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5 gennaio 2022

Angelo Iocco, La tradizione della pasquetta di Epifania in Abruzzo.


 LA TRADIZIONE DELLA PASQUETTA DI EPIFANIA IN ABRUZZO

di Angelo Iocco

 La tradizione dell'Epifania in Abruzzo varia: per concludere il ciclo delle feste natalizie, usanze antiche raccolte da Gennaro Finamore e Antonio de Nino vogliono che dal tizzone o dal pane gettato dalla finestra si raccolgano auspici per il benessere o per il futuro marito della sposa; mentre comune in Abruzzo è la carrellata di canzoni augurali della "Pasquetta" o della "Bbuffanie". Questi gruppi improvvisati di cantori che girano le per le strade del paese di sera il 6 gennaio vanno augurando il buon anno nuovo ("E dumane è la Pasquette!" ecc ecc), la prosperità familiare, e chiedono anche alla fine qualcosa da mangiare o un bicchiere di vino. Famosa tra queste è la serenata delle Chezette che si canta a Scanno. Una tradizione della Pasquetta abruzzese che nulla ha a che vedere col Lunedì di Pasqua! A Rivisondoli invece dal 1947 si inscena il Presepe vivente, in ricordo della rinascita sociale e morale del paese dopo le distruzioni belliche apportate dai tedeschi, e in particolare in questo paese del Piano delle Cinquemiglia, si seleziona tra i bambini colei che farà la Madonnina per tale evento del Presepe vivente.

Il repertorio delle canzoni ha a che fare con l’arrivo dei Re Magi alla Capanna di Betlemme dove è nato Gesù; per l’occasione soprattutto nella zona vastese del chietino, delle compagnie di buontemponi con strumenti improvvisati, come ricordano Finamore, Lupinetti e Giancristofaro, andavano per le strade e le case di notte, alla vigila dell’Epifania, annunciando l’arrivo dei Magi a Betlemme, e chiedendo alla fine da mangiare come ricompensa per il canto. Qualcosa che precede il rituale di Sant’Antonio abate del 17 gennaio, sempre con un repertorio narrativo che riguarda questa volta le tentazioni e le imprese del Santo Anacoreta.

Nell’800 Antonio Rossetti, barbiere squattrinato e poeta, fratello del famoso poeta Gabriele, nella città di Vasto componeva un Dies Irae, e soprattutto un Canto della Pasquetta, come rilevato da Filippo Marino, che ancora oggi viene eseguito, e registrato anche dal prof. Emiliano Giancristofaro. 

La canzone strofica è la seguente:

 
Noi veniamo in questa sera

Con la nuova più che vera:

Domattina è la Pasquetta,

che sia santa e benedetta!  X 2

 

Si riempie il nostro cuore,

di contento e di stupore,

vanno gli angioli cantando

e i pastori festeggiando! X 2

 

Quanti scendon per la via,

è nato il Gran Messia!

E il Gran Re dell’Oriente

Si dipartiva allegramente! X 2

 

Quando Stella rifulgeva,

per la via lo dipingeva,

arrivate li al luogo,

si fermò la Stella poco. X 2

 

Si fermò la bella Stella,

sulla rozza  capannella,

dove c’era il Gran Signore,

il lodato Redentore. X 2

 

Quivi giunti i Santi Re,

genuflessi tutti e tre,

a Gesù il loro tesoro,

Mirra, Incenso e Oro! X 2

 

Adorato Gesù Bambino,

si rimisero in cammino,

dove vai, dove andavan,

al Gran Teòpio se ne vanno! X 2

 

Or che è detto il Gran Mistero,

noi abbiamo grande sete,

da mangiar ci dai del pane,

questa sera per favor! X 2

 

E con bella cortesia,

alla nostra Compagnia,

dai olio e gallinacce,

o salsicce e sanguinaccio! X 2

 

O prosciutto mortadella,

o con brace sanguinella,

noi da qui non ce n’andremo,

se dei doni non avremo!

