Stazione di Ortona |
La dorsale adriatica, figlia dell’Unità d’Italia, divenne in pochi anni la rotta preferita dei commerci esteri. Il sapore romantico della Valigia delle Indie poi lasciò spazio al turismo tipico delle linee costiere, rendendola una importante direttrice regionale e nazionale.
La storia
Il 13 maggio 1863, per la prima volta, una locomotiva raggiunse la stazione di Pescara (che all’epoca si trovava in una posizione diversa dall’attuale). A bordo c’era, tra gli altri, anche il principe Umberto I di Savoia. La sua presenza è fondamentale per capire le motivazioni alla base della nascita di questo primo collegamento ferroviario tra Ancona e Pescara, che poi sarà successivamente prolungato fino a Lecce. Fino all’Unità d’Italia, infatti, nessuno degli stati preunitari aveva manifestato il bisogno di progettare un dorsale adriatica. Al Pontefice bastava il collegamento col porto di Ancona e l’Impero Austriaco si affacciava sull’Adriatico grazie a Venezia e Trieste. Per non parlare del Regno delle Due Sicilie, che sicuramente aveva nei propri programmi un collegamento con la Puglia, ma partendo da quanto già fatto sul Tirreno.
I Savoia furono fin dai primi momenti dell’Unità grandi sponsor degli interessi economici delle industrie di area piemontese e lombarda: ora la direttrice adriatica sembrava imprescindibile, tanto che dalla legge del 22 agosto 1862 (che autorizzava il prolungamento da Ancona fino a Brindisi) all’apertura al traffico del primo tratto fino a Pescara, passarono una manciata di mesi. Le difficoltà del territorio e gli scarsi mezzi a disposizione furono messi in secondo piano dal grande impegno delle imprese private Sacerdoti e Talli & Gonzales, assegnatarie del compito di collegare il porto abruzzese alla Bologna-Ancona, che era stata aperta all'esercizio da poco, alla fine del 1861.
Il prosieguo dei lavori fu ancora più complicato: i terreni paludosi a sud di Pescara e la notevole presenza di bande di briganti (tanto che fu necessario l’esercito per consentire l’avanzata dei lavori) resero l’arrivo dei binari a Ortona prima (15 settembre 1863) e a Foggia poi (10 novembre dello stesso anno), molto arduo.
Per avere la meglio su un territorio affollato di corsi d’acqua nel minor tempo possibile gli operai lavorarono giorno e notte. Il solo attraversamento del fiume Sangro richiese la costruzione di un ponte lungo oltre 200 metri.
Ponte sul fiume Sangro |
Bari fu raggiunta il 26 febbraio 1865 e il 24 maggio successivo toccò a Brindisi. L’opera fu completata in due fasi: l’anno dopo con il collegamento con Lecce e quello con Otranto, inaugurato il 22 settembre 1872.
L’isolamento del meridione orientale poteva dirsi concluso e la nuova dorsale era pronta per accogliere quei trasporti internazionali che la resero indispensabile per il traffico passeggeri e merci di tutta Europa.
Nel febbraio del 1867 (anche se l’inaugurazione ufficiale avvenne due anni dopo) la prima nave attraversò il canale di Suez, permettendo un comodo collegamento tra il Mediterraneo e l'Oceano Indiano, evitando la circumnavigazione dell'Africa. E ben presto i servizi diretti Bologna-Lecce furono affiancati da convogli internazionali, che congiungevano l'India alla Gran Bretagna, attraverso il canale di Suez in Egitto, l'Italia e la Francia.
Tra il 1872 ed il 1914 la Valigia delle Indie (che in Italia prese la denominazione Peninsular Express dal 1890) entrava nella nostra nazione attraverso il traforo del Frejus e percorreva i 1.210 km di distanza tra Bardonecchia e Brindisi in 27 ore, con una media oraria di circa 45 km/h. Dal porto pugliese era previsto l’imbarco verso Bombay: la Valigia partiva da Londra il venerdì sera e arrivava a destinazione dopo ventidue giorni totali. Il servizio fu sospeso a causa della Prima guerra mondiale (poi riattivato nel 1919), ma già dal 1914 l’Italia aveva perso l’esclusiva. Il porto di Marsiglia era ormai ben più attrezzato di Brindisi e il tragitto Londra-Calais-Parigi-Marsiglia, fu ritenuto economicamente più vantaggioso del precedente Londra-Calais-Parigi-Milano-Brindisi.
Il percorso
Tra Pescara e Vasto si contano ben sette gallerie, alcune di lunghezza importante, mentre per il resto del tracciato ne abbiamo solamente due, tra Cattolica e Pesaro, e tra Ancona e Varano. Nel corso degli anni sono state apportate numerose varianti di tracciato, oltre all’elettrificazione conclusa su tutta la linea nel 1996, col completamento della tratta Bari-Lecce. Nel 1988 la variante Montesilvano-Pescara ha permesso l’attivazione della nuova stazione di Pescara, mentre nel 2003 è stato dismesso il tracciato tra Apricena e Lesina, che, grazie ad una nuova variante, ha garantito un incremento della velocità di percorrenza, eliminando il problema delle precedenze e accorciando il tracciato di oltre 2 km. Sempre nell’ottica di ottimizzare le percorrenze, nel 2005 sono state inaugurate due nuove varianti di tracciato: tra Ortona e Casalbordino e tra le stazioni di Porto di Vasto e Vasto-San Salvo. In questo caso gli interventi sono serviti anche per ovviare alla continua erosione della costa, a pochi metri dal sedime originario, al fine di proteggere l’armamento dai pericoli portati dalle mareggiate.
