anno di istituzione 1316); a c. 82 v. la chiesa di S.ta Maria in
Visu[14]
(solo l’anno 1585), alla stessa pagina la chiesetta rurale di S. Sabino
(notizia dell’anno 1614), la chiesa di S. Egidio (notizia del 1480); alla c. 83
la chiesa di S.ta Maria di Casale di Sette vicino Mozzagrogna (era sede
parrocchiale dalla notizia del 1438), alla stessa pagina un’altra notizia sulla
chiesa di S.ta Maria degli Angeli dell’anno 1617, e una continuazione della
trattazione della chiesetta di S.ta Venere (cfr. la trattazione precedente a c.
66 v.).
A c. 83 l’Antinori inserisce notizie sui Luoghi Pii e ospedali: quello
di S. Giovanni di Dio (S.ta Maria della Sanità) dal 1590 al 1616, con allegate
notizie sulla chiesa di S.ta Maria della Conicella di Mascio Panetta
(1600-1642); a c. 84 la chiesa di S. Donato a Villa Martelli (dall’anno 1742
all’anno 1791, evidente aggiunta posticcia), alla stessa carta note sulla chiesa
di S. Nicola di Villa Andreoli all’anno 1760; alla c. 84 v. si parla della
cappella della Concezione o S. Trifone all’anno 1568[15]; successivamente alla c. 85 la chiesa di S.
Gaetano presso l’Arcivescovado dall’anno 1621 fino al 1680; una mano diversa
dalla grafia del compilatore, forse del Romanelli, inserisce alcune notizie
dell’anno 1734 sul Collegio degli Scolopi; alla c. 85 v. note sulla Istituzione
della S.ta Casa del Ponte (pensiamo che questa sia la grafia di Romanelli,
poiché, seguendo lo stile della trattazione delle chiese nelle Antichità
storico-critiche relativamente al cap. sulla Madonna del Ponte), scrive diverse
digressioni e supposizioni sulle origini dell’Istituzione, senza riportare in
maniera asciutta e sintetica le notizie cronologiche, come faceva l’Antinori.
Alla c. 86 notizie sulla Congrega delle Suore Poverelle[16];
alla c. 87 note sulla nuova chiesa di Guastameroli, detto “il Casone” dei
Filippini, con note prese dopo la morte dell’Antinori, dal 1785 al 1788.
10 - I compilatori del Manoscritto
dopo l’Antinori
Nel fasc. V Aggiunte all’Antinori,
vediamo appunti vari, presi da più mani, che non corrispondono con lo spirito
di ricerca antinoriano, per la materia trattata, e il modo in cui sono stati
allegati.
Alle cc. 1-4 vi è la copia del privilegio di Carlo V del 1536 dove si
rinnova la concessione a Lanciano degli Statuti e dei Capitoli; segue l’elenco
degli Imperatori che hanno “visitato” Lanciano da Federico II a Filippo III nel
1608; appunti vari su Trasmondo abate di S. Giovanni in Venere nel 1025, nel
1225 il beato Filippo da Lanciano[17]
a S. Giovanni in Venere; trascrizione della lapide gotica del Collegio
apostolico di Lanciano sotto la protezione di S. Pietro in Vaticano del 1250;
note delle scorrerie del Conte Lando a Lanciano nel 1335, appunti da Simmaco
Mazocchi; trascrizioni parziali della legge di Alfonso d’Aragona sulla
regolamentazione dei tratturi del 1444, il diploma di Ferdinando I d’Aragona
per i pesi e le misure di Lanciano del 1480, notizie del terremoto del 1456, il
privilegio di Ladislao del 1392 con facoltà di battere moneta, una visita del
legato del Vescovo di Chieti a Lanciano nel 1439; notizie sulla Congiura dei
Baroni e gli imputati lancianesi.
