La Cavallarè (la Cavalleria)
di Gennaro Spadaccini
A Vasto, prima della guerra, la categoria dei carrettieri era molto numerosa; iniziavano da giovani a trattare coi cavalli (all'epoca non mancavano), quasi tutti facevano il servizio militare nei Cavalleggeri e conservavano gelosamente la sciabola d'ordinanza.
La cavallarè consisteva in una sfilata per le vie della città di cavalieri in sella ai cavalli, ben puliti e strigliati, con gli zoccoli anneriti con la fuliggine dei camini, i finimenti adornati con fiori e nastri colorati.
Si notava una certa distinzione fra i cavalieri partecipanti, a seconda della famiglia di appartenenza: Muratore, Lattanzio, Vinciguerra, … ciascuna con colori diversi.
Si riunivano nel cortile di palazzo D'Avalos; la sfilata iniziava con due tamburini seguiti dal buffone di corte, poi veniva lu Ruà (alias Re 'Ndònie) e la Reggìna (alias la Cicilàlle), con abiti regali e corona.
Due palafrenieri tenevano a briglia i cavalli della coppia reale e a seguire tutti i cavalieri.
Durante la sfilata si poteva assistere a piccole giostre equestri; il percorso era stabilito dagli stessi cavalieri e si privilegiavano quelle vie dove abitavano le ragazze da marito.
Queste ragazze legavano un pollo penzoloni ad una corda tirata tra due finestre prospicienti.
Nella via dove c’erano i polli, i Reali si fermavano, i tamburini tamburellavano, il buffone si esibiva in acrobazie.
I cavalieri, uno per volta, al galoppo e con la sciabola sguainata, cercavano di colpire il pollo, ma la ragazza dalla sua finestra tirava la fune per portare il pollo più in alto e far mancare il colpo al cavaliere. Fino a quando passava il suo pretendente e allora abbassava il pollo per facilitargli il bersaglio.
Il pollo valeva come pegno simbolico d'amore fino alle nozze.
Si contavano fino a trenta, quaranta cavalieri, la folla assiepata ai lati della via assisteva alla sfilata. Era una bellissima manifestazione che si ripeteva il lunedì pomeriggio, giorno prima di Carnevale.
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