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19 settembre 2022

Le tradizioni popolari Lancianesi delle Feste di Settembre – Capitolo III.


Le tradizioni popolari Lancianesi delle Feste di Settembre – Capitolo III
di Angelo Iocco

Giungiamo al capitolo finale di questa rassegna sulle feste del Settembre Lancianese, che ha preso avvio con la fiera di Sant’Egidio e lo sparo di mezzogiorno dal cannone della torre campanaria del 1° settembre.
Abbiamo lasciato i nostri contadini contradaioli dell’8 settembre ritornare alle loro case, e abbiamo notato di come la festa, un tempo più genuina, non fosse celebrata tanto per il gusto di esibirsi come purtroppo accade oggi, ma vi erano processioni di anziane e di belle giovani che intonavano inni alla Madonna (e non “Cicirinella teneva teneva!”), donne che sfilavano con le conche ricolme di fichi secchi e fiori (e non finte auto d’epoca pacchiane in parata). 
Al termine della processione, si racconta che i contadini più abbienti preparavano dei pranzi invitando gli amici che purtroppo avevano avuto un’annata di magra, c’era il vero senso di carità e di rispetto per il prossimo, nel giorno della Natività della Madonna, e occorreva onorarla come dovere. 
Oggi purtroppo tutto è diverso, tutto è finto, tutto è di facciata, tutto è stato trasformati un una becera carnevalata!
Da qualche anno ci sono buone iniziative per terminare questo giorno, dal punto di vista religioso la Cappella musicale Santa Casa del Ponte propone nella serata un concerto di musiche sacre classiche dedicate a Maria, con la direzione del M° Giuseppe Casciato. L’iniziativa è partita nel 2018, nel 2019 una bella trovata di una solista, Lorella Palumbi, affacciata dalla balaustra della Basilica cattedrale, mentre festoni di luci disposte a baldacchino, come il monogramma Mariano, ricadevano rigoglioso sull’arco di ingresso al nartece, allietava i nostri cuori. 

Inutile purtroppo dire che soltanto pochi di Lanciano siano attenti a questa iniziativa, che cerca di seguire la scia di una ben più lunga e onorata tradizione canora per la Madonna di questa Cappella musicale plurisecolare, di cui parleremo più avanti. In quanto gli altri sono concentrati ad aspettare la fine di questo concerto per poter accaparrarsi la mortadella o la pasta De Cecco alla vendita all’asta dei donativi delle contrade.
Spieghiamoci, ciò che non è stato consumato la mattina con la sfilata, viene riportato in piazza per la vendita all’asta, e vediamo di tutto, dolciumi, prosciutti, pasta, porchetta, incartata in cestini, fichi, mele, e tutto di più. Ed è un piacere vedere i lancianesi affannarsi a sbracciarsi per la puntata più alta, per il rilancio dell’offerta, la controbattuta, mentre il banditore attentamente scruta ogni mano alzata, e tra un “venduto!” e un “il signore rilancia…”, fa qualche battuta simpatica sul prodotto in offerta, ricordando tempi lontani.


Abbiamo aspettato dall’8 settembre la sera del 13: per la città iniziano i preparativi, le luminarie cominciano ad essere montati sui castelli di legno per il Corso e per la piazza. Iniziano ad apparire gli sponsor, le pubblicità, tutto ha l’aria prettamente popolare in questa città, anche troppo. 
Il popolo inizia a fare le vasche, a salire e scendere, impaziente che il sole cali. 
Le campane tacciono, come se fosse il Venerdì santo, debbono scampanare per bene la mattina del 14 alle ore 4:00! Ma come mai quest’orario? 
Occorre tornare indietro di 189 anni, or è il 2022, se non ancora di più. E dobbiamo iniziare a conoscere un personaggio che qualche anno fa, quando era presidente del Comitato Feste, Settembre Stefano Angelucci Marino proponeva in un monologo recitato dal sapore un po’ maramaldesco e bohemienne, ma efficace, il quale si poneva in piazza, e raccontava tutte le fatiche sopportate per aver organizzato la Coronazione della Statua della Madonna di Lanciano presso il Vaticano, e di come ora la gente riunita, debba aspettare il ritorno delle carrozze dei preti con le Sacre Corone, da Roma, attraverso vie tortuose e sterrate, fino a Lanciano. Inutile dire che qualcuno criticò questa specie di “rievocazione”, sicché oggi il tutto si celebra a Lanciano con personaggi che parlando di “tradizione”, ma che non sanno manco cosa possa significare! E il popolino applaude e mangia la piazza ai peperoni e alici contento contento.

