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27 ottobre 2022

Ricordo di Plinio Silverii (1926-2002).

Ricordo di Plinio Silverii (1926-2002)
di Angelo Iocco

Plinio, semplicemente così si faceva chiamare dagli amici, un uomo candido, mite e allegro, che ha dato al sua vita per la cultura a Orsogna. Li nacque, nella casa che ancora oggi insiste su via San Giovanni maggiore, nel quartiere omonimo verso il belvedere dove stava la chiesa del Santo, che guarda verso Castel Frentano. Plinio nacque nel 1926, allegro e felice, in un’ultima intervista rilasciata all’ex presidente dell’Associazione “Il Teatro di Plinio” di Orsogna, Vittorio Pace, Plinio raccontava di come il suo animo sin da piccolo fosse generoso, di come condividesse con gli amici le caramelle, di come soffrisse ai rimproveri del maestro, ripudiando quei sistemi severi di educazione che oggi tanto fanno scalpore a sentirli. Da ragazzo amava il teatro e la poesia, e nelle recite della parrocchia con i bambini si divertiva a rappresentare diversi personaggi. Poi venne la guerra…che tanto distrusse in Abruzzo, e distrusse quasi completamente la piccola Orsogna, colpevole di trovarsi nel fuoco incrociati dei tedeschi asserragliati, e degli Alleati che tentavano di attraversale la gola della Fonte, cannoneggiando dal cimitero, e ricevendo il contraccolpo dai tedeschi. Plinio sfollò nel nord Italia, in una elegante città, dove ebbe modo di essere accudito e di trovare pane per i suoi denti, frequentare il teatro di Parma, e i circoli culturali…ma poi nel 1946 fu il momento di tornare nel paesello natio…e quando tornò, non voleva scendere dal camion, tanto l’orrore nell’aver visto un paese che più paese non era, macerie ovunque, mancava qualunque servizio, dall’illuminazione a quelli igienici, la gente viveva nella baracche.
Ma con il Piano Marshall Orsogna in meno di un decennio si riprese, malgrado avesse perso per sempre la sua bellezza, il suo volto dolce per sempre sfigurato dalla distruzione prima, e da avidi palazzinari dopo! Plinio studiò successivamente a Napoli, , fece i concorsi per diventare maestro elementare, e insegnò a Orsogna. Come ricordano coloro che lo hanno conosciuto, Plinio era amabile, cercava in ogni maniera di evitare l’accanimento fisico, l’umiliazione come ebbe a subire in gioventù, piuttosto con i nuovi mezzo della tecnologia, con il confronto tra ragazzi, con i laboratori didattici alla Montessori, allora impensabili in un paese quale Orsogna, allevò generazioni di ragazzi, che ancora oggi, da anziani e da adulti, lo ricordano con ammirazione e affetto.
Come detto, la passione di Plinio era quella del teatro, esisteva un circolo culturale presso la parrocchia, poca cosa, Plinio volle riformarlo dagli anni ’70, promuovendo alcuni lavori scritti, di breve durata, ma il progetto si farà più concreto, proponendo a inizio anni ’80, una commedia dal sapore drammatico, che riguardava proprio il tema della distruzione di Orsogna durate la guerra: Lu sfullamente, in 3 atti.

Lu sfullamente

 

Sfullate!                                                                                     Trimenne, scappenne.

Chie seme!                                                                                 Scappenne, scappenne.

Oddije, chi seme!                                                                      ‘Na grotte…..!

Sfullate!                                                                                      Nu ‘ndreme,

Stracce di cristijane                                                                  spasimenne, piagnenne.

‘mmezze a na vije,                                                                     La terre all’intorne

jttate.                                                                                          la vita ha perdute:

Crijature di Ddi,                                                                       né cerche

nude e crude;                                                                             né frutte

pezze a li pide                                                                            né fiure

fangutte a li spalle.                                                                    né jerve.

Sule!                                                                                           Fratte di ferre,

Né Patrie,                                                                                   spine d’acciaje,

né Chiese!                                                                                  scatulette di morte.

