Luigi Polacchi e il controverso stradario per la memoria storica di Pescara dal 1927 al 1951
di Angelo Iocco
Pescara città giovane? Città senza rughe? Non proprio. Luigi Polacchi di Penne (1894-1988) lo sapeva bene, e da quando visse a Pescara, con la sua cultura e le sue risorse, fece di tutto per valorizzare la memoria antica della Città e dell’Abruzzo intero, impegnandosi soprattutto sulla riscoperta dei patrioti dimenticati del Risorgimento abruzzese.
Nel periodo compreso tra gli anni trenta e cinquanta la sua casa di Pescara (situata in via
Tassoni, lato lungomare), fu cenacolo letterario a cui presero parte anche
personalità come Giovanni Gentile, Alfredo Luciani (con cui avrebbe fondato, nel 1934, il
cenacolo culturale chiamato Casa di Poesia), Ignazio Silone, Domenico Tinozzi, Michele Cascella ed Ennio Flaiano.
Autore di numerose opere poetiche in lingua
italiana e alcune in vernacolo abruzzese, Luigi Polacchi ebbe giudizi
lusinghieri da Benedetto Croce, Giuseppe Antonio
Borgese, Gabriele
D'Annunzio, Luigi Pirandello ed altri. Con
il poema epico Italide, di oltre 58.000 versi, suddivisi in 62
canti. Polacchi si è proposto come cantore del Risorgimento italiano. Il suo Poema
nazionale degli italiani resta sicuramente il più eminente tentativo
di leggere la conquista dell'Unità d'Italia in chiave
lirico-epica. Già i primi versi ("Cantiam la Patria o bel coro
italiano/ come risorse una libera e forte...") annunciano il suo gusto
classico e antidecadente.
Prima dell'opera, Polacchi aveva pubblicato
una lunga poesia dal titolo Canto dei Martiri Pennesi, in ricordo
dell'insurrezione popolare antiborbonica avvenuta nella sua città di Penne, in
cui fu coinvolto anche il patriota Clemente de Caesaris, e di come fu
repressa con la condanna a morte a Teramo di 8 persone. Il poema di Polacchi
canta le vicende storiche del Risorgimento italiano dal 1820 al 1848.
Come saggista ha scritto una storia politica
e letteraria degli Abruzzi: Da Melchiorre Delfico a Clemente de Cesaris,
importante studio storico critico sul Risorgimento in Abruzzo, dal periodo
dell'assalto francese murattiano del 1799, sino ai moti insurrezionali e alle
imprese di Clemente de Caesaris in Abruzzo.
DA GLI SPALTI DELLA FORTEZZA CHE QUI FU OR RASA AL SUOLO, VITTORIO EMANUELE II, MUOVENDO INCONTRO ALLA GLORIA GARIBALDINA E ALL’UNITA’ MERIDIONALE DELLA PATRIA, IL XVI OTTOBRE MDCCCLX (1860) VATICINO’ LA SORTE DELLA PESCARA VENTURA: “OH CHE BEL SITO PER UNA GRANDE CITTA’”, O RISORGENTI DALLE RUINE TRA LE STORICHE FORME PERITURE O SANGUINOSE ELEVATE DALLE RUINE TRA LE STORICHE FORME PERITURE O SANGUINOSE ELEVATE CONCORDE L’OPEROSA VOLOTA’ CIVILE
Iscrizioni
sulle quattro teste del Ponte Risorgimento, la testa dedicata a Giovan Girolamo
II Acquaviva, lato via Spalti del Re.
ALLA RIVOLUZIONE DELLE
CAMICIE ROSSE CLEMENTE DE CAESARIS, POETA E GALEOTTO POLITICO, PRODITTATORE DI
GARIBALDI NEI TRE ABRUZZI, IL XVI SETTE,BRE MDCCCLX (1860) FE’ CAPITOLARE LA FORTEZZA
BORBONICA, LIBERO’ I LANGUENTI MARTIRI, RESE POSSIBILE CASTELFIDARDO, SGOMBRO’
IL PERORSO MERIDIONALE DELL’UNITA’ D’ITALIA PEL CUI AMORE SI TRASSE OSCURO IN
DISPARTE DINANZI ALLA MONARCHIA VITTORIOSA, PROFETIZZANDO IMMANCABILE L’AVVENTO
REPUBBLICANO VENTURO.
Le iscrizioni dettate
dal Polacchi si trovano a che nel Monumento ai Martiri Abruzzesi del
Risorgimento in piazza Unione, dove oltre al cippo, figura un’altra scultura in
granito con diverse carte, le lettere che i carcerati dello Spielberg d’Abruzzo
scrivevano con sentimenti di amore per la Patria unita. Nelle vicinanze, nel
1949 fu inaugurato anche il Monumento a
Manthoné[3]
e Carafa [4],
con una sua dedica.
