La famiglia dei pittori
De Arcangelis di Lanciano e Vincenzo Gagliardi
di Angelo Iocco
Un libro pubblicato
dall’Associazione ContrAppunto di Lanciano, curato tra i vari, da Franco Maria
Battistella e Giacomo de Crecchio, illustra una famiglia di artisti poco nota
di questa città Frentana. I De Arcangelis giunsero nel XVII secolo a Lanciano,
installandosi nel rione della Sacca, prendendo a poco a poco il patronato della
piccola chiesa della Madonna degli Angeli, attualmente lungo via Cavour,
annessa al grande palazzo che fu acquisito dalla famiglia immigrata, sotto la
parrocchia di Santa Maria Maggiore. I De Arcangelis crebbero in economia e fondarono
il grande palazzo oggi ben visibile, dando i natali a vari personaggi, anche di
spicco politico. Quel che ci interessa è un altro ramo di questa famiglia,
collegato all’arte, e parliamo di tre personaggi: Nicola de Arcangelis, il
nipote Augusto e il figlio Carlo de Arcangelis, abbracciando un periodo che va
falla fine del ‘700 sino alla prima metà del ‘900. Nicola de Arcangelis fu
attivo tra la metà del ‘700 e gli inizio del secolo seguente, non si conosce
molto di lui, ma si sa che provenne da quella parvenza di “scuola d’arte” che
nell’area Frentana cercava di districarsi dall’anonimato, con diverse
commissioni presso chiese e palazzi privati. E’ il periodo della scuola di
Guardiagrele, che vide protagonisti Nicola Felice Bonaventura Ranieri, morto
nel 1850 a ben 101 anni suonati, e dei due allievi Francesco Maria de
Benedictis, pittore piuttosto scarso, e l’ultimo allievo, Ferdinando Palmerio,
i quali arricchirono come poterono le chiese della provincia chietina e in
parte pescarese con le loro tele, ispirate a incisioni di maniera e, assai
lontanamente, ai grandi classici del Rinascimento romano.
Tornando a Nicola de
Arcangelis, egli non faceva parte di questa cerchia, e fu buon pittore e anche
ingegnere, poiché nel 1825 progettò la Fontana Grande di Civitanova a Lanciano,
per il sindaco Michele de Giorgio, come reca il cartiglio scolpito presso la
Fonte stessa. La Fonte doveva essere più monumentale, vedendo il disegno
preparatorio, nel nicchione centrale ad esempio dove a ospitare un classico
Tritone, cosa che non avverrà nella effettiva realizzazione. Inoltre realizzò
delle incisioni per la Madonna del Ponte di Lanciano, la Patrona, dipinse
probabilmente la Sala di Conversazione presso il palazzo comunale, e realizzò
un ciclo pittorico per il Teatro San Francesco poi Fenaroli a Lanciano,
inaugurato nel 1841, pitture che si erano forse ispirate al ciclo del Teatro
Marrucino di Chieti, con ad esempio il grande musicista Fedele Fenaroli ritratto
tra le Muse. Opera purtroppo perduta durante la guerra. De Arcangelis u
chiamato anche a dipingere per il santuario dei Miracoli di Casalbordino,
pitture ugualmente andate perse per i danni della guerra. Inoltre fu
restauratore di pitture, e dipinse la parte bassa, andata rovinata, del grande
dipinto dell’Ultima Cena nella cappella del Sacramento della Cattedrale di
Lanciano.
Augusto de Arcangelis (Lanciano, 22 giugno 1868 – 26 maggio 1910) più volte presente alla Promotrice di Napoli: degni di nota sono i dipinti: "Il mio sogno", "Innocenza" e "Amelia" ed il pastello colorato "Una testa". All'Esposizione di Aquila del 1888 partecipa con l'opera: "Ingenuità Napoletana". Nel contesto abruzzese non eccelse particolarmente, non sembra che gli furono attribuite commissioni per le chiese, e dipinse un panorama del Convento di Sant’Antonio, un interessante acquarello di Porta Sant’Antonio, che insisteva presso l’area del mercato coperto di Piazza Garibaldi, poco prima della demolizione, alcune vedute di Lanciano, e una imitazione della Pastorella francavillese del Michetti. Fu inoltre l’unico a ritrarre l’amico, ormai anziano e dimenticato, Carlo Madonna, fervente patriota del Risorgimento a Lanciano, ed è l’unico ritratto suo che oggi si conservi.
Il figlio Carlo de Arcangelis appassionato di moto e di auto,
fu un pittore ancora più moderno, ma di scarsa consistenza, attivo nella metà
del Novecento. Si ridusse in povertà e fu costretto a svendere le sue opere.
Augusto de Arcangelis
Collega di Augusto, facendo un passo indietro, fu Vincenzo
Gagliardi di Lanciano (1864-1904), pittore nato nel rione Borgo, sfortunato
sebbene con discreto talento, Studiò a Napoli nella famosa Scuola di Posillipo,
ispirandosi nel disegno ai capolavori del vastese Filippo Palizzi, ed ebbe note
di merito. Prediligeva la veduta del vero e di piccoli spazi nella tela,
specializzatosi successivamente nella ritrattistica, come dimostrano i
cataloghi delle opere pubblicati nei primi anni 2000. Tra le opere più
interessanti, spicca La Novena, di gusto napoletano, dove è
rappresentata un’intera famiglia in una stanza, inginocchiata verso la
Madonnina dentro una teca di vetro sull’armadio, testimonianza di fede
abruzzese. Altre commissioni furono nei palazzi privati, e di fatti vediamo un
ciclo del Trionfo di Arianna e Bacco nel palazzo De Giorgio a Lancianovecchia,
e un mal restaurato putto con cornucopia nell’androne di ingresso all’ex
Albergo “La Corona di ferro” nel rione Borgo, dove sta il ristorante. Gagliardi
avrebbe potuto continuare a vivere a Napoli, ma preferì tornare a Lanciano,
fiducioso nel ricevere un posto nella scuola d’arte, che di lì a poco troverà
posto nel nuovo palazzo costruito lungo il Corso; ma a causa di questioni
burocratiche e di un titolo non riconosciuto, un anno prima della morte perse
il lavoro. Vincenzo si riuniva con un’allegra brigata di intellettuali
frentani, tra cui un giovanissimo professor Federico Mola di Orsogna, nella
trattoria “La Volpetta”, famosa per questi incontri, che si trovava nei pressi
di piazza Garibaldi, dove morì improvvisamente, come ricorda lo stesso Mola in
un articolo, colpito da aneurisma cerebrale mentre gustava dei maccheroni. Un
gran peccato per un personaggio che nonostante le sue sfortune, era assai
apprezzato in Abruzzo, tanto da aver pubblicato un disegno del portale gotico
della chiesa di Santa Maria Maggiore perfino nell’Illustrazione abruzzese
gestita dal famoso Basilio Cascella, e realizzato dei disegni per la Mostra
d’Arte Abruzzese di Chieti del 1905.
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