Coro del Popolo nel primo del ‘900. Si vede sulla destra il palazzo Berenga,
verso largo Santa Lucia, distrutto nel 1943

Tale personaggio interpretato dal Marino fu Francesco Paolo Berenga, nato a Lanciano nel rione Borgo nel 1784, precisamente nel palazzo di famiglia che fu distrutto dal bombardamento del 1943, lungo il Corso Roma (ex via del Popolo), e che oggi è sostituito da un brutto casermone moderno. Francesco Paolo era noto del più famoso sindaco di Lanciano Gerardo Berenga (1860-1944), conosciuto principalmente per aver voluto la costruzione del Corso Nuovo di Lanciano. 
La famiglia Berenga era originaria di Venezia, nel XVI secolo giunse a Lanciano per affari, essendo mercanti, tanto che Agostino fratello di Francesco Paolo, fu Ricevitore della Dogana e Dazi a San Vito chietino. 
Lo studioso Giacomo de Crecchio in una sua utilissima pubblicazione del 2004 sulla storia della Coronazione della Madonna del Ponte, ha ricostruito con documenti filologicamente la vita del Berenga e le situazioni che lo portarono a organizzare tutta la cerimonia. Altri suoi famigliari don Giuseppe de Crecchio ad es., fu nominato Prefetto della Congrega di San Filippo Neri in Lanciano, i fratelli Giorgio e Giambattista erano stati nominati Amministratori degli Stabilimenti di Pubblica Sicurezza. Il Nostro Berenga fu anche poeta, scrisse un libretto per la Madonna Immacolata da cantarsi l’8 dicembre 1826, scrisse il dramma sacro “Sofronia” su musica di Pietro Raimondi, e “L’assedio di Samaria ovvero Il trionfo della Fede” con musica di Francesco Masciangelo, da cantarsi il 18 settembre 1870, in occasione del 37° anniversario dell’Incoronazione. Berenga morì nel 1859, di lui resta un bel busto in gesso. Da quel che è stato brevemente scritto dunque comprendiamo come la festività della Madonna a Lanciano fosse sentita anche e soprattutto dal punto di vista teatrale e musicale; oltre a questi lavori, furono composti tantissimi altri oratori e drammi, compreso quello più famoso “La Sunamitide ovvero il Trionfo della Virtù e della Bellezza” su versi di Carlo Madonna e musica del Masciangelo (1853 per i 20 anni dell’Incoronazione). Oratori puntualmente uno per uno, allo stato attuale, allo stato di quiescenza, di dimenticanza, senza che nessuno in Cattedrale si faccia premura di rispolverarli, di trascriverli, e magari di farli rieseguire per valorizzare il patrimonio canoro della “vera tradizione lancianese” che tanti…troppi strilloni van cianciando con pompa e petto gonfio nei giorni di questa festa!