Pagine dell’Album pittorico abruzzese (Bibl.
Prov. De Meis, Chieti): entrata di Vittorio Emanuele a Pescara nel 1860, sul
ponte di barche sul fiume. Disegno di Rafafele Del Ponte.
Il Greco, consultando
le carte del Polacchi nello studio vecchio del Villino Nonnina a Pescara, ha
rinvenuto degli appunti del Poeta, in cui si lamentava della situazione dello
stradario pescarese, e suggeriva degli appunti. In particolare notiamo come
Polacchi, avendo studiato piante catastali, documenti d’archivio e le memorie
dei patrioti abruzzesi, avesse ben in mente strutturato quel piccolo agglomerato
abitativo che era la vecchia Pescara, quando alla fine dell’800 era ancora
inglobata tra le mura e i bastioni della Fortezza, quella Pescara che vide le
rivolte del 1799, del 1814, del 1860, quella Pescara dove si svolgeva una
tranquilla vita paesana, scandita però dal ritmo serrato e ordinario delle
guardie dei Borboni, dalle esercitazioni nella Piazza d’Armi (piazza
Garibaldi), e dalle processioni e festività presso le chiese. Infatti notiamo
dei toponimi oggi scomparsi, via San Giacomo era la strada accanto la chiesa
distrutta di san Giacomo degli Spagnoli, dove oggi sorge l’ex chiesa
dell’Adorazione in Largo dei Frentani, via delle Monache è la strada del
Mercato coperto Portanuova, dove risiedevano le Benedettine nel convento
dell’Annunziata, via delle Vasche Borboniche riguardava l’area delimitata dai
fossati dei bastioni, in questo caso il Bastione Sant’Antonio, all’intersezione
con il ponte ferroviario di ferro sul fiume; poi via della Panetteria (via dei
Bastioni, all’altezza di piazza Unione), largo Arsenale, ossia proprio l’area
di Largo dei Frentani dove stava la polveriera ricavata dall’ex convento di San
Francesco, che esplose nel 1799 durante l’assedio di Pescara. Abbiamo così un
quadro dell’antica Pescara, che Polacchi intendeva conservare nella sua
memoria, attraverso almeno strade e vie, dato che ormai molto era andato
perduto, chiesa di San Giacomo, le case di via delle Caserme, insieme alla
porzione del Bagno penale con l’arco maggiore, e tanto altro:
PIAZZA CICERONE =
PIAZZA REPUBBLICA PARTENOPEA
VIA CONTE DI RUVO = VIA
E. CARAFA
VIA CINCINNATO = VIA G.
PEPE
VIA PETRONIO = VIA
FLORESTANO PEPE
LARGO DEI FRENTANI = LARGO G. MURAT
VIA CATULLO – VIA DELLA
PANETTERIA
VIA CECCO ANGIOLIERI =
VIA DELLA POLVERIERA
VIA ORAZIO = VIA VASCHE
BORBONICHE
VIA OSTUNI = VIA
PALAFITTE VESTINE
VIA LAGO DI SCANNO =
VIA PROCLAMA DI RIMINI
VIA RAVENNA = VIA PONTE
ROTTO
E poi altre strade da
denominare, i di cui suggerimenti non verranno rispettati: via San Giacomo dei
Galeotti, via delle Monache, via Sordello, Lungaterno Delfico, largo
dell’Emporio (discesa di via del Porto verso la marina), via della Vallicella
(via Tassoni).
Le presenti
informazioni provengono da una scheda pdf a cura dell’Amministrazione comunale
di Pescara, che riporta per sommi capi,
in griglia, le varie denominazioni, e per la segnalazione di esso e per la sua
consultazione, ringrazio in questa sede il Prof. Andrea D’Emilio.
