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18 settembre 2022

Le glorie di un capocomico, Alfredo Bontempi di Lanciano.


Le glorie di un capocomico, Alfredo Bontempi di Lanciano
di Angelo Iocco

Quanti a Lanciano ricordano il maestro elementare e commediografo Alfredo Bontempi? (1893-1983) Nacque nel rione Borgo, poco si sa dell’infanzia, ma della sua attività teatrale molto parla il libro di P. Verratti e L. Bontempi pubblicato a Castel Frentano nel 2007. 
Dopo aver conseguito la licenza elementare, iniziò a insegnare nelle scuole di Lanciano, stringendo amicizia con il maestro Cesare Fagiani, poco più giovane di lui, e vari altri rappresentanti della cultural lancianese. 


Appassionati di teatro, negli anni dell’amministrazione Sigismondi del teatro comunale Fenaroli, Bontempi iniziò a formare delle Filodrammatiche per portare in scena delle farse, degli atti unici, o intermezzi tra uno spettacolo e il cinematografo. Alla brigata si unirono anche Domenico Bomba detto Mimì come suggeritore, il piccolo Federico Mola (1881-1978), Ugo Di Santo e il poeta Giulio Sigismondi da Guardiagrele, che con le sue farse e i suoi monologhi farà sganasciare dalle risate innumerevoli spettatori. 
In quegli anni Bontempi spalleggiò anche l’amministrazione Gerardo Berenga, alle soglie del fascismo.


Il 3 e 4 marzo del 1923, in pieno periodo fascista, fu rappresentata al teatro comunale di Castel Frentano e poi a Lanciano anche E' na cosa pazziarelle, favola dialettale-teatrale in due quadri composta dal duo Di Loreto-Liberati, purtroppo andata persa; nelle stesse serate fu rappresentata anche I Balilla, commedia in due atti scritta da Alfredo Bontempi, attore e scrittore lancianese amico del Maestro.
Bontempi era uno dei principali mattatori della Filodrammatica del teatro Lancianese in quegli anni, insieme al poeta Cesare Fagiani, oltre che come lui maestro di scuola, e dirigeva la rivista satirica “Il Beffardo”, su cui anche Di Loreto scrisse alcuni bozzetti, firmandosi con pseudonimo femminile; era direttore di una compagnia di comici di Lanciano, scriveva e dirigeva le sue commedie, come Delirio…parziale (1927), I Balilla (1928), Lu nide negli anni ’50 per il teatro di Milano, con poesie cantate di Nino Saraceni di Fossacesia, e rappresentata anche a Lanciano. 
Personaggio poco ricordato oggi il Bontempi, fu attivo in diverse riviste, anche dopo la guerra, con Nuvole a Lanciano, la quale si occupava di vari argomenti, anche culturali, dando importanza soprattutto agli storici musicisti locali, dai Sabini a Fenaroli, a Masciangelo. Questa commedia fu scelta in un Concorso del teatro italiano bandito a Milano, e Bontempi ebbe modo di rilanciare il teatro abruzzese, che allora dopo alcuni sprazzi di notorietà nell’era fascista, stava ricadendo pericolosamente nell’ambito localistico e provinciale. L’opera in sé è una veduta nostalgica della vita semplice di campagna, del matrimonio felice tra i due sposini, che provano ad andare nella grande città a Roma, sentendosi però dei pesci fuor d’acqua e preferendo ritornare nel piccolo cantuccio paesano, senza i problemi quotidiani. Le deliziose canzoni scritte da Saraceni allietano i 3 atti, testimonianza della spiccata versatilità del Teatro Frentano alla commedia teatrale brillante con intermezzi musicali, dove il musicista di turno (maestri furono Antonio Pancella, Nicola Benvenuto, Ugo Di Santo, Pierino Liberati) poteva far cantare il cuore abruzzese in questi momenti della scena rappresentata, consacrando de facto Lanciano a questo primato.


Carnevale del 1949 a Lanciano, Filodrammatica “L. Renzetti”, da sinistra Cesare Fagiani, Giovanni Nativio, Vituccio Iavicoli, il Maestro Alfredo Buontempi, Ugo Di Santo, Ferdinando Mercadante, Tanino La Barba, Gigino Carinci (la Pizecca), Mario De Matteo, Mauro Volpe.