Nel suo studio sulle celebrazioni della Madonna, il de Crecchio passa in rassegna lo studio dell’opera più importante oggi nota del Berenga, ossia il “Quadro della Solennità della Coronazione della Vergine SS.ma del Ponte” stampato nel 1853 a vent’anni di distanza. Francesco Paolo Berenga volle scrivere, con l’ausilio dei documenti raccolti, neri su bianco, punto per punto, data per data, somma per somma delle spese sostenute anche per le piccolezze apparentemente più trascurabili. Avendo noi parlato delle varie nomine di incarichi pubblici del Berenga, vediamo che nel 1827 il Nostro in quest’anno si accinse a inventariare le carte e le cose presso l’Archivio della Cattedrale. Notò che il tutto giaceva quasi abbandonato, e tra le varie carte, trovò delle cose lasciate incompiute da don Mattia Brasile nel 1799, per sopraggiunta morte, tra queste cose un progetto di solennizzare il giorno della Madonna del Ponte con la coronazione della statua della Madonna col Bambino. Berenga ebbe la pia intenzione di riprendere questo progetto, iniziò a fare le ricerche per capire quali pratiche dovesse affrontare per avviare le procedure regolari, da don Gioacchino Maranca si fece consigliare di parlare col padre Isidoro Chiodi dell’Oratorio S. Filippo Neri di Roma, che era in quegli anni a Lanciano presso l’omonima congrega, e tra i due nacque un solidale rapporto per avere una corrispondenza diretta con il Capitolo del Vaticano. La risposta giunse nel novembre 1828, l’Arcivescovo di Lanciano fu direttamente coinvolto in questo rapporto epistolare per firmare le richieste varie, occorreva fornire documenti circa l’antichità del culto della Madonna del Ponte, fornendo ragioni valide per elevare la chiesa Cattedrale a titolo di Santuario, occorreva dare prove di autenticità dei prodigi.
Qui vogliamo brevemente fornire quanto era stato scritto fino ad allora, e oltre, dagli storici locali, seguendo più che altro la leggenda. Notizie si hanno nel libro del Santuario della Madonna di Luigi Renzetti, in un opuscolo stampato nel 1933 a cura del lancianese Giuseppe Bellini in occasione del centenario dell’Incoronazione, e infine altre notizie utili si hanno nel libro sulla Cattedrale uscito per conto della Rivista Abruzzese nel 2000. 
La solita leggenda vuole che la statua miracolosa di terracotta della Madonna risalga all’VIII sec., che sia stata rinvenuta in una nicchia del distrutto ponte romano di Diocleziano nel 1138, quando gli operai stavano effettuando i lavori del nuovo ponte erigendo. Tale statua, tanto amata dai Lancianesi, sarebbe rimasta miracolosamente intatta e nascosta per almeno 400 anni dall’anno in cui fu nascosta nella nicchia murata, affinché non venisse distrutta dai fanatici iconoclasti di Leone III Isaurico di Bisanzio. Questa la leggenda riportata dagli storico Pietro Polidori e Omobono Bocache: ma a quei tempi l’Italia era sotto il controllo dei Longobardi ferventissimi cristiani…che motivo ci sarebbe stato nell’VIII sec. di temere la persecuzione di un monarca di Bisanzio così tanto lontano da Lanciano? Mistero della leggenda! Fatto sta che la statuetta di terracotta inizia a compiere miracoli e grazie, viene soprannominata “Nostra Signora delle Grazie” e viene adagiata in una nicchia con due pilastri, sopra il ponte nuovo, e tale nicchia così secoli diventerà una cappella, e infine una vera e propria chiesa, affiancata all’altra del XIII sec. della Santissima Annunziata, di cui il succorpo ancora oggi si ammira, benché molto manomesso nei secoli, quando si scende nel percorso archeologico dell’auditorium Diocleziano.
La chiesa fu ingrandita ancora nel 1389 e poi nel 1446, ma a causa di terremoti e mancanze di fondi, tardò a vedere l'aspetto monumentale attuale. La chiesa era inoltre situata nella parte periferica della città, a ridosso delle mura orientali, la cattedrale vecchia era la chiesa di Santa Maria del Ponte nel rione Civitanova; tuttavia la chiesa di Santa Maria delle Grazie beneficiava di indulgenze papali e della venerazione dei viandanti, dei pastori transumanti e dei mercanti che dovevano dirigersi al Piano della Fiera per le annuali rioni dei mercanti. 
Nel 1545, dopo la creazione della diocesi Frentana di Lanciano-Ortona (1515), la chiesa divenne concattedrale insieme alla Basilica di San Tommaso in Ortona, dedicata alla Santissima Annunziata. I lavori di adeguamento e ampliamento continuarono, nel 1610 venne eretta la grande torre campanaria, insieme a un loggiato che permetteva il passaggio sino ai Tribunali e al Palazzo del Capitano. 
Nel 1670 si decise di ufficializzare la festa della Madonna il giorno 8 settembre, giorno della Natività di Maria. Nella bolla pontificia del 1756 emanata da papa Gregorio XIII le due chiese di Santa Maria delle Grazie e dell'Annunziata vennero unite da un solo portone d'ingresso, facenti parte della Cattedrale di Santa Maria del Ponte e della SS. Annunziata.