Dopo l'unificazione dei
comuni di Pescara e Castellammare nel 1927, la giunta comunale si prese
l'incarico di intitolare diverse strade che non avevano un nome, ma una
semplice numerazione. Nel 1931 sotto l'amministrazione del podestà Giacinto
Forcella, furono dati diversi nomi alle strade dell'area di espansione dell'ex
Castellammare (corso Vittorio Emanuele, stazione, Corso Umberto, piazza
Italia): ricordiamo via Spalti del Re, via Caduta del Forte, via de Caesaris,
via Ancona, via Rimini, le strade dedicate ai poeti di via Dante, via Petrarca,
via Boccaccio, via Tasso, via Ovidio, i nomi delle strade alle montagne: via
Maiella, via Monte Corno, via Gran Sasso, nell'area della Pineta: via d'Avalos,
via Michetti, via Tosti, via Patini.. Nel 1934 sotto il commissario prefettizio
Arcangelo Cirmeni, furono aggiunte le strade dell'area di espansione
"Porta Nuova": di via Delfico, via Carlo Madonna, via Luca da Penne,
via Muzio Pansa, via Saliceti, via Tripoti, via de Virgiliis, D'Ortensio,
Mezucelli (tutti patrioti abruzzesi del Risorgimento, su consiglio di
Polacchi); ricordiamo anche strade che poi vennero cambiate, come via dei Fasci
Abruzzesi. Nel 1938 durante l'amministrazione del podestà Emidio Ghiotti, si
nominano nuove strade, nelle quali prevale l'interesse per il Risorgimento
italiano e ai protagonisti della Grande Guerra ( circa la toponomastica): via
D. de Caesaris, lungaterno Marconi (poiché viale Marconi si chiamava Corso
Principe di Piemonte), via Diaz, via Cadorna, via Quarto dei mille, via
Giambattista Polacchi (deduciamo che il Poeta Polacchi era sempre vicino alle
amministrazioni in questo periodo, per la toponomastica).
Dopo la seconda guerra
mondiale, nel 1947, c'è un sentimento di rifiuto della politica nei confronti
della vecchia monarchia sabauda, tanto che anche le due grandi arterie di corso
Vittorio e corso Umberto vengono cambiate: durante l'amministrazione del 1927
corso Vittorio Emanuele diventa corso Italia, corso Umberto è corso
Indipendenza, piazza Vittorio diventa piazza Gramsci (oggi piazza I Maggio),
corso Principe di Piemonte (viale Marconi) diventa Corso Nazionale (per il
sentimento patriottico, e per il fatto che vi passa la strada statale
adriatica), piazza Vittorio Emanuele III diventa piazza Rossini, via Reale
diventa via della Repubblica. nella deliberazione del 1951 della giunta, sono
cambiati dei nomi di strada, in barba a quanto Polacchi progettava. Polacchi
desiderava, quando fu chiamato dalla commissione nel 1949, mettere in risalto i
nomi dei patrioti abruzzesi del Risorgimento, i martiri del 1799, i
protagonisti del Governo Borbonico, e della storia d'Abruzzo. Al contrario,
come ebbe a rammaricarsi, l'amministrazione preferì per la toponomastica i nomi
dei capoluoghi di provincia dell'Italia, i nomi dei poeti, inserendo nomi di poeti
latini anche per le viuzze dell'antico quartiere Porta Nuova, non ascoltando i
suggerimenti di Polacchi, che preferiva fosse mantenuta la toponomastica
storica, come Piazza Panificio (oggi piazza Unione), via delli Quartieri (via
dei Bastioni), via dell'Ospedale vecchio (via Petronio), ecc., rimanendo
profondamente offeso per l'intitolazione dell'ex piazza XX settembre (oggi E.
Alessandrini) al filosofo latino Cicerone, ritenendole delle corbellerie.
Riuscì a fare in modo che venisse mantenuta via Conte di Ruvo, anche se
preferiva che, in ossequio al martire del 1799, si chiamasse via Ettore Carafa.
Dopo la morte del Poeta
nel 1988 a Pescara, i discendenti, in particolare Gerardo e Maria Antonietta
Polacchi, si sono impegnati affinché il Poeta venisse ricordato nello stradario
pescarese e italiano. Tra le prime strade che gli furono intitolate, sono via
Polacchi a Penne, nel 1994 in occasione del centenario della nascita, una targa
è stata affissa alla casa natale su corso Emilio Alessandrini di Penne. Con
l'espansione del quartiere Alcyone a confine con Francavilla, due strade sono
state dedicate a Polacchi rispettivamente in Pescara e Francavilla. A seguire
un piccolo vicolo è stato dedicato a Polacchi lungo via M. Della Porta a
Guardiagrele, poiché il Polacchi fu intimo amico ed estimatore del poeta
guardiese. Nella frazione Appignano di Castiglione Messer Raimondo è stato
dedicato il Largo Castello a Polacchi, con una targa affissa all'ingresso del
palazzo baronale, dove il Poeta trovò rifugio durante la seconda guerra
mondiale. In Pescara, in occasione del centenario della nascita nel 1994, è
stata affissa una targa all'atrio del liceo classico D'Annunzio, per
commemorarne la memoria. Il Preside Giuseppino Mincione aveva scritto anche un
distico in latino in onore del Poeta, da far scolpire e affiggere nell'aula
magna dello stesso liceo, ma senza esito. nel 2007 è stata dedicata anche la
scuola media "S. Panfilo" di Penne a Polacchi. Infine i discendenti
si sono adoperati per far intitolare una strada al Poeta a Roma nel quartiere
Bufalotta, a Bologna gli è stata
dedicata la rotatoria nei pressi dello scalo ferroviario S. Donato. Infine al
Poeta è dedicata una strada di Chieti scalo,
e un'altra a L'Aquila nel quartiere S. Lorenzo. Gli eredi stanno
portando a compimento in collaborazione con l'amministrazione comunale Russo,
l'iter per la dedicazione al Poeta di una piazza a Francavilla al mare.
