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5 giugno 2023

Luigi Polacchi e la casa della poesia di Pescara.

Luigi Polacchi e la casa della poesia di Pescara

di Angelo Iocco

Tra le case antiche della Pescara novecentesca, qualche sparuta testimonianza resiste ancora nella Riviera castellammarese, e parliamo del Villino Nonnina, noto anche come Casa della Poesia, in via Tassoni, a pochi passi dal lungomare Matteotti. Questa piccola abitazione in mattoni a vista, di un solo piano, fu tra le prime, come ricorda Maria Antonietta, figlia del poeta Luigi Polacchi, ad essere costruita sulla Riviera nel Novecento, e lo stesso Polacchi in una intervista del 1987 per la TV, ricorda come la famiglia si trasferì lì da Penne. Il padre Gerardo era titubante all’inizio, mal sopportando quella cittadina di provincia con paludi e persone poco raccomandabili: pregiudizi nobiliari della Città sui colli vestini? Fatto sta che i Polacchi vi si trasferirono nel 1907. Dopo il 1927 la casa fu modificata con l’aggiunta di un secondo piano per esigenze della famiglia.

La vita scorreva tranquilla, ma il Poeta aveva grandi progetti culturali per la fiorente Pescara, allora in ascesa. Iniziò a diventare circolo di amici e intellettuali, primo fra tutti Alfredo Luciani da Pescosansonesco, grande amico di Polacchi, e nel 1933 nacque il progetto di far diventare il villino una Casa della Poesia, un istituto di cultura che avesse risonanza non solo provinciale, ma nazionale. Come possiamo vedere nelle lettere di Polacchi, conservate nell’archivio dello Studio vecchio nel villino, il Poeta ebbe contatti con diversi nomi della cultura italiana: E.A. Mario, Trilussa, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Tommaso Cascella, Armando Cermignani, Giacomo Acerbo, Modesto Della Porta, Cesare de Titta, Eugenio Cirese. L’elenco è interminabile! Alcune lettere sono piuttosto brevi, altre, come quelle ad esempio di Modesto al Polacchi, più appassionate, piene di progetti infranti e di rimpianti. Diverse volte Polacchi nel villino tenne incontri di poesia, Trilussa stesso andò a trovarlo diverse volte a Pescara, allora Castellammare, unificata con Pescara nel 1927, nonché a Penne.

Pescara, Corso Manthoné, la mole di Casa d’Annunzio, e affianco la casa della Trattoria Spizzico, dove andò Trilussa, prima della trasformazione.

 

Un episodio simpatico, la frequentazione di questi intellettuali, delle trattorie pescaresi. Nella Pescara di Portanuova, proprio accanto la Casa di D’Annunzio sul Corso Manthoné, si trovava una trattoria, oggi edificio orrendamente scialbato in stile “finto-medievale”. Al piano superiore dell'edificio aveva inoltre sede nel XIX secolo la leggendaria taverna marinara "da Spizzico", conosciuta in tutto il centro Italia. L'osteria venne visitata anche dal celebre poeta romano Trilussa, il quale fu suo malgrado protagonista di un simpatico siparietto con l'oste dovuto alla scarsa igiene della toilette del ristorante, immortalata dallo stesso Trilussa nel seguente sonetto:

"Spizzico caro, non averla a male

se non ho ben gustato er tuo brodetto,

a causa di quer fetido pitale

in bella mostra dentro ar gabbinetto

e che ha seccato molto, è naturale,

alla triglia, al merluzzo e al gamberetto".





Il progetto della Casa della Poesia fu coronato dall’inaugurazione ufficiale il 29 gennaio 1934 presso il salone del Littorio nel vicino Teatro Pomponi, barbaramente demolito nel 1963 per costruire una piazza sul mare, con la lettura dello Statuto da parte di Trilussa. Fu stampata una tessera di socio onorario per D’Annunzio, inviata al Vittoriale il 26 gennaio dal Luciani, che tante volte aveva contattato D’Annunzio, sin dal 1910, per avere degli appoggi e pareri per pubblicare le sue liriche. Inutile dire che D’Annunzio non rispose nemmeno a quest’ultimo invito. Madrina dell’istituzione di questa Associazione e Istituzione fu M. Bassino, avvocato, che firmò l’atto a Loreto Aprutino nel Palazzo Casamarte. All’avvocato si rivolgerà il Polacchi anche nel 1942 quando dovette essere inaugurato il Libero Istituto di Studi Abruzzesi. L’inaugurazione della Casa fu riportata anche nei giornali, ad esempio in Tempo nostro di Pescara, dove Polacchi era redattore, e dove pubblicò diversi racconti, di cui le copie sono conservate nella Biblioteca provinciale “G. D’Annunzio” di Pescara e nella stessa biblioteca dello Studio vecchio del Villino. Al termine dell’inaugurazione della Casa, alle 18:30, ci fu una cena d’onore con letture di poesie, presso il vicino ristorante “Il Pellicano verde”, che sorgeva nell’attuale via Gramsci (ex via Trento) di fronte il Villino.


