Disegno ottocentesco della Cattedrale di Lanciano: sulla destra della facciata è visibile un edificio civile, eretto dopo il 1819 sopra il sito della cappella dell'Annunziata

Con questa bolla papale si progettarono i lavori di totale rifacimento della chiesa, con l'istituzione di una commissione speciale per la direzione dei lavori stessi. Nel 1758 si costituì la società e i lavori vennero avviati nel 1778, con la demolizione e ricostruzione delle mura, del corpo a pianta rettangolare senza transetto, a navata unica e con copertura a volte a botte; l'intero apparato decorativo in stucchi e pennacchi fu realizzato nel 1794 dal napoletano Giacinto Diano.



Progetto di abbellimento della Facciata del Duomo in occasione delle Feste di Settembre del 1870, progetto del lancianese Luigi Mercadante



La statua della Madonna che oggi ammiriamo, in realtà sono due, Ossia l’originale è ancora al suo posto nella nicchia dell’altare maggiore monumentale, con le sue corone del 1833, nel corso dei secoli ridipinta più volte, restaurata una prima volta negli anni ’60 per volere del Mons. Benigno Luciano Migliorini, e un’altra volta di recente, cercando di riportare il colore al suo stato antico.


E infatti vediamo una tipica “Madonna bizantina” dal colore un po’ bruno, tipico di varie Madonne “arboree” abruzzesi, che apparvero secondo la tradizione in un determinato luogo, ulivi, alberi, olmi, caverne, colli, chiedendo ivi al popolo di costruire devotamente una cappella, che quasi sempre si trasformò poi in un santuario. Di questa Madonna miracolosa parla anche lo storico e arcivescovo di Lanciano Anton Ludovico Antinori in alcune sue lettere al canonico Silvestro Cinerini, suo amico, e fratello di quel famoso Antonio Cinerini lancianese, che agli istituì un Monte frumentario ossia una borsa di studio, per un valente lancianese affinché avesse potuto continuare i suoi studi a Napoli e portare lustro alla città. 
Nelle lettere l’Antinori si sofferma sul culto popolare della Madonna, la leggenda del miracoloso ritrovamento nella nicchia del Ponte è già sparsa per il popolo, ma lo studioso attento, più disposto alla verifica dei fatti che abbandonarsi a seguire storielle popolari, inventate apposta per ricevere privilegi papali e indulgenze, si chiedeva se effettivamente la statua fosse così antica da risalire all’VIII sec., e nelle lettere suppone che la statua o esisteva, o fu rifatta daccapo nella metà del ‘400, quando ricevette proprio quell’indulgenza speciale del Papa, affinché la basilica potesse essere ricostruita sopra il Ponte.
Anche lo storico lancianese Corrado Marciani che pubblicò le lettere, pensò ciò, e come risposta ebbe dall’Arcidiocesi di Lanciano il diniego di esaminare personalmente la statua!