Si tratta in sostanza di notizie varie estratte, in maniera confusa, in
gran parte dalla Raccolta di memorie
istoriche delle Tre Province degli Abruzzi edite dopo l’Antinori, in
particolare i volumi II-IV, 1782-84, diciamo in gran parte, perché vi sono note
particolari su fatti lancianesi non presenti in questa raccolta a stampa, di
cui al momento non siamo riusciti a comprendere con precisione le fonti, se
dall’Archivio della Cattedrale, o da altri archivio della Diocesi.
Ad es. alle cc. 4-10 abbiamo notizie sul tentativo di Lanciano di
riprendere sotto il suo controllo Crecchio e Castelnuovo (1768), incamerate nel
Regio Demanio, un frammento di un atto del Notaio Angelo Macciocchino del 1535,
la trascrizione della targa della Sala grande del Consiglio dell’Universitas
che era affissa nella chiesa dell’Annunziata (1535)[18];
documento sulla residenza del Giustiziere Regio d’Abruzzo Citra a Lanciano nel
1540; Lanciano che cede feudi di S. Giovanni in Venere a M. Giovanni Francesco
de Monte; nel 1606 Giuseppe De Ninnis[19]
fonditore, fonde la fusione della campana grande della chiesa della Madonna del
Ponte, con allegata iscrizione, il quale fonde la campana di S. Giovanni
Battista a Lanciano, che verrà rotta dai Francesi nel 1799.
Il Bocache, che forse è intervenuto in questo manoscritto antinoriano,
insieme ad altri compilatori, al vol. VII, c. 78 riporta quasi lo stesso testo,
e il Maranca, che ampiamente attinge all’Antinori, nel suo ms. Uomini illustri di Lanciano conservato a
Pescara, alla biografia di Giuseppe De Ninnis, riporta l’iscrizione della
campana grande della Cattedrale: “ Josephus de Ninnis Anxanensis hoc fecit AD.
MDCVI” (1606), mentre per quella di S. Giovanni, riporta: “Josephus de Ninnis
fecit AD. DCVIII” (1608). Abbiamo altre notizie dal fasc. V delle Aggiunte (cc. 9-10): nel 1545 Lanciano ospita il Viceré di Napoli Pedro Alvarez de
Toledo, nel 1559 è sede del Giustiziere d’Abruzzo Citra, nel 1571 al 20 agosto
il Notaio Giovan Domenico Mancini roga strumento per Antonio Liberatore con
esenzioni di tasse per la Dogana delle pecore; nel 1570 il viceré duca d’Alcalà
ordina la ripresa dei lavori per la Torre di S. Vito; nel 1564 presso il
Castello di S. Vito, Notaio Luzio Del Romano roga strumento con Annibale
Ambrogio di Lanciano per il possesso del feudo S. Apollinare; nel 1570 sono
citati valorosi soldati abruzzesi e lancianesi alla battaglia di Lepanto, con
citazioni dei versi della Gerusalemme
liberata di Tasso (I, st. 93), che ricorda le Armi delle città di Lanciano,
Chieti, Pescara alla I Crociata; nel 1575 Lanciano compra da Ascanio Filomarino
150 ducati annui sulla Bagliva; nel 1581 l’arcivescovo Mons. Bolognini
istituisce la Congrega del Ssmo Sacramento nella Cattedrale; al 1617 nota su
Mons. Rinaldi che pubblica l’Historia
della famiglia Bucca[20];
al 20 luglio 1599 note sull’affitto delle Logge della Fiera; altri appunti di
Romanelli dell’anno 1610 con descrizione della famiglia Antonini di Lucca in
Lanciano, uomini illustri ecc.; la nota del nuovo Catasto del 1618; la
significatoria (relevio) di d. Giuseppe Caramanico mastrogiurato per il
pagamento di 5.000 ducati; riguardo la causa della vendita di Lanciano nel
1646, ci sono note sulle proteste del 1640, la lettura della causa del duca di
Castro Pallavicini del 3 novembre 1646[21],
con allegazioni riguardanti la famiglia Liberatore, e documenti che vanno fino al
1778; note sulla riforma del Catasto nel 1618; al 9 aprile 1729 provvisioni
alla Regia Camera per gli introiti sul Porto di S. Vito; al 1730 copia della
causa di Lanciano col Principe di Troja per il transito delle pecore; al 1750
una nuove causa contro Lanciano del 27 febbraio; al 1617 nota sulla
consacrazione della chiesa di S. Pantaleone[22]
da parte di Mons. Mongiò; un documento proveniente dal Libro Piano per la
Riforma dei Titoli di Legislazione al Tributo di Napoli: vi si legge che
Lanciano aveva dritto concesso dal Re di uccidere ogni feudatario che avesse
voluto.
