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11 settembre 2022

Giuliano Crognale di Castel Nuovo, un pittore di provincia.


Giuliano Crognale di Castel Nuovo, un pittore di provincia
di Angelo Iocco


Autoritratto
Giuliano Crognale, pittore, poeta, nasce il 10 luglio 1770 a Castel Frentano, e vi muore il 20 luglio 1862. Per la precisione lui nacque a Castel Nuovo, tale era il nome del paese sino al 1863, quando cambierà nome in Castel Frentano per evitare casi di omonima nel nuovo Regno d’Italia, ma il novantaduenne Giuliano non riuscirà ad assistere a tale cambio, per lui Castel Frentano fu sempre, così come per i castellini veraci, Castel Nuovo, o anche “Castannove”. 
Suo padre era un medico, Giuliano discendeva da una delle famiglie più facoltose di Castel Frentano, originatesi dal canonico don Domenico Crognale, che fu arciprete, vicario del vescovo di Lanciano, e che acquisì con il denaro il titolo di Marchese di Castel Nuovo.

Disegno dell’Apollo Belvedere per Antonio Madonna,
dal libro di G. De Crecchio “Il triangolo della giustizia a Lanciano”, 2010


Ha inizialmente studiato letteratura e classici in una scuola religiosa e seminario a Lanciano. Nel 1787 si trasferì a Napoli per studiare legge. Gravitava per studiare pittura con Raffaele Ciappa. Nel 1790 si trasferì a Roma, dove lavorò sotto il pittore senese, Salvatore Tonci. Di questo primo periodo di attività non abbiamo tracce di opere del Nostro. Nel giro di un anno era tornato a Lanciano.
Durante gli anni Novanta, mostrò simpatia per gli interessi repubblicani e questo portò alla sua incarcerazione da parte delle autorità borboniche locali a Castelnuovo. Infatti con la presa del Forte di Pescara da parte dei francesi di Murat, Crognale vi fu nominato tesoriere; ma la Repubblica durò poco, il governo borbonico con le truppe sanfediste riprese il potere, e Crognale dovette darsi alla macchia.


Educazione di Maria bambina, chiesa di Santo Stefano, Castel Frentano


Incredulità di San Tommaso apostolo, Chiesa di Santo Stefano, Caste, Frentano


Ottenne il rilascio promettendo di scrivere un poema panegirico sui suoi rapitori, come riporta nella sua Autobiografia, che è stata pubblicata di recente a cura di Michele Scioli per la Rivista Abruzzese di Lanciano. Il poema dal sapore pantagruelico, non fu mai composto.
Tuttavia, nel 1799 fu di nuovo sottoposto a proscrizione e, sotto pena di morte, fuggì in esilio a Fermo fino al 1801, quando ricevette l'amnistia. Di Crognale possediamo, grazie alla sua Autobiografia, importanti notizie per ricostruire la sua carriera, interessanti sono i suoi rapporti ad esempio con l’intellighentia lancianese, era amico del giureconsulto e magistrato Antonio Madonna di Lama dei Peligni presso il Tribunale di Lanciano, padre di quel famoso patriota Carlo Madonna (1809-1890) che tanti si dette da fare a Lanciano per favorire la causa dell’Unità d’Italia, e che tra le opere più note, scrisse l’azione sacra “La Sunamitide – Ovvero il trionfo della Virtù e della Bellezza” con le musiche di Francesco Masciangelo per il ventennale dell’Incoronazione della statua della Madonna del Ponte di Lanciano (1833-1853). Per Antonio Madonna, Crognale realizzò una copia su cartoncino del famoso Apollo Belvedere, il disegno è molto corretto e preciso, anche se non supera i livelli della semplice “copia” di un originale.