La Statua che attualmente sfila in processione è una copia in versione più grande, realizzata nel 1933 in occasione del centenario dell’Incoronazione, somiglia in parte all’originale, con il busto leggermente proteso a formare una leggera curva, come l’originale in terracotta, il panneggio mostra dei fiori e dei gigli dorati, coperto da un mantello blu, gli occhi sono espressivi, mandorlati, come l’antica Madonna della nicchia.
Tornando alla nostra storia, finalmente nel 1829 grazie a Padre Isidoro a Roma, l’iter burocratico inizia a sbloccarsi, la documentazione comprovante i privilegi passati e i miracoli è accolta, e a Lanciano si costituisce un vero e proprio comitato formato dal sindaco d. Michele de Giorgio, i decurioni Luigi Maranca, Pier Mattia Brasile, Nicola Rotellini e altri. Immancabili le proteste di alcuni circa il progetto, dimostrazione di come a Lanciano qualsiasi proposta si fosse sempre fatta, non mancavano i soliti “telchini”, che erano …. E sono! sempre pronti a cicaleggiare a criticare. Il comitato sprona Berenga ad andare avanti, e così lui per ufficializzare la festa, fa realizzare dei disegni della Sacra Immagine della Madonna. Già in passato vi erano incisioni riguardanti la Vergine col Bambino, conservate presso il Museo diocesano di Lanciano, tra cui la famosa immagine di Nicola De Archangelis ispirata a quella di Francesco Maria Renzetti. Berenga chiama Gaetano Gigante, nipote di Carlo e allievo di Giacinto Diana che a fine ‘700 fu attivo nei cantieri della Cattedrale, per realizzare il bozzetto da far incidere sulla medaglia d’argento da distribuire ai cittadini per la festa, per opera di Carlo Biondi.

Tuttavia si verificano ancora lungaggini varie, fino a che si giunge al 1832, nulla ancora è stato stabilito, e il Berenga nella sua cronaca racconta di come provvidenzialmente nel Natale del 1832, mentre tornava bigio a casa, ricevette una lettera da padre del Padre Filippino, in cui si comunicava che erano stati trovati i fondi per la realizzazione della Sacra Medaglia, delle corone, e che la cerimonia si sarebbe potuta svolgere nel 1833.

Grande giubilo! Immediatamente il comitato è incaricato di raccogliere delle offerte per i rioni storici, in modo da coinvolgere sempre di più la popolazione, e nei registri sono riportati tutti i nomi degli artigiani, dei commercianti, dei parroci che hanno donato il loro obolo. Si decide di scegliere il giorno 15 settembre per il Festeggiamento, essendo l’infra-ottava della Natività, Berenga si da da fare affinché anche le contrade vengano coinvolte nel versare il loro obolo per la festa. Si iniziano a stampare le medaglie sacre, nel frattempo in occasione della festa della Natività, nel 1832, giunse a Lanciano Sua Maestà Ferdinando II delle Due Sicilie, che alloggiò al palazzo Vergilj, sede della Sottoprefettura di Chieti a Lanciano, nel rione Lancianovecchia; giunse dalla via di contrada Iconicella, si chinò devotamente all’altare della Madonna in Cattedrale, e il giorno seguente ripartì dopo che in suo onore era stato allestito uno spettacolo teatrale. Nel frattempo anche le cittadine vicine di Crecchio, Canosa, Tollo, sono coinvolte nelle celebrazioni, si costituiscono altri comitati e deputazioni, e si scelgono, a preparativi ormai completati, i due incaricati di andare a ritirare a Roma le sacre Corone d’argento della Madonna, benedette da Sua Santità Papa Gregorio XVI, don Luigi Iacobitti e Nicola Saverio Di Bucchianico, laico, consigliato dal padre Isidoro. La Sacra Immagine doveva essere incoronata a Roma, esposta in Vaticano, il quadro devozionale doveva essere confezionato dal pittore Giuliano Crognale di Castel Nuovo ossia Castelfrentano (1770-1862), di cui purtroppo s’è persa traccia.