 

A Lanciano il Gruppo folk “Lu Cantastorie” diretto da Roberto Mancinoni ha raccolto questo motivo popolare, rielaborandolo:

(Introduzione musicale)

E dduman’ é la Pasquétta,
E mmassére la Bbeffanija;
Ji’ ci cande ‘n quésta vija
Per la vérgene Marija. (bis)

(Intermezzo)

Ji’ ci cande ’n quésta casa,
Per la Vérgene bbijata.
Ji’ ci cande ‘n quésta casa
Per la Vérgene bbijata. (bis)

Ji’ mi vót’ a mmana manga,
Patre, Fijj’ e Spirete Sande;
Ji’ mi vot’ a mmane ’ritte,
Ca ci trove l’angele scritte. (bis)

(Intermezzo)

E scritt’ e scretture,
Ddie vi manne bbona vendure.
Bbona vendure vi manna Ddije:
Bbona Pasqu’ a ‘ssignurije. (bis)

E dduman’ é la Pasquétta...

 

A San Vito Chietino, Maria Di Clemente ricorda:

la sera della vigilia dell’Epifania, un gruppo di giovani girava per il paese cantando “La canzone de la Bbuffanije”:

- E perciò massére ce cante, ca dumane è Pasqua Sante.

Se nen fusse pe’ la Bbuffanije, nu massére ’n ce cantarrije -.

Quindi bussavano alle porte di amici e conoscenti, continuando a cantare:

- So’ ’rmenute da la Rocche e so sapute se ’ccise lu porce.

Na saggicce e nu pare d’ove, quest’è cose che se trove’ -.

Chi accoglieva i cantori, mettendo nel sacco del “cercatore” cibarie o qualche soldo, veniva ringraziato con un altro stornello:

- À calate una sposa nche cunfette e raffajule,

nche cunfette e acquavite pe’ scallà’ Gesù Bambine -.

Davanti alle porte chiuse di chi fingeva di non essere in casa, lo stornello era un altro:

- Quanta chiuve tie’ ssa porte! Lu dijavele te se porte.

Te se porte nche la carrétte lu diavele maledétte -.

Alla fine della serata, il sacco era pieno e, il giorno dopo, con quello che avevano raccolto, i giovani preparavano una cenetta da gustare in allegria.

 

Un canto registrato da Giancristofaro a Castel di Sangro e riportato nel volume “Totemajje: viaggio nella cultura popolare abruzzese”, Carabba, Lanciano 1978, è simile a quello del Rossetti:

Bona sera, noi veniamo

Liete nuove vi portiamo,

che domani è la Pasquetta,

che sia santa e benedetta. X 2

I tre re dell’Oriente

Si partirono allegramente,

e a Gesù portaron un tesoro,

che era mirra, incenso e oro. X 2

Se non ci date i maccheroni,

che per noi son molto buoni

dateci a noi un bicchierino,

di liquore o di buon vino.

Se stasera non potete,

domani mattina ce lo darete,

noi intanto vi auguriamo

buona Pasqua e ce ne andiamo.

 

Negli anni ’50 e ’70 era in voga in Abruzzo, come nel resto d’Italia, un’altra usanza. Ecco la testimonianza dello studioso pescarese Gaetano Ciglia:

La "Befana del vigile". In cosa consisteva ? E' molto semplice. Nel giorno del 6 gennaio si era soliti deporre e portare doni ai vigili urbani della propria città.
E' vero che i tempi sono cambiati, ed in passato spesso il vigile svolgeva il suo lavoro su pedane circolari poste al centro delle strade. Era quindi facile deporre doni. Soprattutto si guardava ai vigili con un occhio diverso, di riconoscenza per il pesante e difficile lavoro che svolgevano. Un lavoro che insegnava, prima di tutto, l'educazione civica, che oggi sembra sparita anche dalle materie di scuola.
Mi ricordo che anche io, bambino, portavo sempre un piccolo pacchetto, fatto con le mie mani, al vigile (all'epoca vivevo al centro nord Italia, quindi non so dire se questa iniziativa si svolgesse anche in Abruzzo).
Era un modo per dire "Grazie, signor vigile, per la cura che hai verso di noi, nel proteggerci quando attraversiamo la strada". Un gesto che ci insegnava, fin da piccoli, rispetto e amore verso gli altri, e il loro lavoro. 


La Befana del Vigile a Lanciano

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