Scorrendo le successive carte, vi è un secondo blocco di notizie
estratte da diverse fonti, principalmente dalle opere di Fella, Polidori, e
l’Antinori delle Memorie istoriche dei
Tre Abruzzi tt. II-IV, notizie che in sostanza abbiamo imparato a conoscere
dalle opere di Romanelli, e che vedremo riproporsi diverse volte nei primi due
volumi del Bocache. Controverso rimane, come vedremo più avanti in alcune note,
un passo, su cui Bocache fonderà diverse sue convinzioni, in cui Federico II
conferma dei suoi privilegi dei “suoi predecessori” normanni alla Città,
affinché Lanciano fosse sì inclusa nella Contea di Chieti, ma che avesse
un’amministrazione a sé, processo di inclusione nel Real Demanio completato con
i successivi diplomi di Carlo II, avendo la sede del Giustiziere d’Abruzzo
Citra (sulla serie dei Giustizieri d’Abruzzo Ultra e Citra dal 1324 fino al
1641, il compilatore attinge ampiamente dai Mss. antinoriani, che a suo tempo
erano presso gli eredi, e che finiranno nell’archivio dei Dragonetti, e solo
alla fine dell’800 consegnati alla Biblioteca Tommasi di Aquila; notizie dei
quali sono rintracciabili nei tt. II-IV editi della Raccolta di memorie istoriche ecc.).
Terminiamo questo capitolo di rapporti tra l’Antinori e il Bocache,
scrivendo qualche considerazione sulle lettere dell’Antinori al canonico
Cinerini, che il Bocache pubblicò. L’Antinori scrive dal suo beneficio di S.
Pietro a Capestrano tra il 1762 e il 1775, nella prima lettera del 23 lulio
1762 disquisisce sul miracolo della Madonna del Ponte e sulle indulgenze
emanate da Innocenzo VIII, ricordando la bolla del 13 giugno 1489 dove si
ricordano le grazie che la Madonna miracolosa impetrava ai fedeli, già prima
del 1429, istituendo la festa. Non si sa se prima vi fosse venerazione, la
chiesa della Madonna venne terminata nel 1442, ricordando questa iscrizione di
Pietro Polidori che riporta nella diss. Anxanum,
che l’Antinori giudica buona, anche se oggi non ci è giunta:
Crimine foedati porocul hicìnc procul este nocentes,
Huc propetate pii, vos audit Virgo Maria,
Auxilioque juvat praesens. Monumenta, tabellae
Quae Templum hoc implent testantur dona superna
Parta manu populis, simul et miracula gentis.
Undique concurrit qui Divae munera Dextrae
Postulat. Accipiunt aegri miserique et egentes
Quod cupiunt votoque suo tum quisque potitus
Divinam extollit opem laudesque rependit.