La Sacra Immagine è esposta in piazza a San Pietro in Vaticano, tra il giubilo generale del popolo, a Lanciano non si parla d’altro, il nuovo sindaco Saverio dei Conti Genoino e il canonico don Giambattista De Giorgio si adoperano per rinnovare la Fede nel popolo, chiedere nuove offerte, esaminare i vicoli e le vie dove sarebbe passato il corteo, vengono stampati i manifesti da diffondere nelle principali città del Regno, il 20 luglio si organizza una solenne processione in Cattedrale con grande affluenza del popolo, anche dalle contrade vicine, si promettono fertilità alle novelle spose, redenzione dei peccati, abbondanza di raccolto ai contadini. Il 13 settembre le Corone si mettono in viaggio da Roma per Lanciano, e fanno la via vecchia per Napoli, arrivando a Castel di Sangro, e proseguendo per il Piano delle Cinquemiglia fino a Palena, dove si snoda la via Frentana per Lanciano. Una notizia del ritardo della consegna delle Corone fa temere il peggio, ma il problema viene presto risolto. Berenga fa mandare un messo indicando alla comitiva di accomiatarsi a Castel Nuovo per riposare, e di entrare il giorno 14 a Lanciano. Manco a dirlo, i Lancianesi si ribellano, gridando “Viva Maria, via Maria!”, e vogliono che anche a tarda notte, le Corone giungano in città, loro sarebbero stati pronti e ben svegli ad accoglierle con giubilo e devozione.


Berenga è al colmo della gioia, e si mescola tra la folla, mentre le Corone dalla chiesa di Santo Stefano a Castel Nuovo, dover erano state riposte momentaneamente per l’adorazione, riprendono quei pochi km di viaggio per arrivare a destinazione. La gente si ammassa su per via del Popolo (corso Roma), risalendo fino al monastero di Santa Chiara con l’arco di ingresso. Le monache aprono la porta del monastero di clausura, cacciano alcuni curiosi che si erano nascosti per vedere la Sacra Immagine con le Corone, Berenga si fece largo per baciare l’Effigie, la gente intonava cantici di gloria, quando appena vide la comitiva avanzare dal viale dei Cappuccini. Nessuno dormiva a Lanciano, tutti avevano vegliato devotamente, avevano fatto la “Nottata”…e non la Notte bianca! Le monache invitavano i fedeli a rimanere composti e a non sparpagliarsi nel disordine, a rimanere fermi nel loro punto, piamente pregando.
Finalmente la Sacra Effigie poteva riprendere il suo cammino dal monastero, e giungere in piazza dinanzi alla grande Cattedrale. Presso il Piano della Fiera dove oggi insiste la villa comunale, furono organizzate delle tombolate, e nella settimana seguente della Solennità, delle ditte locali accesero dei fuochi artificiali, furono concesse delle grazie a dei penitenti, furono chiamate delle bande a suonare, anche da Orsogna, furono apposte delle candele sulla facciata del Duomo in modo che risplendesse la notte. Il 15 settembre don Luigi Iacobitti sostituì l’anziano Arcivescovo Mons. De Luca nel portare le Corone in Cattedrale, ci fu la benedizione dei Sacri Ornamenti, ci furono canti e inni, alla fine della Messa, uno spettacolo pirotecnico in piazza, il tutto sapientemente organizzato dal Berenga. E naturalmente il 16 ci fu la nuova processione della Madonna Incoronata, per la piazza e le vie della città.



