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6 aprile 2024

Gerardo Berenga, l'uomo nuovo e sindaco di Lanciano.

Gerardo Berenga, coll. G.De Crecchio, color F.Marino

Gerardo Berenga, l'uomo nuovo e sindaco di Lanciano
di Angelo Iocco

Gerardo Berenga, nacque a Lanciano nel 1860, presso il palazzo dell’omonima famiglia lungo via del Popolo, oggi Corso Roma, nel rione Borgo, prospiciente la piazzetta di Santa Lucia. Era nipote del celebre deputato Francesco Paolo Berenga, il quale organizzò con il sindaco Michele de Giorgio, la solenne celebrazione per l’arrivo delle Corone benedette in Vaticano, del 13 settembre 1833, per la statua della Madonna del Ponte, patrona della città. Berenga studiò Legge a Napoli, dopo aver frequentato il Ginnasio di Lanciano presso l’Arcivescovado, e ben presto per il nome che aveva, fece carriera politica in città, venendo eletto sindaco nel 1895, mantenendo la carica sino al 1911.



Corso Roma nel Novecento, in fondo alla strada il demolito Palazzo Berenga.

Nelle elezioni del ’95, aveva battuto il chirurgo dott. Gaetano Colalè, nonno dell’omonimo nipote che istituirà in Lanciano presso la villa di famiglia del viale Cappuccini, la famosa clinica.
Lanciano negli anni in cui fu eletto “l’uomo nuovo” Berenga, attraversava lotte intestine di partito, dopo le dimissioni del giovane Evandro Sigismondi, che morirà nemmeno quarantenne per un male, e appunto il Colalè, in lotta con Ludovico Maranca Antinori, di nobile schiatta, eletto deputato a Roma. Dunque Berenga con il suo discorso del 30 luglio 1895, di fresca elezione, invitò tutti alla moderazione, e alla quiete, a lavorare insieme per il bene della città, ricevendo applausi e stima. In effetti l’opera del Berenga ancora oggi merita una menzione. Nel 1879 l’ing. Filippo Sargiacomo aveva progettato il nuovo piano regolatore della città, con l’accomodamento di alcuni edifici, l’allargamento di Via Grande oggi dei Frentani, mediante il taglio delle facciata dei palazzi, l’appianamento della Piazza, in forte dislivello, la colmata del fiume Malvò, per realizzare la piazza Garibaldi e largo Malvò, l’ampliamento di via del Popolo sempre col taglio di alcune facciate, l’accomodamento dei Tribunali presso l’ex convento dei Francescani, ecc.


Veduta di Villa Colalè dall’attuale via Ferro di Cavallo. Sulla sinistra il demolito Casino Brasile, quando fu aperta via Martiri VI Ottobre.

Occorreva dotare la città di nuove strutture funzionali e ricettive, per cui si provvide a realizzare l’asilo dei bambini presso l’ex monastero delle Clarisse al Borgo, la costruzione del Brefotrofio, l’ampliamento dell’ospizio per anziani, la riorganizzazione dell’Ospedale civico “F. Renzetti”. L’ospedale già esisteva lungo la via Renzetti, eretto nel 1843, ma necessitava una nuova costruzione, che fu avviata presso l’attuale via del Mare dal Senatore Prof. Raffaele Caporali. Questa struttura nacque nell’immediato Primo dopoguerra, come Ospedale per gli Orfani di guerra, il progetto amato come un figlio dal Professore, che fu riunito nel 1924 all’istituzione dell’Ospedale civico di Lanciano, per volere del Berenga, poiché Caporali era di sentimento avverso al fascismo, e dunque a direzione dell’Istituzione fu preferito Raffaele Paolucci, con grande risentimento del Caporali.
Veniamo alla questione della costruzione del Nuovo Corso, progettata da Sargiacomo, e avviata tra il 1902 e il 1904, con grande forze e caparbietà del Berenga. Come annota lo stesso Sargiacomo nei suoi appunti, che sono stati pubblicati, l’impresa non era facile. La città finiva al limite orientale della Piazza, chiusa dai resti del campanile turrito della chiesa diruta dell’Annunciata, e dalla Casa Montanari, che faceva angolo con la torre di San Francesco. Oltre non vi era che una voragine, scavata dall’attività secolare del torrente Pietroso, che dalla Fonte del Borgo confluiva alla Fonte di Pozzo Bagnaro sotto il complesso del Ponte di Diocleziano con sopra la mastodontica Cattedrale.
Come occorreva risolvere questo ostacolo della natura, che fino ad allora era stato ovviato dal passaggio carrabile attraverso il criptoportico cinquecentesco del Corridoio-Ponte di Diocleziano? In una realtà come quella, in cui sulla scia dei quartieri-boulevard parigini-londinesi, in cui non ci si faceva scrupolo a sventrare interi quartieri medievali, come nel caso di Napoli, Firenze, Roma, Milano, per creare nuovi ariosi rioni con grandi condomini, Sargiacomo da sempre attaccato alla sua città, seguì la politica moderata del Berenga, ed ebbe l’idea di costruire presso il piano della Fiera. Ma c’era l’ostacolo del valloncello scavato dal torrente Petroso.


Palazzo della Posta a Lanciano, Corso Trento e Trieste, demolito nel 1970 ca.


La ditta Battistella fu chiamata a incanalare in un argine il fiumicello, all’altezza dell’attuale via Mons. Tesauri, rasente il muraglione del monastero di San Francesco, per far scorrere l’acqua sotto l’arco maggiore del Ponte; a seguire fu sterrata una collinetta presso l’area della vecchia stazione Sangritana alla Fiera, e con quel terreno di riporto fu colmato il fossetto, per permette la costruzione delle case, che avverrà però anni più avanti, con l’erezione dei palazzi De Simone e Galleria Modernissimo sulla sinistra, sulla destra del Corso invece la costruzione, con robusti piloni di cemento, del palazzo dei Portici “Paolini-Contento”.

