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18 maggio 2024

Luigi Polacchi e il controverso stradario per la memoria storica di Pescara dal 1927 al 1951.

Luigi Polacchi e il controverso stradario per la memoria storica di Pescara dal 1927 al 1951

di Angelo Iocco

Pescara città giovane? Città senza rughe? Non proprio. Luigi Polacchi di Penne (1894-1988) lo sapeva bene, e da quando visse a Pescara, con la sua cultura e le sue risorse, fece di tutto per valorizzare la memoria antica della Città e dell’Abruzzo intero, impegnandosi soprattutto sulla riscoperta dei patrioti dimenticati del Risorgimento abruzzese.

Nel periodo compreso tra gli anni trenta e cinquanta la sua casa di Pescara (situata in via Tassoni, lato lungomare), fu cenacolo letterario a cui presero parte anche personalità come Giovanni GentileAlfredo Luciani (con cui avrebbe fondato, nel 1934, il cenacolo culturale chiamato Casa di Poesia), Ignazio SiloneDomenico TinozziMichele Cascella ed Ennio Flaiano.

Autore di numerose opere poetiche in lingua italiana e alcune in vernacolo abruzzese, Luigi Polacchi ebbe giudizi lusinghieri da Benedetto CroceGiuseppe Antonio BorgeseGabriele D'AnnunzioLuigi Pirandello ed altri. Con il poema epico Italide, di oltre 58.000 versi, suddivisi in 62 canti. Polacchi si è proposto come cantore del Risorgimento italiano. Il suo Poema nazionale degli italiani resta sicuramente il più eminente tentativo di leggere la conquista dell'Unità d'Italia in chiave lirico-epica. Già i primi versi ("Cantiam la Patria o bel coro italiano/ come risorse una libera e forte...") annunciano il suo gusto classico e antidecadente.

Prima dell'opera, Polacchi aveva pubblicato una lunga poesia dal titolo Canto dei Martiri Pennesi, in ricordo dell'insurrezione popolare antiborbonica avvenuta nella sua città di Penne, in cui fu coinvolto anche il patriota Clemente de Caesaris, e di come fu repressa con la condanna a morte a Teramo di 8 persone. Il poema di Polacchi canta le vicende storiche del Risorgimento italiano dal 1820 al 1848.

Come saggista ha scritto una storia politica e letteraria degli Abruzzi: Da Melchiorre Delfico a Clemente de Cesaris, importante studio storico critico sul Risorgimento in Abruzzo, dal periodo dell'assalto francese murattiano del 1799, sino ai moti insurrezionali e alle imprese di Clemente de Caesaris in Abruzzo.


Torre civica di Pescara, con le iscrizioni della visita di Vittorio Emanuele II, e in ricordo di Clemente de Caesaris, 1949.


