Orlando Serra “Principe di Kentophay”, un simpatico mattacchione teatino
di Angelo Iocco
L’Abruzzo nella sua storia ha avuto e ha dei “tipi” curiosi, dei personaggi sui generis che con il loro agire, hanno allietato, divertito i vari conoscenti e spettatori nell’arco della loro vota.
Qui parliamo di Orlando Serra di Chieti, nato nel rione Civitella, e vissuto saltuariamente tra Chieti e Pescara dagli anni ’50 sino alla fine degli anni ’90.
Serra a partire dagli anni ’60 decise di inventarsi un personaggio tutto suo, Orlando Serra Principe di Kentoiphay in India, con un seguito di vari altri titoli nobiliari inventati di sana pianta, per il gusto di darsi un’aria nobile.
Era però arrivato a crederci veramente!
Andava in giro con la moglie per le strade di Chieti e Pescara, ben vestito, in smoking, con lo spadone alla cintura, le spalline stile principe dell’era Bismarkiana, la coccarda tricolore ben visibile, basettoni alla Cavour, capelli corvini ben pettinati e occhiali rotondi, sguardo signorile, sempre con la testa in alto.
Ecco il Principe d’Abruzzo!
Voleva che il figlio, il principino Loris Serra, si atteggiasse come lui, lo fece battezzare nella Cattedrale di Pescara, e ne organizzò anche il principesco matrimonio.
Negli anni ’80 divenne famoso perché veniva invitato saltuariamente in tv alla trasmissione “Tele-Majella”, dove spesso comunicava con fredda certezza di aver avuto e di avere ancora contatti con gli alieni e gli extraterrestri, che il mondo da noi conosciuto era una piccola macchia nell’Universo sotto il controllo di un Grande Giudice, il quale per mezzo degli alieni, lo comandava e ne provocava i cambiamenti climatici e culturali.
Partecipò al partito UNSIPO fondato dal Sen. Errico D’Amico di Lanciano, leader della DC, e molti ricordano alcuni comizi abbastanza sconclusionati e pieni di voli pindarici in piazza Valignani di Chieti.
Il Serra andava sempre vestito da Principe con la consorte, alcuni raccontano un aneddoto, il Principe si trovava nella filiale Carichieti di Pescara, vicino l'Università, un rituale insomma, in rigoroso orario di chiusura per la clientela, in cui il venerando blasonato personaggio nominava cavaliere di qualche reame fantasioso di questa Terra o di altro Pianeta, il cassiere della banca stessa: si vestì con un lungo mantello ed impugnando un autentico spadone d'acciaio fece mettere l'onorando in ginocchio davanti a sé, recitando un formulario in un misto di latino, esperanto e pure abruzzese. Il neo insignito ad ogni movimento della spada se la faceva letteralmente sotto, mentre gli altri colleghi lo lasciavano fare, si piegavano in due dal ridere.
Tuttologo conclamato, lascia sorridere quando nella prefazione spiega di aver ricostruito tutta la storia della Città Adriatica delle origini sino all’era contemporanea.
Nella prefazione dichiara che ha stampato migliaia di migliaia di copie, e di averle donate a tutti i dignitari, ambasciatori, principi e re del Globo.
Poche copie in realtà saranno state stampate, e non sappiamo quante siano oggi ancora consultabili nelle biblioteche.
Il fatto che tuttavia rende il libro illeggibile e impossibile da prendere sul serio come testimonianza storica è la mole esorbitante di invenzioni, boiate e testimonianze fanta-archeologiche circa le origini antiche di Aterno, la confusione delle piante topografiche, l’illustrazione dei monumenti riportati in fotografia, la Cattedrale scambiata con la chiesa del Sacro Cuore, storie fantastiche sui miracoli del patrono San Cetteo, e sulla presunta “terza statua” fabbricata ma non gradita dal Santo, che fece scoppiate alle soglie del ‘900, durante la processione, una grandinata tremenda, e soprattutto ciò che rende difficoltosa la lettura, sono le aggiunte arbitrarie e le interruzioni costanti di riflessioni personali sulla storia d’Italia, del mondo, gli elenchi infiniti degli imperatori d’Europa, del Sacro Romano Impero, i duchi di Milano, i Sovrano di Napoli dall’era Angioina, l’elenco di poeti e personaggi illustri abruzzesi, la fantastica e simpaticissima storia della genealogia nobiliare di Orlando Serra, il cui capostipite sarebbe stato un principe longobardo al seguito di Carlo Magno e via dicendo.
Stupisce con quanta rigorosità il Serra si sia affaticato nell’inventare i nomi di ciascun membro, epoca per epoca, incastrandone le vicende biografiche nei principali avvenimenti della storia d’Italia. E poi le poesia originali di Serra in lingua e in dialetto (abbastanza elementari e a volte scontate e tediose) sulla bellezza dell’Abruzzo e di Pescara, le riflessioni filosofiche sugli alieni che ci governano, ecc. ecc.
Un libro indigesto sicuramente, ma unico nel suo genere per la sua spassionata follia.
Il Serra ormai anziano, dopo la morte della moglie, passò gli ultimi anni in una casa di risposo di Chieti.
Purtroppo personaggi come il grande Orlando Salvatore Serra non rinasceranno più.
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