Luigi Polacchi e la casa della poesia di Pescara
di Angelo Iocco
Tra
le case antiche della Pescara novecentesca, qualche sparuta testimonianza
resiste ancora nella Riviera castellammarese, e parliamo del Villino Nonnina,
noto anche come Casa della Poesia, in via Tassoni, a pochi passi dal lungomare
Matteotti. Questa piccola abitazione in mattoni a vista, di un solo piano, fu
tra le prime, come ricorda Maria Antonietta, figlia del poeta Luigi Polacchi,
ad essere costruita sulla Riviera nel Novecento, e lo stesso Polacchi in una
intervista del 1987 per la TV, ricorda come la famiglia si trasferì lì da
Penne. Il padre Gerardo era titubante all’inizio, mal sopportando quella
cittadina di provincia con paludi e persone poco raccomandabili: pregiudizi nobiliari
della Città sui colli vestini? Fatto sta che i Polacchi vi si trasferirono nel
1907. Dopo il 1927 la casa fu modificata con l’aggiunta di un secondo piano per
esigenze della famiglia.
La vita scorreva tranquilla, ma il Poeta aveva grandi progetti culturali per la fiorente Pescara, allora in ascesa. Iniziò a diventare circolo di amici e intellettuali, primo fra tutti Alfredo Luciani da Pescosansonesco, grande amico di Polacchi, e nel 1933 nacque il progetto di far diventare il villino una Casa della Poesia, un istituto di cultura che avesse risonanza non solo provinciale, ma nazionale. Come possiamo vedere nelle lettere di Polacchi, conservate nell’archivio dello Studio vecchio nel villino, il Poeta ebbe contatti con diversi nomi della cultura italiana: E.A. Mario, Trilussa, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Tommaso Cascella, Armando Cermignani, Giacomo Acerbo, Modesto Della Porta, Cesare de Titta, Eugenio Cirese. L’elenco è interminabile! Alcune lettere sono piuttosto brevi, altre, come quelle ad esempio di Modesto al Polacchi, più appassionate, piene di progetti infranti e di rimpianti. Diverse volte Polacchi nel villino tenne incontri di poesia, Trilussa stesso andò a trovarlo diverse volte a Pescara, allora Castellammare, unificata con Pescara nel 1927, nonché a Penne.
Pescara,
Corso Manthoné, la mole di Casa d’Annunzio, e affianco la casa della Trattoria
Spizzico, dove andò Trilussa, prima della trasformazione.
Un episodio simpatico, la
frequentazione di questi intellettuali, delle trattorie pescaresi. Nella
Pescara di Portanuova, proprio accanto la Casa di D’Annunzio sul Corso
Manthoné, si trovava una trattoria, oggi edificio orrendamente scialbato in
stile “finto-medievale”. Al piano superiore dell'edificio aveva inoltre sede nel XIX secolo la leggendaria
taverna marinara "da Spizzico", conosciuta in tutto il centro Italia.
L'osteria venne visitata anche dal celebre poeta romano Trilussa, il quale fu
suo malgrado protagonista di un simpatico siparietto con l'oste dovuto alla
scarsa igiene della toilette del ristorante, immortalata dallo stesso Trilussa
nel seguente sonetto:
"Spizzico caro, non averla a male
se non ho ben gustato er tuo brodetto,
a causa di quer fetido pitale
in bella mostra dentro ar gabbinetto
e che ha seccato molto, è naturale,
alla triglia, al merluzzo e al gamberetto".
I saggi di Studi fecero parte di un programma ben preciso del Polacchi, quando nell’aula magna del Liceo classico D’Annunzio di Pescara, prima ancora per breve tempo, nel suo Villino, egli fece fondare il già citato Libero Istituto di Studi Superiori Abruzzesi nel 1942, con atto rogato a Loreto Aprutino. Una sorta di Libera Università degli Studi degli Abruzzi ante litteram, nata prima di quella ufficiale istituita a Chieti nel 1961 da Ettore Paratore. Polacchi, come riportò sempre nei suoi articoli, e nel Discorso per la Provincia del 1949, si prodigò anima e corpo per far sì che Pescara assurgesse a città capoluogo dell’Abruzzo, non solo, città di rispetto per le sue istituzioni, che negli anni ’20, ancora erano deficitarie, o mancavano completamente. E vale a dire un Istituto di Studi, se non si consideri momentaneamente il Liceo classico, che prima del 1936 aveva sede in una piccola capanna lungo l’attuale viale D’Annunzio; un Liceo di Musica, che verrà co-fondato da Polacchi nel 1927, una biblioteca pubblica cittadina, un Istituto Superiore di Studi. In sostanza Pescara non era ancora sede della provincia, lo sarà nel ’27, ma dovrà aspettare diversi altri anni per iniziare ad avere una parvenza di capoluogo con gli organi fondamentali della cultura, già citati. E l’Università Abruzzese era uno dei sogni di Polacchi, che chiamò a raccolta i maggiori intellettuali dell’epoca; ricordiamo oltre a Luciani, e Luigi Illuminati di Atri, che presero il Corso di Letteratura Abruzzese presso questo Ateneo, oltre ai Corso di Grammatica, Letteratura, Matematica, Fisica e Giurisprudenza. Si rifletta sull’idea avveniristica di Polacchi di istituire già a quei tempi, scontrandosi a volte anche con l’ottica accentratrice del fascismo, sul Corso di Letteratura Abruzzese, anche dialettale!, con saggi su Della Porta e de Titta, morti da qualche anno, e già oggetto di ricerche! Il progetto purtroppo naufragherà dopo la seconda guerra mondiale, nonostante Polacchi avesse tentato di re-istituire l’Ateneo nel 1948. Il Ministero della Cultura non riconobbe ufficialmente l’Istituto, né gli atti rogati a Loreto, e l’Ateneo fu chiuso, per essere poi riaperto a Chieti.
