Padre Donatangelo Lupinetti
Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano:
Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano:
I Canti del Sant’Antonio in Abruzzo
quante
ne séte déntre e fore,
quante
ne séte déntre e avanti,
bona
sére a tutti quanti!
AREA FRENTANA 1 (Lanciano, Ortona, Treglio, San Vito,
Rocca San Giovanni, Castelfrentano contrada Crocetta, Mozzagrogna)
AREA FRENTANA 2 (Orsogna, Sant’Eusanio del Sangro,
Civitaluparella)
AREA FRENTANA – AVENTINO (Archi, Lama dei Peligni,
Colledimacine, Civitella Messer Raimondo, Villa Santa Maria).
Come approfondiremo più avanti, differenti sono le
versioni del Sant’Antonio di paese in paese, a distanza di pochi km l’uno
dall’altro: abbiamo riscontrato che gran parte di canti hanno una base che
affonda le radici nella tradizione orale, naturalmente di anonimo, e sono molto
brevi, anche se ipotizziamo che purtuttavia questi canti siano stati ispirati
dale letture delle agiografie del Santo di tradizione medievale. Torniamo a
noi. C’è la compagnia con gli strumenti che canta, di casa in casa, o per le
strade e le piazza, e non sempre si rappresenta la pantomima teatrale con i
personaggi Sant’Antonio, il Demonio e l’Angelo che interagiscono.
In alcune varianti i personaggi che mimano la scena
parlano, ma con brevi interventi, come nel canto di Civitaluparella. Gli
antropologi locali, come la Gandolfi, preferiscono questi Canti brevi eseguiti
in coro, che sono più scarni, essenziali, concentrate sulla resa pantomimica
dei personaggi, senza contaminazioni operettistiche. Il secondo ciclo di questi
Canti infatti, come ha ben scritto anche Padre Lupinetti (che nella sua opera
cita anche una rappresentazione degli anni ’30 eseguita al Teatro di Chieti), è
quello dei Canti Teatrali, cioè le sceneggiate che a volte durano anche
mezz’ora, o di più, arrivando a stancare il pubblico. Sulla base del testo
popolare, ovvero:
INTRODUZIONE EREMITI + ANNUNCIO EREMITI DI SANT’ANTONIO +
ARRIVO E ASSOLO DI SANT’ANTONIO + ARRIVO DEL DIAVOLO (a volte arriva prima la
Femmina bella, come si vedrà nei Canti) + DIALOGO-SCONTRO TRA SANT’ANTONIO E IL
DIAVOLO + ASSOLO II DI SANT’ANTONIO (specialmente questa parte nei Canti di
Lama) + RITORNO DEL DIAVOLO + INVOCAZIONE E ARRIVO DELL’ANGELO SALVATORE +
USCITA DI SCENA DEL DIAVOLO, COMMIATO FINALE DEGLI EREMITI.
Come abbiamo voluto riportare in questa Appendice, e in Appendice II, questi Canti recitati teatrali sono frutto di elaborazioni del poeta locale, oppure del parroco, in sostanza di qualcuno che mastica un po’ di musica, e che è in grado di farne anche parodie, citando un brano teatrale famoso o un pezzo di lirica. Ma a volte il brano d’operetta è utilizzato per carattere sacro, modificato per il gusto del popolo! E per questo campo, anche se non ne parleremo, citiamo le Sette Novene Cantate a Sant’Antonio in Fara Filiorum Petri, nei 6 giorni che precedono il 16 gennaio, e il giorno stesso di Sant’Antonio[1].
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Atlante Ferroviario 1913, Abruzzo e Molise |
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Orario Treni |
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Traversa ferroviaria |
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Interno scompartimento treno |
Vita di S. Antonio abate in breve
S. Antonio Abate (Qumans, 12 gennaio 251 – Deserto della Tebaide, 17 gennaio 356) è stato un abate ed eremita egiziano. Contemporaneo di Paolo di Tebe, è considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati; a lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale, abbà, si consacrarono al servizio di Dio. La sua vita è stata tramandata dal suo discepolo Atanasio di Alessandria. È uno dei quattro Padri della Chiesa d'Oriente che portano il titolo di "Grande" insieme allo stesso Atanasio, a Basilio e a Fozio di Costantinopoli. È ricordato nel Calendario dei santi della Chiesa cattolica e da quello luterano il 17 gennaio, ma la Chiesa ortodossa copta lo festeggia il 31 gennaio che corrisponde, nel suo calendario, al 22 del mese di Tobi. Antonio nacque a Coma (l'odierna Qumans) il 12 gennaio del 251, figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent'anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire l'esortazione evangelica: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri".