Come studioso di letteratura ha lasciato commenti critici sulle opere di Papini, Clemente de Caesaris, Cesare De Titta, Modesto Della Porta ed altri. Soprattutto si ricorda il grande impegno di Polacchi nel rivalutare e nel far riscoprore alla critica nazionale l'opera di De Caesaris, pubblicando nel 1960-61 in 2 volumi, più l'Epistola al Popolo, gli Scritti del patriota abruzzese, compresi inediti e la raccolta completa dei Carmi, presso la Tipografia Marchionne di Chieti, con saggi biobibliogragici sulla vita dell'autore in introduzione. Per De Caesaris, Polacchi, nel 1977, centenario della morte, scolpì un busto di gesso ritraente il patriota, di cui poi fu fatta una copia in bronzo affinché fosse esposta alla villa comunale di Penne. Nel 2012 una copia della copia è stata installata davanti all'ex bagno penale di Pescara in via delle Caserme, con una citazione dall'Epistola al Popolo (1860).
Come memorialista, Polacchi ha raccontato le vicende della Grande Guerra nelle Memorie di un sottotenente, un racconto memorialistico. Fu volontario nella Prima guerra mondiale, combattente sull'Isonzo e ad Asiago e raggiunse il grado di tenente colonnello di complemento di fanteria.
Dedicò molte energie alla promozione culturale dando un fondamentale contributo al Libero Istituto che sarebbe diventato nel 1948 l'Università Abruzzese degli Studi "Gabriele d'Annunzio" con sede a Chieti e Pescara. Il prof. Candido Greco, in un articolo apparso nella Rivista Abruzzese - Rassegna Trimestrale di cultura (Anno LIX - 2006 - N. 2), riconosce in Luigi Polacchi il vero fondatore di questa università.
Polacchi fu tra i primi a capire le potenzialità di crescita della città di Pescara, antico borgo marinaro unificato con Castellamare Adriatico e poi creata capoluogo di provincia nel 1927. La città ebbe un rapidissimo sviluppo nel dopoguerra e Polacchi coniò il nome Teaterno per la futura metropoli che nella sua visione avrebbe riunito in un'unica città i due capoluoghi di Chieti e Pescara, anche se poi si sceglierà di lasciare Chieti capoluogo della sua provincia, mentre il nuovo nucleo della fusione in ossequio a D'Annunzio si chiamò "Pescara".
Per la sua vasta opera poetica il nome di Polacchi fu segnalato alla commissione del premio Nobel nel 1975 (lo stesso anno in cui il premio fu assegnato al poeta italiano Eugenio Montale).
Come ricostruisce Candido Greco[1], il Polacchi si adoperò anima e corpo per valorizzare Pescara in ogni suo aspetto, collaborando a istituire una Biblioteca provinciale con l’On. Tinozzi, a istituire una Corporazione musicale, che poi verrà regificata come Liceo musicale Luisa d’Annunzio, a provvedere la Città di scuole e istituti, nel 1942 a istituire il primo embrione di Libero istituto superiore Abruzzese nell’aula magna del Liceo classico D’Annunzio, progetto naufragato nel 1948, per essere ripreso anni più tardi dal Prof. Ettore Paratore con l’istituzione della Libera Università degli Studi Abruzzese a Chieti, e tanto altro. Quando Pescara dovette essere ricostruita dopo le terribili distruzioni della seconda guerra mondiale fu il Polacchi a impegnarsi in prima persona per dettare delle lapidi da apporre alle nuove strutture, come il Ponto Risorgimento sorto sulle ceneri dell’ex Ponte Littorio, sulla Torre civica del Palazzo Civico, sul Monumento ai Patrioti Carafa e Manthoné del 1799 nell’ex piazza XX Settembre, ecc.
Per il Ponte Risorgimento, inaugurato nel 1947, Polacchi dettò il testo delle iscrizioni a Francesco Ferdinando D’Avalos Marchese di Vasto e Pescara, con moglie Vittoria Colonna, condottiero e vincitore delle campagne di Milano, Ravenna, Genova, che catturò il re Francesco I di Francia nella battaglia di Pavia, ricevendo onori; al condottiero Muzio Attendolo Sforza, perito nelle acque della Pescara nel 1424, durante la marcia per liberare Aquila dall’assedio di Braccio da Montone; Giovanni Girolano Acquaviva Aragona II, che difese Pescara dall’assedio degli Austriaci con pochi uomini 1703; e infine l’iscrizione non realizzata, da porre al campo sportivo Rampigna, dove c’era la Porta Antonia della Fortezza, che rievocava tutta la storia di Pescara da Aterno fino a Carlo V, al sacrificio di Gabriele Manthonè ed Ettore Carafa, alla distruzione bellica del 1943 e alla ricostruzione.


Per la Torre civica, Polacchi dettò le iscrizioni che inneggiano alla storia del Risorgimento abruzzese[2], in partciolar modo alla visita del Re Vittorio Emanuele II nel 1860, quando sul Bastione S. Cristoforo (era in piazza Unione) della Fortezza spagnola, ammirando l’area paludosa dell’attuale corso Vittorio Emanuele e strade secondarie, vaticinò la “grande città”; a seguire l’iscrizione che rendeva il giusto onore al patriota pennese Clemente de Caesaris (1810-1877), che tanto si adoperò, subendo carcerazioni continue, anche a Pescara, perché l’Unità d’Italia si realizzasse anche in Abruzzo. Ecco le iscrizioni:

DA GLI SPALTI DELLA FORTEZZA CHE QUI FU OR RASA AL SUOLO, VITTORIO EMANUELE II, MUOVENDO INCONTRO ALLA GLORIA GARIBALDINA E ALL’UNITA’ MERIDIONALE DELLA PATRIA, IL XVI OTTOBRE MDCCCLX (1860) VATICINO’ LA SORTE DELLA PESCARA VENTURA: “OH CHE BEL SITO PER UNA GRANDE CITTA’”, O RISORGENTI DALLE RUINE TRA LE STORICHE FORME PERITURE O SANGUINOSE ELEVATE DALLE RUINE TRA LE STORICHE FORME PERITURE O SANGUINOSE ELEVATE CONCORDE L’OPEROSA VOLOTA’ CIVILE

Iscrizioni sulle quattro teste del Ponte Risorgimento, la testa dedicata a Giovan Girolamo II Acquaviva, lato via Spalti del Re.


ALLA RIVOLUZIONE DELLE CAMICIE ROSSE CLEMENTE DE CAESARIS, POETA E GALEOTTO POLITICO, PRODITTATORE DI GARIBALDI NEI TRE ABRUZZI, IL XVI SETTE,BRE MDCCCLX (1860) FE’ CAPITOLARE LA FORTEZZA BORBONICA, LIBERO’ I LANGUENTI MARTIRI, RESE POSSIBILE CASTELFIDARDO, SGOMBRO’ IL PERORSO MERIDIONALE DELL’UNITA’ D’ITALIA PEL CUI AMORE SI TRASSE OSCURO IN DISPARTE DINANZI ALLA MONARCHIA VITTORIOSA, PROFETIZZANDO IMMANCABILE L’AVVENTO REPUBBLICANO VENTURO.


Le iscrizioni dettate dal Polacchi si trovano a che nel Monumento ai Martiri Abruzzesi del Risorgimento in piazza Unione, dove oltre al cippo, figura un’altra scultura in granito con diverse carte, le lettere che i carcerati dello Spielberg d’Abruzzo scrivevano con sentimenti di amore per la Patria unita. Nelle vicinanze, nel 1949 fu inaugurato anche il Monumento a  Manthoné[3] e Carafa [4], con una sua dedica.

Pagine dell’Album pittorico abruzzese (Bibl. Prov. De Meis, Chieti): entrata di Vittorio Emanuele a Pescara nel 1860, sul ponte di barche sul fiume. Disegno di Rafafele Del Ponte.

 

Il Greco, consultando le carte del Polacchi nello studio vecchio del Villino Nonnina a Pescara, ha rinvenuto degli appunti del Poeta, in cui si lamentava della situazione dello stradario pescarese, e suggeriva degli appunti. In particolare notiamo come Polacchi, avendo studiato piante catastali, documenti d’archivio e le memorie dei patrioti abruzzesi, avesse ben in mente strutturato quel piccolo agglomerato abitativo che era la vecchia Pescara, quando alla fine dell’800 era ancora inglobata tra le mura e i bastioni della Fortezza, quella Pescara che vide le rivolte del 1799, del 1814, del 1860, quella Pescara dove si svolgeva una tranquilla vita paesana, scandita però dal ritmo serrato e ordinario delle guardie dei Borboni, dalle esercitazioni nella Piazza d’Armi (piazza Garibaldi), e dalle processioni e festività presso le chiese. Infatti notiamo dei toponimi oggi scomparsi, via San Giacomo era la strada accanto la chiesa distrutta di san Giacomo degli Spagnoli, dove oggi sorge l’ex chiesa dell’Adorazione in Largo dei Frentani, via delle Monache è la strada del Mercato coperto Portanuova, dove risiedevano le Benedettine nel convento dell’Annunziata, via delle Vasche Borboniche riguardava l’area delimitata dai fossati dei bastioni, in questo caso il Bastione Sant’Antonio, all’intersezione con il ponte ferroviario di ferro sul fiume; poi via della Panetteria (via dei Bastioni, all’altezza di piazza Unione), largo Arsenale, ossia proprio l’area di Largo dei Frentani dove stava la polveriera ricavata dall’ex convento di San Francesco, che esplose nel 1799 durante l’assedio di Pescara. Abbiamo così un quadro dell’antica Pescara, che Polacchi intendeva conservare nella sua memoria, attraverso almeno strade e vie, dato che ormai molto era andato perduto, chiesa di San Giacomo, le case di via delle Caserme, insieme alla porzione del Bagno penale con l’arco maggiore, e tanto altro:

PIAZZA CICERONE = PIAZZA REPUBBLICA PARTENOPEA

VIA CONTE DI RUVO = VIA E. CARAFA

VIA CINCINNATO = VIA G. PEPE

VIA PETRONIO = VIA FLORESTANO PEPE

LARGO DEI FRENTANI  = LARGO G. MURAT

VIA CATULLO – VIA DELLA PANETTERIA

VIA CECCO ANGIOLIERI = VIA DELLA POLVERIERA

VIA ORAZIO = VIA VASCHE BORBONICHE

VIA OSTUNI = VIA PALAFITTE VESTINE

VIA LAGO DI SCANNO = VIA PROCLAMA DI RIMINI

VIA RAVENNA = VIA PONTE ROTTO

E poi altre strade da denominare, i di cui suggerimenti non verranno rispettati: via San Giacomo dei Galeotti, via delle Monache, via Sordello, Lungaterno Delfico, largo dell’Emporio (discesa di via del Porto verso la marina), via della Vallicella (via Tassoni).

Monumento a Carafa e Manthoné, piazza Alessandrini.

Le presenti informazioni provengono da una scheda pdf a cura dell’Amministrazione comunale di Pescara,  che riporta per sommi capi, in griglia, le varie denominazioni, e per la segnalazione di esso e per la sua consultazione, ringrazio in questa sede il Prof. Andrea D’Emilio.

Dopo l'unificazione dei comuni di Pescara e Castellammare nel 1927, la giunta comunale si prese l'incarico di intitolare diverse strade che non avevano un nome, ma una semplice numerazione. Nel 1931 sotto l'amministrazione del podestà Giacinto Forcella, furono dati diversi nomi alle strade dell'area di espansione dell'ex Castellammare (corso Vittorio Emanuele, stazione, Corso Umberto, piazza Italia): ricordiamo via Spalti del Re, via Caduta del Forte, via de Caesaris, via Ancona, via Rimini, le strade dedicate ai poeti di via Dante, via Petrarca, via Boccaccio, via Tasso, via Ovidio, i nomi delle strade alle montagne: via Maiella, via Monte Corno, via Gran Sasso, nell'area della Pineta: via d'Avalos, via Michetti, via Tosti, via Patini.. Nel 1934 sotto il commissario prefettizio Arcangelo Cirmeni, furono aggiunte le strade dell'area di espansione "Porta Nuova": di via Delfico, via Carlo Madonna, via Luca da Penne, via Muzio Pansa, via Saliceti, via Tripoti, via de Virgiliis, D'Ortensio, Mezucelli (tutti patrioti abruzzesi del Risorgimento, su consiglio di Polacchi); ricordiamo anche strade che poi vennero cambiate, come via dei Fasci Abruzzesi. Nel 1938 durante l'amministrazione del podestà Emidio Ghiotti, si nominano nuove strade, nelle quali prevale l'interesse per il Risorgimento italiano e ai protagonisti della Grande Guerra ( circa la toponomastica): via D. de Caesaris, lungaterno Marconi (poiché viale Marconi si chiamava Corso Principe di Piemonte), via Diaz, via Cadorna, via Quarto dei mille, via Giambattista Polacchi (deduciamo che il Poeta Polacchi era sempre vicino alle amministrazioni in questo periodo, per la toponomastica). 

