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13 aprile 2021

Peppe Candeloro: il pittore e scultore di Lanciano.


 Peppe Candeloro: il pittore e scultore di Lanciano

di Angelo Iocco

Peppe Candeloro
Giuseppe Candeloro detto “Peppe” dagli amici è uno degli ultimi rappresentanti dell’affresco in Abruzzo, che segue una tradizione antica; così antica che come scrisse G. Colalucci, il celebre restauratore degli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina, le sue pitture immediatamente ti abbracciano e ti fanno entrare in uno “spazio” vasto e immenso, infinito, che avvolge tutto lo spirito. Ciò associa Candeloro, nato a Casoli nel 1931, alla pittura di giganti come Masaccio, Donatello, Michelangelo Buonarroti, il bisogno di spazio, la continua ricerca del messaggio da offrire allo spettatore, un messaggio chiaro e semplice, conciso, così come è il caro Peppe. Avendo vissuto in prima persona i tragici eventi bellici che sconvolsero dal 1943 al 1945 l’Abruzzo, passando vicino Casoli la famigerata linea Gustav, egli vide nella sua piccola Casoli radunarsi frotte i vari sfollati dei paesi limitrofi, il piccolo paese della valle dell’Aventino in breve, sede anche del comando militare britannico nel castello ducale, dove si formerà la famosa Brigata Maiella. Vide la fame, la sofferenza e il terrore della morte, che poeta sopraggiungere da un momento all’altro con le bomba sganciate dagli Alleati, le urla e le minacce continue dei tedeschi per far sfollare la gente nelle campagne. Il suo rapporto con l’arte fu immediato, dato che nel 1936 Candeloro disegnò nella sua casa il ricordo della visita pastorale di Monsignor Giuseppe Venturi, Metropolita dell’Arcidiocesi Chieti-Vasto, colui che nel 1943 si prodigò per salvare dalla morte e dal rastrellamento nazista ebrei e cittadini non solo di Chieti ma di ben metà Abruzzo, che si erano rifugiati a Chieti, e che si incaponì con ogni mezzo per ottenere lo status di “città ricovero”.

Dopo gli studi d’arte da privatista, grazie anche all’amicizia con un architetto noto di Pescara, Candeloro potette diplomarsi e, negli anni ’60, insegnando preso il paese di Villa Santa Maria, per poi trasferirsi a Lanciano dove risiede tutt’ora, tentacolare cittadina della provincia di Chieti. È proprio a Villa Santa Maria che Candeloro sperimenta la sua arte pittorica, usando la tempera, dipingendo l’ex stazione ferroviaria, poi un trittico dedicato a Sant’Antonio abate per la parrocchia di San Nicola, poi trasferito nella chiesetta di Sant’Antonio, e successivamente a Lanciano  le tele e gli affreschi soprattutto si susseguono l’uno dopo l’altro, alla ricerca di una identità, di un messaggio da fornire. Dal “Giudizio di Paride” al “Signor Rossi fa toilette” al “Grand Prix” al “Il mio Novecento”, l’evoluzione è sempre costante, e si percepisce immediatamente il rapporto del pittore con il soggetto o l’oggetto ritratto. Il classicismo è penetrante, evocativo, sempre presente, soprattutto da quando le figure iniziano ad avere quel tratto michelangiolesco  indistinguibile; poiché Candeloro dichiarerà che la sua folgorazione con Michelangelo avvenne durante una visita alla Cappella Sistina, così come il pittore ebbe uno scatto a perfezionare la sua tecnica dell’affresco, dei volumi delle figure, dell’uso sapiente della prospettiva, guardando il cantiere dei nuovi affreschi sul transetto del convento di Sant’Antonio a Lanciano, che si stavano realizzando nella metà degli anni ’70. Vedendo una posa apparentemente normale, un santo posto di schiena, con il corpo leggermente curvato, ecco quell’immagine, quel dettaglio, aperse le porte al mondo al Maestro Peppe, lo riempì di energia creativa, sicché oggi le sue opere più impegnative riguardano il tema della Religione.

