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23 gennaio 2022

"Ci stea 'na 'ote"- canto aquilano, testo di Mario Lolli e musica di Camillo Berardi.


Una fiaba originale del Lolli, che fa nascere gli Abruzzesi dalla storia d’amore del Gran Sasso e della Maiella.
La melodia del componimento composta da Camillo Berardi, si snoda in un variegato alveo di modulazioni armoniche, continuamente mutevoli, originando sonorità sempre nuove e diverse, dense di pathos.

CI STEA ‘NA ‘OTE”

Versi di Mario LOLLI

Musica di Camillo BERARDI

 

‘Nu tempu lontanu de seculi  arrete,                        Un tempo lontano,  tanti secoli addietro,

 mmischiata aji soli e alle stelle comete,                   mischiata ai soli e alle stelle comete,

'ntuvina  'nu pocu che ss'era prodotta?                   indovina un po' che cosa si era formata?

'na cosa curiosa: 'na specie   'e gammotta.              una cosa curiosa,  una specie di gomitolo.

Sopr'essa ci steano, a fattela breve,                          Sopra questo c'erano, a dirtela brevemente,

fiumane e montagne coperte de neve;                      fiumane e montagne coperte di neve;

pe' fa' la parija a  'ssi chiari de luna,                       per far la pariglia a questi chiari di luna,

de bestie e de piante sortanto chigguna;                  di bestie  e di piante soltanto qualcuna;

'na freca de sassi, petroliu e metanu,                       moltissimi sassi, petrolio e metano,

ma manco la puzza de quacche cristianu.                ma neanche l'odore di qualche cristiano.

Durante 'sta lagna, 'ntramezz'a 'st'ammassu,         Durante quella lagna, in mezzo a quell' ammasso,

'nu monte  de quiji, chiamatu GRANSASSU,          un monte di quelli, chiamato GRANSASSO,  

che ss'era scocciatu de vive  'n zurdina,                   che si era scocciato di vivere in sordina,

decise 'nu jornu de fa 'na manfrina.                         decise un giorno di fare una bravata.

Senténnose dentro 'nu stranu calore,                        Sentendosi dentro uno strano calore,

'na voja de fa' justappundu all'amore,                      una voglia di fare proprio all'amore,

jettò tutt'attornu 'nu sguardu assassinu                    gettò tutt'intorno uno sguardo assassino

e vedde, ma pròpetu loco vicinu,                                e vide, ma proprio lì vicino,

vistita de neve, coperta de ggelu,                                vestita di neve, coperta di gelo,

ma pîna de sole e d'azzurru de celu,                           ma piena di sole e d'azzurro del cielo,

'na bbella montagna dell'atre cchiù bella                  una bella montagna delle altre più bella

che d'era chiamata de nome MAJELLA.                   che era chiamata di nome MAJELLA.

Ji fece 'na corte cuscinta spietata                               Le fece una corte così spietata

che quella  pe' forza remase 'ncantata.                      che quella per forza rimase incantata.

Siccome  era femmona e quinni ciuciuetta                Siccome era femmina e quindi civetta

se fece, perciò, retira' la cauzetta;                              si fece, perciò, ritirare la calzetta;

pe' pocu, però, pecchè già se vetea                             per poco, però, perché già si vedeva

che, gira e revota, pur'essa ci stea.                             che, gira e rigira, anche lei ci stava.  

S'amôrno cuscinta co' tutte le forze                            Si amarono così con tutte le forze

che, pe' ju calore, la neve se sciorze;                          che, per il calore, la neve si sciolse;

la terra finì d'esse soda e gnorante,                            la terra finì di essere soda e ignorante,

spuntôrno coll'erba 'nu saccu de piante                     spuntarono con l'erba tantissime piante

de tanti colori pe' fa' da cornice                                  di tanti colori per fare  cornice

la cchiù naturale a 'ssa coppia filice.                          la più naturale  a quella coppia felice.

Appena passati 'nu pocu de mesi                                 Appena passati  pochi  mesi

nascèttero ji fiji chiamati ABBRUZZESI:                   nacquero i figli chiamati ABRUZZESI:

cuscì ficurôrno aju Statu Civile.                                  così figurarono alla Stato Civile.

La razza ch'escette fu forte ggintile.                           La razza che uscì fu forte e gentile. 

                                                          

                                                                   oooooOooooo 

 

Lo saccio che tu, che sci' curtu de  mente,                 Lo so che tu che sei corto di mente,

vurristi sape' come mai quella ggente                        vorresti sapere come mai quella gente

- pozz'esse mo' accisa la curiosità -                            - possa essere ora  uccisa la curiosità -

tenesse nnascuci 'sse ddu qualità.                              avesse nascoste queste due qualità.

La cosa me pare ch'è pròpetu vecchia;                       la cosa mi sembra che è proprio vecchia;

comunque pe' ti la ripeto, ma attecchia.                     comunque per te la ripeto, ma ascolta.

Comenzo: la forza ji venne affibbiata                         Comincio: la forza gli venne affibbiata

pecchè abbonicundi 'ssa gente era nata                     perché, in conclusione, quella gente era nata

da ddu' gginitori chiuttostu rubusti                            da due genitori piuttosto robusti

(parlenno moternu dirrìa da ddu' fusti);                     (parlando modernamente direi da due fusti);

risponno e concluto pe' lla ggintilezza:                      rispondo e concludo per la gentilezza:

ji venne trasmessa pe' via  dell'ardezza.                     gli venne trasmessa per via dell'altezza.   

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