… CON L’ANTICO GERGO DEI MURATORI (di Vasto)
di Luigi Murolo
L’unica lingua al mondo che ha un certificato di morte è il Dalmatico settentrionale. Scompare insieme con il suo ultimo locutore nel 1898: il minatore Tuone Udaina della citta di Veglia ucciso da un’esplosione nel luogo di lavoro.
Dello «smaldesco», il gergo dei muratori di Vasto, nessuno ha più notizie. Scompare semplicemente perché nessuno lo parla più.
Come tutte le lingue al mondo che vivono fin quando c’è qualcuno che comunica con un proprio simile.
Nel caso di Vasto non è in gioco la struttura sintattico-grammaticale. Ma solo il lessico. Che, importato in città nel sec. XVI dalle maestranze lombardo-ticinesi qui emigrate, viene adeguato alla fonetica del luogo. Il passaggio si manifesta soprattutto quando la feudalità d’Avalos raggiunge il vertice con il governatorato di Milano nel periodo spagnolo. Al punto che in città viene istituito un consolato milanese per regolare il flusso migratorio. Non vastesi a Milano, ma milanesi a Vasto. Tutto ciò confermato dalla documentazione notarile dei tabellioni locali.
I migranti sono soprattutto muratori. Muratori che, nel gergo, vogliono mantenere una propria identità comunitaria. Perdendo via via la connotazione originaria, il gergo diventa di mestiere. Una sorta di linguaggio cifrato che viene variamente denominato.
Nella “Storia di Vasto” Luigi Marchesani parla di «furbesco».
Nel suo «Vocabolario», Luigi Anelli utilizza un quasi-sinonimo: «furfantino». Senza queste due testimonianze ottocentesche difficilmente avremmo avuto la possibilità di individuare la specificità di questa sopravvivenza linguistica. I pochi termini raccolti dai due studiosi costituiscono il nucleo del patrimonio culturale.
Le mie ricerche fondate sull’oralità aggiungono qualche elemento: ma non tali da consentire un discorso articolato. L’ultima testimonianza raccolta un po’ tempo fa è quella di Franco Cipollone, l’attuale titolare del Bar Martone. Dalla sua voce si potrà ascoltare la pronuncia giunta fino a noi.
Nell’ultimo giorno dell’anno 2021, ho tentato di profilare un piccolo componimento che qui presento senza fornire la traduzione. Perché il «furbesco» deve ancora mantenere il suo segreto (preciso che «Avåśtǝ», «basta» non appartiene al gergo).
Domani sarà, Capodanno. Auguri a tutti.
N’arcójjǝ cchî cubbuìllǝ.
Lu ccruójjǝ à sballåtǝ.
Tîttǝ à sbascétǝ foralbe.
Lu chiuóspǝ? … la chióspǝ? …
Cubbuìllǝ!
Artarînnǝ a lu ccruójjǝ? …
Cubbuìllǝ! …
La chióspa mà? …
Aèllǝ! A ‘mmaravållǝ!
…
Lu ruffualdǝ s’armòrtǝ…
Avåśtǝ! Avåśtǝ!
‘Ni vvùjjǝ gnammå’ cchî …
Dalla pagina Facebook del prof. Luigi Murolo
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