Come mai il tema della Religione in un’epoca in cui sembra non esserci più spazio per la Fede, per la noiosa, pedante, bacchettona e vecchia Chiesa? Proprio perché Candeloro con le sue opere ha voluto ritornare come novello San Francesco alla radice della questione, delle Sacre Scritture, all’asciuttezza e semplicità del messaggio da comunicare. In una sua recente riflessione sul suo “Discorso della Montagna”, che fece per la parrocchia di San Pietro a Lanciano, Candeloro afferma di averlo sognato, e di aver riletto la Bibbia in maniera analitica. Parole conosciutissime: “Beati Voi ecce cc”, eppure queste parole, se pronunciate, lentamente, se ascoltate attentamente, con la mente sgombra, e senza il pregiudizio che raffrena l’apertura delle orecchie e degli occhi, si capirà, come Candeloro stesso ha sostenuto, che applicando questi consigli di Gesù, puri e chiari, metà dei problemi del mondo svanirebbero con uno schiocco di dita, nella concordia e nella felicità reciproca. E la potenza immensa, portentosa, travolgente e così chiara, limpida e calda, lucente appunto, la si vede nel Discorso della Montagna che Candeloro realizzò presso l’abside della chiesa nuova del rione Cappuccini a Lanciano; un Cristo attorniato dalla luce, che fluttua nello spazio dell’abside, lo l’ambiente non c’è, né la montagna, né il suolo dove poggiare i piedi, l’attenzione è sull’essenziale, e l’essenziale è Dio stesso fattosi in Cristo Signore, attorniato dagli Apostoli e dalla fiumana di fedeli ai Suoi piedi, tra i quali anche alcuni amici confratelli del Convento dei Cappuccini di San Bartolomeo, tra cui il caro Padre Lorenzo Polidoro, da pochi anni trasferito presso il convento dei Cappuccini di “Materdomini” a Chieti; e tra questi fedeli sono riconoscibili i tratti del Candeloro, che in ogni pennellata, in ogni sguardo, tendono non un omaggio, ma più che altro un dialogo di continuità al di fuori della critica e del tempo con il suo caro Michelangelo, ora Michelangelo lo vediamo in un torso ruotato, in un braccio sollevato, ora vediamo l’amore di Peppe Candeloro per il rivoluzionario Papa Giovanni Paolo II presente nell’affresco, ora negli occhi di un fedele vissuto 50 anni fa nel rione, immortalati oggi nel bellissimo affresco. Candeloro del Discorso della Montagna realizzerà tante altre copie.


Sembra proprio che la parrocchia di San Pietro sia la sua prediletta, visto che nel 2005 la abbellì con altre opere, ossia due grandi piastre bronzee lavorate alla Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone, con del rame impiegato per i tratti sporgenti dei soggetti rappresentati, ad esempio per le palpebre e gli zigomi, al fine di risaltare meglio la luce, quando il sole di mattino bacia gli Apostoli di Cristo, dato che tali piastre rettangolari, disposte ai lati del portale, ritraggono la “Consegna delle Chiavi del Paradiso” e “La predica di San Paolo ai fedeli”.

Questa chiesa fa parte di un cosiddetto “percorso d’arte sacra Lancianese”, che inizia dal centro storico, dalla chiesa di Santa Chiara e San Filippo Neri, e termina con la nuova Parrocchia di Maria SSma delle Grazie di contrada Marcianese, seguendo la direttrice del viale Cappuccini. Nella chiesa di Santa Chiara Candeloro fece un omaggio alla secolare Processione del Giovedì e del Venerdì Santo, organizzata dall’Arciconfraternita Morte e Orazione, esistente dal 1608, con la sfilata dei confratelli incappucciati di nero e del Cireneo che porta a piedi scalzi la croce di Cristo; in queste due tele collocate l’una di fronte all’altra, in dialogo tra loro, in un tessuto connettivo “ombelicale” quasi come fece un altro Michelangelo per la chiesa di Santa Maria del Popolo nella cappella Cerasi, con la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo sulla via di Damasco; qui abbiamo la Processione del Giovedì Santo con gli Incappucciati neri per le vie di Lanciano, caratterizzate dalle torri campanarie medievali, e la Processione dl Cristo morto con le Tre Marie dolenti.

Percorrendo la via dei Cappuccini, incontriamo la chiesa di San Pietro con le opere citate, poi la chiesa dei Cappuccini con una copia della Consegna delle Chiavi in terracotta. Nella chiesa di San Pietro Candeloro realizzò anche le suggestive vetrate policrome e tre affreschi per la cantoria, con il Diluvio Universale, la Cacciata dal Paradiso, e la Natività, interesse qui notare la figura sgomenta di San Giuseppe, stile “L’Urlo” di Munch, perché San Giuseppe già sapeva delle atroci pene che avrebbe sofferto suo Figlio, e della triste morte dolorosa cui sarebbe andato incontro per salvarci dal peccato. Qui sta tutta la potenza di Candeloro, non nel voler sconvolgere gli schemi della Chiesa Cattolica con l’affresco o con la terracotta, ma il voler  mostrare la Verità del Verbo così come è, senza pudore, e senza inibizione, poiché come dicono le Sacre Scritture stesse, il messaggio non va accomodato o ingentilito, ma la Parola di Dio per mezzo di Gesù va applicata e ripetuta così come è. E l’arte per Candeloro in questo contesto è ciò, parlare al popolo, ma schiettamente, tanto che spesso Candeloro si è domandato su come mai la potenza evocativa del Discorso della Montagna, spesso nelle omelie e nelle prediche in chiesa, non venisse adeguatamente approfondita o citata. Forse appunto per la sua schiettezza, e per il fatto che come disse Cristo “chi è senza peccato scagli la prima pietra”?

