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7 ottobre 2022

Accadde oggi: 7 ottobre 1571, la battaglia di Lepanto.


Accadde oggi: 7 ottobre 1571, la battaglia di Lepanto
di Marino Valentini

Il 7 ottobre è una data memorabile perché è la ricorrenza della battaglia di Lepanto, significativa anche per Chieti e le popolazioni della costa abruzzese che negli anni precedenti lo scontro navale erano state bersagliate dalle orde saracene che arrivarono fin nell'entroterra chietino. 
Questi i fatti.
Estate 1571, termina l'assedio di Famagosta che cede al culmine di 12 lunghissimi mesi di privazioni, con gli ottomani che occupano l'isola di Cipro dopo essersi abbandonati a crudeltà gratuite sulla popolazione dell'allora possedimento veneziano. 
Nel frattempo diverse potenze cristiane, dopo aver preso contezza delle atrocità perpetrate a Cipro, decidono una buona volta di allearsi contro la preoccupante minaccia dell’avanzata dell’impero ottomano e dell’Islam in generale e così, sotto il nome di Lega Santa, 210 navi salpano dai rispettivi porti per incontrarsi il 24 agosto 1571 nei pressi di Messina, per poi muovere il 16 settembre verso oriente nel Mar Ionio davanti alla Grecia.
In soccorso di Venezia viene armato uno scafo tutto teatino, al comando dei capitani Giuseppe Persiani e Pietro Gasbarri. 
La nave, una galea veneziana, è composta da duecento cittadini di Chieti e trecento della sua provincia (Abruzzo Citeriore), tutti volontari. 
Va precisato che i teatini, non vantando attitudini marinare, sembrano penalizzati dall’imminente scontro, ma così non sarà e non pochi volontari sono famigliari congiunti di quei cittadini che cinque anni prima erano stati barbaramente uccisi o catturati sulle coste abruzzesi nell’incursione saracena dell’estate del 1566. 
Gli uomini che salgono sullo scafo chietino sono animati da spirito di rivalsa verso i nemici, nondimeno il resto dell’equipaggio nutre un particolare senso di solidarietà nei confronti delle vicine popolazioni, colpite dalle orde musulmane. 
Di questo equipaggio avrebbe dovuto far parte anche il poco più che ventenne Camillo de Lellis, all’epoca soldato al servizio di Venezia, prima che indossasse il saio, ma una grave infermità lo aveva costretto in un letto d’ospedale a Corfù.
Il sei ottobre 1571 la flotta della Lega Santa si trova riunita davanti al Golfo di Patrasso per intercettare l’armata turca che, salpata dai diversi porti dell’impero, sta facendo rotta verso il piccolo porto di Lepanto, nello stesso golfo, ma non rimane lì preferendo scontrarsi in mare aperto: tale mossa si rivelerà fatale per i turchi. 
Ci si accorge subito che la flotta turca supera quella cristiana per numero di uomini e imbarcazioni, ma il numero di cannoni e la loro qualità sono decisamente a favore della Lega Santa e questo particolare farà poi la differenza.
Va ancora rilevato che gli armamenti individuali dei due schieramenti sono del tutto diversi: all’equipaggiamento leggero dell’ottomano, armato di spada, arco con frecce, balestra e mazza ferrata, fa da contraltare l’armamento del combattente cristiano che, difeso da corazza metallica, dispone di archibugio; pertanto i turchi sembrano avvantaggiati solo in caso di combattimento ravvicinato, ancor meglio nel corpo a corpo, circostanza che non avverrà, se non di rado, data l’impossibilità di abbordare le pesanti e alte galeazze, disposte nel conflitto a breve distanza di tiro proprio al centro della flotta turca. 
Quello delle galeazze, vere e proprie fortezze acquatiche che possono sparare da ogni lato, al contrario delle più piccole galee la cui artiglieria è posta solo a poppa e a prua, rappresenta un'assoluta novità per tutti, alleati e nemici, visto che il tipo di nave è stato da poco varato in gran segreto nell’arsenale veneziano.
É un escamotage per spostare l’attenzione del grosso delle imbarcazioni turche contro queste sei navi più grandi, mentre le altre galee cristiane possono aver vita facile nel cannoneggiare i musulmani.
La galea teatina non arriva alla lunghezza di cinquanta metri, dotata di un centinaio di remi a ognuno dei quali vengono impiegati 3 o 4 uomini, una ventina dei quali sono galeotti (derivato dal nome dell'imbarcazione) prelevati dal carcere teatino, è equipaggiata con cannoni di piccolo/medio calibro posti nella parte anteriore e in quella posteriore dello scafo. 
La nave comandata da Persiani, battendosi con impeto travolgente, si distingue a supporto della parte sinistra della battaglia dove prende le redini dello scontro l’ammiraglio veneziano Agostino Barbarigo. 
Ciascuno degli archibugieri teatini, nel ferire mortalmente un ottomano grida ad alta voce il nome di un conterraneo catturato o ucciso nell’estate del ’66. 
Ciò dà sprone all’equipaggio chietino che trova accresciuto stimolo e forza nel morale per il prosieguo dello scontro.
Sono ormai le quattro pomeridiane del 7 ottobre 1571, la sanguinosa battaglia navale con oltre quarantacinquemila uomini, tra morti e feriti, ha da poco avuto termine e l’epilogo arride alla flotta cristiana. 
Il comandante in capo della Lega Santa, il giovane don Giovanni d’Austria, innalza sull’albero maestro della sua ammiraglia lo stendardo della vittoria della cristianità sull’Islam, ossia un drappo rosso damascato, su cui è dipinto il Redentore crocifisso tra gli apostoli Pietro e Paolo. 
Dalle galee vincenti si alza un’unanime invocazione divina rivolta alla Cristiana Vittoria al grido di Viva Maria! 
Anche dall’imbarcazione teatina, a voce alta, si leva la medesima esclamazione, intervallata dal grido Viva Giustino, a ricordo dell’assedio turco alla città di Chieti avvenuto più di 500 anni prima, risoltosi con l’affermazione chietina, grazie all’intercessione miracolosa di San Giustino. 
Tutte le galee della flotta vincitrice issano sui propri alberi i loro vessilli d’appartenenza; tra i tanti, di colore rosso, giallo e bianco, se ne distingue uno di colore azzurro che garrisce al vento della tempesta in arrivo, stagliandosi nell’orizzonte vittorioso delle nubi di Lepanto: esso reca l’immagine di Achille a cavallo.

Tratto da "Romanzo bigotto" di Marino Valentini.

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