A.D. MCCCCXLII (1442)[23]
Il Ponte della Cattedrale fu restaurato diverse volte, mercé il
testamento di Antonio di Buccio della Taranta del 1467, e fu allargato
(parliamo del corridoio Auditorium) tra iol 1541 e il 1583. Nella seconda
lettera del 6 agosto dello stesso anno Antinori risponde a Cinerini, il quale
sosteneva che la data dell’istituzione della festa della Madonna dovesse
riportarsi al 1429, trovando l’Antinori contrario, in ricordo di una iscrizione
capovola murata nell’arcone meridionale del Ponte (il lato oggi non più
visibile che guarda verso il Corso), all’altezza del presbiterio. L’Antinori
sostiene che l’iscrizione non debba riferirsi alla ricostruzione della
Cattedrale, ma che sia di un altro edificio, e che fosse servito da riempitivo[24]
del foro del Ponte, che lo stesso Polidori vide, ma sbagliò la data, riferendo
il 1099. Ecco il passo della sua diss. Anxanum,
che trascriviamo:
Anno ad Virginis partu 1099, VII septembris
die quorum collapsus Anxani Pons esset, novo opere restitutus est, ut
constat ex inscriptione sequenti quae in basi eiusdem Ponti hodieque legitur, barbaris eiusdem
temporis exarata litteris:
A.A. IN
M. LXX
XXVIIII VIIS
Qui legendum consent
immo Incarnationis 1089, VII Indict.plane errant. Nam neque postrema
incriptionis litt. “I” est, sed “S”, neuque patefactus ab ipsis Christianae
salutis annus in VII Indict. indicid, sed III[25].
Polidori dunque sostiene che crollato il Ponte nel 1089, fu rifatto
dieci anni dopo, correggendo l’indizione VII in III.
L’Antinori cita anche l’iscrizione
del 1568 sulle travi del tetto a capriate, che oggi non ci è giunta.
Troppi restauri si sono susseguiti nel cantiere della Basilica, facendo perdere
diverse tracce del passato.
[1]
Cfr.Vol. VIII Bocache c. 497, dove Bocache contesta un abbaglio all’Antinori
sulle attestazioni dei nomi “Anxa – Anxia – Anxianum”, inserendo la
testimonianza della detta lapide di Bennaciario dove si riporta il nome
“Anxani”. Cfr. Ms. Antinori, Ist.di
Lanciano, fasc. I, c. 28, dove una mano differente aggiunge il ritrovamento
della lapide di Bennaciario per avvalorare la testimonianza dell’ager Anxianus
citato da Frontino nel suo passo De
limitibus negli Stratagemmi. La
grafia tuttavia non sembra essere del Bocache, ma di un altro autore, forse il
Romanelli?, del resto le affermazioni sul Frontino combaciano perfettamente con
quanto da lui asserito in Antica
topografia istorica del Regno di Napoli, vol. III, Napoli, 1819, pp. 55-56.
[2]
Cfr. Vol. II, cap.: Famose Fiere di
Lanciano e loro vicende, con la relativa nota di Renzetti del 1886.
[3]
C. Ciccarelli, Storie locali ecc.,
L’Aquila 2014, p. 54, citando il Ms. Vol. VI, c. 180
[4]
Cfr. G. Natale, Vita, opere ecc.,
2010, pp. 109-112.
[5] Bocache nella sua Serie dei Vescovi e Arcivescovi, Vol. VI, riprende quasi integralmente la biografia di Mons. Maccafani dall’Antinori, nel fasc. II sui Vescovi e Arcivescovi dell’Istoria critica di Lanciano ms.; e lo fa anche per gli altri vescovi fino a Mons. Leto. Lo ha notato M. Basilici in Il vescovo Angelo Maccafani il giovane, edizioni LO, 2023, pp. 20-23, e poi pp. 46-57-66; mi fa piacere ricordare che anche io partecipai alla ricerca, ricevendo i ringraziamenti dall’Autore.
[6] Siccome la stampa di quest’opera nel 1790 riuscì con diversi errori nelle note, con date sballate, e con una numerazione ugualmente scorretta e inaffidabile (lo stottolinea anche F. Carabba in Lanciano – Un profilo storico, vol. I, 190-95, passim), citiamo per miglior chiarezza le pagine della ristama anastatica curata dalla Rivista Abruzzese nel 2008.