Oggi di tutta questa tradizione, cosa è rimasto? Innanzitutto la processione si è modificata, quando fu aperto il nuovo Corso Trento e Trieste nei primi del ‘900, dato che attualmente il 16 settembre la processione sfila per la piazza con le Confraternite, e risale la nuova strada, per poi ridiscendere dalla villa comunale in Cattedrale. Prima dell’arrivo dei palchi con impianti elettrici e casse di risonanza, nella piazza si faceva la Veglia, questo fino agli anni ’70, quando a Lanciano iniziarono ad essere chiamati vari cantanti famosi d’Italia e non solo, che avrebbero dovuto coronare le tre serate dal 14 al 16 settembre. Prima, raccontano, si passeggiava tra amici e conoscenti per il Corso, si andava a giocare al Caffè, aspettando le ore 4:00 di mattina, per assistere ai fuochi pirotecnici, e poi correre a omaggiare la Madonna, o a gustare pizza con peperoni e alici, oppure noci, fichi secchi e ceci. Naturalmente chi non ricorda le famose Corse dell’Ippodromo della Fiera iniziate proprio nel 1833? Quanti scommettitori incalliti persero il loro patrimonio, quanti corridori famosi galopparono per il circuito, quanta gioia scomparsa negli anni ’90!
E come non rimanere a bocca aperta dinanzi alle luminarie del Corso che venivano montate, e lo sono tutt’ora, con quei mille colori, quelle elaborazioni geometriche, quella scenografica macchina architettonica che dalla piazza corre sino alla Fiera? Ma qui vogliamo parlare anche di una tradizione di musica che si sta lentamente perdendo in città. Essendo attiva dal XV secolo in città la Cappella musicale Santa Casa del Ponte con i loro cori di voci bianche e voci maschili, i vari maestri ecc., Lanciano con la Coronazione, ebbe modo di sperimentare nuove opere composte occasionalmente per ricordare i fasti dell’arrivo delle Sacre Corone! E quali furono queste opere? Tra le prime ci fu l’azione sacra “Rut” su versi di Francesco Paolo Berenga stesso, del 1833; il patriota Carlo Madonna (1809-1890) scrisse “La coronazione di Ester” con musica di Camillo Bruschielli per il giorno 15 settembre 1833; nel 1835 fu scritto l’oratorio “Micol”; un’altra Ester fu scritta nel 1839 da Vincenzo Fioravanti; il grande Francesco Masciangelo (1823-1906) scrisse vari oratori per la Madonna, nel 1846 un “Inno Sacro da cantarsi in Lanciano”, nel 1848 un altro Inno; nel 1862 Innocenzo Gambescia scrisse un “Ino sacro”, nel 1870 il Berenga scrisse “L’Assedio di Samaria”; nel 1876 in occasione del 37° anniversario della Coronazione, Madonna e Masciangelo scrissero un vero capolavoro: “La Sunamitide, ovvero Trionfo della Virtù e della Bellezza”, ispirato a un fatto dell’Antico Testamento, recentemente rieseguito dal M° Donato Renzetti e inciso su CD.

Alla luce di tutto questo patrimonio musicale, per fortuna accuratamente inventariato dai vari deputati della Santa Casa come Giuseppe Bellini e Filippo Sargiacomo, e recentemente inventariato nuovamente per il Centro di documentazione musicale “F. Masciangelo” di Lanciano, perché non riproporre questi oratori? Perché non fare in modo che Lanciano sia degna veramente di essere chiamata Città della Musica? Fare in modo che queste opere rappresentino la Città, e non che siano uno specchietto per le allodole, chiacchiere d’elite per avere qualche settimana di attenzione locale? Lanciano è piena di storia e cultura, e tradizioni. Le Feste della Madonna lo confermano, dal punto di vista sociale, artistico, culinario, musicale, storico…oggi purtroppo si assiste a un autentico carnevale acchiappa-soldi, con giostre rumorose e iridescenti, con discoteche dislocate in vari punti del Corso, con il grande palco scenico in piazza con il cantate all’ultimo grido, con la gente accalcata sugli spalti della Pista della Fiera, che aspetta le 4:00 per i fuochi pirotecnici, questi ultimi davvero belli e duraturi della ditta Lanci fireworks, a gridare ritualmente “Antonio, le luci, le luci!”, in attesa che l’addetto agli interruttori spenga il tutto, per rimanere irradiati dai fastosi giochi dei botti, con accompagnamento musicale, fino al crepitio assordante, da far pensare a una città sotto assedio bellico! Chissà quanto la vera autenticità e la vera Fede torneranno in Città. 
Buon Settembre Lancianese!

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