Bontempi era ben inserito nel mondo sociale colto di Lanciano, intrattenendo rapporti con Gennaro Finamore, il poeta e storico locale Luigi Renzetti e suo fratello Camillo che parteciparono anche alle Maggiolate di Ortona, Domenico Bielli compilatore di un vocabolario abruzzese, Federico Mola professore orsognese e studioso dei temi più disparati, Modesto della Porta il poeta sarto di Guardiagrele, il consigliere comunale e poeta Giulio Sigismondi[1] di San Vito, e poi i rapporti col senatore Paolucci, Ciampoli, Pantini, le compagnie filodrammatiche Alfieri di Lanciano, quella Dopolavorista del Marrucino di Chieti ecc.[2] 
Mola e Bontempi diressero per pochi numeri inoltre una rivista: le “Città d’Abruzzo illustrate”, dove si ripromettevano di descrivere, con l’ausilio di vari studiosi locali, le maggiori città abruzzesi; progetto molto ambizioso che però si ridusse solo all’area frentana e pescarese, parlando di Lanciano, Orsogna, Guardiagrele, Castel Frentano, San Vito e qualche altro centro. Ciononostante, questi libretti, quasi tutti conservati nella biblioteca comunale di Lanciano, sono preziosi per scoprire varie particolarità e curiosità di questi paesi, specialmente Guardiagrele, che era oltre a Lanciano una delle città più ricche e belle descritte. L’intento era proprio quello di illustrare, con leggerezza, quasi una guida turistica, alcune realtà poco conosciute dell’Abruzzo. Mentre Lanciano risaltò per la bellezza dei monumenti e delle secolari tradizioni, Guardiagrele risaltò per la bottega dei fratelli Ranieri esperiti nella lavorazione del ferro, per gli oggetti d’arte sacra e per la maestria di Nicola da Guardiagrele, oltre che per l’erezione recente del Sacrario ai Caduti d’Abruzzo nel 1923. Ciò che cercarono Mola e Bontempi fu proprio la collaborazione con studiosi d’arte e storia locale come Giuseppe Iezzi, don Filippo Ferrari, Luigi Renzetti, Francesco Verlengia nel redigere queste piccole e pregiate guide dei paesi abruzzesi, che sarebbero state veramente deliziose, se si fossero estese alle cittadine del teramano, dell’aquilano, della valle Peligna. Peccato davvero! Nel numero di Castel Frentano si spaziava dalle notizie storiche finora note a quelle storico artistiche, a quelle curiose sulla presenza del corpo di don Iginio Vergily, a quelle del teatro e della musica, dove si elogiavamo i giovani talenti di Liberati e Di Loreto. Se Eduardo Di Loreto intraprese a metà anni ’20 la via del teatro, un po’ lo ha dovuto anche alla sapienza e all’intraprendenza vulcanica del Bontempi, che appunto meriterebbe un po’ più di attenzione e riconoscimento, insieme a tutte quelle altre eminenti personalità che “forgiarono” l’identità Abruzzese nel primo trentennio del ‘900.


Tra le ultime opere scritte da Bontempi, Noi siamo le colonne, nella quale c’è sempre un contrasto tra società dagli antichi valori, e società moderna e consumistica degli anni ’60, e infine Girandole, del 1982, una commedia per bambini in cui si rievocano le vecchie glorie del nostro anziano capocomico, dal volto paffuto e solare, che si spegnerà novantenne  un anno più tardi. Allo stato attuale a Lanciano non c’è nemmeno uno slargo o una strada intitolata a questo valente comico e maestro di teatro!







[1] Ci piace ricordare che anche Sigismondi si inserì nel dibattito del teatro dialettale abruzzese, tanto da pubblicare col titolo: “Teatro Abruzzese – Passa l’Angele e dice ammèn” a cura di Virgilio Sigismondi, una sua raccolta di testi teatrali, poi riedita in anastatica a cura del figlio Virgilio.

[2] Ricordi di un filodrammatico in Lanciano, o cara, a cura di Giovanni Nativio, Itinerari, Lanciano 1979.

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