Crognale fu amico dell’ingegnere anti-borbonico Nicola Maria Talli di Lanciano, agrimensore, redattore di un manoscritti sulla Corografia di Lanciano, assai interessante, pubblicato a cura di Lucia Di Virgilio col tiolo “La farfalla di pietra” per conto della Rivista Abruzzese di Lanciano. Un trattatello interessante in cui il Talli stila cifre sulle misure dei terreni della città, lo stato attuale delle entrate e delle uscite, le tradizioni, le feste, il costume della gente, le malattie, l’età anagrafica di ciascuno, numerazione di chiese, congreghe, palazzi, famiglie, insomma una preziosa fonte di informazioni che serviva al Regno di Napoli per avere informazioni relative la città.
Crognale e Talli furono intimi amici, e continuarono la loro corrispondenza anche durante l’esilio del Talli, che fu ospitato più volte dal Crognale in incognito, e viceversa. Discorrevano nelle lettere di tutto, soprattutto Crognale nella sua raccolta di epistole dal titolo simpatico “Pesci moreschi”, chiedeva a Talli informazioni geologiche circa dei laghetti sulfurei che si erano creati nella valle del Moro, tra Castel Frentano e Lanciano, a seguito di piccole frane, e simpaticamente favoleggiava sulla tossicità di tali pesci insieme a Talli, ché essendo stati mangiati da un contadino, questi era morto misteriosamente subito dopo.
Oltre ai vari interessi per la natura, l’alchimia e la medicina, vediamo come Crognale fu e soprattutto è noto come pittore. Pittore ovviamente della provincia, da rapportarsi a quel gruppo di artisti locali che non riuscirono a valicare i confini del loro circondario per scarsezza di mezzi e soprattutto povertà di originalità nelle committenze. Tra alti e bassi di carriera, Crognale è da inserire in questo contesto di pittori locali quali Nicola Ranieri di Guardiagrele e i suoi allievi De Benedictis e Palmerio, di Francesco Renzetti di Lanciano, di Eliseo De Luca da Lanciano, Nicola de Arcangelis, e Vincenzo Ronzi da Penne, tutti attivi tra fine Settecento e prima metà dell’Ottocento. E sembra quasi, da vox populi, che Crognale dipingesse a volte proprio coi piedi per il suo sentimento antiborbonico, preferendo invece la pittura dei soggetti classici, come il già citato Apollo. Si dice che bellissimi fossero le sue pitture murali massoniche presso la villa Carabba che insisteva sul viale Cappuccini di Lanciano, dove si riunivano i carbonari della città, tra cui Pasquale Liberatore e don Floraspe Renzetti, ma che per sciaguratezza, non venne censita con fotografie o disegni degli affreschi, e barbaramente demolita negli anni ’60 per costruirvi su un casermone.
Tornando al Crognale pittore, le sue maggiori opere sono a Castel Frentano e Lanciano. Nel suo paese ricevette commissioni nel 1823 e nel 1836 per la Congrega del Santissimo Rosario e per il santuario della Madonna Assunta. Come rileva nella sua Autobiografia, Crognale si schermì, ritenendosi non più idoneo per avanzata età, ma dopo varie pressioni, e forse anche per motivi alimentari, alla fine accettò l’incarico. Per la prima chiesa del Rosario, Crognale realizzò le pitture della volta centrale con scene Mariane, tre scene simboliche della vita di Maria che vanno dall’altare all’ingresso, in ordine discorse: la Natività, l’Incoronazione della Vergine a Regina dei Cieli, la Morte della Vergine. Come riporta lo stesso Crognale nei suoi scritti, qui originalità non c’è, perché si aiutò con delle stampe preconfezionate circa il soggetto da ritrarre. E così facevano questi pittori locali, e non solo, quali De Luca, Ronzi, ecc. inoltre questi dipinti nel 1901 sono stati danneggiati dal crollo del soffitto della chiesa per pioggia, e restaurati male dal pittore Innocenzo Giammaria, sicché con gli ulteriori lavori del 2017, poco si è potuto salvare dell’antico colore. Fatto sta comunque che la resa anatomica dei personaggi è appena accennata, i volti sono mono-espressivi, c’è come un senso di sciatteria e trascuratezza nel guardare queste pitture. Certi volti sono appena abbozzati con due pennellate appena eseguite!
L’altro ciclo è quello del santuario Mariano, Crognale realizzò sempre le pitture per la volta centrale, avvalendosi dell’ausilio di stampe. Non si sa se le ebbe in prestito dal pittore Ronzi, in quegli anni anche lui attivo in paese perché aveva sposato una Cavacini, il quale era dedito a dipingere la volta della cappella del Monte dei Morti (1848), o la cosa andò al contrario. Fatto sta che la volta con la scena della Santissima Trinità è quasi uguale a quella del Ronzi al Monte dei Morti, ambedue pitture brutte e stanche, ma quella di Ronzi per sciatteria, e mala organizzazione degli spazi (la rappresentazione di Dio e Gesù minuscoli rispetto al cielo per esaltarne la grandezza e l’immensità) è insuperabile. Ugualmente Crognale si ricicla utilizzando per il santuario una scena già dipinta al Rosario: la Madonna sopra una nuvola inginocchiata mentre riceve la corona di Regina dei Cieli. È evidente quanto Crognale o non avesse tanta voglia di rispettare le committenze, forse anche poco laute, delle congreghe, oppure avesse degli evidenti limiti nella sua arte! Carina la scenografia sui pennacchi della cupoletta a scodella, con le pitture più belle di Donato Teodoro, con le scene della Strage degli Innocenti. Ma anche qui, nulla di originale, Crognale forse copiò a pitture di Francesco Renzetti di Lanciano, soprattutto le scene del centurione con la corazza e la spada mentre tiene la gamba di un infante, il quale forse ugualmente copiò a qualche stampa che circolava per i mercati o le chiese!
Veniamo ora alla chiesa madre di Santo Stefano, imbevuta di opere di Ronzi e Crognale. Diremmo che l’architettura stessa di scuola napoletana basterebbe a rendere carina la chiesa, senza la necessità di pitture aggiuntive per gli altari laterali…ma Crognale e Ronzi qui si sforzarono di fare del loro meglio…come poterono. Vediamo una copia abbastanza accettabile del famoso San Michele di Guido Reni che schiaccia il Demonio (Nicola Ranieri copiò sempre il quadro di Reni per l’altare maggiore della chiesa di Sant’Antonio a Lanciano, e Crognale eseguì una copia che oseremmo dire “oscena” per il primo altare di destra del Duomo di Atessa), a seguire una Educazione di Maria Bambina con Sant’Anna. Crognale precisa nel suo scritto che doveva eseguire un quadro di San Nicola, cambiato poi repentinamente per volere della famiglia committente; infatti vediamo sulla sinistra un San Giuseppe dai tratti incerti, e soprattutto con le proporzioni errate e minori rispetto al testone di Sant’Anna mentre inginocchiata ha un libro in mano, e con l’altra regge la piccola Maria…una pittura oscura, riuscita male, e direi quasi lugubre, indegna di un omaggio alla Madonna!