Si può parlare di identità regionale dell’Abruzzo solo a partire dal sec. XVIII; precedentemente si preferisce parlare di una “identità sfuggente” 1, dovuta alla sua conformazione policentrica, in cui ogni città ha difeso il suo peso politico, la sua presenza sul territorio. Ancora oggi c’è un forte campanilismo tra comuni e anche tra subregioni.
La storia ecclesiastica abruzzese ci documenta che lo spazio cittadino è profondamente segnato dalla presenza dell‘elemento religioso che si ritrova non solo nella agiografia e toponomastica, ma anche del paesaggio stesso costellato di chiese, monasteri, abbazie dal passato più o meno potente, e anche da piccoli luoghi di culto rupestri, cappelle tratturali, edicole votive. Più di tutti il Santo Patrono ha costituito il nucleo aggregante della identità municipale, segnando profondamente la cultura antropologica dei luoghi. Il culto per il santo patrono cittadino è l’espressione più antica e persistente del rapporto fra il santo e il luogo in cui ha versato il suo sangue e di cui spesso è stato anche vescovo, o che ha onorato con la sua vita esemplare e ha protetto dai pericoli spirituali e materiali.
Scrive I. Silone nella presentazione dell’Abruzzo sul Tourin Club 1948 (tutto il testo):
Nel quadro severo delle sue montagne e nelle difficili condizioni di esistenza da esse determinate, il profilo spirituale dell’Abruzzo è stato modellato dal cristianesimo: l’Abruzzo è stato, attraverso i secoli, prevalentemente una creazione di santi e di lavoratori.
Dopo averne capito le montagne, che sono il corpo, per scoprire l’interna struttura morale dell’Abruzzo bisogna dunque conoscerne i santi e la povera gente.
Si può infatti dire che manchino nella storia locale glorie civili e militari paragonabili a quelle della maggior parte delle altre regioni d’Italia; mentre, durante tutto il medioevo, che fu l’epoca di formazione dell’Abruzzo, e fino al secolo scorso, le anime elette non vi trovarono altro scampo e non vi conobbero altre forme di sublimazione e di genialità all’infuori di quelle religiose. E questo si rivela, a prima vista, anche al forestiero più distratto, per l’assoluta inferiorità costruttiva dell’architettura civile rispetto a quella religiosa: non sono infatti pochi i luoghi d’Abruzzo, tanto urbani che rurali dove, a chiunque abbia gusto ed interesse per le creazioni dell’arte, dopo aver visitato le chiese e i conventi, resta poco o nulla da vedere.
L’Abruzzo è pertanto fra le regioni più cristiane d’Italia. Questa regione che in tutta la sua storia, per i suoi duri valichi ed il carattere chiuso, aspro e diffidente dei suoi abitanti, è sempre stata di difficile accesso alle nuove credenze, fu invece tra le prime ad aprirsi al cristianesimo; erano ancora i tempi apostolici e il territorio si chiamava tuttavia provincia Valeria, quando vi arrivò e fu accolto il Vangelo. La nuova religione vi fu professata subito da uomini che l’accolsero in tutto il suo rigore, alieni dalle facilitazioni costantiniane, secondo attesta la memoria di un monachesimo autoctono, diverso da quello farfense e vulturnense e anteriore a San Benedetto.
In Italia tradizionalmente è consuetudine festeggiare il santo che ha il ruolo di patrono in una comunità. Nella città patrocinata, la giornata dedicata al santo è celebrata come un giorno festivo (il suo fondamento è nei contratti collettivi ). Il festeggiamento tradizionale prevede alcune cerimonie pubbliche, processioni, fuochi d’artificio e momenti conviviali. Il giorno festivo varia da comune a comune, a volte anche per uno stesso santo. Diversi comuni hanno fissato una doppia data; altri non hanno fissato una precisa data ricorrente ma una giornata relativa (per esempio ultima domenica di luglio, ecc.). In Abruzzo questa tradizione è ancora molto sentita e la festa del santo patrono continua ad essere la festa delle feste; è diventata molto più laica ma sempre identificante ed aggregante per le comunità, in modo particolare per i paesi soggetti nel tempo a forte emigrazione.
Il culto del Santo Patrono è comunque collegato alla storia delle diocesi abruzzesi, di cui si parla in un altro articolo.
Ecco in ordine cronologico e raggruppati per mesi i Santi Patroni dei comuni abruzzesi. Per curiosità diciamo che i Santi titolari del patronato sono 173 (tra i più frequenti: la Madre di Dio 24, San Nicola di Myra 18, San Rocco 15, San Giovanni Battista 11). Per le feste che hanno come riferimento a Pasqua o in Albis occorre tenere in considerazione la data annuale della Pasqua.