Nel settembre scorso è stato raggiunto l’accordo tra Rete Ferroviaria Italiana, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, e i presidenti delle Regioni interessate, per gli interventi di ammodernamento e miglioramento dell’intera linea, che porteranno alla diminuzione di circa un’ora nei tempi di percorrenza tra Bologna e Bari. L’investimento complessivo sarà pari a 8,5 miliardi di euro, di cui cinque previsti dalla Legge di bilancio per il 2022. I principali interventi in agenda prevederanno il quadruplicamento della linea tra Bologna e Imola, la variante di Pesaro e Fano, con l’arretramento della linea, due bypass tra Alba Adriatica e Roseto e a Ortona, un nuovo tracciato in arretramento a Bari Nord e la velocizzazione del tratto Brindisi-Taranto.
Bibliografia
Carillo, D.; Migliorini, C.; Vivarelli, J. La Ferrovia Adriatica «La Tecnica Professionale» Ottobre 2001
Cacozza, M. L’Adriatica «Tutto Treno» Dicembre 2001
Noya, A. La Valigia delle Indie «Voci della Rotaia» Febbraio 1984
RFI Linea Adriatica Bologna-Lecce. Nuovi interventi di potenziamento e velocizzazione. Settembre 2022
Da: fondazionefs.it
La valigia delle Indie, Peninsular Express, 1870-1914
Un’altra epoca, un’altra Castellammare. Una città che correva e si espandeva. Castellammare Adriatico, dopo l’avvento della ferrovia nella seconda metà dell’800, divenne un importante scalo ferroviario della tratta adriatica. Vi faceva sosta anche il famoso “Peninsular Express”, o “Valigia delle Indie”.
Era un convoglio ferroviario per il trasporto postale ma anche dei viaggiatori e di merci, tra Londra ed i possedimenti inglesi nelle Indie.
Inizialmente la tratta da Londra all’India prevedeva il periplo dell’Africa in nave, con un viaggio che durava circa 100 giorni. Un ex ufficiale della Royal Navy, Thomas Waghorn, ipotizzò che, grazie all’uso delle ferrovie, i tempi si sarebbero potuti dimezzare. Si pensò allora di utilizzare lo scalo di Marsiglia con imbarco dei vagoni su un Piroscafo, con sbarco ad Alessandria d’Egitto.
Ma con l’unità d’Italia, il nostro Governo propose al Governo di Sua Maestà l’utilizzo del percorso italiano fino ad Ancona in treno e fino a Brindisi in nave, quindi Alessandria d’Egitto. Con la fine dei lavori della tratta ferroviaria Adriatica, da Ancona a Brindisi, si estese il tragitto fino al porto della città pugliese anche perchè, con l’apertura del canale di Suez la parte di viaggio in mare veniva ridotta notevolmente.
Il viaggio durava complessivamente 22 giorni. Fu inaugurato il 25 ottobre 1870 per essere abbandonato nel 1914, alla vigilia dello scoppio della I Guerra Mondiale.
Il “Peninsular Express”, o “Valigia delle Indie”, partiva da Londra ogni Venerdì alle ore 21 per trovarsi dopo 44/45 ore a Brindisi. Dopo Londra, il convoglio transitava per Calais, Parigi. Fino al 1871 un treno apposito valicava il Colle del Moncenisio da Saint Jeanne de Maurienne a Susa, attraverso una ferrovia a cremagliera (sistema Fell), Modane, (il 5 gennaio 1872 in Peninsular Express transitò per la prima volta attraverso il traforo del Frejus) ed entrava nel territorio italiano toccando Torino, Piacenza, Bologna, Ancona, Castellammare, Foggia. A Brindisi i passeggeri si imbarcavano a bordo di piroscafi della società inglese “Peninsular and Oriental Steam Navigation Company” (P&O).
Castellammare Adriatico era inserita, quindi, nelle fermate di scambio con una importanza notevole in termini di passeggeri. Castellammare e la sua stazione entravano di colpo nello scenario internazionale. Questa circostanza contribuì non poco allo crescita della cittadina teramana. Uno sviluppo commerciale ed anche industriale che si irradiava proprio dalla stazione e che, qualche anno più tardi, verrà consolidato e sostenuto dall’amministrazione di Leopoldo Muzii.
Il convoglio della “Valigia delle Indie” era composto da un locomotore a vapore FS 552 della Società delle Ferrovie Adriatiche, due bagagliai, una carrozza ristorante e due carrozze letto della Compagnie Internationale des Wagons-Lits (CIWL). Secondo alcuni storici il nome “Valigia delle Indie” si ricollegava ad un tipico contenitore cilindrico in cuoio, sempre ben chiuso con il lucchetto, usato per trasportare quanto necessario durante il viaggio.
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