Lavori di interramento del fiume Petroso della ditta Battistella, 1904, per realizzare il tratto di terrapieno dalla Piazza per il Nuovo Corso. Foto collezione Franco Battistella


Progetto di Filippo Sargiacomo per il Nuovo Corso, Archivio storico comunale, Fondo Sargiacomo, Lanciano


Lavori di riempimento del fosso scavato dal torrente Pietroso, e successiva realizzazione del muro concavo di contenimento, ancora oggi visibile dal fianco della Cattedrale della Madonna. 1904.



L’impresa del Sargiacomo di realizzare un nuovo ampio viale nella città di Lanciano, che confluisse all’area della Fiera, per la costruzione di nuovi edifici, fu una scelta assai illuminata, nonché una delle opere più memorabili dell’Abruzzo di quegli anni, fu edificato più avanti per volere di Berenga il palazzo della Posta, purtroppo demolito negli anni ’70 per la costruzione Grandi Magazzini oggi Galleria Diamante, e negli anni ’20 l’edificio del Liceo Ginnasio.
Il Corso Nuovo, come era chiamato, nel 1923 cambiò intitolazione in Corso Trento e Trieste, in omaggio alle città italiane redente. Berenga, travolto da scandali e da dimissioni pilotate, nel 1911 si dimise, per essere rieletto più avanti nel biennio 1923-24, dopo due anni di commissariamento prefettizio della città, a causa di gravi dissidi economici e politici tra il marchese Vincenzo Paolucci Crognali, sposato coi Marchesi di Castelnuovo, e Raffaele Tinari. All’avvio del fascismo, Berenga ebbe l’appoggio anche di intellettuali come Alfredo Bontempi e Federico Mola, nonché del Senatore Prof. Raffaele Paolucci, capo del collegio elettorale di Lanciano.
Tuttavia l’ultima opera che Berenga riuscì a completare, prima di nuovi scandali, ripicche personali e commissariamenti prefettizi, fu l’unione dell’Ospedale civico con l’Ospedale per gli orfani progettato da Caporali. Si ritirò a vita privata, e morì nel 1945, facendo appena in tempo a vedere la sua martoriata Lanciano devastata dalla guerra, dagli eccidi nazisti, e liberata dagli alleati.



Raffaele Caporali

Sindaco di Lanciano ai primi del '900, impiegò poco più di tre anni per portare a termine i lavori relativi all'acquedotto del Verde, dalle sorgenti a Lanciano.
Sul finire dell’Ottocento, quando ancora la provvista d’acqua si effettuava tramite pozzi privati scavati nei cortili dei palazzi e fontane pubbliche, era grande l’esigenza di poter fruire di acqua potabile, in quantità ed in ogni abitazione.
Finalmente, dopo il progetto esecutivo si avviarono i lavori per condurre quel bene primario dalle sorgenti del fiume Verde, nel comune di Fara San Martino, attraversandone altri e fino a Lanciano.
Fu costruita la monumentale fontana, ed il 5 giugno 1904 venne inaugurato l’Acquedotto, con fuoriuscita dei primi zampilli in Piazza Plebiscito.

Ritratto di Pietro De Giorgio, collezione Giacomo de Crecchio. La tomba di De Giorgio, con bassorilievo monumentale e tempietto neogotico, si trova nella parte novecentesca del Cimitero comunale di Lanciano

Agli artefici principali Gerardo Berenga (1860-1945) avvocato e sindaco a Lanciano, con Pietro de Giorgio (1848-1920) avvocato e deputato in Parlamento, si associò il latinista e poeta Cesare de Titta (1862-1933) che volle lasciare memoria di quella giornata, pubblicando con la tipografia Masciangelo il libretto “La canzone dell’acqua”. De Giorgio fu professore a Lanciano e a Napoli, alla sua morte, venne sepolto nel cimitero comunale di Lanciano, e la Scuola d’avviamento professionale, inaugurata nei primi anni del ‘900, presso il Campo di Funari, con facciata disegnata da Filippo Sargiacomo, gli fu dedicata. Oggi ha questa intitolazione anche la nuova sede dell’Istituto in via A. Barrella.

E… mentre la “città” era in posa, Gioacchino Di Tonto la immortalava!

Il poeta locale Cesare de Titta (1862-1933), scrisse una bella lirica in lingua, dedicata al Fiume Verde e all’acquedotto.

Nel 1954 l’amministrazione comunale, capeggiata dall’On. Guido Lotti, fece scoprire una lapide commemorativa presso il palazzo De Simone sul Corso, rendendo omaggio alla sua figura. Lo spiazzo che oggi insiste tra il Corso e i portici, verso via Tesauri, è altresì dedicato al Berenga.



La piazza Plebiscito di Lanciano, dalle scale del Monumento, che verrà costruito nel 1926. Si vede a destra l’ostruzione di Casa Montanari.


A settembre del 1913 Venceslao Spinelli (il primo seduto, da sinistra) annunzia la morte del sindaco Nicolò de Giorgio, che dal 1910 aveva retto l’amministrazione della città, insieme agli altri assessori Gerardo Berenga, Francesco Maria Iacobitti, Luigi Auriti, Nicola Cipollone e Goffredo Carabba. L’anno seguente, due mesi dopo lo scatto della fotografia mostrata, s’insediò Gerardo Berenga (seduto, al centro) con la carica di sindaco. Collezione Giacomo de Crecchio


Lanciano. Monumento a Gerardo Berenga nel 50mo della morte, 1994

Un giovane Gerardo Berenga, collezione Giacomo de Crecchio

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