Paese e case                                                                               Lu ciele,

‘cchiù nin tineme!                                                                     ‘ngrifate,

La guerre l’ha tote.                                                                   di fume

Bestie selvagge,                                                                          z’ha fatte.

scappeme ‘mbazzite:                                                                Piogge di foche, granile di piombe

la guerre,                                                                                   Signore! Signore!

i corre appresse.                                                                       Chi ‘ffì ajesse sopre?

La guerre,                                                                                  Ci vide!

gna acque                                                                                   Ci sinte!

gna foche                                                                                    A nnù Tu nin pinze?

‘ntè loche.                                                                                                                 

E jeme strascichijenne:

busche, campagne.                                                                                                      

Cammineme sfanchijenne:

frane, stirpaje;

jeme arrampichijenne:

ripe, cripacce,

fusse e vallune                                                                                                                                   


A nostro dire, questa commedia-dramma è il capolavoro di Plinio, rappresentata a Orsogna, ogni decade che finisca con il numero 3, a perenne memoria dello sfollamento dei paesani da parte dei tedeschi, che si preparavano a fortificare la linea Gustav per combattere gli alleati. Quante famiglie distrusse, quanti morirono di stenti, nascosti nelle grotte sotto-terra, di cui Orsogna è ricca nel Colle e nei dintorni, quante giovani violentate e catturate dagli avidi tedeschi, quante liti tra famiglie, ridotte a bestie che lottavano per sopravvivere per un po’ di pane! Tutto questo dramma è presente ne Lu sfullamente, e dopo la scena delle grotte, nell’ultimo atto, al ritorno nel paesello liberato, cosa fare? Ci sono solo sfollati in mezzo alla rovina! Ma il sentimento di Plinio non è mai pessimista, sicché anche nelle ultime battute, si presagisce un invito collettivo a farsi forza e a ricostruire la comunità, nonostante la devastazione, e i comportamenti sciacalleschi di alcuni, che sembrano essere stati avvelenati, nella loro innocenza pre-bellica, da un oscuro male.
Questo era Plinio, certamente segnato a vita dall’esser stato strappato in gioventù dai giochi, dagli amori, dalla spensieratezza della vota dalla morte e dalla distruzione di qualcosa più grande di tutta la piccola Orsogna, sacrificata per niente! La commedia riscuote tantissimi consensi, Plinio viene salutato quale nuovo autore del teatro abruzzese, e inizia a collaborare anche coi Cori; con l’amico e concittadino Domenico Ceccarossi scrive alcune canzoni per le Maggiolate di Ortona, ormai verso il tramonto, e le Settembrate di Pescara, scrive canzoni per la nuova commedia La struculatora con il pescarese Fernando d’Onofrio.



LA STRUCULATORA


Quante ricurde sta struculatore
quante pinzire m’apponde a lu core.
Mintr ‘a la tine li panne sciacquave,
chi bille cose la mente crijave!



I, li capille ‘ondulate d’Arture
rassumijave ‘a sti scannilature,
e li gradine ‘nghi vase di rose
di chi l’altare ‘ddò avà da-j spose.


Mentre appinnave li panne a la fratte,
jecche Arture chi ‘vvè all’intrasatte;
primennime l’ucchie e dicennime ‘zzà,
gna nu schiuppette mi faceve jundà.



I, mò’, vulesse a ‘sta struculatore
struculijà li vidille e lu core
di chi la streghe chi ‘nghi na fatture
perde m’ha fatte l’amore d’Arture.

 

Torce vulesse, gna sti cusarelle,
li trecce e li recchie di chi la ciandelle,
lengue maligne e gran pittilone,
chiacchiarijenne tra vije e pindone.

 

I, mò’, mi spose nu ricche a Milane;
pozza cripà chi la brutta ruffiane!
'Sta struculatore li jette a lu mare,
“la lavatrice mi faccio accattare…..

 

Sciacque e risciacque
sbatte e ritorce,
strizze po l’acque
gocce su gocce.

 

Strucule strucule
gna nu mutore;
strucule strucule
Struculatore.