Molto sentito, come detto, il rapporto di Polacchi con la poesia, specialmente popolaresca, come quella di Della Porta, per cui nutriva, forse più dei suoi compaesani, ammirazione e rispetto, e ci sono lettere a lui indirizzate circa una serata al teatro di Città Sant’Angelo, dove Polacchi lesse le prime pagine de La commedia di Cicche di Sbrascente, purtroppo rimasta incompiuta, confessando di non poter continuare oltre a causa delle risate; ma rispettava e lodava molto anche la poesia dialettale colta, anacreontica e pascoliana del De Titta, su cui scrisse un saggio di studi, oltre a un’altra monografia sulla poesia di Della Porta. Ripetiamo che Polacchi fu uno dei primi a scoprire questo Poeta di Guardiagrele, che suo malgrado ebbe varie sfortune e occasioni mancate nella vita, e morì amareggiato nella sua patria. Con Della Porta, Luciano, e Cirese, Polacchi partecipò anche a un memorabile convegno della Poesia ad Agnone nel 1938, di cui resta una fotografia di gruppo.


I saggi di Studi fecero parte di un programma ben preciso del Polacchi, quando nell’aula magna del Liceo classico D’Annunzio di Pescara, prima ancora per breve tempo, nel suo Villino, egli fece fondare il già citato Libero Istituto di Studi Superiori Abruzzesi nel 1942, con atto rogato a Loreto Aprutino. Una sorta di Libera Università degli Studi degli Abruzzi ante litteram, nata prima di quella ufficiale istituita a Chieti nel 1961 da Ettore Paratore. Polacchi, come riportò sempre nei suoi articoli, e nel Discorso per la Provincia del 1949, si prodigò anima e corpo per far sì che Pescara assurgesse a città capoluogo dell’Abruzzo, non solo, città di rispetto per le sue istituzioni, che negli anni ’20, ancora erano deficitarie, o mancavano completamente. E vale a dire un Istituto di Studi, se non si consideri momentaneamente il Liceo classico, che prima del 1936 aveva sede in una piccola capanna lungo l’attuale viale D’Annunzio; un Liceo di Musica, che verrà co-fondato da Polacchi nel 1927, una biblioteca pubblica cittadina, un Istituto Superiore di Studi. In sostanza Pescara non era ancora sede della provincia, lo sarà nel ’27, ma dovrà aspettare diversi altri anni per iniziare ad avere una parvenza di capoluogo con gli organi fondamentali della cultura, già citati. E l’Università Abruzzese era uno dei sogni di Polacchi, che chiamò a raccolta i maggiori intellettuali dell’epoca; ricordiamo oltre a Luciani, e Luigi Illuminati di Atri, che presero il Corso di Letteratura Abruzzese presso questo Ateneo, oltre ai Corso di Grammatica, Letteratura, Matematica, Fisica e Giurisprudenza. Si rifletta sull’idea avveniristica di Polacchi di istituire già a quei tempi, scontrandosi a volte anche con l’ottica accentratrice del fascismo, sul Corso di Letteratura Abruzzese, anche dialettale!, con saggi su Della Porta e de Titta, morti da qualche anno, e già oggetto di ricerche! Il progetto purtroppo naufragherà dopo la seconda guerra mondiale, nonostante Polacchi avesse tentato di re-istituire l’Ateneo nel 1948. Il Ministero della Cultura non riconobbe ufficialmente l’Istituto, né gli atti rogati a Loreto, e l’Ateneo fu chiuso, per essere poi riaperto a Chieti.

Alfredo Luciani e Luigi Polacchi a Pescara, lungomare


Maria Antonietta Polacchi, figlia di Luigi, nello Studio vecchio.


Polacchi visse quasi sempre nel Villino, eccettuate le parentesi di insegnamento a Roma, e lo sfollamento dopo il bombardamento di Pescara. Stava nel giardino della casa, o nel terrazzino superiore, ad osservare il mare, quasi potendolo toccare, occultato poi dagli anni ’70 dai palazzoni della nuova Pescara del boom economico, quella Grande Città che forse Polacchi sognava, unificata con Chieti? Ma che visione…forse non era proprio la stessa, una città soffocata dal cemento! Il Villino si trovò come strangolato, prigioniero ancora oggi di enorme casermoni, i cui costruttori sembrano avidamente aspettare qualche occasione buona per mangiarselo una volta per tutte, per occupare anche quel fazzoletto di storia!