Gabriele Manthoné

Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1947, c'è un sentimento di rifiuto della politica nei confronti della vecchia monarchia sabauda, tanto che anche le due grandi arterie di corso Vittorio e corso Umberto vengono cambiate: durante l'amministrazione del 1927 corso Vittorio Emanuele diventa corso Italia, corso Umberto è corso Indipendenza, piazza Vittorio diventa piazza Gramsci (oggi piazza I Maggio), corso Principe di Piemonte (viale Marconi) diventa Corso Nazionale (per il sentimento patriottico, e per il fatto che vi passa la strada statale adriatica), piazza Vittorio Emanuele III diventa piazza Rossini, via Reale diventa via della Repubblica. nella deliberazione del 1951 della giunta, sono cambiati dei nomi di strada, in barba a quanto Polacchi progettava. Polacchi desiderava, quando fu chiamato dalla commissione nel 1949, mettere in risalto i nomi dei patrioti abruzzesi del Risorgimento, i martiri del 1799, i protagonisti del Governo Borbonico, e della storia d'Abruzzo. Al contrario, come ebbe a rammaricarsi, l'amministrazione preferì per la toponomastica i nomi dei capoluoghi di provincia dell'Italia, i nomi dei poeti, inserendo nomi di poeti latini anche per le viuzze dell'antico quartiere Porta Nuova, non ascoltando i suggerimenti di Polacchi, che preferiva fosse mantenuta la toponomastica storica, come Piazza Panificio (oggi piazza Unione), via delli Quartieri (via dei Bastioni), via dell'Ospedale vecchio (via Petronio), ecc., rimanendo profondamente offeso per l'intitolazione dell'ex piazza XX settembre (oggi E. Alessandrini) al filosofo latino Cicerone, ritenendole delle corbellerie. Riuscì a fare in modo che venisse mantenuta via Conte di Ruvo, anche se preferiva che, in ossequio al martire del 1799, si chiamasse via Ettore Carafa.


Nell'ambito della ridenominazione delle strade nel 1951, volendo l'amministrazione stabilire un equilibrio tra l'attualità e il contesto storico di sentimento patrio verso i protagonisti della Grande Guerra, come Luigi Cadorna, ridenominarono via XX Settembre in via Trento, via Cadorna in via Trieste, via P. de Virgiliis in via Potenza, via Martiri Angolani 1814 in via Messina, via Carducci in via Campania, via D. de Caesaris in via Calabria, via F. Farina in via Campobasso, via Mambelli in via Catania, via Saliceti in via Siena, via Pascoli in via Bari, via M. Attendolo Sforza in via Forca di Penne, via R. D'Ortensio in via Bocca di valle, via Quarto dei Mille in via Campo imperatore, via Tito Acerbo in via Michelangelo, via Laccetti in via Brunelleschi ecc. Naturalmente in questi anni, man mano che cresceva l'urbanistica, diverse strade nuove che vennero a crearsi furono nominate, sempre con nomi di città italiane, o di località d'interesse dell'Abruzzo (montagne, mari, laghi, ecc.). Il Polacchi, come possiamo vedere, ne rimase profondamente contrariato, i nomi che erano stati apposti già negli anni '30, he ricordavano personaggi abruzzesi del Risorgimento (sempre per quel progetto sempre sostenuto dal Polacchi di dare a Pescara una storia attraverso i fatti del passato e gli uomini illustri), e non solo, erano stati cancellati con nomi di capoluoghi, o con nomi di personaggi italiani della classicità.

Dopo la morte del Poeta nel 1988 a Pescara, i discendenti, in particolare Gerardo e Maria Antonietta Polacchi, si sono impegnati affinché il Poeta venisse ricordato nello stradario pescarese e italiano. Tra le prime strade che gli furono intitolate, sono via Polacchi a Penne, nel 1994 in occasione del centenario della nascita, una targa è stata affissa alla casa natale su corso Emilio Alessandrini di Penne. Con l'espansione del quartiere Alcyone a confine con Francavilla, due strade sono state dedicate a Polacchi rispettivamente in Pescara e Francavilla. A seguire un piccolo vicolo è stato dedicato a Polacchi lungo via M. Della Porta a Guardiagrele, poiché il Polacchi fu intimo amico ed estimatore del poeta guardiese. Nella frazione Appignano di Castiglione Messer Raimondo è stato dedicato il Largo Castello a Polacchi, con una targa affissa all'ingresso del palazzo baronale, dove il Poeta trovò rifugio durante la seconda guerra mondiale. In Pescara, in occasione del centenario della nascita nel 1994, è stata affissa una targa all'atrio del liceo classico D'Annunzio, per commemorarne la memoria. Il Preside Giuseppino Mincione aveva scritto anche un distico in latino in onore del Poeta, da far scolpire e affiggere nell'aula magna dello stesso liceo, ma senza esito. nel 2007 è stata dedicata anche la scuola media "S. Panfilo" di Penne a Polacchi. Infine i discendenti si sono adoperati per far intitolare una strada al Poeta a Roma nel quartiere Bufalotta, a  Bologna gli è stata dedicata la rotatoria nei pressi dello scalo ferroviario S. Donato. Infine al Poeta è dedicata una strada di Chieti scalo,  e un'altra a L'Aquila nel quartiere S. Lorenzo. Gli eredi stanno portando a compimento in collaborazione con l'amministrazione comunale Russo, l'iter per la dedicazione al Poeta di una piazza a Francavilla al mare.