 

G. Crognale, Assunzione di Maria, volta del santuario della Madonna Assunta, Castel Frentano


Andando avanti negli altri altari, notiamo pitture dell’Incredulità di San Tommaso, sempre ispirata a auna stampa napoletana, e poi due tele di Vincenzo Ronzi, una Immacolata Concezione al primo altari di sinistra, con lo stemma dei Crognale in basso, e infine nell’altare privilegiato di sinistra del transetto, una Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Rosa da Lima. Due opere quasi identiche per le espressioni dei personaggi, la Madonna ritratta nelle stesse identiche posizioni, il volto uguale; differenza tra Ronzi e Crognale fu che il secondo cercava di elaborare, anche se minimamente, il disegno dalle stampe originali, il primo invece fotograficamente copiava con tratteggi più precisi, quasi facesse delle stampe su tela con il pennello, e copiava ripetutamente anche da sé stesso; visto che le due Madonna della chiesa di Santo Stefano sono ulteriori copie di quadri realizzati nella sua area del Pennese, di cui una Madonna col Bambino per la chiesa madre di Spoltore.


V. Ronzi, Madonna del Rosario tra Santi, Chiesa di Santo Stefano, Castel Frentano

                           

Giuliano Crognale fu incaricato anche dalle varie famiglie ricche castelline di dipingere le loro case, e ne abbiamo esempio da pitture conservate, ma richiedenti un urgente restauro, del palazzo Cavacini di via Garibaldi, che ingloba l’isolato di piazza Marconi e via san Camillo de Lellis. Scene convenzionali, una Madonna col Bambino tra Angeli sulla volta della stanza maggiore, e una Madonna col Bambino per la cappella privata. Tra le ultime pitture, dove notiamo un raro esempio di dipinto “massonico” in ambito chiesastico in Abruzzo (nella provincia ci viene in mente il bassorilievo del Duca Michele Bassi D’Alanno nella cappella privilegiata della chiesa di san Giovanni dei Cappuccini in Chieti). Trattasi di un dipinto a secco sulla parete della controfacciata della cappella del Monte dei Morti. Forse i confratelli vollero arricchirla con qualcosa di più originale rispetto alle croste di Ronzi, e dunque ammiriamo una tomba a piramide spezzata, con rappresentata, appena percettibile, la Pietà, e al fianco due angeli tristi, ma abbastanza “legnosi” e ingessati nell’aspetto, di cui uno regge una fiaccola capovolto, simbolo del fine-vita; e infine alla base della piramide un teschio, quello di Adamo, simbolo della Confraternita.
Tra le opere lancianesi, si segnala una copia sputata dell’Ultima Cena di Leonardo nel refettorio dell’antico convento dei Cappuccini, ora di proprietà dell’Hospice “Alba Chiara”, e in cattivo stato di conservazione.


Ultima Cena, refettorio ex convento dei Cappuccini, Lanciano


Crognale in sostanza non fu un pittore eccelso, e certamente anche lui se ne rendeva conto, forse nell’ambito del piccolo paese era rispettato certamente, e forse lui ambiva a committenze più interessanti, magari qualcosa del nuovo Regno che doveva venire, e che riuscì a percepire dalla sua Castel Frentano nel 1860. suo figlio Luigi Crognale fu sindaco di Castel Frentano e fine studioso di cose antiche, compilò col padre un Catalogo di uomini illustri inedito, presso lo studioso Matteo Del Nobile, e redasse un primo Dizionario della parlata castellina, uno tra i ‘rimi in Abruzzo, pubblicato per la Rivista Abruzzese a cura di M. Scioli e Nicola Fiorentino.

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