Maria Antonietta Polacchi, figlia di Luigi, nello Studio vecchio.
Polacchi
visse quasi sempre nel Villino, eccettuate le parentesi di insegnamento a Roma,
e lo sfollamento dopo il bombardamento di Pescara. Stava nel giardino della
casa, o nel terrazzino superiore, ad osservare il mare, quasi potendolo toccare,
occultato poi dagli anni ’70 dai palazzoni della nuova Pescara del boom
economico, quella Grande Città che forse Polacchi sognava, unificata con
Chieti? Ma che visione…forse non era proprio la stessa, una città soffocata dal
cemento! Il Villino si trovò come strangolato, prigioniero ancora oggi di
enorme casermoni, i cui costruttori sembrano avidamente aspettare qualche
occasione buona per mangiarselo una volta per tutte, per occupare anche quel
fazzoletto di storia!
Scrisse
sempre, curò senza fine la redazione dei suoi Scritti maggiori, Da
Melchiorre Delfico a Clemente de Caesaris, 1949, ovvero la Storia Patria
del Risorgimento d’Abruzzo, portandosi a casa i tre volumi della Storia del
Risorgimento di Cesare Spellanzon. Questi tomi, da noi consultati, sono
conservati nella biblioteca dello Studio vecchio, piene di annotazioni del Poeta,
che li serviranno per la stesura dei suoi tre tomi del Poema Nazionale del
Risorgimento – Italide, pubblicato a sua spese, con alcune sovvenzioni, tra
il 1965 e il 1975, e diffuso in tutte le biblioteche provinciali e statali, e a
cura dello scrivente, anche in alcune principali biblioteche della Regione
Abruzzo, la quale ne era maldestramente sprovvista!
Polacchi
nel Villino trascorreva le giornate con le figlie e i figli, nel periodo finale
della sua vita con la diletta Maria Antonietta, che lo assistette sino alla
morte; in una recente visita al Villino, Maria Antonietta ha ricordato alcune
memorie sopite, come le giornate passate a suonare brani di Bach, le sue Fughe,
al pianoforte, mentre il padre le eseguiva al violino; oppure le visite di Tommaso
Cascella, e delle sue ceramiche offerte in dono al Poeta, con i tipici paesaggi
agresti abruzzesi; oppure il ricordo del Luciani che scoperse un giorno
Polacchi a “impastare creta” nel giardino col pozzo, quando il Poeta volle
improvvisarsi anche scultore. Poche sono le sue opere scultoree, ma assai
gradevoli, ricordiamo il “Puracchius” ossia un ritratto di ipotetico antenato
vestino, poi “Oscilla”, ossia imitazioni di sculture di creta italiche, e il
“ritratto della Madre”, e come non dimenticare l’opera forse meglio riuscita
della sua produzione scultorea? Il busto del suo prozio il patriota Clemente de
Caesaris di Penne, di cui nel 1961 fu realizzata una copia in bronzo per il
monumento della villa comunale di Penne, per il centenario dell’Unità d’Italia,
con le catene del carcere di Pescara, donate dallo stesso Polacchi, poi
trafugate, e una copia del 2012, per interesse del prof. Andrea d’Emilio, da
collocarsi all’ingresso del Caffè letterario dove stava il carcere borbonico di
Pescara dove il de Caesaris languì diversi anni, e dove organizzò la presa di
Pescara per preparare l’ingresso a re Vittorio Emanuele.
Una scalinata permette l’accesso ai piani superiori, bellissimo il salone da pranzo con il caminetto in marmo e l’iscrizione VESTAI FUMOQUE, dedicato alla dea Vesta la patrona dei Vestini; e il fumo come i sacrifici votati alla Dea, per Polacchi era il fumo del focolare dello spirito della Poesia, che mai doveva spegnersi, come nei santuari, nella sua Casa! Accanto la stanza vi è il salone dei ricevimenti, dive fu allestita la camera ardente del Poeta nel 1988, vi sono ancora il pianoforte suonato dal Polacchi, e diversi cimeli di famiglia, che Maria Antonietta ha indicato uno per uno, rievocando il passato, sotto lo sguardo ammirato della dott.ssa De Sanctis. A lei va il nostro sentito ringraziamento per averci concesso la visita a questa Casa della Memoria, aperta a tutti, per visite e convegni. Sarebbe auspicabile, un domani, che nel Villino tornassero altri cimeli attualmente conservati da Maria Antonietta e dalla figlia Alessandra Di Censo a Francavilla al mare: i 6 volumoni dell’Opera omnia manoscritti, su cui Polacchi scrisse note e correzioni, in carta Pomilio di Chieti; a seguire le spade di guerra del Polacchi, e lo stemma di famiglia Polacchi di Roccacalascio e Femminamorta con il motto QUID IN POLO.
come fonti, oltre alla dichiarazione di Maria Antonietta Polacchi, che ringrazio, ho utilizzato i preziosi saggi di Candido Greco: IL SENZA NOME DI BERTONA e il suo ultimo saggio COM E DOVE NACQUE LA CASA DELLA POESIA DI PESCARA, 2021
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