                                                                

Si prodiga anche per promuovere il Coro ENAL di Orsogna, nato nel 1921, successivamente ribattezzato “Coro La Figlia di Jorio” in omaggio al pittore Michetti che nel suo quadro ritrasse proprio una orsognese. Nel 1979 promuove al teatro comunale di Orsogna un convegno sulla tradizione canora-dialettale abruzzese cui partecipano anche eminenti personalità quali Ernesto Giammarco, Ettore Paratore, Giuseppe Di Pasquale, con gran finale del Coro, che intona la famosa aria orsognese “Bbone Ursogne”, elaborata su motivo popolare. Varie altre commedie vengono scritte da Plinio, Li moje di li ‘mricane, una satira sull’emigrazione, che afflisse Orsogna, Parapattepace, Il castello in mezzo al mare, tutte di grande successo. Promosse la nascita di un’associazione teatrale, di cui fu presidente, e che girò in turnè l’Italia, e che fu invitata perfino in America Latina da amici immigrati orsognesi, riscuotendo un tale successo che Plinio non riusciva a rendersene conto realmente, tanto era il giubilo con cui venivano accolti i suoi lavori teatrali.

Scrisse diverse poesie per bambini, che sono state recentemente raccolte in un volumetto dal titolo Orsogna in rime, insieme a vari altri volumi sulle pièce teatrali. Molto graziose sono quelle per bambini, ad esempio La circhitelle di Natale, in cui un nonno troppo vecchio stile, critica la pomposità e la vuotezza delle luci di un albero di Natale, rispetto alla bellezza e alla castità di un presepe tradizionale, oppure le poesie della guerra, del Carnevale orsognese, la critica a una Orsogna troppo civettuole e provincialotta per poter andare avanti nella sua storia, fino all’ultima poesia, pubblicata dopo la morte nel 2002 per cancro, che è un vero e commovente commiato da un paese che ha amato per tutta la vita nel più profondo.


Ti ho amata, Orsogna,

nelle tue tradizioni

e nell’anima del tuo popolo

più vero, più umile e più grande:

sii sempre bella di umanità e di pulizia morale,

come ti hanno fatta e ti ricordano i tuoi figli lontani.

Per te, Orsogna natia, gioiosa,

sfollata, distrutta, ritrovata,

ricostruita, emigrata, vissuta:

per te sarò sempre

nel silenzio delle tue strade,

nell’aria delle tue stagioni,

nella luce del tuo cielo…

il tuo umile cantore

                             

Amore così grande per il suo paese, che Plinio arrivava addirittura a non concepire il pagamento dei testi stampati delle sue opere, che dovevano essere liberamente distribuite a chiunque, così come i libri che scrisse sulla storia di Orsogna, in modo che il paese fosse conosciuto da tutti. Scrisse diversi testi, che andrebbero ristampati dato che ormai sono difficilmente rintracciabili: il primo è Orsogna – Talami, coro, banda, usanze, 1981, con illustrazioni di Vito Giovannelli e foto storiche, che illustra a volo d’uccello la storia del paese, i monumenti principali, con note di riferimento molto precise, e ricerche d’archivio che spesso svolgeva a Chieti, Roma e Napoli, fu tra i primi a mettere in luce ad esempio l’attività dei lavoratori del legno a Orsogna, come la bottega dei Salvini e dei Tenaglia; a seguire racconta della banda, la storia del Coro, le varie usanze tradizionali, il Giovedì degli Amici, i Talami, i giochi di una volta; e questo metodo rigoroso, ma facilmente accessibile e semplice per tutti, scorrevole, lo usa per altri libri come Il nostro campanile ha 200 anni, Carri armati sui nostri tratturi, l’ultimo libro edito nel 1999, ricco di documentazione fotografica, ricerche in archivi di guerra, e interviste a personaggi che hanno avuto a che fare con Orsogna nella seconda guerra mondiale.
L’eredità di Plinio è stata raccolta dall’amico e allievo Vittorio Pace che promosse le attività dell’Associazione “Il Teatro di Plinio”, e successivamente dai nuovi membri.

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