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3 maggio 2021

Angelo Iocco, Maestro Francesco Perrini da Lanciano, principe del tardo gotico abruzzese in frentania e il maestro Rogerio de Fragenis.

 

Rosone della chiesa di Santa Lucia a Lanciano

Maestro Francesco Perrini da Lanciano, principe del tardo gotico abruzzese in frentania e il maestro Rogerio de Fragenis.

di Angelo Iocco

Francesco Petrini, o meglio “Perrini” da Lanzano ossia “Lanciano”, fu un architetto abruzzese che operò in Abruzzo e Molise nella prima metà del Trecento. Se non avessimo l’iscrizione presso la lunetta del portale con il gruppo della Crocifissione, della chiesa di Santa Maria Maggiore di Lanciano, non avremo saputo nulla di lui, se nonché in Abruzzo ci fu una scuola che si specializzò nella realizzazione di portali e rosoni dello stile “tardo gotico italiano” o Gotico internazionale. Del resto l’architetto Franco Valente, su questo personaggio così nebuloso, ha posto un dubbio in più, chiedendosi se in una composizione così armoniosa quale è il portale di Santa Maria Maggiore, il nostro Maestro Francesco avesse potuto rovinarlo con una iscrizione incastonata in maniera così raffazzonata e sgraziata, come a voler in tutti i modi comunicare allo spettatore che lui, solo lui fu capace di realizzare quella bellezza! Sembra un controsenso, eppure è così, ma date le committenze numerose che il maestro ebbe a Lanciano e dintorni tra il 1317, datazione del portale di Santa Maria, e il 1319, datazione del portale del Duomo di Larino, la critica ha supposto che Perrini iniziasse i suoi lavori, e gli allievi di bottega completassero, in modo che un allievo probabilmente completò l’iscrizione in questo modo alquanto goffo e pacchiano.
L’iscrizione sul portale riporta: HOC OP• F • FRAC •PRINI DE LANZAN, che il Sargiacomo risolse in Hoc opus fecit Franciscus Petrini de Anxano An. Dom. MCCCXVII. Tutto corretto, solo che come ha evidenziato anche il Prof. Gandolfo, la P a mezz’asta in paleografia si risolve in “PER”, e non PET, quindi PRINI = PERRINI.
Sebbene nel portale di Larino, che è quasi uguale a quello di Santa Maria Maggiore a Lanciano, anzi, molto più equilibrato ed elaborato, rispetto alle figure tozze del gruppo della Crocifissione di Lanciano, nonché per l’uso sapiente di tutte le tecniche innovative che Perrini portò in Abruzzo, come la ghimberga che racchiude il gruppo dell’Agnello crucifero e del Tetramorfo sopra la cornice rotonda del rosone (elementi che si riscontrano anche nelle altre opere perriniane a Lanciano: Santa Lucia e Sant’Agostino, rosoni, e ad Atessa nel rosone del Duomo), appaia un’altra abbondante iscrizione che recita
SI PRAESENS SCRIPTUM PLANE VIDEBIS, TEMPORA NOSTRAE LOCATIONIS HABEBIS A.D. MCCCXIX ULTIMO IULII IN CHRISTO PONTIFICATUS DOMINI NOSTRI IOANNIS P.P. XXII ANNO III REGNORUM SERENISSIMI REGIS ROBERTI ANNO XI SUB PRAESULATU RAONIS DE COMESTABULO HUIUS CIVITATIS OMNIBUS MEMORIA FUIT
Dunque nominando anche vescovo locale, papa e sovrano di Napoli, e anno 1319, il nome del maestro non appare!
Chi furono i modelli abruzzesi del Perrini? Sicuramente gli scalpellini che realizzarono i magnifici gruppi istoriati dei portali di San Clemente a Casauria e San Giovanni in Venere, ma anche un maestro più vicino all’epoca del Perrini: maestro Nicola Mancino di Ortona, come ha evidenziato correttamente Vincenzo Bindi che si occupò fra i primi, insieme a Ignazio Gavini, di questo maestro lancianese del tutto sconosciuto. Mancino realizzò il portale di San Tommaso a Ortona nel 1312, e nel 1321 il portale di Santa Maria della Civitella a Chieti; elementi gotici sì nel nostro Mancino, ma abbastanza schematici e come dire, una stanca riproposizione dei canoni classici del gotico francese della metà del XIII secolo non ne hanno fatto risplendere sufficientemente i bagliori, bagliori che questo scultore comunque risolse nella fusione con i canoni del romanico abruzzese, talmente apprezzati a Chieti che nel 1375 un tal Angelo Di Pietro si firmò nel portale gotico della chiesa di Sant’Antonio abate a Porta Sant’Anna, alle soglie dell’arte rinascimentale!