[7] G. Natale nella Vita, opere, ecc., ricostruisce la storia dei testimoni delle Antiquitates Frentanorum, pp. 71-119; presso la Biblioteca comunale di Lanciano si conservano 4 volumi fotocopiati dal testimone della Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, che risulta il testimone più completo del manoscritto, insieme al testimone “Giancritofaro”, le cui dissertazioni non presenti nell’esemplare napoletano, sono state trascritte e pubblicate nel suo lavoro.
[8] Cfr. Romanelli, Scoverte Patrie ecc., vol. I, ma anche il Maranca nell’Istoria Frentana ms., A. Magliano, Considerazioni storiche sulla città di Larino, vol. I, Giovanni e Nicola Colitti, 1895, p. 11.
[9] Si tenga sempre presente che per il manoscritto di Polidori, consideriamo l’esempalre di Napoli, cfr. Natale, op. cit., la scheda delle dissertazioni a p. 97.
[10] Di questo Negrino si possiede solo una breve poesia su Lanciano, tratta sempre dalla diss. Anxanum del Polidori, ricopiata dal Romanelli anche nelle Scoverte Patrie e dal Giustiniani alla voce “Lanciano”; di lui non si trova altro.
[11] Bocache sbaglia la data, scrivendo 1795.
[12] Anche il Bocache nei suoi Mss, specialmente al Vol. II, fa numerosi riferimenti all’archivio privato.
[13] Bocache nel vol. II, cap. Dello Stato politico di Lanciano dall’anno 571 dell’Era comune fino all’anno 1200, compie anche l’errore di “avvicinare” a Lanciano il conte Boemondo di Tarsia, che indica come Boemondo di Frisa, che fu signore di Manoppello.
[14] Anche Antonio Maranca nel ms. Uomini illustri, pensa che questa stirpe derivi da Marino da Caramanico. La casa della famiglia Caramanico si trova lungo via Garibaldi a Lanciano.
[15] Per la storia in riferimenti, vedi G. de Crecchio (a cura), Antonio Maranca – Stato attuale della Città di Lanciano metropoli de’ popoli Frentani, Fonti manoscritte / Documenti per la Storia di Lanciano 1, Lanciano, Nuova Gutemberg, 2021.
[16] Basti vedere la celebre opera di G. Nicolino, Historia della Città di Chieti, Napoli, 1657, per rimanere nell’area chietina.
[17] Né l’Antinori, né Polidori ne fanno menzione. Sorge una domanda, se queste iscrizioni furono rinvenute nei lavori di costruzione del 1785, come mai, per la loro importanza, non furono murate nell’edificio, e conservate in collezione privata? A ogni modo, osservandole, il ductus denuncia un tratto troppo “occhiellato” per quella del 1138 e con riccioli tipici del Settecento, mentre per quella del restauro del Maestro di Campli del 1203, il ductus è troppo schematico per appartenere a una gotica, e tende verso destra, come se il “lapicida” si fosse prima esercitato sulla carta, e poi avesse ricopiato il tutto sulla pietra. C’è anche da dire che il ductus è incerto, tremolante, nel denunciarne la falsità.
[18] Per fare dei confronti, nell’ambito abruzzese dell’area chietina, con iscrizioni di questi tempi, si vedano quelle dell’ambone di S.ta Maria Maggiore di Pianella, o con l’epigrafe del portale laterale del maestro Alessandro di S. Francesco di Paola di Chieti, o del bassorilievo di Materdomini nella chiesa omonima di Chieti.
[19] Le ultime cc. 23-24, con gli aggiornamenti delle notizie dal 1785 fino al 1802, sono chiaramente di altra mano.
[20] I ruderi si vedevano sino a un decennio fa nel quartiere Zona 167 – S.ta Rita, in viale F. Masciangelo
[21] Vi solo il titolo del paragrafo, senza notizie.