[1] C. Greco, Luigi Polacchi. Il senzanome di Bertona – Centenario della nascita del Poeta, Pescara, 1994, pp. 46-54

[2] Polacchi raccoglierà tutti gli studi sull’argomento nel poderoso volume Da Melchiorre Delfico a Clemente de Caesaris, Pescara, 1961.

[3] Figlio di un Savoiardo, Cesare de Manthoné, aiutante maggiore nel presidio della fortezza di Pescara, e di Maria Teresa Fernandez d'Espinosa, figlia di Don Gioacchino Fernandez d'Espinosa, Governatore della Fortezza, e di Donna Bernarda Carascon. Nella Repubblica Partenopea fu membro del governo provvisorio con il difficile incarico di occuparsi della riorganizzazione di un esercito efficiente. A tal fine, riorganizzò la guardia nazionale nominando anche dei nuovi comandanti. Manthoné dapprima, sbagliando, tenne in poco conto il cardinale Fabrizio Ruffo - il quale aveva costituito un esercito reazionario (Esercito della Santa Fede)— e non provvide a contrastarlo; ma quando vide che il Cardinale avanzava incontrastato alla volta di Napoli, tentò di ricorrere al popolo per un massiccio reclutamento: in particolare, propose con decreto che alle madri "private dei figli per la libertà" si dessero stipendi lauti e onorificenze. Gabriele Manthoné fu condannato a morte. Sulla sua esecuzione avanza un documento che il Vannucci legge così:

«Fo fede io qui, sotto segretario della compagnia dei Bianchi della giustizia di questa città, sotto il titolo di Sancta Maria succurre miseris, che nel giorno 24 settembre del 1799 D. Gabriele Manthoné, siccome reo di Stato, munito dei santissimi sacramenti, fu dai nostri fratelli assistito a ben morire, ed il suo cadavere dagli stessi fratelli fu officiato nella Chiesa del Carmine Maggiore, dove ricevé l'ecclesiastica sepoltura.»

[4] In piazza XX Settembre, nominata brevemente piazza Cicerone, e dopo gli anni ’70 piazza Alessandrini, in ricordo del giudice pennese ucciso da terroristi. Ettore Carafa, duca di Andria e conte di Ruvo, nacque ad Andria il 29 dicembre del 1767. Trascorse l'infanzia nella residenza ducale, appartenuta secoli prima ai nobili feudatari Del Balzo, che dominarono Andria finché uno di loro, partecipando alla fine del Quattrocento alla congiura dei baroni, non venne decapitato a Napoli, stessa sorte che capitò a lui. Come precettore venne scelto Francesco Laghezza di Trani, che contribuì in maniera decisiva alla sua formazione liberale.Membro della Massoneria, nel 1795 fu arrestato con l'accusa di cospirazione, per poi aderire nel 1799 alle idee rivoluzionarie che portarono alla proclamazione della Repubblica Napoletana, ricevendo il grado di colonnello. Si recò quindi in Puglia allo scopo di assediare Andria, la sua città natia, che era rimasta fedele ai Borbone. Prima di iniziare le ostilità si recò presso le mura della città per tentare una negoziazione, ma essendo stato subito attaccato dai difensori ordinò l'assedio, che condusse insieme al generale Jean-Baptiste Broussier e le sue truppe francesi. Dopo la presa di Andria, fu inviato a Pescara a presidiare la città, ma questa fu assediata già il 30 giugno 1799 dall'Esercito della Santa Fede guidato dal capomassa abruzzese Giuseppe Pronio. In seguito agli scontri fu catturato il 1 luglio e tradotto a Napoli in catene. Sventata la rivoluzione, i Borbone fecero giustiziare i repubblicani napoletani di spicco, tra cui lo stesso Ettore Carafa, decapitato in piazza del Mercato a Napoli il 4 settembre del 1799.

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