Ultima considerazione su elementi che hanno reso la carriera del Perrini anche un po’ fantasiosa, una pietra scolpita incastonata nel costolone divisorio tra la facciata gotica della chiesa di Santa Maria Maggiore, e la facciata pseudo gotica del XVI secolo, ricavata dall’ampliamento a due navate della chiesa stessa. Questa pietra è fuori contesto, senza ombra di dubbio, e riporta un rilievo abbastanza abraso dal tempo, un prete che offre a un vescovo il modellino di un edificio, la stessa chiesa? E l’iscrizione riporta TIMOROSUS FILIUS MAGISTRO PRECENTE [COM] PLETAVIT. E da qui Sargiacomo e altri si sbizzarrirono? Chi era Timoroso? Chi il Maestro “Precente” o precedente? Era Timoroso figlio di Perrini che completò la chiesa per lui? I caratteri alquanto rozzi rispetto a quelli della lunetta del portale non suggeriscono un confronto. Dunque? Per ora in assenza di documenti non è lecito dare risposte definitive.
La chiesa di Santa Maria nel rione Civitanova, la cui leggenda vuole fosse edificata sopra il tempio di Apollo, aveva sino al XII secolo uno stile romanico, rappresentato oggi dal fornice che guarda su via Garibaldi, e per cui l'architetto lancianese Filippo Sargiacomo ha provato a tracciare un disegno ricostruttivo dell'originale, mostrando nel suo schizzo una chiesa monumentale con due torri campanaria anziché una sola, con facciata dotata di rosone, e portico più ampio, poi ridotto a un solo fornice.
Accade che con la presenza di maestranze cluniacensi, o in contatto comunque con esse, nella prima metà del Duecento la chiesa subisce rimaneggiamenti, l'impianto è rifatto con finestre strette e profonde, viene costruito un secondo monumentale portale su via F. Spoltore, vicolo di via Garibaldi, che ha spinto molti a paragonarlo a quello di Castel del Monte, la residenza estiva di Federico II, ipotizzando contatti con maestranze pugliesi, dato il florido commercio delle due fiere annuali di Lanciano, che presero avvio definitivo proprio con gli Svevi e poi cogli Angioini.
Ma il salto di qualità all'architettura gotica, malgrado le supposizioni di Francesco Gandolfo riguardo ai collegamenti con il portale romanico ai modelli di Atri e Teramo, doveva ancora essere fatto. Per questo nel 1317 fu ribaltata l'architettura della chiesa, eliminando l'ingresso originario, e spostandolo verso l'abside, con una nuova monumentale facciata; i pilastri e i contrafforti molto pesanti costruiti con la mediazione cluniacense, funsero da cornice e incasso del nuovo grande e monumentale rosone e del portale maggiore realizzati dallo scultore locale Francesco Petrini (o secondo altri "Perrini"). La chiesa di Lanciano rappresenta un caso unico in Abruzzo, ma non estraneo alla concezione locale di smontaggio e rimontaggio, di riutilizzo infinito di impianti già esistenti in epoca romanica, e di trasformazione delle vecchie strutture in nuove seguendo le ultime correnti artistiche.
L'esempio di Lanciano, benché Petrini lavorò anche nella chiesa di Sant'Agostino in città, nel duomo di San Leucio ad Atessa e nella Cattedrale di San Pardo a Larino, rimane comunque un caso a sé per lo sfarzo e la minuzia del particolarismo abruzzese, nel convogliare tutti i modelli base delle decorazioni a rilievo dell'ornato in un'unica opera in un solo edificio, segno evidente che l'autore prima di completare l'opera nel 1317, risentì di vari influssi gotici, forniti forse da Nicola Mancino, autore del portale di San Tommaso a Ortona (1312) e di Santa Maria della Civitella (fine del Duecento). La chiesa di Lanciano oltretutto mostra un altro aspetto inedito del gotico, ma comunque affascinante del gotico abruzzese, ossia il portale laterale, su cui gli studiosi hanno riscontrato delle forti analogie con il portale del Castel del Monte di Andria, segno evidente della presenza federiciana in Abruzzo, e anche a Lanciano naturalmente.