Andando avanti in contrada Marcianese abbiamo la chiesetta ottocentesca della Madonna delle Grazie, interamente affrescata negli interni con scene del Nuovo Testamento e della Vita di Cristo, opera sempre commissionata al Candeloro dall’amico Padre Lorenzo, e infine la nuova parrocchia di Marcianese, con il grande e potente affresco della “Ianua Coeli”, la Madonna ritratta quasi in forme bizantine, in termini di “theotokos”, assunta in Cielo, Regina dei Cieli e dunque anche dello spazio del dipinto e dei fedeli ai suoi piedi e ai suoi fianchi, ma una “theotokos” non inibitoria e sovrana come nell’arte antica bizantina e romanica, piuttosto una grandezza benefica, che ti avvolge, come in una “candida rosa”.

Il Maestro oltre a essere un artista era soprattutto un uomo, un uomo che aveva la visione di una scuola semplice, e una scuola volta soprattutto al fare, piuttosto che essere veicolata all’immagazzinar nozioni nelle menti dei ragazzi; e i risultati si sono visti, oltre a promuovere visite e valorizzazioni culturali nel centro storico di Lanciano, che proprio negli anni ’70 vedeva il suo declino per lo sviluppo di nuovi quartieri residenziali, Candeloro fece esperimentare a gruppi di classi della scuola media “Umberto I” la tecnica della pittura murale, suddividendo le classi in gruppi, facendoli salire su impalcature, e facendo pittare loro, con disegni a scelta, che ispirassero le loro menti e i loro animi, l’intera parete laterale della scuola media, che ancora oggi si può ammirare, con i disegni della Colomba dello Spirito Santo, del Discobolo di Mirone, della Cattedrale della Madonna del Ponte con i donativi delle contrade, insomma scene varie, che esprimessero le sensazioni e i sentimenti dei fanciulli; e il Maestro tenne nella sua carriera diversi laboratori d’arte, facendo esperimentare i ragazzi la tecnica della scultura, dell’affresco, dell’intaglio ecc. Il percorso figurativo degli affreschi dell’Umberto I rappresentano un itinerario di viaggio nella storia e nel centro antico di Lanciano, da Porta San Biagio, passando il rione Lanciano vecchio, attraversando la piazza con la Cattedrale fino a risalire il rione Borgo per il viale Cappuccini; non a caso Candeloro fece lavorare i ragazzi delle scuole medie ad altri progetti di valorizzazione del patrimonio storico lancianese, disegnando delle guide per i turisti e i visitatori occasionali, in modo da far conoscere molto di più della città oltre al già noto Miracolo eucaristico.

Così come Candeloro si appassionò assi alla scultura figulina e all’arte del presepio, che vanta una lunga tradizione in Abruzzo, e soprattutto a Lanciano e dintorni, basta solo guardare il quartiere Lancianovecchio sulla via Panoramica per rendersi conto di avere un presepe solamente da imitare o da reinterpretare con l’arte della mano!

Il Maestro Candeloro ha sempre conosciuto il valore dell’Arte, il Valore del Messaggio che ci comunica, per lui il Ministero dei Beni Culturali dovrebbe far parte di un progetto di valorizzazione più ampia e più creativo chiamato Officine Culturali, in cui ogni singolo cittadino può dare il suo contributo, in relazione al suo principio del fare, del fare con saggezza, con applicazione…con Arte. Non a caso il Maestro ha sempre lanciato qualche frecciatina ad esempio contro i custodi delle opere d’arte nelle chiese, che in Italia possiedono almeno il 70% di tutto il patrimonio storico-artistico del Paese, e spesso tali opere non sono valorizzate, o addirittura lasciate andare in rovina, o rovinate per sempre e abbruttite dal cattivo gusto estetico dei loro “custodi”, o semplicemente dall’ignoranza o dal pressapochismo.

L’amore enorme del Maestro Candeloro per l’arte ha ottenuto il giusto compenso, con una bellissima recensione nel 1988 di uno sconosciuto critico d’arte dal nickname “Marpanoza”, che solo dopo la sua recente scomparsa nel 2020 si scoprirà essere niente di meno che il famoso Philippe Daverio! Daverio aveva notato la bravura e l’originalità, quel quid essenziale, in Peppe Candeloro, e lo aveva scritto in una recensione bellissima, riportata nel libro “Peppe Candeloro. L’arte, la mia vita”, Nuova Gutemberg, Lanciano 2019.

 

 

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