[22] Tra queste date vi è, nella trattazione, una grossa lacuna temporale, altro segno che l’Antinori non ebbe modo di revisionare gli appunti.
[23] Vi è anche una nota dubbia del rinvenimento in situ della lapide del tempio di Giunone, presa dal Polidori.
[24] Naturalmente questa data recente è postuma alla redazione antinoriana.
[25] Forse Antinori intendeva S. Apollonia, che esisteva in contrada S. Iorio.
[26] Questa data recente, con notizie aggiunte, è stata inserita dai compilatori posteriori.
[27] S.ta Maria dei Mesi, e su ciò si confronti anche il Bocache alle relative voci dell’Appendice degli Indici.
[28] Questa aggiunta è spuria, perché l’Antinori è menzionato in terza persona dal compilatore, il quale discute sull’origine della titolatura “S. Trifone o Grifone”, forse per l’immagine della Madonna Immacolata che col piede schiaccia il serpente, che anticamente era visto anche come un dragone o grifone.
[29] Riprende la mano del compilatore solito dell’Antinori.
[30] Notizia presa da Polidori nella dissertazione De Templo, situ et promontorio S. Johannis in Venere
[31] Il testo di questo ms. corrisponde alla pietra, inserita nel Museo civico di Lanciano, e attualmente murata nell’atrio del Palazzo comunale della Città, che reca l’iscrizione: MAG(NIFICO) D(OMI)NO IO. BER(NARDIN)O RITIO M(ASTR)O IURATO EGREGIO VIRO NOTARIO ANTONIO FRANC(ISCO) HVMILE DE CIVITELLA SINDICO PROBIS VIRIS BARNABEO NARDI MAXI(M)O BARTOLOMVTII IOANNE FORCELLVTI MARCO BATTAGLINI PROCVRATORI(BVS) OFFICIIS FVNGENTIB(V)S OPVS COMPLETAV(ERUN)T EXTITIT MDXXII.
[32] Cfr. Bocache vol. VII, c. 78; ma anche il Marciani ne parla negli Appunti di fonditori di campane, in Scritti, vol. II, Lanciano 1998.
[33] C’è la nota di Romanelli, di suo pugno, in calce, che indica: “fu letta da me nel 1786”.
[34] Più avanti c’è anche il riassunto della copia della procura del Governatore Michele Pignatelli per la vendita di Lanciano del 1648.
[35] Quella del quartiere Civitanova lungo via G. Finamore.
[36] Questa iscrizione fu scolpita nuovamente nel Novecento su una pietra, che oggi è murata, insieme ad altre iscrizioni (la più antica attesta la riparazione della cupola vecchia a cura dei Procuratori Barone Paolo Vergilj, sindaco Nicola Murri, Camillo Finamore, Can. Gennaro de Bernardinis nell’anno 1847, con lavori eseguiti da Raffaele Amodio di Napoli), sul muro meridionale della Cattedrale, presso il camminamento sospeso accessibile dal Cappellone del Sacramento.
[37] Nel centro storico di Lanciano ci sono diverse iscrizioni, in chiese e in palazzi privati, usate come reimpiego. Tra quelle più belle, l’iscrizione della cappella di S. Angelo dei Lombardi di patronato Valsecca nel Santuario del Miracolo eucaristico, del XVI sec., che fu distrutta nei restauri dei secoli successivi, i di cui frammenti, anche capovolto, sono stati rimontati disordinatamente sulla parte superiore della facciata, tra cui frammenti di parole che sono una dedicata alla Madonna, dunque non iscrizioni romane, come altri hanno sostenuto.
[38] Sulla base di questa lettura, considerata aerrata dall’Antinori che vide l’iscrizione, tutti gli scrittori da Romanelli al Bocache, al Renzetti, hanno preso per oro colato quanto scrisse Polidori, riportando l’anno di restauro del Ponte nel 1099.
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