Prospetto della chiesa di Santa Lucia a Lanciano, 
rosone di Perrini, il portale è del Duecento

Prospetto della chiesa di Sant'Agostino a Lanciano, 
portale e rosone di Perrini, circa 1320

Secondo Gandolfo, Gavini e Moretti, la mano di Petrini a Lanciano lavorò anche al cantieri della chiesa di Sant'Agostino, che risulta essere una versione più equilibrata e sintetica del fastoso capolavoro di Santa Maria Maggiore, ugualmente lavorò al rosone della chiesa di Santa Lucia, molto più originale del modesto portale, la congettura che la bottega lancianese abbia messo mano al rosone, è mostrata dal Gandolfo anche per il rosone della facciata del duomo di San Leucio di Atessa, che sarebbe datato 1312, come leggeva Vincenzo Bindi, data ora scomparsa.
Il portale troppo modesto per essere accostato a un salto di qualità così enorme quale il portale di Santa Maria maggiore di Lanciano (1317) fu attribuito a modesti imitatori dei portali di scuola federiciana, risultando anche più modesto del portale laterale della chiesa lancianese; invece il rosone, malgrado delle evidenti mancanze, e nonostante il Moretti lo dati al 1320 ca. anno in cui si completava il cantiere del duomo di San Pardo a Larino, che dalla critica è stato accostato, per perfezione, immediatamente al modello lancianese di Santa Maria Maggiore (vedasi il Crocifisso a Y sulla lunetta), è stato giudicato come opera di maestri delegati forse dal Petrini per il suo completamento, se bisogna accettare la lezione del Moretti riguardo alla datazione del 1319-20, lavoro comunque lontano dalle opere perriniane.

Un'altra scuola di Petrini? Il maestro Rogerio de Fragenis

Portale superstite della chiesa di San Pietro, Vasto

Altra questione sulla paternità di Petrini è data dalla scomparsa chiesa di San Francesco a Monteodorisio, paese vicino a Vasto, città dove nell'architettura gotica operava un tal Rogerio o Ruggiero de Fragenis (secondo alcuni nativo del paese di Fraine vicino Vasto), che realizzò i portali del duomo di San Giuseppe (allora chiesa degli agostiniani dedicata a Santa Margherita) e della chiesa collegiata di San Pietro. 


Portale e duomo di San Giuseppe, Vasto
 
Il Chiappini pensa che il portale potesse essere stato realizzato da tal Rogerio, che lavorò un cinquantennio dopo l'ultima attestazione di lavori perriniani (l'anno 1319), e che tale portale di Monteodorisio dovesse essere accostato a quelli di Agnone, delle chiese di Sant'Emidio e di San Francesco.
Gandolfo pur non citando la congettura di Aniceto Chiappini, stima che in Abruzzo dopo Petrini operò quest'altra bottega, che dovette avere molto a cuore l'opera di Francesco Petrini, date le somiglianze quasi identiche dell'impostazione dell'architettura, con la ghimberga, le modanature a diversi stili, i leoni stilofori, i telamoni per le colonne del rosone, ecc., insomma rispettarono tutto il bagaglio culturale del gotico che Petrini rielaborò e propose in un unico blocco per il lavoro di Santa Maria Maggiore. La chiesa di San Francesco di Monteodorisio, abbandonata dall'800, essendo a rischio crollo, fu demolita nel 1964, e il portale smontato, e conservato nel deposito comunale. Dalle fotografie storiche si evince che sia il portale che il rosone rispettano abbastanza fedelmente, benché in maniera piuttosto povera, i canoni di Francesco Petrini, ma non si può stabilire con certezza la sua paternità; pur considerando comunque il fatto che il paese si trova sulla linea del tratturo che da Lanciano porta a Vasto, e di conseguenza ad Agnone e Larino, verso Termoli, terre che il Perrini attraversò per realizzare l'opera della cattedrale larinese.

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