[1]
C. Greco, Luigi Polacchi. Il senzanome di
Bertona – Centenario della nascita del Poeta, Pescara, 1994, pp. 46-54
[2]
Polacchi raccoglierà tutti gli studi sull’argomento nel poderoso volume Da Melchiorre Delfico a Clemente de Caesaris,
Pescara, 1961.
[3]
Figlio
di un Savoiardo,
Cesare de Manthoné, aiutante maggiore nel presidio della fortezza di Pescara, e
di Maria Teresa Fernandez d'Espinosa, figlia di Don Gioacchino Fernandez
d'Espinosa, Governatore della Fortezza, e di Donna Bernarda Carascon. Nella Repubblica
Partenopea fu membro del governo provvisorio con il difficile incarico di
occuparsi della riorganizzazione di un esercito efficiente. A tal fine,
riorganizzò la guardia nazionale nominando anche dei nuovi comandanti. Manthoné
dapprima, sbagliando, tenne in poco conto il cardinale Fabrizio Ruffo - il quale aveva costituito un esercito
reazionario (Esercito della
Santa Fede)— e non provvide a contrastarlo; ma quando vide che il Cardinale
avanzava incontrastato alla volta di Napoli, tentò di ricorrere al popolo per un massiccio
reclutamento: in particolare, propose con decreto che alle madri "private
dei figli per la libertà" si dessero stipendi lauti e onorificenze.
Gabriele Manthoné fu condannato a morte. Sulla sua esecuzione avanza un
documento che il Vannucci legge così:
«Fo fede io qui, sotto segretario della
compagnia dei Bianchi della giustizia di questa città, sotto il titolo di
Sancta Maria succurre miseris, che nel giorno 24 settembre del 1799 D. Gabriele Manthoné, siccome reo di Stato, munito dei santissimi
sacramenti, fu dai nostri fratelli assistito a ben morire, ed il suo cadavere
dagli stessi fratelli fu officiato nella Chiesa del Carmine Maggiore, dove
ricevé l'ecclesiastica sepoltura.»
[4] In piazza XX Settembre, nominata brevemente piazza Cicerone, e dopo gli anni ’70 piazza Alessandrini, in ricordo del giudice pennese ucciso da terroristi. Ettore Carafa, duca di Andria e conte di Ruvo, nacque ad Andria il 29 dicembre del 1767. Trascorse l'infanzia nella residenza ducale, appartenuta secoli prima ai nobili feudatari Del Balzo, che dominarono Andria finché uno di loro, partecipando alla fine del Quattrocento alla congiura dei baroni, non venne decapitato a Napoli, stessa sorte che capitò a lui. Come precettore venne scelto Francesco Laghezza di Trani, che contribuì in maniera decisiva alla sua formazione liberale.Membro della Massoneria, nel 1795 fu arrestato con l'accusa di cospirazione, per poi aderire nel 1799 alle idee rivoluzionarie che portarono alla proclamazione della Repubblica Napoletana, ricevendo il grado di colonnello. Si recò quindi in Puglia allo scopo di assediare Andria, la sua città natia, che era rimasta fedele ai Borbone. Prima di iniziare le ostilità si recò presso le mura della città per tentare una negoziazione, ma essendo stato subito attaccato dai difensori ordinò l'assedio, che condusse insieme al generale Jean-Baptiste Broussier e le sue truppe francesi. Dopo la presa di Andria, fu inviato a Pescara a presidiare la città, ma questa fu assediata già il 30 giugno 1799 dall'Esercito della Santa Fede guidato dal capomassa abruzzese Giuseppe Pronio. In seguito agli scontri fu catturato il 1 luglio e tradotto a Napoli in catene. Sventata la rivoluzione, i Borbone fecero giustiziare i repubblicani napoletani di spicco, tra cui lo stesso Ettore Carafa, decapitato in piazza del Mercato a Napoli il 4 settembre del 1799.
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