Scrisse sempre, curò senza fine la redazione dei suoi Scritti maggiori, Da Melchiorre Delfico a Clemente de Caesaris, 1949, ovvero la Storia Patria del Risorgimento d’Abruzzo, portandosi a casa i tre volumi della Storia del Risorgimento di Cesare Spellanzon. Questi tomi, da noi consultati, sono conservati nella biblioteca dello Studio vecchio, piene di annotazioni del Poeta, che li serviranno per la stesura dei suoi tre tomi del Poema Nazionale del Risorgimento – Italide, pubblicato a sua spese, con alcune sovvenzioni, tra il 1965 e il 1975, e diffuso in tutte le biblioteche provinciali e statali, e a cura dello scrivente, anche in alcune principali biblioteche della Regione Abruzzo, la quale ne era maldestramente sprovvista!

Polacchi nel Villino trascorreva le giornate con le figlie e i figli, nel periodo finale della sua vita con la diletta Maria Antonietta, che lo assistette sino alla morte; in una recente visita al Villino, Maria Antonietta ha ricordato alcune memorie sopite, come le giornate passate a suonare brani di Bach, le sue Fughe, al pianoforte, mentre il padre le eseguiva al violino; oppure le visite di Tommaso Cascella, e delle sue ceramiche offerte in dono al Poeta, con i tipici paesaggi agresti abruzzesi; oppure il ricordo del Luciani che scoperse un giorno Polacchi a “impastare creta” nel giardino col pozzo, quando il Poeta volle improvvisarsi anche scultore. Poche sono le sue opere scultoree, ma assai gradevoli, ricordiamo il “Puracchius” ossia un ritratto di ipotetico antenato vestino, poi “Oscilla”, ossia imitazioni di sculture di creta italiche, e il “ritratto della Madre”, e come non dimenticare l’opera forse meglio riuscita della sua produzione scultorea? Il busto del suo prozio il patriota Clemente de Caesaris di Penne, di cui nel 1961 fu realizzata una copia in bronzo per il monumento della villa comunale di Penne, per il centenario dell’Unità d’Italia, con le catene del carcere di Pescara, donate dallo stesso Polacchi, poi trafugate, e una copia del 2012, per interesse del prof. Andrea d’Emilio, da collocarsi all’ingresso del Caffè letterario dove stava il carcere borbonico di Pescara dove il de Caesaris languì diversi anni, e dove organizzò la presa di Pescara per preparare l’ingresso a re Vittorio Emanuele.


Il Villino dopo la morte del Poeta nel 1988, fu abitato per qualche anno da Maria Antonietta e da sua figlia, a seguire fu venduto al dott. Renato Minicucci e alla sua consorte, la prof.ssa Angela De Sanctis in Minicucci, che ha amorevolmente curato e cura tutt’oggi l’eredità del Poeta. Specialmente lo Studio vecchio al pianterreno, quando si entra dal giardino, con il tavolo in noce, la biblioteca del Poeta, le riviste letterarie, i suoi Scritti, le copie dattiloscritte della sua opera omnia Organo in 6 volumi (5 nell’edizione a stampa), le sculture, l’originale busto de De Caesaris, i quadri, alcuni dipinti e ritratti di famiglia, la testa di bronzo del Poeta fusa dallo scultore polacco Krjstoff Bednarski, l’elmetto di guerra del Porta del 1915-18, e tanto altro. Nell’atrio notiamo un marmo dedicato al “Senzanome di Bertona”, come volle chiamarsi il Poeta.

Una scalinata permette l’accesso ai piani superiori, bellissimo il salone da pranzo con il caminetto in marmo e l’iscrizione VESTAI FUMOQUE, dedicato alla dea Vesta la patrona dei Vestini; e il fumo come i sacrifici votati alla Dea, per Polacchi era il fumo del focolare dello spirito della Poesia, che mai doveva spegnersi, come nei santuari, nella sua Casa! Accanto la stanza vi è il salone dei ricevimenti, dive fu allestita la camera ardente del Poeta nel 1988, vi sono ancora il pianoforte suonato dal Polacchi, e diversi cimeli di famiglia, che Maria Antonietta ha indicato uno per uno, rievocando il passato, sotto lo sguardo ammirato della dott.ssa De Sanctis. A lei va il nostro sentito ringraziamento per averci concesso la visita a questa Casa della Memoria, aperta a tutti, per visite e convegni. Sarebbe auspicabile, un domani, che nel Villino tornassero altri cimeli attualmente conservati da Maria Antonietta e dalla figlia Alessandra Di Censo a Francavilla al mare: i 6 volumoni dell’Opera omnia manoscritti, su cui Polacchi scrisse note e correzioni, in carta Pomilio di Chieti; a seguire le spade di guerra del Polacchi, e lo stemma di famiglia Polacchi di Roccacalascio e Femminamorta con il motto QUID IN POLO.




1 commento:

  1. come fonti, oltre alla dichiarazione di Maria Antonietta Polacchi, che ringrazio, ho utilizzato i preziosi saggi di Candido Greco: IL SENZA NOME DI BERTONA e il suo ultimo saggio COM E DOVE NACQUE LA CASA DELLA POESIA DI PESCARA, 2021

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